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Autore: EclipseOfHeart    16/09/2009    3 recensioni
Amore e odio, pazienti e dottori, tutto questo all'ospedale Roces!
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Vegeta
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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“Finalmente sono riuscita a chiarirmi con Goku, sono felicissima che lui non abbia sofferto e mi sento una stupida per non aver subito intuito i suoi sentimenti verso quell’infermiera

“Finalmente sono riuscita a chiarirmi con Goku, sono felicissima che lui non abbia sofferto e mi sento una stupida per non aver subito intuito i suoi sentimenti verso quell’infermiera. Forse, se me ne fossi accorta prima, ci saremmo risparmiati tanto dolore e tanti crucci mentali. Ma oramai è inutile pensare al passato e riempirlo di se e di forse, inutile e sciocco. Ora, grazie a Vegeta, anche io potrò ritrovare la serenità e l’amore. A Goku ho detto che Vegeta mi ama, ma sarà vero? Quando ci siamo lasciati, in quel modo così orribile, lui mi era sembrato sinceramente triste che io avessi interpretato il nostro rapporto come un errore, uno sbaglio da non ripetersi. Se ripenso a quelle parole mi chiedo dove ho trovato la forza di pronunciarle, forse non ho mai detto delle bugie tanto grosse in vita mia come quelle. Vivere senza di lui… senza poterlo toccare… baciare… mi sembra una cosa assurda, non impossibile, assurda per quanto lontanissima dalla verità!”

Bulma sorrideva, tenendo la mano di Vegeta. Era felice di aver potuto risolvere la situazione in quel modo. Non aveva sofferto nessuno. Ora Vegeta doveva soltanto riprendersi.

“Ora, amore mio, ti prego svegliati… Ho bisogno di sentire la tua voce, il tocco delle tue labbra… Ti prego, svegliati!” gli chiedeva in silenzio.

Ma i giorni passavano e Vegeta non accennava a svegliarsi. I medici lo visitavano ogni giorno, controllavano i monitor, gli facevano flebo, ma lui non si svegliava.

“Perché non ti svegli, Vegeta?! Devi svegliarti! Non puoi lasciarmi sola, non puoi, maledetto stronzo, non osare farmi questo!”

Bulma pregava silenziosamente, seduta al capezzale di Vegeta. Lui non accennava a svegliarsi, ormai le condizioni fisiche erano in via di guarigione, ma lui non sembrava volersi svegliare. I medici continuavano a dire a Bulma che era normale, ma di giorno in giorno, la sicurezza dal loro volto e dalle loro parole diminuiva, non era normale. Per giusto, si sarebbe dovuto svegliare. Nessuno le aveva detto quella parola, nessun medico, eppure si affacciava sempre più prepotentemente nella mente di Bulma. Coma.

Non essendo medico, le veniva in mente solo quella parola per spiegare il mancato risveglio di Vegeta. E le mancava il coraggio di chiedere a qualcuno competente se i suoi sospetti fossero fondati, non ci riusciva. In fondo, cos’è meglio tra una dolorosa realtà e un persistente dubbio? Cosa può alleviare meglio l’animo? Cosa?

I suoi pensieri furono interrotti: qualcuno bussava alla porta. Bulma alzò lo sguardo verso la porta e le sue labbra s’incresparono in una specie di sorriso. Lei non ricordava nemmeno l’ultima volta che aveva sorriso, era passato troppo tempo.

Chichi, avanzando nella stanza, controllò i monitor di Vegeta per poi sospirare. I valori erano normali, erano statici. Nessun peggioramento, ma neanche nessun miglioramento. Era come in una continua fase di stallo, in cui non puoi muoverti e non puoi essere mosso. La tua volontà e la volontà altrui si annullano. E, nonostante cerchi un’uscita, non ne trovi. Benché cerchi una torcia per il buio che ti avvolge, continui solo a vedere nero, come se le tue pupille distinguessero ormai unicamente quel colore, come incapaci di vedere le sfumature dell’arcobaleno. Bulma guardò Chichi: da quando si era messa insieme a Goku e con l’incidente di Vegeta, si erano avvicinate molto. Nessuna delle due guardava l’altra con rancore, né la moglie, né l’amante. E mentre Chichi stava per uscire dalla stanza Bulma decise di rischiare, il dubbio la logorava troppo. Alzò il viso verso Chichi e le fece la domanda che da giorni le premeva sul petto.

- E’ in coma, vero? – disse ostentando sicurezza.

Chichi si girò per guardarla e Bulma non lesse nei suoi occhi pena o compassione, ma soltanto un’infinita voglia di voler dire una cosa, ma di doverne dire un’altra.

- Nessun medico dice mai esplicitamente questa parola, ma è questo che voi pensate, giusto? - ripetè Bulma.

Chichi tentennò, poi decise di dirle tutta la verità, anche se sapeva che le avrebbe procurato dolore.

- Sì. Vegeta è in coma. Però Bulma, non devi allarmarti, Vegeta si riprenderà, ha bisogno di tempo, il suo non è un coma irreversibile. Dovrei usare termini medici specifici per spiegartelo esattamente, ma non potresti capire. Quello che devi capire è che Vegeta si sveglierà presto e tornerà esattamente quello di prima – la rassicurò dolcemente Chichi.

Bulma la fissò triste. Erano vere quelle parole? O erano solo mere parole di consolazione in cui neanche lei credeva?

- Chichi ma tu ci credi in quello che dici? Oppure lo dici per abitudine, così, senza esserne veramente convinta – disse Bulma diretta incrociando i suoi occhi con quelli di Chichi. Lei sospirò e prese le mani di Bulma, fissandola con comprensione. Sapeva bene cosa stava passando, anche lei provava la stessa ansia, anche se ovviamente in misura minore. Vegeta era solo un amico, e poi la relazione con Goku attenuava la sua preoccupazione. Ritrovarsi la sera fra quelle braccia forti le faceva dimenticare le inquietudini che, quotidianamente, le occupavano la mente. Goku, almeno fino a che la situazione con Vegeta non si fosse risolta, sarebbe rimasto a casa di Chichi, mentre al lavoro faceva anche le veci per sua “moglie” che ovviamente aveva preso un lungo periodo di stacco. Chichi era felicissima di quella sistemazione, perché tornare la sera e ritrovarsi a guardare quel dolce sorriso era una sensazione meravigliosa. Quasi come in un sogno, dove sei sicuro che quello che vedi sia troppo bello per essere reale, dove ti spaventi che tutto possa svanire da un momento all’altro, e poi, alla fine, capisci che non è un sogno e ti chiedi se di felicità e di amore il cuore può scoppiare. Chichi provava quelle sensazioni ogni sera e si chiedeva quando cavolo si sarebbe abituata a tutto. E se da una parte sperava presto, dall’altro sperava che quelle sensazioni l’accompagnassero a vita.

- Certo che ci credo, Bulma. Certo. Non potrei non crederci, io so che Vegeta si riprenderà. Se non credessi in quello che dico, non potrei fare questo lavoro. No, non potrei. Io credo nella medicina, ci credo quando dico alle persone che, un giorno, si sentiranno meglio, che il dolore passerà. Vegeta non fa eccezione anzi: io credo di più per lui – rispose Chichi seria e quasi commossa dal suo discorso. Bulma si sentì profondamente rincuorata da quelle parole, l’assoluta certezza che sprigionava Chichi la rasserenò moltissimo.

- Ora, scusami, ma devo andare. Ho gli altri pazienti che mi aspettano. Tranquilla, si sveglierà presto – disse Chichi lasciando la stanza.

Bulma guardò Vegeta, prese la sua mano e desiderò con tutto il cuore che la sicurezza che provava Chichi contagiasse anche lei.

 

 

Gohan si era ristabilito abbastanza bene dopo l’incidente. Quel giorno lo avrebbero dimesso, non vedeva l’ora di poter finalmente lasciare l’ospedale. Almeno questo pensava i primi giorni. Ora questo desiderio così forte era scemato, sostituito da quello più forte di continuare a vedere Videl. Già, ecco il sempre più crescente sogno che da giorni animava Gohan: continuare a guardarla, continuare a vedere i suoi teneri sorrisi, continuare a immergersi nei suoi occhi, continuare a tentare di sfiorare le sue mani. Ormai Videl gli faceva visita costantemente, anche per esigenza mediche, ma Gohan credeva, o almeno sperava, che lo facesse anche per qualcosa di più e non solo per il suo dovere di dottore. Sperava che avessero superato la soglia paziente/dottore e fossero diventati, perlomeno, amici. Lui sapeva benissimo che provava un sentimento che andava oltre l’amicizia, un sentimento che aveva iniziato a provare sin da quando avevano ballato alla discoteca, sin dal loro primo piccolo bacio. A volte, arrivava a ringraziare l’incidente che gliel’aveva fatta rivedere, ma appena lo faceva il dolore provocatogli dagli ematomi gli faceva cambiare idea. Però era felice lo stesso, non aveva mai avuto una convalescenza migliore di quella.

Poco dopo, l’oggetto dei suoi pensieri apparve interrompendo tutti i suoi pensieri.

- Buongiorno! Come stai oggi? – chiese Videl che provava gli stessi sentimenti contrastanti di Gohan. Da una parte era felice che stesse bene, ma dall’altra l’idea di non rivederlo più la rattristava molto.

- Ormai sto bene, Videl. Ti ricordo che oggi mi dimettono –

- Lo so, infatti sono venuta a vedere se hai preparato la tua roba o se volevi una mano – in realtà aveva dovuto litigare con un’infermiera visto che quello non era compito di un dottore, difatti l’infermiera sosteneva che fosse compito suo e che la dottoressa dovesse farsi “gli affari suoi” e non impicciarsi dei compiti delle infermiere. Fortunatamente Videl aveva placato la rabbia della “dolce” infermiera ed era potuta andare da Gohan.

- No, grazie, ho già sistemato tutta la mia roba nel borsone. Non che ne avessi molta in effetti – rispose Gohan.

Videl guardò la stanza ed effettivamente vide il borsone chiuso e la stanza perfettamente sgombra dagli effetti personali di Gohan. Lui era seduto sulla sedia, con jeans e giacca. Il suo aspetto casual lo rendeva, agli occhi di Videl, più affascinante di quanto già non fosse.

- Bene – disse lei di rimando, non sapendo più cosa dire.

- Bene – ridisse lui, nel più totale imbarazzo. Voleva dirle qualcosa prima di lasciarla e rivederla chissà quando, ma non trovava il coraggio.

- Io, allora, vado. Ci vediamo Gohan, sono molto contenta di averti conosciuto meglio, anche se avrei preferito un’occasione migliore – disse Videl con un’espressione un po’ delusa. Voleva che la fermasse, che non si salutassero così.

Gohan si alzò per risponderle: - Okay, grazie di tutto Videl, spero… di rivederti presto – replicò esitante. Lei sospirò e fece per uscire dalla stanza.

Gohan la guardò e si disse che forse era l’ultima volta che la vedeva. L’ultima. E una vocina nella sua testa magicamente si accese continuando a mandare la frase “Ma che cavolo stai facendo?! Sbrigati e fermala!”

E, finalmente, decidendosi a seguirla si sporse verso Videl e la tirò per una mano. Lei si girò sorpresa, ma trepidante.

- Ma che diavolo stiamo facendo? – chiese Gohan più a se stesso che a lei.

Videl rise: - Non lo so, una cavolata è possibile? –

Gohan annuì e poi la baciò. Fu un bacio più lungo di quello che si erano scambiati alla discoteca, guidato forse più da un momento di follia. Questo fu più intenso, più emozionante e più dolce, come di chi di separarsi non ne vuole proprio sapere.

Videl sorrise, finalmente! Aspettava questo momento dall’istante stesso che avevano finito di baciarsi quella sera ed era quasi sicura che anche Gohan provasse le stesse sensazioni e le stesse bramosie.

Quando si staccarono entrambi avevano la faccia arrossata e Videl anche gli occhi lucidi.

Con il fiato corto Gohan tentò di dire una frase più o meno articolata.

- Videl… io non so come sia potuto succedere. In così poco tempo, oltretutto. Non so darti una spiegazione razionale, però so che… mi sono innamorato di te. Fino a poco tempo fa se qualcuno mi avesse detto che avrei vissuto un colpo di fulmine non ci avrei creduto, eppure è questo che è successo! Io credevo che l’amore sbocciasse dopo una lunga conoscenza fra due persone ma con te è stato totalmente diverso. E’ da quella sera che provo questo sentimento per te, eppure non ti conoscevo per niente. Non credevo di poter provare quelle e queste sensazioni, tu sei stata e sei una variabile impazzita che ha sconvolto il mio destino. La variabile più bella che esista -

Videl, in silenzio, fissava Gohan estasiata. Mai parole più belle le erano state rivolte, mai di parole così dolci era stata la destinataria. Una piccola lacrima le scivolò fuori dagli occhi, sembrava tutto un sogno bellissimo.

- Gohan… Non sai quanto ho desiderato queste parole, quanto ho voluto questo momento. Anche io sono innamorata di te – rispose Videl emozionantissima.

Gohan sorrise pensando che stava per perderla. Per perdere quella bellissima ragazza entrata così follemente nella sua vita.

La baciò di nuovo, desiderando altri mille baci, poi altri cento e ancora mille. E Videl fu felicissima di accontentarlo.

 

 

Era ormai tramontato il sole quando Bulma si affacciò dal balcone della terrazza dell’ospedale. Era andata lassù per prendere un po’ d’aria, erano giorni che non usciva dall’ospedale. Non voleva lasciare Vegeta da solo, tranne che per brevi periodi, e quindi stava sempre lì con lui.

Il vento le sbatteva in faccia facendole lacrimare gli occhi, anche se quelli erano giorni che piangevano sempre. Varie mattine si era pure alzata con gli occhi umidi, nonostante prima di addormentarsi, li avesse asciutti.

Vegeta… Non poteva perdere anche lui, lo amava con tutta l’anima. Il solo pensiero di perderlo le faceva mancare l’aria. Aveva già perso troppo. La morte dei suoi genitori era ancora fresca e vivida nella sua memoria e nel suo cuore.

Si asciugò gli occhi e scese dal terrazzo, cominciava a sentire fresco. Arrivò davanti alla stanza di Vegeta e l’aprì lentamente. Guardò dentro esitante, sperando che si fosse svegliato.

Ma la realtà le piombò addosso come un macigno, era sempre lì in quella posizione. Nessun movimento, niente di niente. Vegeta non accennava a svegliarsi.

- Ti prego, perdonami. Io non avrei mai voluto dirti quelle cose terribili. Mi manchi da morire, ho bisogno di te. Ho rotto con Goku, ho rotto con il mio matrimonio. Perdonami per averti ferito, ma ti prego, torna da me. Non ce la faccio più. Ti amo, Vegeta. Svegliati, per favore. – finì in lacrime avvicinandosi a lui. Gli prese la mano stringendola. Possibile che non riuscisse a sentirla?

- Non hai bisogno di nessun perdono, Bulma. –

Bulma alzò il viso con gli occhi sbarrati, aveva sentito veramente quella voce? Oppure era stato solo uno scherzo della sua fantasia?

- Vegeta, sei tu? – disse incredula avvicinandosi a lui.

- Fai sempre domande sceme. – le rispose aprendo finalmente gli occhi.

Bulma si ritrovò a fissare quelle pozze così scure e profonde con la testa che le stava per scoppiare. Si era svegliato, si era svegliato…

- Non sto sognando, vero? Dimmi ancora che sono scema, dimmi tutto quello che vuoi! – finì con le lacrime che le stavano di nuovo salendo. Solo che stavolta erano lacrime di gioia.

- Anche tu mi mancavi. – le disse Vegeta debolmente. Era molto stanco ma felice di essere riuscito e tornare. Felice e soddisfatto di se stesso. Bulma si accorse della sua stanchezza, ma non riusciva smettere di guardarlo. Era tornato.

- Vado a chiamare i dottori! – ed uscì dalla stanza.

Poco dopo tornò con il dottor Tensing che, sorridente, visitò Vegeta.

- Stai benissimo, stupido che non sei altro! Però, anche sei ha dormito abbastanza, devi riposarsi e non fare sforzi. La ferita alla gamba è guarita e quindi, tra qualche settimana potrai tornare a casa e poi potrai tornare a lavoro! - scherzò Tensing contento che Vegeta si fosse ripreso.

- Insomma non c’è giorno che io non possa fare a meno di vedervi! – rispose lui.

- Esattamente. Ora vado, in ogni caso sono felice che ti sia ripreso, lo sapevo che avevi la pelle dura. –

Tensing uscì dalla stanza e Bulma guardò con le lacrime agli occhi Vegeta. Lo abbracciò desiderando di non staccarsi più. Lui la strinse a sé, felice di non averla persa. Quando si era risvegliata e l’aveva sentita aveva capito di amarla profondamente. Non ricordava nulla di quanto successo dopo che quel rapinatore gli aveva sparato. Ricordava un dolore terribile e di aver perso i sensi in pochissimi istanti. E poi frammenti. Per lo più voci, e quella che ricordava più spesso era quella della sua Bulma. La sua voce, le sue suppliche e le sue lacrime. Quando la sentiva desiderava con forza tornare da lei ma non ci riusciva, era come bloccato. Tentava con tutto se stesso ma non c’era verso, i suoi occhi non ne volevano sapere di aprirsi.

Però quando aveva sentito quella voce così addolorata e quelle parole, quel “Ti amo” qualcosa si era sbloccato ed era riuscito a svegliarsi.

Aveva ricominciato a sentire ed avere percezione del mondo che lo circondava.

E finalmente aveva potuto consolare la sua donna. Ormai poteva gridarlo al mondo, lei era sua e non se la sarebbe mai fatta scappare.

La baciò per poi sorriderle. Solo a lei dedicava quei sorrisi, a lei e a nessun altro.

- Mi mancavi, Donna. -

- Mi chiamo Bulma! Quante volte dovrò dirtelo?! –

- Credo per sempre, se vorrai. –

In modo strano ma quello che le stava facendo Vegeta era una dichiarazione, le chiedeva implicitamente se voleva restare con lui per sempre.

- Sì, anche dopo. -

Chichi quando andò al lavoro la mattina dopo trovò la bellissima sorpresa. Felice abbracciò Vegeta che, imbarazzato, ricambiò.

- Scusami per quello che ti dissi quanto ti vidi con Bulma, non capii allora e ti dissi cose che non pensavo. -

- Tranquilla Chichi, non preoccuparti. –

Anche se battibeccavano e lui continuava a dire quanto fosse isterica le voleva bene, era una sua amica. Goku lo salutò calorosamente e cominciarono a darsi del tu.

Bulma e Goku quel pomeriggio stesso andarono dall’avvocato Cesare che non fu poi così sorpreso di rivedere Goku. Purtroppo un divorzio è un procedimento lungo, però visto che erano consenzienti entrambi la cosa sarebbe stata più veloce.

Dopo qualche giorno Vegeta potè uscire dal lavoro per rientrarci dopo una settimana! Però stavolta come dottore e non come paziente.

Quando uscì Bulma organizzò una festeggiamento che fu molto intimo. Aveva invitato solo Goku e Chichi in un bellissimo ristorante.

Si divertirono moltissimo, persino Vegeta si lasciò scappare qualche risata alla battute sceme di Goku!

Poi arrivò il momento del brindisi. Bulma alzò il suo calice per farlo.

- All’amore ritrovato. In tutti i sensi. -

- All’amore ritrovato! – esclamarono in coro gli altri tre.

Un amore trovato in un ospedale. Un luogo solitamente triste e sconfortante, ma dove si provano anche delle gioie indescrivibili. Quando entri lì che stai male ma sai che quando uscirai starai bene. Quando aspetti ore in un saletta d’attesa con il cuore che batte come impazzito, con la mente che non sa cosa fare, con la speranza che il medico che esca ti dica: - E’ andato tutto bene. – Il problema è che a volte il medico esce e poco dopo ti ritrovi con un dolore che ti schiaccia e non ti fa respirare. Ospedale: un luogo dove si provano le gioie e i dolori più intensi.

Goku e Bulma lì hanno ritrovato l’amore, quello che ormai avevano perso da tempo.

Vegeta e Chichi si sono innamorati realmente forse per la prima volta.

E sono felici. Mentre si guardano, si baciano, mentre fanno l’amore.

Ad ogni bacio, ad ogni carezza ne seguiranno sempre altri, così tanti che formeranno un conto infinito che, loro lo sanno bene, non cesserà mai.

 

 

 

 

Da mi basia mille, deinde centum, dein mille altera, dein secunda centum, deinde usque altera mille, deinde centum.

Dein, cum milia multa fecerimus, conturbabimus illa, ne sciamus, aut ne quis malus invidere possit, cum tantum sciat esse basiorum.

 

 

Dammi mille baci, poi cento, poi mille altri, poi ancora cento, poi sempre altri mille, poi cento. Poi, quando ne avrem fatti molte migliaia, li mescoleremo, per non sapere, o perché nessun malvagio possa invidiarli, sapendo esserci tanti baci.

 

 

Catullo, Carme V.

 

 

Fine.

 

 

Non ci posso credere, l’ho finita!!!! Ho concluso questa storia!!!! E’ stata la mia prima long-fic ed è stata davvero sofferta da parte mia. La data della creazione è stata il 3 Giugno 2007 e sono riuscita a finirla solo oggi. Questo è tutto dire, due anni.

Spero che vi sia piaciuta e che lascerete qualche piccolo commentino, anche per linciarmi visti i tempi di attesa interminabili tra un aggiornamento e l’altro, soprattutto verso i capitoli finali.

Però mi piace questa fic perché posso osservare quanto sia cambiata nel tempo, se leggo il primo e l’ultimo capitolo mi sembrano completamente diversi come stile! Però, forse, è solo un’impressione.

Gli ultimi versi sono presi dal Carme V di Catullo “Vivamus mea Lesbia”.

Spero di non avervi annoiato e ringrazio tutti coloro che hanno commentato e le 11 persone che l’hanno messa fra i preferiti =)!

Baci.

 

 

Marty De Nobili.

 

   
 
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