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Autore: Dafne_5    29/09/2024    1 recensioni
Xenaya. Tutti conoscevano il nome di quella graziosa fanciulla che, in un freddo giorno di dicembre, non ritornò più a casa.
Xenaya. Era la ragazza più intelligente del villaggio, ma anche la più ribelle.
Xenaya. Quella figura minuta con i capelli azzurri come il cielo d’estate e gli occhi verdi come germogli rigogliosi.
Xenaya. Nessuna sapeva dove fosse diretta. Si sapeva solo che non sarebbe tornata.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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OTTOBRE 1961
Zevir, passo svelto e sorriso sul volto, stava andando a trovare Gemnys e Nymian. La loro bambina aveva compiuto undici anni e, in quanto Membro Fondatore, voleva andare a fare i suoi omaggi al nuovo membro del Villaggio Fantasma. Zevir, rallentando leggermente il passo, ricordò la prima volta che si era innamorato di una ragazza a suo parere bellissima come un’apparizione e con cui immaginava di vivere una lunga vita insieme, magari circondati da qualche bimbo paffuto.
***
Marzo 1902
Xenaya era bellissima, come sempre. L’aveva portata in un prato fiorito, come quando avevano cinque anni e volevano giocare ad acchiappare le farfalle o fingere di trovarsi in una foresta immensa e recuperare un diamante perduto. Non sapeva cosa lo aspettava, ma era il momento giusto, semplicemente lo sapeva. Erano anni che non diceva niente e rimandava il momento delle rivelazioni più importanti. Era difficile, sì, ma più il tempo passava, più sarebbe stato complicato sputare fuori quelle parole con tutta la forza che aveva nei polmoni e rendersi conto che rappresentavano la pura e semplice realtà dei fatti.
Xenaya era sempre circondata da tanti ragazzi che giocavano con lei, era stato difficilissimo tirarla da parte e inventarsi delle scuse per non trascinarsi dietro gli altri. Mille sotterfugi e imprecazioni, ma, alla fine, l’aveva presa per un polso e portata lì. Per carità, lei era d’accordissimo a passare del tempo con il suo amico, ma era difficile, molto difficile.
Zevir sentiva già le voci dei ragazzi e delle ragazze che li cercavano per riprendere il gioco: doveva muoversi a dire quello che sentiva.
“Xena…”
Gli occhi verdi della ragazza erano puntati nei suoi, mille significati con un solo sguardo. Zevir era convinto che Xenaya sapesse già il motivo della chiacchierata, lo sapevano tutti. Per la miseria, si era fidato di due amici. Solo due, non dieci. E cosa avevano fatto loro per dimostrare un minimo di comprensione? Lo avevano detto a tutti.
“Xena, te lo devo dire adesso. Non ce la faccio più a tenermi il segreto.”
Ancora una volta, Zevir si soffermò un secondo di troppo a guardare la ragazza.
“Mi piaci!” Sputò tutto d’un fiato e quasi senza rendersi conto di averlo detto.
Xenaya lo guardò. Lo guardò per quelle che sembrarono intere ere geologiche. Probabilmente furono solo secondi. Secondi importanti.
Zevir continuò a guardarla, speranzoso ma non troppo. Xenaya non era una tipa da relazioni, preferiva essere libera, fare quello che voleva quando voleva senza avere nessuno in mezzo alle scatole che le chiedeva qualcosa ogni minuto che passava.
Alla fine Zevir comprese. La osservò: la luce divertita nei suoi occhi color germoglio, il sorriso radioso ma forzato sulle labbra rosee… non voleva dirlo. Non voleva dire ad alta voce qualcosa che avrebbe ferito Zevir, il suo migliore amico. Quegli occhi nascondevano milioni di parole taciute. Zevir fisso il suo sguardo in quello di Xenaya.
“Va bene, me lo aspettavo.” Disse.
Si sorprese del fatto che andasse davvero bene. Insomma, adesso non ci potevano più essere fraintendimenti o giri di parole: lei lo sapeva, lui lo sapeva. Non era triste, avrebbe fatto la stessa cosa se una ragazza gli avesse vomitato addosso quelle medesime parole. Capiva la scelta di Xenaya anche se non ne sapeva con esattezza le ragioni.
Proprio mentre vedeva la chioma azzurrina voltarsi, la abbracciò di slancio. Fu sorpreso di sentire due braccia candide che gli accarezzavano la schiena.
“Xena, grazie. Grazie per aver capito.”
La faccia di Xenaya sembrò dire: ‘Siamo amici, non ricordi?’ Un altro motivo per esserle grato, come se non bastassero quelli di prima.
***
Zevir era arrivato sulla soglia dell’abitazione della bimba. Sollevò la mano per bussare, ma rimase con il braccio a mezz’aria a fissare la porta chiusa davanti a lui. Spostò lo sguardo verso cielo limpido e senza nubi. ‘Grazie Xena. Grazie per aver capito.’ Pensò.
Bussò e sulla soglia apparve Yanexa, la figlia di Gemnys e Nymian. Aveva gli occhi di sua madre, vispi e attenti. Come quelli di Xenaya. Aveva undici anni, ma ne dimostrava almeno tredici. Era vestita in modo particolare, ma stranamente familiare: gonna bianca a fiori azzurri, magliettina azzurra con farfalle colorate disegnate sopra e ciclamini intrecciati tra i capelli.
Yanexa si scostò per lasciare entrare quell’ospite inatteso e, dopo aver chiuso la porta, corse a chiamare sua mamma.
“Mamma!” Urlò.
Si sentirono passi provenire dalla cucina e, due secondi dopo, Zevir si trovò davanti una copia della bimba, solo più grande.
Sembravano la stessa persona prima e dopo l’adolescenza.
Zevir si chinò per guardare in faccia Yanexa.
“Sei pronta?”
La testolina fece su e giù, sapeva già quello che sarebbe successo. Erano settimane che gli altri ragazzi le montavano la testa fantasticando sul Villaggio Fantasma.
“Allora, lì fuori ci sono due ragazzi e una ragazza che ti accompagneranno al Villaggio Fantasma. Seguili e non fare domande a nessuno di loro. Intesi?” La voce era bonaria, ma incuteva comunque un po’ di soggezione.
Un nuovo su e giù della testa di Yanexa.
“Okay, saluta mamma e papà poi va, forza.”
Yanexa, anima innocente e pura, corse dalla mamma abbracciandola come non aveva mai fatto e salutando Nymian come se stesse partendo per la guerra.
“Pronta?” Chiese Zevir.
“Pronta.” Era la prima parola che pronunciava e la gola stava diventando più secca.
Yanexa non prese zaino, libri o qualunque altra cosa, uscì e seguì i ragazzi che la stavano aspettando, non sapendo come doveva comportarsi e ripassando a mente il famosissimo giuramento che le avevano fatto imparare.
Arrivata davanti al cancelletto di legno del Villaggio Fantasma, si trovò davanti tantissimi altri ragazzi che la fissavano curiosi.
Si fece avanti un ragazzo sulla ventina.
“Ciao Yanexa. Io sono Deruces, il ragazzo più grande del Villaggio Fantasma. Ripeti il giuramento.”
“Io, Yanexa, giuro che non farò la spia ai grandi e che rispetterò… il regolamento e il volere dei Membri Vecchi.” La voce era un tantino incerta, ma riuscì a finire la frase senza svenire.
“Molto bene. Ora puoi entrare ufficialmente come Nuovo Membro. Il tuo tutor temporaneo sarà Keromey. Kero, fai un passo avanti per favore.”
Keromey era un ragazzo non troppo alto, con un ciuffo di capelli castano chiaro che gli cadeva davanti agli occhi scuri oscurando parte del suo viso. Ogni tanto, quando era a disagio, se lo spostava dietro l’orecchio. Yanexa non riusciva a vedere tutto il corpo di Keromey perché era ancora dietro ad alcuni ragazzi, ma, da quello che scorgeva, aveva notato che il ragazzo, anzi, si doveva abituare a chiamarlo tutor, portava una maglietta rossa abbinata in modo strano ad una giacca arancione. Insomma, un ragazzo particolare, di quelli che non si vedono tutti i giorni. Però Yanexa aveva un rapporto sincero con il suo cuore e doveva ammettere che era carino.
“Ciao. Io sono Keromey, ma puoi chiamarmi Kero. Ho quattordici anni.”
“Ciao. Sono Yanexa, sono stata chiamata in molti modi, decidi tu. Ho undici anni, gli ultimi quattro li ho passati nell’altra valle, dove c’è la famiglia di mia madre e sono tornata solo due mesi fa, in tempo per imparare il giuramento.”
Keromey si avvicinò di qualche centimetro facendosi largo tra la folla di bambini che non si era ancora stranamente dispersa.
“Hai passato quattro anni via? E adesso ne hai undici?” Chiese il ragazzo, evidentemente turbato all’idea di fare da tutor ad una ragazza solo pochi anni più piccola di lui. Forse era abituato a stare con bambini di sette, otto anni al massimo.
“Sì, perché? Anche mia mamma è entrata qui a undici anni.”
“Certo, certo, non intendevo questo. Lasciamo perdere, seguimi.”
Yanexa prese a camminare dietro la macchia arancione che le faceva strada e arrivarono fino ai limiti del Villaggio Fantasma, vicino ad una bella ma inquietante casetta.
“Qui, al Villaggio, c’è una storia che gira da un po’ di tempo tra i ragazzi.” Spiegò Keromey. “Si tratta della storia di tua madre, Gemnys. Si racconta che passasse le notti dentro questa casa tornando solo all’alba. Riesci a crederci? Nessuno sa cosa facesse, però si dice che fosse molto coraggiosa ad andarci.”
Un’esclamazione di stupore fuoriuscì dalla bocca di Yanexa. Keromey si sistemò il ciuffo di capelli ribelli dietro l’orecchio sinistro: evidentemente era a disagio o stressato, solo che Yanexa non ne capiva il motivo.
“Kero, perché?”
“Perché cosa?”
“Perché mi dici questo?”
“Be’, si tratta di tua madre, ho pensato ti interessasse.”
“Certo, ma c’è un altro motivo, nevvero?”
 “Sì. Si dice che dentro questa casa ci fossero i fantasmi. Nymian, tuo padre, li ha visti. O perlomeno è quello che si racconta nelle leggende. Non so quanta verità ci sia e dove inizi invece la menzogna. Ma adesso basta, ti faccio fare un giro completo e raggiungiamo gli altri, okay?”
Il su e giù della testa di Yanexa fece capire a Keromey che poteva continuare, ma, quello che lui non sapeva è che dentro di lei si era accesa una piccola lampadina di pura euforia. Sentiva odore di avventura e lei adorava le avventure, meglio se coinvolgevano spettri, case infestate e ragazzi carini. Si preannunciavano mesi fantastici.
Durante il giorno, le toccò girare per il villaggio rispondendo a domande che lei giudicava inutili come ‘Com’è avere una madre come Gemnys?’ e la risposta era sempre ‘Come vuoi che sia? Non l’ho scelta io mia madre e dato che starai per chiedermi di mio padre ti anticipo rispondendo che non ho scelto neppure lui.’. Insomma, domanda, risposta, domanda, risposta fino allo sfinimento. Una vera rottura.
Però si divertì anche un mondo. Keromey le fece vedere tantissime cose: la casa delle riunioni, la sala giochi coperta dove c’erano tavoli lunghissimi per fare giochi di società, il bosco dove giocavano a nascondino… un sacco di roba strabiliante. E poi c’era da ammettere che Keromey era particolarmente simpatico, di sicuro più di Wesro, un ragazzo di diciassette anni che la prendeva in giro perché aveva genitori superstiziosi. Non che a lei fregasse qualcosa, sia chiaro, ma era comunque seccata da quelle affermazioni. Tanto che non le ci volle molto per guadagnarsi il soprannome ‘morte’ dato dai ragazzi più paurosi dopo che avevano visto il pugno che aveva tirato a Wesro alla quarta presa in giro. A lei non dispiaceva essere chiamata così: un po’ si divertiva anche a vedere i ragazzi che le passavano a largo. E anche meno scocciuature.
Nel tardo pomeriggio, tutti parteciparono alla Persona Invisibile, un modo simpatico per dire ‘nascondino’. Quella mega-caccia alla persona era un evento che si teneva ogni settimana e a cui, da qualche anno, partecipavano anche i Membri Fondatori. Zevir era sempre contento di giocare a quegli eventi, gli ricordavano quando era lui che correva per cercare gli altri. E con ‘gli altri’ intendeva Xenaya.
***
Aprile 1902
Zevir stava correndo nel bosco, cercando con gli occhi i suoi compagni di gioco. Era incredibile quanto fossero bravi. Soprattutto Xenaya, lei era la migliore di tutti. Nessuno sapeva come facesse o dove andasse, ma finché lei stessa non decideva di farsi trovare o non si stancava del gioco, nessuno poteva anche solo immaginare divederla passare per caso.
Dopo qualche secondo, Zevir sentì un sommesso scricchiolio provenire da dietro un albero dal tronco enorme. Si avvicinò con cautela: nel bosco ci poteva anche essere una bestia selvatica. Un gemito disperato risuonò tra gli albero che facevano da cassa di risonanza. I bambini nascosti lì vicino accorsero e trovarono un loro compagno seduto per terra dietro al possente vegetale che lo celava.
“Ahia!” Urlò il ragazzo tenendosi forte la caviglia che, data la strana angolazione in cui era appoggiata, era presumibilmente storta.
Zevir si chinò  ed ebbe giusto il tempo di guardarlo negli occhi prima che lui estraesse un bastone appuntito dalla tasca e lo piantasse nella sua mano destra. Dopo, il misterioso ragazzo si alzò in piedi e corse via. Nessuno lo rivide. Non si seppe più niente del bambino che aveva ‘pugnalato’ alla mano Zevir. Un PUF! E lui era scomparso, come se non fosse mai esistito.
“Ma perché?” Gemeva Zevir accasciato al suolo in posizione fetale e con la mano ferita stretta al petto.
La domanda aleggiò nell’aria finché non saltò fuori una dodicenne dai capelli azzurri e gli occhi verdi. Non una dodicenne, la dodicenne.
Xenaya era vestita con una gonna bianca a fiori blu e rosa e la magliettina viola (il suo colore preferito) ricamata con farfalle colorate. Il suo sguardò sembrava dire: ‘Sei davvero così imbecille da farti pugnalare ad una mano?” e, per tutta risposta, Zevir le regalò un debole sorriso. Xenaya lo prese sotto braccio e lo rialzò.
***
In quel momento, quando la sua mano destra, quella segnata da una profonda e strana cicatrice colpì un ramo, Zevir sussurrò: “Ma perché?” Quanti ricordi che riaffioravano nei momenti più sconfortanti…
Yanexa saltò fuori dal suo nascondiglio (il tronco di un albero lì vicino), prese Zevir sotto braccio e, dato che era appena caduto in ginocchio, lo aiutò ad alzarsi.
“Grazie Xena.” Sussurrò lui.
“Eh? Non ho sentito.” Fu la risposta che ricevette.
“Grazie Yanexa, sei una brava bambina.”
Yanexa interpretò l’errore del nome come un momento di debolezza o allucinazione, non si chiese mai il perché di quel nomignolo, ma avrebbe ripensato a quella scena solo dopo pochi mesi.

Ciao a tutti e a tutte! Eccomi qui con un nuovo e non propriamente magnifico capitolo. Ovviamente se qualcuno di voi lo considera degno anche solo dell'aggettivo 'bello' è un traguardo inaspettato, grazie.
Dicevo: so che è corto e un tantino noioso, ma mi serviva per presentarvi il nuovo personaggio. Eh già, Yanexa è la nostra eroina, bisogna darle una degna presentazione poverina. 
Comunque sto divagando. Come vi sembra il capitolo?
Allora, so che morirò nel sonno per aver fatto scomparire di nuovo (forse perennemente) la nostra mitica Xenaya, ma, chi lo sa, forse Yanexa vi conquisterà anche di più... Avete ragione, non credo neanch'io a quello che scrivo. Nessuno potrà mai sostituire la mia Xenaya, però amen, ce ne faremo una ragione. 
Ho voluto anche presentarvi meglio Zevir e, come avrete notato, ho messo in atto il mio piano scrivendo brevi flashbacks sulla sua vita. Inoltre, in questi, voglio sottolineare la somiglianza di Yanexa con Xenaya.

Basta Dafne! Non puoi svelare tutti i segreti della storia!
Hai ragione coscienza che non sapevo di avere. Sto zitta.
Oh, era ora! Chiudi 'sto angolo autrice e facciamola finita!
Sì, ma se non ti dispiace la scrittura lasciala a me! 
Allora, come diveva la mia cosienza un attimo fa (*occhiataccia al nulla*) vi saluto prima di farmi odiare.
Un abbraccio,
Dafne. 
   
 
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