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Autore: KikiWhiteFly    17/09/2009    6 recensioni
{Quinta classificata a pari merito con Darkrose86 al "Tears Contest" indetto da Red Diablo. Vincitrice del Premio Originalità e del Premio Emozione}
Diverso? Cos'è diverso? In fondo, se una gitana si chiamasse Sakura, senza distinzioni di sorta, non sarebbe un essere umano, in ogni caso?
Era questo l'eterno mistero che affliggeva il mondo, provocando una baraonda. Tante -assurde e sciocche- polemiche per una razza, un popolo che non aveva nulla da invidiare agli altri. Cosa è diverso?
Sakura rifletté tutta la notte, dopo che l'Uchiha, trasportandosi dietro quel sentimento di rancore che si era annidato negli anni all'interno del suo cuore, aveva lasciato la stanza. Sakura aveva i vestiti sdruciti, l'aspetto probabilmente impresentabile, ciocche di capelli ormai crespe, intoccabili. Occhiaie scavate in profondità, occhi che ormai avevano perso il loro splendore, spenti.
Riuscì a darsi solo una risposta: diverso?
Diverso non significava nulla se non simile.
Ebbene sì, gli uomini avevano paura di scoprire un'altra faccia della medaglia, probabilmente la loro -quella più nascosta-, quell'intoccabile e impronunciabile volto della moneta.
Genere: Triste, Introspettivo, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sono sincera: in questa storia ho messo il cuore.

Un po' perché ho avuto un periodo abbastanza critico, indi, volevo tornare a farmi viva coi contest -dopo un'estate senza computer, praticamente XD- con qualcosa di serio. Non perché altre mie storie non lo siano, semplicemente questa ha qualcosa di diverso, è come se avessi scrutato dentro me stessa, a fondo, e poi avessi trasportato quei sentimenti nella mia storia.

Tutto partì da un disegno... io frequento il Liceo Artistico, quindi per me disegnare è normale. Iniziai ad abbozzare uno schizzo, che poi si trasformò in un vero e proprio disegno... e poi i miei personaggi presero vita, Sasuke e Sakura *_*. Me lo sentivo, dovevo scriverci qualcosa... qual occasione migliore se non un'imminente contest?<3.

Vi presento così una fan fiction che mi resterà sempre nel cuore, il “Cuore di Zingara” -così come cita il testo- è diventato anche il mio, con il tempo... Posso dire di essere felice ed un po' emozionata, perché Quinta su Ventuno non me l'aspettavo proprio... in più a parimerito con Darkrose86 e questa è la cosa che mi ha scombussolato di più. È un onore esser arrivata a parimerito con lei, davvero. Non lo dico con falsa modestia o semplicemente per elogiarla, ma perché è davvero così.

È una fan fiction di quattro capitoli, più l'epilogo. Spero vi piaccia <3... ahimè dovete già sapere che sarà angst ^^... metterò il giudizio della giudiciaH (Red Diablo) nell'epilogo, onde evitare spoiler <3.







Un grazie speciale alla mia beta Elwerien.

Una carissima ragazza che ieri sera è andata a dormire

ad un orario indecente solo per moi, e mi ha sopportata tutti questi

giorni nelle mie continue -e ormai abituali- crisi del “Non ce la faccio a continuare”

XD. Inoltre adoro questa ragazza, perché si dimostra una persona estremamente garbata e

socievole, con cui mi trovo veramente in armonia <3.

Abbiamo la stessa vena di sadismo/angstosità *ç*, indi per cui ogni cosa che scriviamo sa di sangue <3.

Fan fiction dedicata ad Elwerien,

un TesoVo di persona <3.








Cuore di Zingara





1.


Soldato e Gitana








Ancheggiava il bacino, con perfetto controllo. I suoi occhi erano socchiusi, si lasciava trasportare dal suono del cembalo, tastando con perfetta audacia il suolo arido ora divenuto un palcoscenico per grandi talenti. Forse gli sguardi correvano alla prorompente scollatura oppure allo spacco oltremodo provocante… ma non le importava granché. Mostrava gambe e braccia senza alcun pudore, la sua era una sensualità da strega, avevano detto in molti. Sì, lei era una strega.


Così ormai veniva nominata. Bastava dar voce ad un alito di vento, e tutti si fidavano della prima insulsa menzogna che passava di strada. La gente era ingenua e allo stesso tempo cattiva. Ingenua, sì. Andavano incontro a falsi ideali e stupidi ragionamenti. Cattiva, perché parlavano senza cognizione di causa. Era abituata, ormai, a quelle occhiate languide che le rivolgevano, a quegli sguardi che non elogiavano sicuramente la sua indole artistica.

“Prostitute a quest’ora! Quasi quasi ne approfitto!”

Ecco, il solito marpione da quattro soldi. Ad accerchiarsi intorno a lei folle di umili briganti e artigiani, che non si tiravano indietro a qualche risata di scherno, peraltro assolutamente ridicola. Un coro di risa sguaiate perforò le sue orecchie; ma a Sakura Haruno bastava guadagnare il pane da portare in tavola e racimolare qualcosa per tirare avanti. Il resto era solo rumore.

Questa era la sua vita. Questa era la sua casa.


La strada.

Quella strada che a volte rendeva felici, altre volte rendeva disperati.


Almeno fino a quel giorno. Dietro la folla inferocita spuntò qualcuno… aguzzò la vista, aprendo le palpebre dapprima socchiuse: un mantello nero si fece strada e superò tante persone. Lui, con quello sguardo gelido e quel portamento regale, incuteva una certa soggezione.

“Andatevene.” Il suo tono era pacato, eppure gelido. Sakura si ricordò di respirare solo dopo pochi istanti. Ora poteva sfiorare il soffice mantello, poteva notare la spada custodita nel fodero; e allora capì. Capì che tutte le sue fantasie potevano andare bellamente a farsi benedire.

“Un soldato?” domandò più a se stessa che a lui. Quello che prima era un dubbio ora diveniva una certezza, dal momento che l’uomo in questione aveva cacciato fuori una lama che scintillava alla luce del sole. “Un assassino”, lo guardò con disprezzo, quando sentì la punta gelata sulla sua epidermide.

“Andatevene” ripeté. “Le streghe come voi hanno vita breve, ricordatevelo”, e fece un po' più di pressione sulla sua pelle. Ottenne l'effetto desiderato: le labbra della zingara si fecero contratte. 
Adesso si stava mordendo il labbro inferiore coi denti, sofferente.

Essere disgustoso. L'Haruno trattenne un conato di vomito, indietreggiando di parecchi centimetri. Il suo braccio aveva preso a sanguinare, di poco. Il segno della spada sarebbe comunque rimasto, senza alcun dubbio. Era capace di uccidere... senza pietà. Si trovò con le spalle al muro, le vecchie pietre che si sgretolavano dietro la sua schiena. Lo fissò, senza alcun timore; poi fece leva sulla pietra più sporgente di tutte e vi appoggiò un piede. “Gli assassini invece...”, non riuscì a trattenersi. Conosceva i rischi e i pericoli: poteva ritrovarsi piegata alle sue stesse volontà in un batter d'occhio, ma di sicuro non avrebbe trattenuto quel boccone amaro in gola. Lui le prestò una certa attenzione, esortandola a continuare. “... gli assassini pagheranno il sangue che è stato versato dagli innocenti. Ricordatevene”.


E, con un agile scatto, si trovò dall'altra parte. Il cuore in gola, le ginocchia tremolanti, il respiro affannato. Sakura strisciò verticalmente, affondando il capo tra le mani; e pianse, ma non di dispiacere o di sofferenza. Bensì di paura, quella strana forza che agitava il suo animo e si prendeva gioco delle sue sicurezze. Il senso di terrore che aveva sentito mentre il soldato la guardava negli occhi, pensando a qualcosa tutt'altro che innocente... I suoi occhi, appunto, sembravano volerle squartare l'anima. Singhiozzò più forte, tappandosi subito dopo la bocca. Stava convivendo col pensiero che lui sarebbe potuto venire a prenderla nella notte, strapparle il cuore e gettarlo nelle fauci del fiume più vicino, senza che nessuno sospettasse di nulla.


Batteva ancora, troppo rapidamente.

Sentiva che stava per andare in crisi, doveva calmarsi. Inspirò ed espirò più volte, inalando l'ossigeno necessario. Alla fine si pulì il viso col dorso della mano, non potendo eliminare però quegli occhi, lo sentiva perfino lei, arrossati. Erano divenuti gonfi e tanto stanchi, che temeva di cadere in preda del sonno da un'istante all'altro. Si rialzò, cautamente, marciando con passo sicuro lungo le strade piene di zingari... gitani. La gente pronunciava con disprezzo quella parola, quasi a volerla vomitare. Erano convinti che le persone come loro non fossero altro che ladri. E invece, l'unica cosa che Sakura vedeva mentre camminava, era l'onestà. Quell'onestà che le era stata infida dall'altra parte della barricata, quell'onestà che, quando vogliono, gli uomini sanno mostrare anche se sanno già di non poterla mettere in pratica: non con loro.

Cosa c'era poi di diverso fra i loro mondi?. I bambini avevano lo stesso sorriso di quelli ricchi, le donne faticavano come muli durante la giornata ma tornavano a casa abbracciando i loro figli, e i padri si preoccupavano come perfetti capo famiglia, accollandosi tutto sulle proprie spalle. Non capiva, allora: cosa c'era di diverso?. Un piccolo nodo le bloccò la gola. Respirò frustrata.


D'altronde non possiamo aggiustare tutti i torti di questo mondo. Possiamo solamente sperare in

qualcosa di migliore, in fondo... sognare non costa nulla.


“Sakura, hai visto... Ho finito tutto!”, esclamò una piccola birbante di pochi anni leccandosi il contorno delle labbra. Le stava tirando forte la gonna e rivolgendole un sorriso a trentadue denti, ansiosa di ricevere complimenti. “Bravissima!”, le rispose lei, accarezzandole la testolina mora. La piccola gioì alcuni istanti, poi corse dalla sua mamma, appoggiandosi alle sue ginocchia. La ragazza invece posò il mestolo: non aveva molta fame. Decise di saltare la cena, lasciando quasi come un fantasma la catapecchia che fungeva da abitazione. Sollevò la tenda -la porta-, uscendo fuori e sentendo il fresco venticello pungerle la pelle. Prese una delle fasce che teneva legata in vita, passandosela sulle spalle. Dopo tanto tempo guardò la luna in cielo, alta e maestosa, eterna e immortale. Ecco, così sarebbe voluta nascere. Fissò con occhi meravigliati la forma circolare, immersa in uno sfondo blu scuro: il cielo, ornato a tratti da nembi di brillanti.


Ma in fondo, si disse, si sarebbe accontentata di venir trattata come un essere umano.


Quel pensiero la amareggiò, e priva di paura o inquietudine, a piedi nudi, percorse la strada deserta; era solo curiosa e determinata, perfino di scoprire i pericoli del mondo. Più in là vedeva delle luci lampeggiare... no, non luci: erano fiaccole. Enormi fiamme, rosse e splendenti, stavano avvicinandosi sempre più, man mano che il suo passo si faceva più lesto. Si nascose dietro una roccia, lanciando però un’occhiata con la coda dell’occhio a quel gruppo di soldati che sembravano sulle tracce di qualcuno. Vedeva due mani gesticolare e spiegar loro i comandi. Erano proprio soldati, pensò con rammarico. Rispondevano a qualunque richiesta con un sì affermativo, seguito quasi sempre da signore. Se assottigliava lo sguardo poteva notare un mantello scuro, una chioma color petrolio, un'espressione ostile e sgarbata, di chi non voleva perdere. Certo, era lui!

Il pensiero la irrigidì all'istante; trasalì incerta, come se sapesse già di dover andare al rogo. Già, perché da quando c'era il “famoso Uchiha” in città, una gitana alla settimana veniva bruciata viva, nel grande falò della domenica pomeriggio, con tanto di sentenza di morte per stregoneria. Che idiozia. Le streghe erano ben altre, in questo mondo insozzato dalla guerra e dalla povertà. E, mentre loro perdevano tempo a dare alle fiamme l'intera città, i criminali se ne andavano a piede libero, e non venivano nemmeno puniti. E così era quello il famoso Uchiha?

Impose al suo udito di cogliere anche il più piccolo e impercettibile suono, sforzandosi, cercando di tradurre in parole i loro monosillabi. “Avete capito? Voglio la gitana bionda, Ino Yamanaka” e si trattenne dall'urlare, sentendo però una scossa di paura in fondo al cuore. Ino, avrebbero ucciso Ino!. Non poteva permetterlo, non colei che conosceva da sempre e con cui era cresciuta insieme, non la sua migliore amica. “... viva o morta”.

“Viva o morta”, aveva aggiunto, pregustando già la vittoria. Ma non avrebbe ucciso l'ennesima innocente: Sakura non l’avrebbe permesso. Avrebbe messo fine a quella strage disonesta di corpi, martoriati e poi gettati tra le fiamme, uno dopo l'altro. Decise che si sarebbe mossa, aspettando il momento più opportuno per agire... il cuore scalpitava, la paura diventava un tutt'uno con il suo corpo, respirare ormai aveva perso il suo significato. Solo quando non distinse più le ombre degli uomini proiettate sulle rocce scarne intorno, solo allora si mosse, prestando sempre attenzione. Guardò avanti e indietro, con maniacale metodicità. Avanti e indietro, sempre, attenta a quello che vedeva a terra, ai sassolini aguzzi e agli animali che si volevano arrampicare sulle sue gambe. Viva o morta. Il suono di quelle parole le sembrava così sprezzante che sentiva che avrebbe sognato quella frase –qualora, ovviamente, fosse riuscita ad addormentarsi. Sentiva che avrebbe potuto morire nel sonno, al rogo, attaccata ad un cappio, scivolando su quei sassi apparentemente innocui. Tutto il mondo era diventato un immenso covo di pericoli, una giostra delle torture a cui non voleva prender parte. Fece alcuni passi, lesta. Respirò -era ancora viva. Poi si fece ancora più avanti, andando ad urtare una roccia. “Diamine”, si trattenne dall'imprecare.

Aveva paura che perfino i suoi silenzi fossero udibili.

“Dovrebbe stare più attenta”, disse un uomo, rimproverandola. Una punta di crudeltà in quella frase. E, fino ad allora, conosceva solo un uomo che conservava tanta malvagità. “Uchiha”, scandì bene, attenta a non sbagliare. Voleva liberarsi ma la sua stretta era ferrea, rigida, e l'aveva avvelenata come un serpente, perché non riusciva proprio a muoversi.

“Gitana”

“Sakura”, lo corresse. Le parole le morirono in gola in quello stesso attimo, quando avvertì il suo mantello sfiorarle le esili spalle. Poi  sentì  qualcosa nel cielo... Si voltò a guardare: ora i nuvoloni coprivano la maestosità della luna e la pioggia sembrava voler diventare fitta. Se il suo tocco prima era lieve, inudibile, appena accennato, adesso era pesante, rumoroso; così tanto che l'unica soluzione pareva essere quella di tapparsi le orecchie. “Piove”, comunicò all'uomo che si stava allontanando da lei. Il buio le copriva la visuale, rendeva i suoi sensi meno acuti; era solo riuscita ad avvertire l’uomo scostarsi da lei. Ora quelle mani sporche del sangue versato dagli innocenti avevano contaminato la sua pelle. La vergogna e l'orrore le scatenarono un brivido per nulla piacevole lungo la sua colonna vertebrale, facendole solamente disprezzare il genere umano.

“Hai sentito”

Disse lui, prendendole bruscamente un braccio e portandola in una via deserta ma con un piccolo barlume di luce. Ora riusciva a distinguere il color sangue di quegli occhi carnefici, avvertiva la paura come una costante. “S-sì”, disse, indietreggiando ancora. Si trovava ancora con le spalle al muro: era infatti incollata ad una porta di legno e la pioggia si stava prendendo gioco della sua vista, offuscandogliela. E il tempo sembrava peggiorare, la pioggia imperversava sui loro corpi, bagnava i vestiti, picchiettava sui massi e sui ciottoli lungo la strada. “M-mi... Ucciderete?”, aveva detto, mostrandosi fin troppo audace. Quello ci aveva pensato un momento, poi, con quel suo tono gelido, leccandosi le labbra -cosa che faceva alquanto spesso: forse faceva pensieri perversi o sadici, non avrebbe saputo dirlo; sapeva solamente che era un tic nervoso che non lo abbandonava-, scandì anche lui le parole. “Sarebbe troppo facile”.

E abbassò impercettibilmente lo sguardo, temendo di perdere l'orgoglio. “Ma lo farete”, si torturò con le dita, domanda retorica.

“A tempo debito”, posò un braccio sulla porta di mogano. Sakura ebbe un fremito, il raziocinio veniva sempre meno.

“Cosa volete fare?”, chiese, incerta. Aveva tentato la fuga ma i riflessi dell’altro erano pronti, fin troppo. Era stato addestrato proprio come un perfetto soldato.

“Divertirmi”, e si avvicinò ancora di più, impattando col proprio corpo su quello più esile della zingara, totalmente allibita dalla situazione. Ora le sue mani si erano staccate ma erano andate a incidersi sopra le spalle di Sakura. Poi erano scese un po', quel poco che bastava per avvistare la sua prorompente scollatura e per far correre le fantasie degli uomini con pensieri poco casti, anzi, profani. E lei era rimasta immobile, subiva quella tortura senza proferir parola, come una bambola di pezza. L'Uchiha aveva abbassato il capo e Sakura era sicura di aver sentito qualcosa di strisciante correre dall'incavo del collo fino alla curva del seno. Le sue mani andarono a bloccare quelle dell'uomo, totalmente preso dalla situazione, ma sembrava non trovar pace e nemmeno starla a sentire. Si erano spostati un po', incollati al muro di una strada disabitata, senza che lei potesse nemmeno chiedere aiuto. “Cosa state facendo, adesso?”, la mano del soldato correva verso la sua gamba, aveva alzato un po' la gonna, mentre con l'altra gamba bloccava il suo corpo, inchiodandola. Era arrivato fino al fianco, riusciva a sentire la stoffa della biancheria intima contro le sue dita. Giocò un po' con l'orlo, sentendo il tremore della ragazza sotto di sé; temeva proprio di averla impaurita. Quel tanto che bastava per non sentirla fiatare più.

“Potrei andare avanti”, e la ragazza sbarrò le palpebre, totalmente terrorizzata. “Ma mi fermerò. Non c'è gusto senza la tua partecipazione”

“La mia partecipazione?”, domandò, scettica. In quale universo si sarebbe mai sognato la sua approvazione a una cosa tanto disgustosa?.

“Quella che mi darai, altrimenti la tua amica morirà”

Tasto dolente, assai dolente. La pioggia in quel momento terminò, lasciando comunque la sua presenza. L'Uchiha tese una mano, senza più avvertire lo scroscio dell’acqua sul proprio palmo: vedeva solamente delle goccioline che grondavano dai tetti delle abitazioni. “Buonanotte, gitana”.

Cosa avrebbe dovuto fare ora?. Era possibile che lui la stessa ingannando, con uno dei suoi sporchi trucchetti?

La notte avrebbe portato consiglio...

Sempre se al suo ritorno non fosse stato già mattino inoltrato.



Continua...

****

Quinta Classificata

Vincitrice del Premio Originalità

Vincitrice del Premio Emozione

La fan art è ad opera mia e guai a chi la copia è_é. 

La fan art per intero, a chi interessasse vedere le mie scarse capacità artistiche XD: http://img225.imageshack.us/img225/1223/sasusaku.jpg

   
 
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