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Autore: Fissie    23/09/2009    2 recensioni
Era inverno, ora, come allora; e lo sarebbe stato per sempre.
Era inverno – il nostro inverno. L’inverno della nostra vita. L’inverno della nostra eternità.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James, Victoria
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
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Epilogo


Ti sento arrancare a passi affannati, con la tenacia testarda di un animale braccato ma risoluto a non arrendersi. E’ un’amara tenerezza quella che provo, ascoltando i tuoi respiri ansanti e il battito frenetico del tuo cuore impazzito; un tamburo tonante che celebra da solo il suo requiem.
Non puoi ancora sapere quanto tutto questo sia inutile e vano, ormai. La tua fine sta già bruciando dentro di te, divorandoti dall’interno come un cancro, fatale ed inesorabile. Pulsa nelle tue vene, miscelandosi al corso accelerato del sangue, che prima ti dava la vita e adesso crudelmente te la toglie. Non puoi più fuggire alla morte, Vic. L’ho iniettata nel tuo corpo. Ora, puoi solo morire da umana, o scontare in eterno una condanna di morte perpetua.
Cosa vorresti tu, Vic? Adesso scappi da me, ma cosa faresti se conoscessi il destino dannato che ti attende oltre la salvezza? Mi imploreresti di darti la morte?
Cosa vuoi che faccia, Vic, cos-
Una nuova ondata di desiderio e brama famelica si abbatte su di me, irrorando di veleno incandescente il mio corpo. Ciascuna è alternata a sprazzi intermittenti di raziocinio nei quali la sete si allenta, ma il sollievo aumenta solo la veemenza dell’ondata successiva, che brucia la mia gola arsa e si irradia in ogni infinitesimale anfratto delle mie membra.
Per la prima volta sento di essere io stesso preda della mia indole predatoria, che mi divora come il leone divora la carcassa della gazzella appena vinta. Non sono più in grado di dominare me stesso e, allora, scopro che Victoria aveva sempre avuto ragione. Fuggivo, ogni volta che inseguivo la mia preda; fuggivo, crogiolandomi nella convinzione di starla inseguendo e non imitando. Fuggivo dal sospetto che, se anche avessi voluto, non avrei potuto fare altrimenti. La caccia era l’aguzzino che mi stava addosso come un bracconiere, istigandomi a correre dietro una preda per camuffare il fatto che fossi io stesso la preda. Vittima dell’istinto di cacciare. Ironia della sorte, il mostro in cui mi sono trasformato è il mostro che, intimamente, sono sempre stato.
Avrei voluto risparmiarti questa sorte, ma il filo del tuo destino si è intrecciato inesorabilmente al mio dal giorno in cui ho attraversato l'ingresso di quella chiesa diroccata. Mi ero illuso di poter essere soltanto una parentesi della tua vita, invece sono stato il punto, irrevocabile, che ha segnato lo scoccare della fine. La mattina in cui mi dicesti che saresti uscita per rifornire le scorte di cibo fu l’ultima della mia esistenza da umano. Ero giunto al capolinea senza accorgermene. Il mio principale, quell’uomo sinistro alle cui dipendenze avevo lavorato per più anni di quanti ormai riesca a ricordarne, avrebbe varcato quella stessa soglia oltre la quale ti avevo vista sparire soltanto poche ore dopo. Ho creduto che quello fosse un segno e che tu potessi salvarti, che non fossi nata e non mi avessi incontrato soltanto per scivolare con me nel baratro di quest’incubo. Me ne sono andato come un’ombra al sorgere del sole, senza lasciare traccia del mio passaggio, se non la memoria invisibile di quell’uomo nato sotto la volta di pietra che fu il nostro cielo. Quando abbandonai l’edificio sconsacrato il mio cuore era muto, esattamente come quando vi ero entrato la prima volta.
Mi chiedo per quanto ancora riuscirò a frenare l’istinto che mi lacera, ma il fato sopraggiunge ad abbreviare l’agonia – la mia e la tua -, spazzando ogni mia resistenza. Una folata di vento turbina nella collina imbiancata di neve, sollevando i candidi fiocchi che vorticano su loro stessi, e, in un sol fiato, trasporta a me il tuo odore. Brucia come una vampata. Il lume della mia razionalità si spegne.
In un attimo, è buio, fragore di rocce che si sgretolano sotto l’impatto, caduta libera, ghiaccio spaccato, acqua in frantumi, sangue.

Quando uno spiraglio di luce torna a fendere la bramosia del mostro, del boato resta soltanto l’eco, che si dissolve nell’innaturale silenzio.
Chino a carponi sulla parte rimasta intatta della lastra di ghiaccio, ti guardo, scosso dal brivido – non del freddo, che non posso avvertire, ma del desiderio inappagato. A un metro o due dalle mie ginocchia si apre la voragine che ti ha ingoiato, simile a una bocca spalancata, i cui bordi di ghiaccio, acuminati come denti, sono sporchi del tuo sangue. I massi di pietra, precipitando, hanno sfondato la dura superficie del lago, che adesso è custode del tuo corpo.
Sei bellissima, così congelata nei tuoi ultimi istanti di vita. I capelli scarlatti si aprono in mille fiammelle attorno al tuo viso, come una regale corona di fuoco. Sembri dormire. Le palpebre dolcemente abbassate sugli occhi, le labbra, che il respiro ha appena lasciato, dischiuse in un muto addio. Le tue braccia, lunghe, magre, sottili, come se la pelle fosse già tesa sulle sole ossa, sono aperte, nell’invito di un abbraccio che la morte ha maternamente accolto. Sei bianca, perlacea, quasi evanescente per via delle impercettibili onde che, carezzevoli, lambiscono la tua pelle. Una bambola di porcellana addormentata nell’ultimo sonno. Attorno al tuo esile corpo si snodano sinuosi serpenti vermigli, creati dalle volute di sangue che, sgorgando dalle tue ferite, si disperdono nell’acqua.
Dormi, sotto la lastra di ghiaccio. Dormi, Fiamma di Neve, nella tua bara di cristallo.
E, nel frattempo, io attendo. Attendo di scoprire quale morte ti ha rubato la vita, incerto persino delle mie speranze. È stato il ghiaccio a congelarti il cuore prima del veleno, oppure il veleno ti ha pietrificato l’anima prima ancora che il ghiaccio potesse strapparla al tuo corpo?
Il sole declina ormai ad occidente, come quell’inverno di otto anni fa - quell’inverno che ci ha sposati, quando entrambi eravamo ancora vivi. La chiazza vermiglia che tingeva il paesaggio comincia a ritrarsi, risucchiata dall’orizzonte laddove l’ultimo spicchio infuocato dell’astro affonda nel manto di neve. E la neve torna all’originario candore, man mano che il manto sanguigno la scopre, come sangue aspirato da una bocca vorace.
Quando il sorgere della notte ha assorbito anche l’ultima goccia d’inchiostro scarlatto, soltanto allora i tuoi occhi si aprono. Pozze arse dalla brama di sangue, iridi vermiglie come l’ultima luce del giorno ormai tramontato sulle nostre vite, incontrano le mie, identiche.
Ancora una volta, l’inverno ci è testimone. L’inverno, che aveva suggellato il nostro amore da vivi; l’inverno, che sancisce adesso la nostra unione da immortali.



Era il nostro inverno, ora come allora; e lo sarebbe stato per sempre.









(Senza) Fine.




















L'angolino degli sproloqui inutili
Vi porgo le mie scuse elevate a potenza ennesima per l'incommensurabile ritardo. Mi spiace avervi fatto attendere così tanto proprio quest'ultimo capitolo, che sancisce la fine della storia. Purtroppo la mia connessione ha deciso arbitrariamente di prendersi una luuunga vacanza nei mesi di Agosto e gran parte di Settembre, senza preavviso alcuno (beh, in genere i problemi, di qualsiasi natura, non ti fanno una telefonata prima di arrivare). Ad ogni modo, questa è la fine... o, per meglio dire, l'inizio, visto che le avventure dei nostri spietati vampiri cominciano qui. La fine invece la conosciamo tutti, purtroppo (ç__ç). Non mi resta che salutarvi e ringraziare le persone che hanno letto, poche o tante che siano. Chiunque abbia avuto la pazienza di scorrere queste righe fino in fondo gode della mia sconfinata e sincera gratitudine, insieme a tutti coloro che hanno persino commentato, questa fanfiction e le altre. Grazie di tutto cuore! :*
Un ringraziamento speciale, però, lo devo a beab, che con le sue recensioni mi ha più volte fatto sbrodolare il cuore di gioia. Temo di non poter rendere merito, con un semplice "grazie", all'immensa riconoscenza che nutro nei tuoi confronti, soprattutto in questo momento un pò critico in cui la tua recensione è stata davvero una manna dal cielo. Le tue parole sono forse più di quanto meriti, ma so che sono sincere e questo mi rende così felice che, ora come ora, se ti avessi qui davanti, ti afferrerei e ti strapazzerei di abbracci. Menomale che non so dove abiti! XD
Comunque, se mai dovessi leggere qualcosa di mio non di tuo gradimento, non astenerti dal dirmelo con la stessa sincerità, cosicché io possa migliorarmi. Questo ovviamente vale per tutti.
Ancora grazie e alla prossima,
Fissie =)

   
 
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