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Autore: Bec77    18/09/2009    0 recensioni
Arrivò in fondo al tunnel di mattoni di pietra. Davanti a lui c’era una porta con lo stemma della sua famiglia, che non guardò nemmeno; i due portoni erano stati tirati e aperti, e una piccola lama di luce color arancio, calda e persino profumata, gli illuminò il viso sciupato e impallidito, i capelli bruni e gli occhi scuri. Alzò una mano verso il batacchio di una delle due porte e lo tirò ancora un po’, lasciando che la luce filtrasse ancora di più all’interno del corridoio deserto.
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaname Kuran
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Alone


L’aria all’interno del castello era fredda e satura di umidità. L’olezzo di muffa e polvere gli provocava la nausea, così come vedere quelle macchie di sangue ai piedi della lunga scalinata che portava al piano terra, e che lui stava scendendo in quel momento. Voltò la testa più volte per guardarsi attorno, affinò l’udito… ma non c’era nessuno. Rumore di passi, respiri, fruscii di vestiti, qualsiasi cosa. Non c’era nulla in quella casa che avesse vita. Solo lui.
Arrivato ai piedi della scalinata impolverata si guardò di nuovo attorno. Fu attirato da una porta aperta e vi si diresse con passo indolente, stanco, senza far caso alla polvere che alzava al suo passaggio o alle macchie di sangue che si facevano via via sempre più grandi, ampie… e fresche. Dietro quella porta c’era un lungo corridoio, che percorse senza il minimo indugio. Un profumo soave, una sinfonia che lo ammaliava rispetto a tutto il resto, gli fece accelerare il passo e spuntare una scintilla di vita negli occhi stanchi. Arrivò in fondo al tunnel di mattoni di pietra. Davanti a lui c’era una porta con lo stemma della sua famiglia, che non guardò nemmeno; i due portoni erano stati tirati e aperti, e una piccola lama di luce color arancio, calda e persino profumata, gli illuminò il viso sciupato e impallidito, i capelli bruni e gli occhi scuri. Alzò una mano verso il batacchio di una delle due porte e lo tirò ancora un po’, lasciando che la luce filtrasse ancora di più all’interno del corridoio deserto.

Una donna. C’era una donna che si pettinava con cura i lunghissimi capelli bruni con minuzia, a ciocche. Guardava il suo volto riflesso nello specchio, in cui anche lui poteva scorgerla. La sua espressione si ammorbidì di colpo e avanzò a passi calmi nella stanza, verso di lei, che sembrava non averlo notato. Le si inginocchiò di fianco, poggiando una mano sul piccolo pezzo di poltrona sopravvissuto alle ingiurie del tempo e foderato in stoffa rossa, per poi toccarle con le dita pallide il fianco, sfiorandolo appena. Solo allora la donna si accorse di lui e si girò, mostrandogli i suoi grandi occhi castani e un sorriso dolce, che aveva ancora sulle labbra quando le posò sulla sua fronte e lo sommerse con i suoi lunghi capelli. Lui ne annusò il profumo, prendendone qualche ciocca fine fra le dita, e le attorcigliò attorno ad essere, per poi tornare a guardarla negli occhi, come un uomo disperato che vede per la prima volta dopo tanto tempo la luce e la agogna con tutto se stesso. Lei però gli accarezzò il profilo del viso con il dorso della mano, ne saggiò le labbra morbide e rosee e solo alla fine si abbassò di nuovo su di lui per baciarlo dolcemente su di esse, poggiando una mano piccola e dalle dita affusolate fra i suoi capelli.
- Fa freddo, nelle altre stanze – sussurrò la donna quando si staccò. Tornò a pettinarsi con occhi vacui i capelli, con il pettinino argentato che aveva posato sulla toeletta. Fu quando le mani dell’uomo glielo presero dalle mani e cominciò lui stesso a pettinarla, che un altro piccolo sorriso le spuntò sulle labbra.
- Tu non avevi freddo? – gli chiese.
- Sì, ma ora sto bene – le sorrise. Cominciò a passare di nuovo il pettinino d’argento fra i capelli, premurandosi di sciogliere delicatamente tutti i nodi che incontrava. Lei non emetteva un verso: aveva chiuso gli occhi dopo la sua risposta e, sempre con quel bel sorriso leggero sulle labbra perfette, se ne stava immobile, affidandosi alle sue mani e dita.
Lo sguardo di lui si posò sul moccolo di una candela che stava su di un coccio di porcellana ad illuminare la grande stanza, almeno parzialmente. Lo osservò incantato, perdendosi nei colori della fiamma viva che bruciava sembra problemi.
- L’ho trovata in giro – Volse lo sguardo sullo specchio e vide attraverso di esso la sua donna con gli occhi di nuovo aperti, a fissarlo. Gli sorrise ancora e voltò anche lei lo sguardo sul mozzicone e la fiamma. – Trovavo questo luogo molto tetro e scuro. Non mi piaceva. Inoltre è freddo -
- Hai ragione – annuì lui, tornando a pettinarle i capelli. Li osservò fra le sua dita, lucidi alla luce della candela e morbidi, così setosi da sembrare appena lavati. Ne annusò l’odore per qualche secondo e si perse dentro di esso, respirando a pieni polmoni.
- Fa freddo, amore mio – la sentì dire vicinissima.

Quando riaprì gli occhi la trovò su di sé, a guardarlo con occhi limpidi e privi di vergogna persino per i pensieri che forse stava facendo, probabilmente non degni di una donna del suo rango. Una purosangue non si doveva lasciar guidare dai suoi sentimenti, e la stessa cosa valeva per lui. La tentazione di toccare quella pelle di porcellana e di affondare la mano nei suoi capelli, sentire il sangue nelle sue vene fluire sempre più veloce sotto il suo tocco, le labbra di lei schiudersi per il piacere… e la sua voce invocarlo… Erano tentazioni troppo forti per poter dire no, lo sapeva perfettamente. Sapeva anche che non avrebbe dovuto innamorarsi di lei, anche se erano gli ultimi, così forse non l’avrebbe rimpianta quando i loro istinti avrebbero presto il sopravvento per la lotta contro la morte, e lui fosse stato costretto ad ucciderla per sfamarsi. Lo sapeva, eppure aveva seguito i suoi sentimenti, il suo cuore e l’istinto del momento. Aveva peccato, e aveva dovuto pagare soffrendo le pene dell’Inferno, chiuso in quella stanza buia e con solo il suo riflesso nello specchio davanti cui lei si metteva sempre, ricordandola, rimpiangendola e rivedendo i momenti in cui si rotolavano sul pavimento l’uno fra le braccia dell’altro, finalmente al caldo e appagati. Vedere tutto questo e sapere che ti era sfuggito fra le dita, come quei pezzi di vetro che ora teneva fra le mani e lasciava cadere al suolo, su altro vetro rotto e su ciò che rimaneva di quello specchio ora…

L’unico sfuggito alla morte. Ora era solo.

* * *
Note finali:
#1. Il titolo è ispirato a una scena del manga dove Kaname, mentre viene morso da Yuuki, riversa in lei con il suo sangue le proprie memorie (quindi quelle sono di Kaname ANTENATO, non di Kaname-fratello di Yuuki!). E' una scena del capitolo 52, "Beasts Madly In Love", quindi è SPOILER, oltre che WHAT IF (in parte, dato che non ne sappiamo nulla dell'antenato).
#2. Vi spiego la mia ipotesi: conoscendo la Matsuri Hino e la sua precedente opera "Meru Puri", sono propensa a credere che la reincarnazine c'entri qualcosa con la relazione fra Kaname e Yuuki. Essendo il primo flashback di Kaname "antenato dei Kuran" ci ho plottato sopra come una pazza, e questa fanfic è il risultato di solo UNO dei vari plottamenti andati a buon fine *sìsì* Ma naturalmente tutto questo è spoiler, io vi ho avvisati prima, se non volevate sapere nulla CAVOLI VOSTRI. XD

Frozen.


Ne approfitto per rispondere a fatina93 (che ha commentato la mia "Warmth"): grazie per il complimento ^^ mi ha fatto molto piacere. Io sono sostanzialmente una che tifa per la threesome Kaname/Yuuki/Zero, quindi le coppie Kaname x Yuuki e Zero x Yuuki (e sì, ammetto, anche le Kaname x Zero XD) valgono allo stesso modo per me. Però in passato ero una ZeroxYuuki convintissima XD Mi sono convertita grazie agli ultimi capitoli spoiler, ma se rimarrai "connessa" probabilmente posterò anche delle ZeroxYuuki in futuro ^^
Grazie ancora per il commento! ;D
   
 
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