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Autore: fallsofarc    16/09/2009    48 recensioni
Alessandro e Beatrice, un pomeriggio come tanti a ridere e scherzare sul letto, le note di Secretly in sottofondo... e qualcosa improvvisamente fa valicare i confini di un'amicizia che dura da tre anni.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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capitolo 1

CAPITOLO 1 – SECRETLY

Sdraiata su un fianco nel mio letto lo osservavo parlare mentre guardava assorto il soffitto, sdraiato supino accanto a me, e giocava distrattamente con una ciocca dei miei capelli scuri.
Era un pomeriggio come tanti, con i libri di greco abbandonati mezzi aperti in un angolo del letto, insieme alla mia poca voglia di studiare e soprattutto alla mia concentrazione.
Aveva suonato alla mia porta con uno sguardo da cucciolo, era passato solo per un salutino, così aveva detto sorridendo. Ma tanto sapevo come sarebbe andata a finire: non eravamo mai stati capaci di rendere brevi le nostre chiacchierate, né di persona né tantomeno al telefono, neanche sotto tortura.
Passavamo rapidamente da un argomento all’altro con una disinvoltura, a tratti schizofrenica, che ci portava, nel giro di pochi minuti, da argomenti seri ad altri quasi demenziali.
Dai miei sfoghi sul liceo, su quell’esame di maturità alle porte che mi sfiancava mente e corpo, passando per i suoi racconti esilaranti su professori universitari con mille manie strane, eravamo arrivati, non so come, ad un argomento che era sempre stato inconsciamente estromesso dalle nostre conversazioni.
Ci eravamo sempre raccontati tutto, era vero. Era stato la prima persona che avevo chiamato dopo aver salutato sognante il mio ragazzo il pomeriggio che avevo vissuto con lui la mia prima volta, e conoscevo tutte le sue storie passate, di amore e di sesso: non mi aveva mai nascosto niente e difficilmente eravamo stati in imbarazzo.
Ma c’era il tacito accordo di evitare i dettagli su quell’argomento, eravamo migliori amici da anni e, per quanta confidenza potessimo avere, c’erano cose di cui non potevamo né dovevamo parlare, non così in dettaglio, e soprattutto non mentre eravamo sdraiati così vicini, al punto che sentivo distintamente il suo profumo e il suo respiro accarezzarmi e avvolgermi viso e corpo.
Dal mio computer acceso sulla scrivania arrivava il suono della mia playlist preferita, e proprio in quel momento la riproduzione random, impostata in Media Player, fece partire Secretly

You're talking out so sexually
About boys and girls
And your friggin' dreams
So now you feel lusty you're hot and confused

Mentre le parole cantate da Skin mi arrivavano all’orecchio, sentii un brivido scuotermi e rendermi ancora più tesa, perché quelle parole descrivevano esattamente ciò che stava accadendo nella mia stanza. Nello stesso momento, infatti, lui si era appena addentrato in un campo proibito: mi stava parlando, così sensualmente, di ragazze e dei suoi desideri e sogni, esattamente come recitava la canzone.
Non so se lo era anche lui ma io mi sentivo eccitata e confusa: Skin stava descrivendo esattamente il mio stato d’animo, e questo mi fece sentire ancora più turbata.
Perché era venuto qui? Perché mi stava raccontando quelle cose? Perché non era rimasto da solo lasciandomi sbuffare scocciata su quella dannata versione di greco?

You should have been by yourself
Instead of here with me

Non importava che me lo dicesse, sapevo esattamente quando era stata l’ultima volta che lo aveva fatto, con quella biondina eccitante del corso di Marketing.
Onestamente cominciavo a chiedermi se avesse smesso di raccontarmi delle sue conquiste, perché non gliene sentivo più parlare da almeno un mese; invece me lo ripeté nuovamente: era passato davvero più di un mese dall’ultima volta che si era dilettato in tale passatempo.
E io? Erano ben quattro weekend che non vedevo il mio ragazzo, più o meno lo stesso tempo quindi.
Abitava lontano e con il nuovo lavoro non aveva tempo di venire da me per il fine settimana, ero stata male le prime due settimane. Avevamo litigato, tanto per cambiare, per lo stesso e identico motivo: perché ogni volta che lui, il mio ragazzo, mi telefonava, ero con lui, il mio migliore amico.
Era stato geloso matto fin dall’inizio della nostra storia, mi diceva che dovevo passare più tempo al telefono con lui, che era il mio fidanzato, e non con quel damerino da due soldi.
Sono sempre stata posata e paziente, ma quando sentivo insultare il mio migliore amico finivo per arrabbiarmi talmente tanto che le nostre litigate assumevano toni troppo forti e, inevitabilmente, preda del senso di colpa, finivo a sfogarmi piangendo tra le braccia forti del mio amico, il mio porto sicuro, il mio unico punto fermo nella vita.
Fortunatamente ero sempre riuscita a ristabilire l’equilibrio ogni volta, per un soffio, prima che mi ponesse mai la domanda fatidica: “scegli o lui o me”; c’ero andata molto vicina solo il giorno del mio compleanno, ma era un ricordo che preferivo non rivangare…
Avevo sempre evitato di domandarmi cosa avrei potuto rispondere a quella spaventosa domanda; sapevo per certo, però, che il mio amico si sarebbe sacrificato, cercando di vedermi e chiamarmi il meno possibile, tutto per me e per non farmi rovinare la mia storia d’amore.
Ero persa in questi pensieri, cullandomi al suono di Secretly che era arrivata alle ultime note, tanto da non accorgermi che ero rimasta in silenzio e non avevo sentito che lui avesse richiamato la mia attenzione.
“Come scusa?” Mi riscossi improvvisamente dal mio mondo, fatto di pensieri confusi e ricordi indelebili, quando mi accarezzò lieve una guancia per riportarmi sul pianeta Terra.
“Meglio che non mi stessi ascoltando…” Disse lui serio abbassando lo sguardo.
“No no scusami!Ho sentito quasi tutto quello che hai detto, mi sono fatta distrarre dalla canzone e non ho ascoltato solo l’ultima tua frase.”
“Ah… Ti stavo chiedendo scusa.” Fece lui mogio
“E per cosa?” Chiesi stupita, dimenticando per un attimo tutto quello a cui avevo pensato, e quanto avessi desiderato che non mi parlasse di certe cose.
“Perché non avrei dovuto parlare di certe cose con te, non volevo metterti in imbarazzo.”
“No, non ti preoccupare, lo sai che puoi dirmi sempre tutto.” Quasi tutto. Aggiunsi mentalmente.
“Lo so, scusami. Non so cosa mi sia preso oggi, forse ho solo bisogno di sfogarmi, l’astinenza fa brutti scherzi e mi rende molto più simile ad un ragazzino delle medie che ad uno studente universitario serio.”
“E da quando in qua tu saresti serio scusa?” Lo provocai ridendo, per cambiare argomento e alleggerire l’aria imbarazzata che si era creata tra di noi.
“Senta, signorina, mi sta forse prendendo in giro?”
“Nooo, non mi permetterei mai!!” Ma feci appena in tempo a finire la frase che venni presa da un attacco isterico di risa, provocato dal suo attacco repentino di solletico.
Era iniziata l’ennesima battaglia all’ultimo respiro, che sarebbe stata persa, come al solito, da chi avesse chiesto tregua per primo, incapace di respirare dalle troppe risate.
Mi liberai un polso dalla sua stretta per farlo arrivare al suo fianco, il suo punto più vulnerabile agli attacchi di solletico, ma mi congelai all’istante quando mi resi conto di essere finita sdraiata di schiena sul letto mentre lui era a cavalcioni su di me, che rideva spensierato con una strana luce negli occhi.
Feci appena in tempo a registrare la situazione, niente di insolito nei nostri canonici pomeriggi (ma con un particolare che faceva molta differenza), che si scostò da me fulmineo sedendosi sul letto al mio fianco.
“Scusami.” Disse flebile.
Sapevo che avrei dovuto rispondere “E di cosa? Quindi ho vinto io stavolta, ti sei arreso!” ma ero incapace di proferire parola perché la mia mente stava ancora cercando di digerire quel particolare che rendeva tanto diversa dalle precedenti quella battaglia giocosa.
Era eccitato, l’avevo distintamente percepito quando il suo bacino era stato a contatto con il mio.
“Ti prego, non pensare male…”
Dovevo riprendermi dal mio sgomento e rispondergli subito, all’istante. Dovevo trovare una cosa sensata da dire per sdrammatizzare, per spazzare via quell’attimo di smarrimento e rimettere il treno sui binari, il nostro rapporto non poteva e non doveva cambiare per un nonnulla.
“Ehi, tranquillo, è tutto a posto.” Molto molto originale, mi complimentai mentalmente per la mia risposta stupida, ma era già tanto essere riuscita a parlare.
“E’ inutile che tu finga perché so che te ne sei accorta, e non c’è mai stata finzione tra di noi…”
“Guarda che non è successo nulla, sei un ragazzo, è normale… stavi parlando di certe cose… il tuo corpo ha reagito… cioè sarebbe stato strano il contrario… non penso minimamente che c’entri la mia presenza… perché…” Mi stavo arrampicando su uno specchio alto come un grattacielo.
Mi appoggiò lieve un dito sulle labbra per farmi tacere e mi guardò divertito dicendo: “Sempre a razionalizzare e giustificare tutto vedo, non cambi mai!”
Mi indispettii all’istante a quelle parole, piegando il mio viso in un broncio da bambina permalosa.
“Vieni qui…” Mi disse attirandomi a lui e stritolandomi in un abbraccio caldo.
“Ti voglio troppo bene, stupida ragazzina permalosa.” Mi soffiò ad un orecchio.
Una parola, poteva una sola e insignificante parola ferire così profondamente il mio orgoglio? Evidentemente sì… Mi staccai rapidamente da quell’abbraccio impedendo, per un decimo di secondo, al mio corpo di rabbrividire per quelle parole soffiate così vicino al mio collo.
Alzandomi dal letto, girata di spalle, non feci in tempo a raggiungere la scrivania che due braccia forti mi cinsero per i fianchi.
“Ehi piccola, lo sai che stavo scherzando, non ti offendere ti prego…” Concluse poggiando il mento sulla mia spalla.
Scrollai via il suo viso con un gesto secco di stizza e feci uscire tutta la confusione che sentivo dentro quel pomeriggio, a causa sua, con un tono di voce troppo alto e stridulo che non riconobbi nemmeno come mio.
“Ragazzina eh? E’ questo che sono per te? Una ragazzina asessuata a cui raccontare tutte le tue avventure, piombando a casa mia per sfogare la tua frustrazione sulla mancanza momentanea di distrazioni sessuali nella tua vita?”
Lo sentii irrigidirsi all’istante e, facendomi voltare verso di lui, con un gesto brusco che non gli apparteneva, mi guardò ferito e allibito.
“Pensi davvero questo? Pensi di non essere importante per me quanto l’aria che respiro?”
A quelle parole non riuscii più a sostenere il suo sguardo e chinai il capo, pentendomi di essere stata così dura con quel ragazzo meraviglioso che mi era sempre stato accanto in ogni momento, buono o cattivo, negli ultimi tre lunghi anni.
“Credi davvero che ti consideri solo una ragazzina a cui raccontare le mie avventure? Scusami tanto se oggi pomeriggio mi sono lasciato troppo andare, ma anche se non ci crederai non era solo per quello che stavo dicendo e pensando che mi ero eccitato. Solo perché sono tuo amico da quando avevi quindici anni non significa che non veda che sei diventata una donna bellissima e sensuale, una donna che non potrò mai avere se non come amica.”
Alzai il viso per incontrare il suo sguardo, ero certa che dai miei occhi trasparisse tutta la sorpresa e la confusione che sentivo ribollirmi dentro.
Lui aveva il viso arrossato e gli occhi lucidi, dalla foga con cui aveva parlato, e mi guardava in attesa della mia reazione.
Quando stavo per aprire bocca, non sapendo nemmeno cosa avrei detto, sentii squillare il mio cellulare.
Le note di Bella’s Lullaby mi resero subito noto quale voce familiare avrei sentito una volta accettata la chiamata.
“Scusami, devo rispondere.” Dissi flebile, combattuta tra il sollievo per aver avuto una via di fuga e l’angoscia per la telefonata che mi aspettava.
“Ah, è lui…” Sputò irritato, con un tono che mi sorprese e che un osservatore esterno avrebbe sicuramente ricollegato alla gelosia.
No, non poteva essere geloso… Non lo era mai stato, ero certamente io ad aver frainteso, stravolta com’ero dalla miriade di sentimenti contrastanti che navigavano beffardi nel mio animo.
“Pronto…” Primo errore: non dovevo rispondere con quel tono afflitto.
“Ciao amore!Che entusiasmo eh!Non ti senti bene?” Mi girai di spalle per non vedere il viso contratto del mio amico mentre ero al telefono con il mio ragazzo.
“Scusa amore, sono solo stanca, stavo traducendo una versione di Platone…”
“Povera cucciola, quindi sei sola soletta?” Il suo tono era fintamente disinvolto ma traspariva chiaramente, per me che lo conoscevo come le mie tasche, la sua malcelata curiosità.
“Si certo che sono sola…” Non potevo vedere l’espressione del ragazzo alle mie spalle ma sapevo esattamente che mi guardava intensamente, probabilmente stupito da ciò che stavo dicendo, perché sentivo il suo sguardo intenso trapassarmi la schiena.
“Ah bene! Amore ho una sorpresa per te! Sono riuscito ad avere un giorno di ferie, domani vengo da te e rimango per tutto il week-end. Non hai idea di quanto mi sei mancata, questo mese è stato durissimo per tutti e due ed è per questo che abbiamo discusso tanto. Sono certo che appena saremo insieme tornerà tutto come prima.”
“Si certo, hai ragione, non vedo l’ora che sia domani!” Ero altamente scettica riguardo al fatto di essere riuscita a sembrare veramente entusiasta, perché poi non avrei dovuto esserlo?
“Anch’io amore, conterò le ore, credimi. Ora devo scappare perché ho fatto giusto una pausa caffè. A domani, finalmente! Ti amo.”
“Anch’io, a domani amore.”
Premetti il tasto di fine chiamata e rimasi immobile, non avevo il coraggio di voltarmi.
“E’ la prima volta che gli menti…”
“Lo so ma non volevo finire a litigare come al solito.” Risposi incerta.
“Già. Quindi arriva domani.” Affermò serio, troppo serio.
Mi girai lentamente, ma nel frattempo lui si era voltato per guardare fuori dalla finestra.
“Ale, io…” Cominciai.
“Non devi dire niente, fai conto che non abbia mai detto quello che ho detto”. Mi interruppe freddo, così freddo che non riuscii ad emettere mezza sillaba in risposta.
“Si è fatto tardi, sarà meglio che vada e ti lasci studiare.”
Mi riscossi appena in tempo per fermarlo, prima che varcasse la soglia della mia stanza.
“N-non andare via… non ora… non così.”
Si voltò sorridendomi triste. “Lasciami andare, domani sarà tutto come prima, non cambierà nulla tra di noi, te lo prometto.”
“Abbracciami.” Chiesi timidamente, guardando interessata il pavimento come se fosse un’opera d’arte.
“Bea non…”
“Abbracciami.” Ripetei con più convinzione guardandolo negli occhi.
Sospirò sconfitto e tornò sui suoi passi prendendomi tra le sue braccia.
“Non voglio perderti…” Sibilai contro il suo petto, sentendo le lacrime velarmi gli occhi.
“Non mi perderai mai, finché vorrai ci sarò per te. Come ci sono stato ieri, come ci sono oggi, ci sarò anche domani, fino a che non ti stancherai.”
Mi staccai lentamente da lui e, guardandolo con la vista appannata dalle lacrime, gli chiesi: “perché dovrei stancarmi di averti al mio fianco? E se fossi tu a stancarti di perdere il tuo tempo con una ragazzina permalosa?”
Scosse la testa piegando le labbra in un mezzo sorriso sghembo e, stringendomi di nuovo a lui, sussurrò tra sé: “sempre la solita, la mia piccola dolce Bea”.
Mi calmai cullata dal suo abbraccio e, quando mi staccai da lui, mi asciugò con il pollice la guancia destra rigata da una calda lacrima che aveva rotto gli argini.
“Stasera vieni da me, serata cinema come ai vecchi tempi, ti va?” Mi propose sorridendo.
Mi aprii in un vero sorriso che illuminò finalmente anche i miei occhi e, sollevata e felice come una bambina la mattina di Natale, risposi: “tocca a me scegliere, vero?”
“Se non erro sì, è il tuo turno. Però niente Sandra Bullock, niente Orgoglio e pregiudizio e soprattutto niente Twilight di nuovo!”
“Va bene…” Acconsentii, troppo felice per come si stavano sistemando le cose tra di noi, per fingermi offesa e protestare delle sue condizioni, come era mia consuetudine.
“Ti aspetto alle otto, tu occupati del dvd, ad ordinare le pizze ci penso io: prendo le solite, ok?”
Annuii raggiante e lo accompagnai alla porta dove mi salutò con un bacio sulla fronte e un sorriso radioso che gli illuminò tutto il viso.


Riuscendo a ritrovare faticosamente la concentrazione terminai la famosa versione e gli altri compiti per il giorno dopo.
Mi feci una doccia veloce, scelsi un paio di pantaloni comodi e la mia adorata maglia a maniche lunghe di Garfield e, mentre stavo per aprire il mascara, mi fermai dandomi della stupida.
Perché dovevo truccarmi? Stavo andando solo da Ale, come tante altre sere, niente di speciale.
Prima di arrivare alla villetta dove abitava Ale mi fermai a noleggiare un film, pensando a qualcosa che potesse piacere a lui, almeno per questa volta. Alla fine optai per King Kong: non ero molto convinta della scelta, ma non potevo propinargli l’ennesima commedia romantica, aveva avuto fin troppa pazienza con me.





   
 
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