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Autore: emmawh    23/09/2009    2 recensioni
Questa è una one-shot per chi quando Piton è morto ha esclamato "Finalmente!" e quando ha letto della sua vita ha sospirato "Oh, mamma!" piangendo; per chi ha sempre desiderato un lieto fine per quest'uomo così misterioso e innamorato; per chi si chiede che fine fanno tutti dopo la morte.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aprì gli occhi.
Un luogo strano gli si parava dinanzi. Oscuro, infinito, buio. Sembrava galleggiare nel nulla tanto la sua vista era ostacolata dalla mancanza di luce.
Era tentato di fare un passo in avanti, ma non lo fece, per paura di cadere.
Ricordava vagamente cosa aveva fatto poco prima; o molto tempo prima, chi poteva saperlo.
Alla fine, prese coraggio e alzò un piede. Ma non riuscì a completare il suo gesto, e lo bloccò a mezz’aria.
-Severus.
Una voce dolce eppure profonda e oscura chiamò il suo nome. Sobbalzò, guardandosi intorno, senza riuscire a vedere a un palmo dal naso.
-Severus Piton.
Stavolta un brivido gli solcò la schiena. -Chi è?- chiese, con la voce piena di fredda calma ansiosa.
-Uno dei tuoi peggiori incubi,- rispose la voce.
Piton attese che il proprietario apparisse, ma questo non accadde. Così si decise a domandare -E cosa vuoi da me?
-Sai cosa sei ora, Severus Piton?
Lui cercò di scrutare qualcosa nell’oscurità, ma non riuscì a scorgere niente. -Non saprei. Un professore, forse?- chiese con insopportabile sarcasmo.
-Morto, Severus Piton. Morto.
Il cuore gli perse un colpo, poi accelerò. -Morto?-. La sua voce fu scossa da un lieve tremito.
-Morto.
Una cortina d’insopportabile silenzio calò su di lui. Sudava freddo. Sentiva un peso insostenibile sulle spalle.
Poi provò a ricordare.
Cos’aveva fatto, prima di… di morire? Era Preside di Hogwarts, poi era fuggito, aveva incontrato l’Oscuro Signore e… e lui l’aveva ucciso, per il possesso della Bacchetta di Sambuco.
Così alla fine era morto. Per mano dello stesso uomo che aveva ucciso…
Un momento. C’era qualcosa che non tornava. Ricordava un’agonia. E poi gli occhi verdi di…
Possibile che fosse già morto allora? No, non avrebbe potuto… non nello stesso posto…
E poi rammentò. Harry Potter. Gli aveva donato tutti i suoi ricordi, prima di spirare. Ora l’insopportabile ragazzino figlio di quel bastardo avrebbe saputo ogni suo piccolo particolare imbarazzante.
Tuttavia, queste insospettabili rivelazioni erano comunque senza senso, ora. -Cosa ci faccio qui? Che posto è questo?
-Questo è il Luogo della Scelta, Severus Piton. Il Luogo in cui tu dovrai scegliere da che parte stare.
Una calma glaciale lo invase. La sua testa ragionava freddamente. -Che vuoi dire?
-Hai trascorso la tua vita oscillando da una parte all’altra, senza davvero decidere… scegliere il Bene o il Male. Non hai mai davvero fatto una scelta. Lo dimostra il tuo piede alzato a mezz’aria, Severus Piton. Incapace di restare o fare un passo avanti.
Piton dovette ammettere che aveva ragione; e la sua ragione scavò come un fosso nel suo stomaco e attanagliò in una morsa d’acciaio il suo cuore. -Cosa dovrò scegliere? Il Bene o il Male? Mi sembra una cosa semplicistica, dopo la morte.
-A me sembra un dono troppo grande, Severus Piton, poter scegliere dopo la morte. La scelta che io ti propongo è di natura diversa, Severus Piton,-. Improvvisamente, un barlume luccicante comparve alla sua destra, fievole, ma abbastanza forte da ferirgli gli occhi dopo tutto quel buio, cosicché non seppe distinguere la forma che prese. -Se un’impronta –la tua impronta, in effetti– e l’eterno vagare nell’Aldilà…- qualcos’altro apparve sulla sinistra, illuminato dalla luce fioca del suo fantasma: una porta bianca, senza alcuna maniglia di sorta -o la Morte, e tutto ciò che ne consegue.
Piton fissava il suo io, che gli ricambiava uno sguardo freddo. Vagare per i luoghi in cui era stato durante la vita sarebbe stato più insopportabile di qualunque altra cosa. Qualunque. -Scelgo la Morte,- rispose con voce gelida.
-Allora varca la Porta e preparati, Severus Piton.
Piton fece un passo in avanti, senza più paura di cadere. Era come se, dopo aver preso una decisione, la morsa si fosse allentata e il suo cuore si sentisse più leggero. Sfiorò con un dito la porta che si aprì dolcemente, scivolando nella tenebra. Ne varcò la soglia con un piede, prima che la voce aggiungesse -Al peggio.
E la porta si richiuse alle sue spalle.

Non seppe per quanto tempo rimase sospeso tra il buio e la luce; tuttavia, si trovò all’improvviso in un luogo nebbioso e nebuloso, che gli ricordava vagamente… Ma non sarebbe potuto esserlo in nessun modo. Si era lasciato quel mondo alle spalle, e con esso la sofferenza.
-Non ne sarei così sicuro se fossi in te, Severus,- gli fece eco una voce affabile. Ma stranamente familiare.
Piton si girò, sorpreso, e si trovò davanti due luminosi occhi azzurri dietro un paio di occhiali a mezzaluna. -Silente,- disse in un soffio.
-Esatto, amico mio. Non è male come posto, vero?- chiese Silente con noncuranza, agitando vagamente la mano in direzione della nebbia. -A cosa assomiglia, secondo te?
Piton esitò un attimo prima di rispondere -Al lago di Hogwarts.
-Il lago, eh? Scelta interessante,- rimuginò Silente, mentre riflessi di luce sull’acqua si intravedevano nella foschia.
-Che vuoi dire? E tu cosa ci fa qui?
-Non ricordi, Severus? Io sono morto,- puntualizzò l’uomo con un sorriso. -Ammetto che mi sarebbe piaciuto restare a Hogwarts per l’eternità, ma, ahimè, non è quello che mi era destinato,-. Un guizzo passò nei suoi occhi chiari. -Io sono una guida, Severus, per tutte le anime che, come te –e anche me, in effetti–, hanno vissuto nella loro parte oscura abbastanza a lungo da venirne segnati, e ad aver bisogno di un aiuto. Non lo trovi un nobile compito? Una grazia, più o meno, per quello che ho fatto. E non è nemmeno tanto male, si incontrano persone interessanti,- concluse, sempre sorridendo, senza togliergli gli occhi di dosso.
Piton deglutì piano, leggermente sopraffatto da tutte quelle stranezze. -Quindi ora… mi accompagnerai?
-Ti istruirò su cosa dovrai fare. Devo ammettere che mi hai reso davvero orgoglioso, Severus. Non credevo che potessi scegliere questa via, la più ardua e impervia, eppure la più bella e crudele di tutte: la vita, o meglio il suo prosieguo, oltre la morte.
-Crudele? Come può quello che c’è dopo la morte essere più crudele della morte stessa?- chiese Piton risentito.
-La morte non è nulla. È la vita –oh, sì, la vita in tutte le sue magnifiche e splendide parti– che distrugge gli animi, sfigura i corpi, corrompe i cuori. La morte non è che un passaggio, neanche molto doloroso, in effetti. Devo dire che morire per mano tua è stato uno dei doni più belli che io abbia mai ricevuto.
Piton curvò lievemente le labbra al ricordo del sacrificio che aveva compiuto per il suo amico, non sapeva neanche lui stesso se per gratitudine o rabbia. -Quindi la vera pace non esiste? Si muore e si soffre comunque?
-La pace interiore è frutto di una ricerca, una lotta. Contro se stessi, principalmente. Non c’è nemico più grande della nostra parte oscura,-. Sospirò, come se rivelare quelle cose fosse tremendamente difficile. -Devi vincere per ottenere la pace. Dovrai combattere lungo questa via. Quello che mi chiedo è: tu sei pronto ad affrontarli, Severus? Ogni tua pena, ogni tuo disagio, ogni tuo più oscuro segreto ti ostacoleranno. Sarai in grado di sconfiggerli?
Piton guardò fisso negli occhi di Silenti. Puliti, cristallini, allegri come forse non li aveva mai visti. Privi di sofferenza. -Sì,- disse risoluto.
Silente fece un gran sorriso. -Bene! E ora, va’ pure avanti, amico mio, e supera ogni tua paura. Sarò sempre con te.
Piton gli sorrise, stavolta per sincera riconoscenza. Così, cominciò a camminare nella nebbia, ma non avvertiva i passi di Silente accanto ai suoi. Quindi si girò e vide che lo osservava divertito, senza muoversi dal suo posto. -Non mi accompagnerai?- gli domandò, confuso.
-Sarò con te con l’animo di sicuro, ma devo aspettare un altro ospite,-. Gli lanciò uno sguardo eloquente.
In un istante capì. E si stupì di come quell’uomo –così saggio, benevolente, tormentato– avesse preferito le calunnie al riconoscimento della sua ultima, incommensurabile grandezza. Fu con puro stupore che mormorò -Tu lo sapevi. Dall’inizio. Lui non morirà.
Silente sorrise affabile. -Lo spero tanto, Severus.
E venne ricoperto dalla nebbia.

Camminò ancora a lungo, almeno così credette. Poi avvistò un baluginio bianco e si avvicinò di corsa: un'altra porta, lucida e senza maniglia. Allungò il braccio e la sfiorò.
Si ritrovò un corridoio bianco, tanto lungo da non vederne la fine. Il soffitto e il pavimento erano pressoché inesistenti, sostituiti da una nebbia vorticante. Alle pareti, sottili come fogli di carta, erano appese centinaia di cornici d’oro completamente vuote.
Sentì la porta richiudersi alle sue spalle con un lieve tonfo. Poi qualcuno appoggiato alla parete si avvicinò a lui e gli disse con tono beffardo -Alla fine anche tu, Mocciosus?
Piton strinse gli occhi quando riconobbe l’uomo. -Black,- sputò, quasi fosse una parolaccia.
-Anche Sirius se vuoi. Siamo nell’oltretomba, i vecchi rancori dovrebbero andare a farsi friggere,- lo corresse, ma con tutta l’aria di non aver seppellito i “vecchi rancori”.
Era Sirius Black, era vero, ma sembrava un’altra persona: i capelli neri non erano più aggrovigliati ma belli come un tempo, e il suo viso era pieno, roseo e sorridente. C’era una luce nei suoi occhi che non vedeva da prima della morte di…
-Preferisco ancora chiamarti Black, grazie,- replicò Piton con freddezza.
-Allora io continuerò a chiamarti Mocciosus,-. Sirius sorrise. -Sai, quando ho scoperto di che pasta eri davvero fatto mi sono stupito. È stato divertente vederti soffrire per un po’, poi hai cominciato a farmi pena. Penso che per te la morte possa essere una liberazione.
-Credevo che dopo la morte si diventasse buoni come angioletti,- osservò Piton glaciale.
-Ti senti un angioletto, Mocciosus?- lo schernì Sirius, provocando uno spasmo alle labbra strettissime dell’altro. Poi si fece improvvisamente serio. -La verità è che questa è un’altra vita, ma è vita lo stesso. I sentimenti sono più… puri. In pratica, io ti voglio bene ma ti odio. Devi essere proprio un gran bastardo per non meritarti un’altra vita.
Piton lo guardò dubbioso. -Come può l’odio essere puro?- chiese lentamente, come dubitando della sua sanità mentale.
-Non puro, più… semplice, ecco, infantile. In pratica, mi diverto a prenderti in giro e non tutti i ricordi che o di te mi sono cari. Tuttavia, non potrò mai odiarti come un tempo, perché tu non puoi soffrire, né io posso.
-Intendi che, visto che qui non c’è sofferenza, odiarmi non sarebbe più divertente?- rifletté Piton, cercando di districarsi in quel discorso ingarbugliato.
-Esattamente,- assentì Sirius con un ampio ghigno sul viso.
-E cos’è questo, esattamente?- gli fece il verso, indicando il lungo e strano corridoio.
-Questo è la tua terza prova, Mocciosus,- disse piano Sirius, aggrottando le sopracciglia. -Sai, mi chiedo che cosa vedrai…
-E che c’è di difficile nel passare in un corridoio di ritratti vuo…- aveva cominciato a dire Piton, fermandosi sotto la prima cornice, ma si dovette ricredere ben presto.
Il quadro –o foto, chissà?– mostrava il viso una bellissima ragazza dai lunghi capelli rossi e luminosi occhi verdi, insieme a quello di un bel ragazzo coi capelli arruffati e gli occhiali.
Lily e James Potter.
Ogni vena di Piton era riempita di ghiaccio e i suoi neuroni si rifiutavano di funzionare e di mettere in moto il cuore, fermo come un pezzo di marmo. Rimase a fissare quel quadro –o foto, chissà?– per un tempo indefinibile. Poi Sirius gli si pose al fianco.
-Queste cornici mostrano ciò che si è odiato e temuto di più in vita. I nostri più profondi incubi. Io vedo,- aggiunse con un brivido, -i miei anni ad Azkaban, con Codaliscia che se ne va in giro a gozzovigliare con comodo e tutti quelli che amo morti o finiti per allontanarsi da me. Vedo che non ho lasciato alcun segno, che sono stato inutile. Questo è quello che ho temuto di più, ma l’ho superato. E tu cosa vedi, Mocciosus?- concluse, con un lieve sorriso beffardo a increspargli le labbra.
Piton non rispose. Quell’immagine era così dolorosa da non poter descrivere cosa provava –un dolore fisico, quasi– ma aveva uno strano potere ipnotico.
Non seppe cosa lo spinse a distogliere lo sguardo dagli occhi di colei che amava e da quelli di colui che odiava, ma andò avanti; e le immagini si fecero sempre più dolorose. Mani intrecciate, abbracci, baci, momenti felici della coppia che lo aveva tormentato per tutta la vita. Verso la metà del corridoio –almeno così disse Sirius, che non perdeva occasione per tentare di vedere una reazione sulla maschera imperturbabile del suo viso, ma livida e con le labbra strette– credette quasi di fermarsi per sempre di fronte all’inappuntabile verità che quei quadri –o foto, chissà?– gli mostravano. La forza della vita –perché era quella che lo aveva spinto avanti– sembrò abbandonarlo e stava per cadere in ginocchio, quando sentì un lieve lamento, un mugolio. -Cos’è?- sussurrò sorpreso, e scoprì con disappunto che la sua voce era molto fievole.
-Va’ avanti e lo scoprirai,- lo ingiunse Sirius, di nuovo serio.
Con passo malfermo, Piton quasi zoppicò fino al luogo da cui provenivano i lamenti, impotente di fronte alla forza delle immagini, ma deciso a continuare. Man mano che si avvicinavano il lamento cresceva, accompagnato da gemiti.
Lo spettacolo che gli si parò innanzi era qualcosa di orribile e quasi indescrivibile: uomini stretti alle cornici piangevano disperati, i visi scavati, gli occhi arrossati e vuoti, il corpo scarno, la voce piena di dolore.
Piton sbarrò gli occhi dall’orrore; si girò verso Sirius, su tutte le furie, e gli urlò -Come può la vita oltre la morte permettere questa sofferenza? Chi sono questi uomini? E perché soffrono così?
Sirius lo guardava con una strana espressione risoluta sul viso: compassione, forse? -Questi uomini non hanno saputo affrontare le loro paure. Sono crollati davanti alla verità o alla finzione delle loro menti. Questi uomini dovevano lottare per trovare la pace interiore, ma non ce l’hanno fatta: questi uomini non la meritano.
In preda alla rabbia, Piton gli afferrò convulsamente un braccio; lo fissò negli occhi e sbraitò -Ogni uomo merita un’altra possibilità! Non possono sprecarla così! L’hai detto tu stesso, devi essere un bastardo per non meritarti un’altra vita!
-Appunto,- sorrise Sirius. -Ma quello che tu non vuoi accettare non è la sorte di questi uomini: è la tua, nel caso crollassi.
Piton lo guardò pieno d’odio; e forse fu solo per dispetto che riuscì a percorrere tutto il corridoio. Alla fine, avvistò la porta bianca; le corse incontro, ma Sirius l’avvisò -Attento. L’ultima immagine è la più dolorosa.
Quasi spaventato, Piton si chiese cosa potesse procurargli un dolore maggiore di quello che aveva provato prima. Alzò gli occhi verso la cornice, socchiudendoli in tono di sfida, ma li spalancò subito dopo: non credeva davvero che quello fosse il suo peggior incubo, e che gli facesse così male.
Vide un’immagine semplice. Vide Lily e James abbracciati sul divano –dopo tutto quello che aveva visto fare loro, non era niente– e vide un bimbo sul grembo di Lily.
Un bimbo con gli occhi verdi e i capelli arruffati.
E così, quel che Piton temeva di più –e bramava di più, in fondo– era una famiglia. Qualcosa che non aveva mai avuto e che aveva desiderato avere con la sua amata.
Il cuore gli batteva forte nel petto, gli riempiva le orecchie, mentre le ginocchia gli cedevano; ma non sarebbe caduto davanti a quell’immagine. Non per James, né per Harry, figurarsi. Ma per Lily.
Doveva rispettare la sua scelta. Ci conviveva da anni, ormai; il senso di colpa e rimorso erano emozioni quotidiane. Aveva sbagliato e doveva pagare.
Forse non era neppure nel suo destino. Fu guardando quel quadro –o foto, chissà?– che Piton sfiorò la porta e mormorò con voce fredda -Ci si rivede, Black.
E fu con stupore che Sirius vide una lacrima brillare sul volto di Piton mentre si voltava e varcava la soglia.

Piton si chiedeva che cosa gli sarebbe toccato dopo lo straziante dolore del corridoio. Con sollievo aveva scoperto che la morsa al cuore si era allentata ancora, fino ad essere la metà di com’era prima. Stava cercando di riflettere su alcune cose che gli aveva detto Sirius, ma il tumulto straziante nel suo stomaco portava i suoi pensieri su quelle dolorose immagini che rappresentavano il suo mancato futuro.
Infine trovò una nuova porta e l’aprì. Quello che si trovò di fronte lo trovò senza fiato.
In mezzo alla solita nebbia biancastra vorticante c’era un tavolino rotondo con due sedie, coperto da una tovaglia bianca di lino; sul tavolo troneggiavano una teiera in porcellana decorata con fiorellini primaverili e due tazze vuote, corredate da piattino, una brocca di latte in peltro, una ciotola ripiena di zollette di zucchero d’argento e un lungo bicchiere di cristallo pieno di succo di limone.
Ma non era questa la cosa strabiliante.
Era che una delle due sedie era occupata. Da Remus Lupin.
-Lupin?- domandò Piton attonito.
-Come va, Severus?- lo salutò con un sorriso cordiale, mentre sollevava la teiera e si serviva una buona razione di tè. Era diverso: i vestiti gli andavano bene, era molto in forma e dimostrava molti anni in meno.
Anche il suo viso era cambiato: i suoi capelli non erano più striati di grigio, ma castani; i segni dal volto erano scomparsi e i suoi occhi erano più vispi del solito. Gli sembrò di essere tornato indietro di trent’anni.
Piton ignorò la domanda. -Sei morto?- gli chiese invece, un tono sorpreso nella voce.
-Poco dopo di te,- rispose Lupin tranquillo, mentre con un paio di pinzette d’argento prendeva una zolletta di zucchero e la lasciava cadere nella tazza.
-E cosa ci fai già qui?
-Diciamola così,- replicò Lupin pensieroso, girando un lungo cucchiaino d’argento nella tazza, -io non ho fatto niente di davvero brutto nella mia vita, per cui sono passato subito alla pace eterna.
Piton lo guardò. -Comodo,- commentò poi, lievemente acido.
Lupin lo guardò, gli occhi socchiusi in un sorriso. -Sai che sei qui da due giorni?
Piton lo guardò sbalordito. -Com’è possibile?
-Non immagini neppure cosa hai dovuto affrontare. Ci è voluto molto tempo perché la tua anima fosse davvero pronta.
-E perché mai ti hanno messo già… qui?- chiese ancora, incapace di capacitarsene.
-Non sai quante cose possono farsi in due giorni.
Piton realizzò che Potter doveva essere già bell’e morto e poi di nuovo risorto, e che forse l’Oscuro Signore ora era andato al Creatore. Pure lui.
-Siediti, Severus,- riprese Lupin, indicandogli la sedia. Piton obbedì. -Zucchero? Latte?
-Limone,- rispose glaciale, servendosi il tè.
-Non so perché lo immaginavo,- sorrise Lupin, sorseggiando il suo.
-Esattamente cosa dovrei fare?- chiese Piton, girando lentamente il cucchiaio.
-Superare il mio test, suppongo. Se sei pronto psicologicamente e tutto il resto.
-Psicologicamente? Che vuoi dire? Credi che io sia un malato mentale?
-Certo che no,- rise l’altro, poggiando la tazza. -Ma devo comunque esserne sicuro. Per questo devo mostrarti la tua quarta prova.
Lupin batté lievemente le mani e la nebbia si diradò pian piano. Suo malgrado, Piton trattenne il fiato.
Cosa gli avrebbe mostrato? Chi?
Ma quando il volto nascosto fu visibile, tornò a respirare. Più velocemente.
La figura di Peter Minus si stagliava davanti a lui, mesta, il braccio di nuovo intero. -Ciao.
Piton si alzò in piedi bruscamente e si allontanò, barcollando, mentre la sedia cadeva a terra con un morbido tonfo. -Tu!- sibilò con odio.
-Lui,- confermò Lupin, continuando a bere il tè.
-Ciao, Remus,- mormorò Codaliscia, la voce totalmente spenta.
-Perché lui è qui?- domandò Piton astioso. -Dovrebbe essere bruciato da fiamme perpetue per quello che ha fatto!
-Purtroppo per te ha salvato Harry, poco tempo fa,- spiegò Lupin, poggiando la tazza sul piattino e tamponandosi la bocca con un tovagliolo di seta bianca -così gli è stato concesso di farsi un giro qui, ogni tanto, per scampare alle sue pene eterne.
-Non m’importa! Non lo voglio vedere!
Gli occhi di Minus lo spaventavano. Non erano accesi né dalla gioia né dalla paura, era come se un velo fosse sul suo viso, impedendogli di guardare davvero. -Mi spiace che te la prenda così. Ho fatto quel che ritenevo giusto.
La faccia di Piton divenne una maschera di rabbia; iniziò a frugare nel mantello in cerca della bacchetta, per poi scoprire che non l’aveva.
-Fermo, Piton,- intervenne Lupin, calmo. -Devo farti alcune domande.
-Potrai farle dopo che avrò ammazzato questo sudicio bastardo…
-No, devo fartele ora,- esclamò risoluto. -Tanto più che non puoi ammazzarlo, non di nuovo. Dunque, lo biasimi per aver tradito Lily?
-Certo che sì!- gridò furioso, ma Codaliscia non ebbe alcuna reazione.
-Lo biasimi per aver tradito James?
Piton si fermò un attimo. Continuando a guardarlo con odio, sibilò -Abbastanza.
-Lo biasimi per aver salvato Harry?
Una calma glaciale invase il suo corpo, mentre con tutto l’astio di cui poteva disporre rispondeva suo malgrado -No.
Con sua sorpresa, Lupin sorrise. -Bene. Peter, puoi andare.
-Davvero?- chiese l’altro, illuminandosi. Sbalordito, Piton vide la nebbia avvolgerlo mentre un sorriso beato gli si stampava sulla faccia.
Al suo sguardo interrogativo, Lupin rispose solo con un -Il suo premio. Ora, per favore, siediti.
Piton rialzò la sedia e si sedette. -Quindi? Qual è il verdetto?
-Prova superata! Non è da tutti non gioire della morte dei propri nemici, o desiderarla.
-Sarebbero stati sforzi vani, se l’avessi fatto,- rispose Piton, riferendosi solo ad Harry.
-Già,- assentì Lupin, un guizzo strano negli occhi.
-Ora devo andare?- chiese Piton.
-No. Finisci il tuo tè.
Per qualche minuto regnò il silenzio. Lupin se ne versò un’altra tazza, mentre osservava i movimenti di Piton, che si sentiva molto a disagio. Alla fine, Lupin esordì -So che c’è qualcosa che vuoi chiedermi.
Piton rimase per un attimo a guardarlo, poi parlò -Riguarda ciò che mi ha detto Sirius,-. Fu sorpreso dal fatto di chiamarlo per nome. Si rese conto che la sua morsa si era allentata ancora.
-Dimmi pure,- disse Lupin, con un sorriso rassicurante.
-Ho visto…-. Indugiò un secondo, poi riprese -Ho visto gli uomini, quelli bloccati dalle loro paure. Perché non li togliete da lì? Perché li lasciate nel loro dolore?
Lupin lo guardò con un’espressione molto seria. -Severus,- cominciò, -quello che tu stai affrontando è un percorso. Un percorso che non hai seguito in vita, ma che meriti di seguire. Questa è comunque vita.
-Ma questo non comporta che loro abbiano il diritto di vivere?
-E ce l’hanno,-. Lupin si fermò un secondo, come cercando le parole adatte, poi proseguì -Questa è l’occasione che non avete avuto nella vita terrena. Durante la vostra vita avete conosciuto dolori e sofferenze, e avete agito di conseguenza. Per esempio, tu hai inizialmente scelto il lato oscuro, perché leniva il tuo senso di inferiorità e differenza,-. Piton sussultò, mentre un sorriso dolce si dipingeva sul viso di Lupin. -Mi dispiace tantissimo, sai. È una cosa di cui mi sono pentito per tutta la vita. Mi ha fatto piacere che tu riuscissi ancora a parlare con me, dopo quello che io e gli altri ti abbiamo fatto.
-Poi, sappiamo entrambi che è successo. Non c’è bisogno che te lo ricordi,-. Piton abbassò lo sguardo, il cuore gonfio di dolore. -E tu hai deciso di fare il doppiogioco. Ma gradualmente, lentamente, hai cambiato la tua scelta. Hai scelto il Bene, e l’hai fatto per amore,-. Lupin si fermò a bere un altro sorso. -Tuttavia non hai rinunciato ad odiare e non hai mai espiato del tutto i tuoi peccati. Per questo, qui hai un’occasione per purificare il tuo spirito. In questo, sei più bravo di quanto tu voglia ammettere.
-Ma… quegli uomini?- chiese Piton in un soffio, incapace di parlare, sopraffatto dalle emozioni.
-Rifletti bene su questo, Severus: crogiolandoti nei tuoi dolori e nelle tue pene, puoi davvero dire di aver vissuto?
Piton pensò. Pensò al dolore. E alle pene. Pensò all’espiazione. Pensò a quanto aveva fatto per amore, pensò che era andato avanti. Che aveva aiutato, forse, molte persone. Che aveva fatto del bene. -No,- disse infine.
-Esatto,- rimarcò Lupin contento. -Ora, quegli uomini non hanno saputo superare i propri limiti, ma hanno preferito restare aggrappati al loro dolore, per paura, forse, di andare avanti. Questa, Severus, non è altro che codardia; è sempre difficile andare avanti, ma necessario. Altrimenti la pace non potrà mai essere trovata. Lo sai meglio di chiunque altro.
Piton annuì lentamente. -Ora cosa mi tocca?- chiese con voce fievole, più scosso di quanto sembrasse.
-Ora devi superare altre due prove, e saranno le più difficili,-. Gli tese la mano, con un sorriso. -Buona fortuna, Severus. O meglio, trattandosi di me, in bocca al lupo.
Piton fissò la mano. Poi la strinse, sentendo il cuore immediatamente libero di un grosso peso. Con quel gesto, un vecchio conto si era saldato. Si alzò e sfiorò la porta bianca apparsa tra la nebbia.
Dietro di lui, Lupin ridacchiava soddisfatto.

Mentre camminava, Piton contava sulle dita le prove che aveva superato. Il Luogo delle Scelte, la prova di Silente, quella dei ritratti, e le due con Lupin. In tutto, le prove erano sette.
Sorrise lievemente all’ironia della cosa.
Vide l’ennesima porta, e l’aprì per l’ennesima volta.
E poi si pietrificò.
Il luogo dove si trovava gli era fin troppo familiare. E anche l’uomo –o forse ragazzo– che lo guardava sogghignando, un luccichio dorato nelle mani.
Si trovava in riva al lago di Hogwarts, poco lontano dall’albero sotto cui si riunivano i Malandrini. E sotto l’albero, gli occhi scuri di James Potter lo fissavano da dietro gli occhiali, mentre giocherellava con il suo inseparabile Boccino.
-Ciao, Mocciosus. Da quanto tempo.
Piton non riusciva a muovere un muscolo. James era più simile al ricordo che aveva di lui a scuola che quello di lui al servizio dell’Ordine. Lasciava allontanare di poco il Boccino per poi riacchiapparlo e rigirarselo tra le mani. -Sorpreso?- gli chiese ridacchiando. -Guardati nell’acqua.
Piton gli lanciò un’occhiata a metà tra la rabbia e lo stupore, mentre camminava fino alla piatta superficie luccicante. Quello che vide lo lasciò ancora più sbalordito.
Era come se fosse ringiovanito di trent’anni. Vedeva se stesso come appena uscito dalla scuola, mentre girava con i futuri Mangiamorte. Si girò a guardare James, un’espressione attonita dipinta sul viso.
-Succede così. Quando muori e diventi buono, ringiovanisce anche l’anima. E visto che sei anima, sei giovane. Credo si chiami successione logica di eventi.
Piton guardava il giovane viso che aveva tanto odiato in gioventù; però ora non riusciva a sentire altro che un fastidio in fondo al cuore. -Cosa dovrei fare con te, Potter?- chiese, con una voce che risuonava stranamente meno fredda del solito.
-Non so esattamente. Mi hanno detto di venire qua, perché avrei trovato una sorpresa. Naturalmente sapevo che eri tu. Dopo aver visto in che situazione si era ficcato Harry, non era difficile intuirlo. Strano che abbiano affidato a me la sesta prova. Farò di tutto per non fartela superare, a prescindere da quanto io sia buono,-. Nel frattempo, si era alzato, e il Boccino gli svolazzava intorno alla testa, incapace, forse, di allontanarsi di molto dal suo compagno di giochi.
-Ora capisco meglio. Sirius, –Black–, me l’aveva spiegato uno schifo. Ora lo sento sulla mia pelle.
-Ciò non toglie che provi lo stesso una brutta sensazione. Remus te l’avrà spiegato, questa è comunque vita. Una versione molto più giusta, in verità. Qui c’è il giusto peso per tutto.
Piton fece una smorfia, come se ne dubitasse seriamente. Con suo sommo stupore, James scoppiò a ridere. -Non credere che non abbia pagato per quello che ti ho fatto, Mocciosus. Ho passato due mesi di reclusione, senza poter vedere né sentire i miei cari –morti o vivi che fossero. È vero che hai tutta l’esistenza davanti, ma è comunque una tortura.
-Solo due mesi?- sibilò Piton, la voce fremente di rabbia. -E quello che ho dovuto affrontare io?
-Due giorni, Mocciosus. In confronto ai miei due mesi, le tue sofferenze svaniscono.
Ora solo una decina di centimetri li separava l’uno dall’altro. Il fastidio in fondo al cuore di Piton si era ingigantito per la vicinanza all’essere che odiava di più al mondo. Poi, quell’essere disse una cosa che lo lasciò più stupito di qualunque altra cosa gli fosse capitata in capo a due giorni.
-Picchiami, Mocciosus.
Piton lo guardò negli occhi scuri socchiusi in un ghigno. Non scherzava.
La mano gli pizzicava terribilmente. La contraeva in preda a uno stimolo nervoso. Ma sapeva che, se l’avesse fatto, avrebbe perso la prova.
-O non sei capace di farlo?
Fu un attimo. Cinque dita rosse comparvero sulla guancia sinistra di James, mentre gli occhiali gli volavano via. Poi si voltò a guardarlo.
Piton lo guardava fremente di rabbia. Sapeva che aveva perso, ma –ah!– che soddisfazione.
James lo fissava. Poi sorrise di nuovo. E stavolta cinque dita rosse s’impressero nella guancia sinistra di Piton.
Premendosi la mano sull’impronta bruciante, Piton lo guardò, la bocca semiaperta in un grido silenzioso di sorpresa.
-Devo ammetterlo: non credevo che potessi farlo. Pensavo che ti saresti frenato per la paura. Ma così siamo davvero pari, Severus.
James sorrideva apertamente, un sorriso limpido come quello di un bambino, senza traccia di malizia o cattiveria. Piton vide la sua mano sul suo viso diventare da rossa pulsante a rosa chiaro in un cambiamento morbido e veloce. -Non saremo mai pari, James,-. E lanciò il pugno in direzione del suo viso.
James strinse gli occhi, aspettando il colpo, ma non venne. Anzi, sentì il soffio dell’aria provocato dallo spostamento del braccio, che Piton aveva ritirato. Socchiuse gli occhi, e vide il Boccino d’Oro –il suo Boccino– stretto nel pugno di Piton, che sorrideva soddisfatto, il cuore leggero.
-Ora io ho una cosa tua, James. E tu hai una cosa mia. Più o meno, così siamo pari.
Anche Piton sorrideva apertamente. Ma c’era ancora qualcosa che gli dava fastidio, come una spina conficcata nel cuore.
James scoppiò a ridere. -E sia, Severus, tienilo pure. Tanto a me non serve,-. Tirò fuori qualcosa di luccicante dalla tasca dei pantaloni. -Ne ho un altro.
Anche Piton scoppiò a ridere. Non si era mai sentito così. Lasciò libero il Boccino e lo guardò svolazzare nell’aria, finché una mano –non la sua né quella di James– lo catturò.
Piton abbassò lo sguardo, e vide quello che non si sarebbe mai più aspettato di vedere.
Due occhi verdi.
Lunghi capelli rossi.
Il viso della donna che amava.
Della ragazza di cui era innamorato.
Sentì un fruscio dietro di sé, come se James si fosse allontanato. Erano soli, ora, sulle rive del lago di Hogwarts.
Lui e lei.
-Ciao, Severus,- gli sorrise lei, lasciando andare il Boccino. Piton la fissava, la bocca socchiusa, gli occhi spalancati. -Come stai?
Scosse la testa, come per scacciare un pensiero, poi tornò a guardarla. -Lily,- mormorò.
Lei gli sorrideva –un sorriso così dolce– come se non avesse alcuna colpa. Si avvicinò a lui. -Ho visto quello che hai fatto per Harry. Te ne sono molto grata, Severus.
Lui contrasse un angolo della bocca, come se il nome del figlio gli avesse dato molto fastidio. Però allungò una mano e le mise a posto una ciocca ribelle dietro l’orecchio. -Era l’unico modo per…- la voce gli si ruppe, incapace di sostenere la confessione.
Lily sorrideva ancora. -Lo so. Hai pagato il tuo errore, Severus. Ora io devo pagare il mio.
Si alzò in punta di piedi, le mani sulle sue spalle, gli occhi chiusi, le labbra schiuse.
Piton sussultò spaventato. Guardava davanti a sé il volto di colei che aveva desiderato per tutta la vita, l’oggetto dei suoi desideri più reconditi e profondi, la persona più bella –fuori e dentro– che avesse mai incontrato in vita.
Avvicinò il suo viso a quello di lei, assaporandone il profumo. Poi le mise le mani in vita e l’allontanò gentilmente. Gli occhi verdi si riaprirono sorpresi.
-Non sarebbe giusto. Non è giusto. Per nessuno dei due,- sussurrò Piton con amarezza, lasciando cadere le mani.
Lily si allontanò, guardandolo, osservandolo attentamente. Piton teneva gli occhi bassi, quasi pentendosi di quello che aveva appena fatto. Poi sentì con sorpresa la risata argentina di Lily.
Alzò lo sguardo, posandolo sui suoi occhi, che lo fissavano soddisfatti. -Hai superato l’ultima prova, Severus. Lascia andare quella spina.
E, come per incanto, il peso nel suo petto scomparve del tutto, e il suo cuore divenne leggero come una piuma. Fu come se la sua anima fosse liberata da ogni colpa, ogni dolore, ogni pena.
Attorno a loro il paesaggio cambiò. Tornò la nebbia, ma non era più caligine quanto nuvole, che prendevano la forma di tavoli ripieni di cibi e bevande, mentre figure di uomini e donne sorridenti comparivano vestite a festa, dandogli il loro benvenuto. Finalmente accettandolo.
-Congratulazioni, Severus!- disse una voce squillante. -Ora anche tu puoi dirti un’anima buona, il che è tutto dire.
Silente gli sorrideva da dietro gli occhiali a mezzaluna, accompagnato da Sirius, Lupin e James che battevano le mani soddisfatti –specialmente quest’ultimo.
-Abbiamo atteso questo momento da tanto, sai? Per rimetterci in pari,- disse Sirius.
-È bello che possiamo essere tutti insieme, senza rancore,- sorrise Lupin.
-Soprattutto senza rancore, no?- chiese James ammiccando.
Questo era vero. Con stupore, si accorse che voleva bene ad ognuno di loro, chi più e chi meno, e che l’odio era scomparso. Fu felice di sapere che da allora in poi avrebbe sentito solo un lieve fastidio in fondo al petto.
Si voltò a guardare Lily, improvvisamente agghindata in una bellissima veste smeraldina, adatta per un ballo –come tutti intorno a lui. La guardava e non sentiva tormento o rimpianto. Il suo amore per lei aveva abbandonato la passione malsana e si era elevato ad un grado più alto, senza procurargli dolore. Era solo al settimo cielo.
-Il primo ballo è per te, Severus,- gli sorrise, porgendogli la mano.
Piton la prese con gioia, e iniziarono una danza, subito imitati da tutti quelli che conosceva. Si accorse che aveva anche lui un vestito da sala, bianco per l’occasione. Non aveva mai provato a vestirsi di bianco. Non stava male.
Volteggiando in giro, vedeva tutti coloro che erano morti nella guerra contro Voldemort e che lo salutavano contenti. Lupin ballava con Tonks, felice come una pasqua, Sirius s’intratteneva in una chiacchierata con Regulus, mentre Silente ascoltava interessato tutte le marachelle di…
-Fred Weasley?- domandò attonito, fermandosi un secondo.
-Che ci vuol fare, professore. Bellatrix mi ha fregato. Ma non è poi così male guardare mio fratello che si diverte anche per me,- rise Fred.
-Questo giovanotto ha subito la sua punizione, comunque. Tutti quegli scherzetti non sono stati sempre graditi,- ridacchiò Silente.
-Be’, è vero, devo pulire tutto qui per almeno tre o quattro mesi, ma che importa? Poi ricomincerò!- sorrise. -Oh, a proposito, sono rimasto secco quando ho scoperto perché ha tagliato via l’orecchio a George. Penso che lui ne morirebbe, se lo sapesse,-. E scoppiò a ridere.
Quasi rincuorato della sua felicità, Piton tornò a ballare, concentrandosi su Lily. -Voglio chiederti scusa,- esordì, -per tutto quello che ti ho fatto.
-Severus, davvero, se avessi saputo cosa stavi passando, ti avrei aiutato.
-Mi dispiace tanto.
-Ti è dispiaciuto tanto, Severus,- rise Lily, -qui non puoi sentire dolore,-. Anche Piton rise. -Questa festa è in tuo onore. Non è da tutti superare ogni prova. Mi rendo conto di averti fatto soffrire molto, ma sono contenta che ora tu possa gioire con me.
Piton la guardava estasiato. Poi avvistò James che sgranocchiava noccioline e li guardava, a metà tra il divertito e l’infastidito. -Ma lui non è geloso?- chiese curioso.
-Non troppo,- rispose con un mezzo sorriso. -Sa che il mio cuore apparterrà per sempre a lui. Lo sai anche tu, vero?
Piton annuì, un po’ triste. -Ma potrò starti vicino?
-Per tutta l’eternità!- esclamò ridendo. -Sei e sarai sempre il mio migliore amico!
Restarono in silenzio per un po’, mentre quel dolce e celestiale valzer che partiva da chissà dove li trasportava sulle sue note. Poi Lily disse -Ognuno qui ti ha fatto un regalo. Silente era così contento che ti ha organizzato la festa. Sirius ti ha preparato una torta –ma sta’ attento, Fred ci ha messo qualcosa dentro, non sono sicura se Sirius fosse d’accordo o no– ed è stato Lupin ad avere l’idea del tè. Non mi chiedere dove sia Peter, non so quale sia il suo premio.
-E James?
-Ti ha concesso il mio primo ballo,- sorrise Lily.
-E tu? Anche tu mi hai fatto un regalo?- chiese Piton un po’ timoroso, ma curioso.
Il sorriso di Lily si fece più grande. -Te lo sto per fare.
Esaudirò il tuo più grande desiderio.
Avvicinò il suo viso a quello di Piton.
Per me sarà un gesto di affetto e amicizia.
Sfiorò il naso adunco con la punta del suo.
Per te sarà la totale libertà.
Gli diede un tenero bacio a fior di labbra.

E fu la pace.

*

Questa one-shot mi è venuta così, senza un particolare motivo.
Prima di tutto, la mia ispirazione per le mie attuali fan fiction è andata a farsi friggere con l'inizio della scuola, e non ho la più pallida idea di quando avrà  intenzione di tornare; poi ho sempre desiderato far avere la pace eterna a Piton, e un suo particolare e stranissimo lieto fine!
E' stato difficile ideare le sette prove, specialmente quelle con Lupin. Non sapevo come diavolo inserirlo, visto che quando Piton muore Lupin è ancora in vita, e ho trovato la soluzione dei due giorni. Mi è venuta così. Il terzo giorno resuscitò. Anche questa mi è venuta così.
Qui dentro ci sono tutte le mie più profonde riflessioni e convinzioni sulla vita. Rispettatele e adottatele. Così aumenterete la mia megalomania.
Infine, qualcuno potrà dire che è OOC verso la fine, ma è semplicemente la liberazione dell'animo di Piton, e così lui non ha più una mazza in gola come al solito. Non è neanche Severus-Lily, anche se ne ha la tendenza. Lily sarà sempre innamorata di James –e oserei quasi dire purtroppo. Forse è un po' lunghetta, ma non volevo dividerla in capitoli, sarebbero stati troppo corti.
I commenti, come al solito, sono graditissimi, e risponderò a tutti aggiungendo le mie meravigliose opinioni alla fine. Scherzi a parte, ci tengo tantissimo, ditemi cosa ne pensate, cosa non capite, cosa cambiereste. Siate implacabili critici, ma con un'innata dose di pietà.
Spero di sentirvi!
Emmawh

*

A Ernil
Non posso credere di aver fatto un errore del genereeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!!! Come posso aver confuso le date ç_ç E' vero che ho letto il settimo una sola volta, ma ciò non giustifica la mia tremenda gaffe U.U A parte questo, ciao! ^^ E grazie per tutti i bei complimenti, dalla fantasia alla grammatica, un grazie per ognuno! ^^
Sono lieta che ti sia piaciuta e di aver inquadrato i personaggi. Mi ha anche fatto piacere che tu abbia apprezzato "la mazza da golf in gola", l'ho scritto così per fare XD Non so quale sia il premio di Minus, perchè non è che la Rowling (mitico geniaccio *w*) abbia chiarito molto su questo; mi sembra solo che abbia un forte complesso d'inferiorità e che sia molto ruffiano, quindi magari si gode il mondo da un piedistallo, chissà ... XD
Anch'io adoro Remus, è un personaggio del tutto particolare, ma anche Snape, Silente e Fred (secondo me è l'unico che non doveva morire ç_ç Ho pianto quando è saltato in aria! ççç_ççç)
Grazie ancora tantissimo per i tuoi complimenti, spero di migliorare sempre, anche grazie alle critiche. Spero che qualcun altro mi faccia un commentino -_^ Comunque sia, ti ricorderò come la mia prima critica su HP! ^^
Ho solo una curiosità : che vuol dire IMHO? Conosco l'OMG, ma IMHO non l'ho mai letto... Beh! Grazie ancora! E alla prossima ^^
P.S. Ho appena scoperto che significa In My Humble Opinion. Che cosa divertente! ^^

A Sara:
Be', tu non hai bisogno di risposta, ma te la do lo stesso: grazie per la dritta, ho aggiustato tutto! -_^ Chissà, forse diventerò davvero una scrittrice... e scriverò un grande fumetto U.U E non sai quanto mi consola l'idea che tu sarai lì a leggerlo e a subire ^^ Sei una delle mie migliori amiche e lo sarai sempre, ci  vediamo a scuola (ç_ç) ^^

  
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