SONATA, QUASI UNA FANTASIA.
(Seguendo la struttura del Nocturnal di B. Britten)
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PRELUDIO.
“L'ultima volta che avevo provato quello strano senso di smarrimento, ero in terza liceo. Avevo si e no quindici o sedici anni, non ricordo esattamente. Ricordo invece benissimo l'impressione fortissima che a malapena riuscii a descrivere sul mio diario allora. Questo diario era nulla più che una agenda riciclata di qualche anno precedente dove, con una calligrafia fitta fitta, annotavo qualsiasi cosa mi passasse per la testa. Ero uno “scrittore” (si fa per dire) compulsivo. La scrittura per me era uno sfogo. Quella notazione fine e dettagliata mi aiutava a valutare i fatti anche quando il ricordo era ormai passato alla piena fase di decantazione perdendo qualche dettaglio. Per il resto, quando non trovi nessuno con cui parlare davanti ad una tazza di caffè o in qualsiasi altra circostanza, inevitabilmente il sollievo della scrittura finisce per diventare solo momentaneo e ti senti meglio solo fino a quando poche ore dopo non ti riprende nuovamente l’impulso di prendere la penna in mano. Magari ti rileggi e, non potendo correggere quanto scritto a mano senza far diventare quel manoscritto, già abbstanza “graffiato”, un'emerita porcheria, inizi ad aggiungere postille, annotazioni successive, a specificare meglio qualche passo con note a margine o a piè di pagina e tutto s’incasina, finché non ti resta veramente più spazio nemmeno nelle pagine che andrebbero destinate davvero alle note. Ti rendi conto che scrivere non è il tuo mestiere; la prosa non riesce mai a raggiungere quell’effetto che hai in mente (non è vero che la tecnica non serve come dicono da un po’ di tempo a questa parte). È un po’ come la voglia di scrivere una canzone che non ti viene proprio benissimo che non ha un ritornello che faccia presa sulla maggior parte delle persone, che non ti renderà famoso e che forse ti esporrà perfino a delle critiche, ma tu senti di doverlo fare comunque. Non foss’altro che quel momentaneo sollievo arrivato dalla pagina e dalla penna al momento è sola cosa che ti puoi permettere in termini di sfogo. Anche perché certe storie devono restare dentro, specie se non hai persone sufficientemente fidate alle quali raccontare sapendo che non ne verrà una nota di biasimo, né un giudizio di eccessivo moralismo. Non è che le persone siano diventate improvvisamente bacchettone, è solo che hanno un disperato bisogno di avere più punti fermi di quelle che la vita vera è disposta a concederti. Quanto tali punti fermi non si trovano, non si fanno nessuno scrupolo ad inventarselo tirando fuori un precetto morale che ben si accordi con il sentire comune del tempo.
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Bene – mi disse Franco – fai conto che ci sono io qui adesso e, conoscendo la tua storia ho un vago sospetto di cosa tu stia parlando. Fammi indovinare. Stavi ripensando a Dany, la tua compagna di scuola che stava una fila avanti a te, per caso?
“Si”, dissi io, “come sai Dany è stata il mio primo vero per quanto acerbo amore.”
Si, credo in effetti che tu me ne abbia accennato, ma a quale impressione fai riferimento?
“Ebbene, credo fossimo a settembre, la scuola era iniziata da poco e qualcuno le aveva sottratto le foto delle sue vacanze al mare di straforo. Di lì a poco si sentì dire con voce squillante: – Ehi guardate la qui, la ragazza! Mica è messa male. – Dany cercava affannosamente di recuperare quelle foto destinate alla visione della sola compagna di banco nonché amica del cuore, ma che, invece, adesso erano finite alla mercé degli sguardi di tutti. Passando di mano in mano quelle foto capitarono infine sul mio banco ed io ebbi modo di vederle, con mia grande sorpresa… e sgomento.”.
E cosa avevano di straordinario quelle foto da suscitare tanta sorpresa?
“Di per sé nulla, se non che Dany era in costume da bagno!”
Capirai! Mi pareva chissà che. E allora?
“Io non l'avevo mai vista in costume da bagno, era la prima volta che mi capitava e non sapevo ancora che sarebbe stata anche l'ultima.”
Si, ok, ma, torno a chiedere, cosa aveva di straordinario?
“Era... meravigliosa...”
Come quasi ogni quindicenne lo è in effetti in grazia della sua giovinezza...
“Se mi dici che è facile essere almeno carini a quindici anni, non ti posso dare torto, ma lei lì non era solo carina e basta; era proprio bellissima. Quel costume poi non faceva che esaltarla.”
Parli come se non avessi mai visto una donna in costume da bagno prima. Suvvia, ti sarà pur capitato.
“Certo, ma una cosa è quando ti capita sotto gli occhi una donna qualsiasi, in una spiaggia poi ce ne sono tante, anche belle, ben altro è quando invece ti capita sotto gli occhi, lì come una dea, la donna per la quale hai iniziato ad avere un interesse particolare, per non dire che ti si stanno scuotendo i sensi ancora non avvezzi a certe cose...”
La donna! Ora non esageriamo. Sempre quindici ani aveva. Ma, in ogni caso, non lo sapevi che Dany fosse bella? Avevi per forza bisogno di vederla in costume da bagno per rendertene conto?
“Beh sai, durante l'anno se ne stava sempre infagottata nelle sue felpe e nei suoi jeans. Molto raramente si metteva una gonna. Non era il tipo da scoprirsi più del necessario. In quegli anni poi non è che per essere considerati seducenti ci si dovesse scoprire molto. Il massimo che si concedeva una ragazza che volesse apparire seducente era un trucco un po’ più marcato ed evidente, ma in ogni caso, lei non se lo poneva nemmeno il problema di essere seducente. Comunque avresti dovuto vederla. Era veramente una donna ai miei occhi. Mica ti devo specificare che ci sono quindicenni che sembrano assai più mature e grandi, specialmente quando le forme sono ben più che accennate come accade nella prima adolescenza.”
Si, va bene, ma spiegami cosa provasti o vuoi per forza che io tiri ad indovinare?
“E' difficile da spiegare anche adesso, sono passati anni, i ricordi sono filtrati...”
Però sono certo che, avendo provato qualche cosa di analogo più di recente, come mi hai detto quando ci siamo incontrati, qualcosa di chiaro ed efficace ti verrà da dirmi.
“Beh sì, senza dubbio. Hai presente quando ti trovi senza preavviso davanti ad una visione? Certo a quell'età è fin troppo facile credere di esserti imbattuto nella vista improvvisa di una dea. Specialmente se hai fisiologicamente gli ormoni a palla ed hai passato tutto il periodo della scuola media in una scuola dove non c’erano ragazze”
Come sarebbe a dire che non c’erano ragazze?
“Proprio così. Il preside doveva essere un gran bacchettone, uno di quelli che partono dal presupposto che a mettere la paglia vicino a fuoco questa si brucia; quindi decise di tenere tutti i maschi in succursale e tutte le femmine in centrale. Solo alla fine del terzo anno, con l’avvento di nuovo preside si decise che quello scempio doveva finire. Le prime furono miste, ma ormai il danno era fatto e di certo non erano le bimbette del primo anno che avrebbero fatto la differenza ai miei occhi, dato che un anno dopo sarei andato al liceo. Pensa che un mio compagno di classe quando le vedeva passare soleva dir loro: – Dovete crescere!”.
L’anno dopo fu tutto diverso. Avevo lasciato le femminucce che erano bambine o poco più ed ora me le ritrovavo davanti agli occhi che erano delle donne fatte, con lineamenti marcati e forme che erano tutt’altro che acerbe.”
Donne fatte, suvvia, non esageriamo...
“Ah, ma allora quello che ti ho detto non l’hai mica capito. Beh, allora vedila così, allora mi parevano delle donne fatte, oggi le considererei delle ragazzine e nulla più, come sarebbe più giusto pensare. Ma per me, a quel tempo, una ragazza in costume da bagno era una apparizione, una visione che come tutte le visioni durano molto poco, ma, per strani e misteriosi motivi, lasciano dettagli che ti entrano nella testa in un tempo infinitesimo e poi continui poi a vederli come se le avessi sempre davanti.
E così veramente, in quel momento preciso, ebbi l'impressione di trovarmi non davanti ad una quindicenne, ma davanti ad una donna fatta ed adulta, che tu ci creda o no. Una donna di fronte alla quale mi sentii piccolo ed insignificante. Non una donna qualsiasi poi, ma la donna che giorno dopo giorno occupa tutti i tuoi pensieri, quella che ti fa interrogare continuamente e ti fa chiedere, è dunque questo l'amore? E guarda che l'amore, quando non lo hai mai conosciuto prima, è tosto da riconoscere, specie se ci tieni a che sia quello vero e non un fuoco di paglia qualsiasi.
Oh, Non mi guardare in quel modo… Ero fatto così io. Non mi sarei messo con una ragazza solo per dire che avevo una ragazza e basta…”
Bugiardo!
“E va bene, ti concedo qualcosa, ma bugiardo no. Mi misi con Roberta, qualche anno dopo, senza troppo convinzione, ma solo perché passavano gli anni e mi pareva strano che non avessi ancora una ragazza. Tutto qui. E lei, se per questo, era pure meno convinta di me e magari accettò per lo stesso motivo. Fummo solo l’incontro di due solitudini non solo senza alcun futuro, ma senza nemmeno un presente a ben vedere. Ma torniamo a noi...
Ecco, non so se fosse l'amore stesso a dirmi questo, ma io avevo proprio l'impressione di trovarmi di fronte ad una persona che non avevo mai visto prima. Era di una bellezza da togliere il fiato.
Il punto però non era lei. Ero io. Lo ammetto. Non era la banale bellezza di una giovinetta in fiore e basta, ma il sentore della bellezza della vita stessa che ti corre incontro, sicché, al di là del fatto di essere ragazzini con gli ormoni a palla che ti fanno agitare nel letto o bagnare il prepuzio, era una di quelle visioni nei confronti delle quali ti senti completamente spiazzato ed indifeso. Ti senti denudato all'improvviso e con l'urgenza di trovare la prima foglia di fico per coprire le tue vergogne. Soprattutto perché ti pare di essere del tutto inadeguato. Pensi che una cosa tanto bella, non la meriterai mai davvero, per quanto tu possa compiere imprese eccezionali, o essere, assai più banalmente, l'uomo più bello del mondo.
Ovviamente non è che tu sia veramente immeritevole o una creatura così informe e con l’autostima sotto i tacchi. È la novità della cosa che ti stringe e ti lascia nella più assoluta incertezza su cosa debba fare e come comportarti. Però si tratta davvero della prima avvisaglia della vita che ti chiama e che ti sussurra all’orecchio che è tempo di fare fagotto e di uscire dalla grazia dell’infanzia per intraprendere un cammino che sarà lungo e difficile. Come te lo posso spiegare se non dicendolo proprio in questo modo?
Tornando a Dany, non era una questione di meri particolari, non era solo la perfezione del suo seno e nemmeno la curva netta e tornita dei fianchi – Che poi, a pensarci bene, come si potrebbe dire... forse il fianco di per sé stesso era persino un po' barocco, ma in fin dei conti chi se ne fregava allora? – Era che quella sensualità estrema della posa, non era nemmeno dovuta all'atteggiamento o ai centimetri di pelle scoperta, ma, stranamente anche dal senso di estrema naturalezza che quella immagine che mi suggeriva. Era come osservare un tipo di fiore. Lo hai avuto sempre sotto gli occhi, magari è sbocciato ogni primavera, ma improvvisamente il colore della corolla e la dirittura dello stelo, iniziano a sembrarti meno scontate e meno ordinarie. Ne cogli la vera bellezza e ti pare una cosa eccezionale con una tale armonia che non poteva venire fuori solo dal caso e dal caos primordiale e ti trovi a pensare che ci deve essere un senso a tutta quella armonia ed alla tua capacità di coglierla all’improvviso.
Non c’era nulla di volutamente ed artificiosamente sensuale, ammiccante, perché lei non aveva bisogno di fare nessuno sforzo per esserlo naturalmente. Non aveva nemmeno bisogno di un trucco marcato o peggio ancora esagerato, come facevano le altre, e nemmeno di mettersi in posa inarcando la schiena come una gatta o peggio, come si fa oggi, mettersi con le labbra atteggiate a far la boccuccia a culo di gallina come le sceme. Se cercavi di capire cosa trovavi di bello e di attraente in quella foto, non lo trovavi facilmente perché non era la somma delle parti e nemmeno il dettaglio a fare la differenza. Ogni piccolo particolare rimandava all'altro, e tutto l'insieme mi rimandava alla la mia coscienza. Era un rimpallo continuo tra il contingente e la coscienza.”
Ossia?
“I miei pensieri erano come una risacca. Gli occhi mi proiettavano verso di lei e la visione di lei sembrava ricacciami dentro me stesso. Tutto era al tempo stesso attraente, ma da quell'attrazione mi sentivo al tempo stesso respinto.”
Troppo complicato detto così, andiamo al dunque, cosa sentivi in particolare?
“Al dunque, al dunque! Sempre il solito tu. Se dicessi a la guerre comme a la guerre, sarebbe la stessa cosa. Ti sto dicendo che non so trovare gli ingredienti di quella ricetta perfetta tanto erano amalgamati i sapori tra di loro. E poi arrivi tu che batti le manine e fai: Orsù, Orsù, concludiamo.”
Beh, che vuoi, allora continua a fare il filosofo ed il poeta di staceppa.
“Mi verrebbe da mollarti qui su due piedi e tornarmene a casa. E manco sarebbe valso nemmeno lo sforzo di venire qui da te. Ma va bene, questa volta te la faccio passare. Ammettiamo pure che nel tuo cinismo io accetti che dietro un amore giovanile non ci sia tutta questa poesia che in tanti invece sentiamo. Ma se così fosse, rivendicherei lo stesso il diritto e perfino il dovere di essere un caso particolare, anche un poeta e filosofo di staceppa come dici tu.
Ho sentito che dietro quella immagine c'era un'intera vita che io non osavo nemmeno immaginare. Permettimi ora di fare una riflessione, e premetto che la mia riflessione nasceva da una constatazione piccola e modesta, come lo è la limitata vita di un quindicenne. Ma non ti scordare che, talora, nelle cose piccole si nasconde la prima intuizione delle cose più grandi.
C’era il fatto che io ero sempre confinato tra l’aula scolastica e la casa, mentre sapevo che alcuni di loro si vedevano al di fuori, ma io non facevo parte del loro gruppo. Al di la di qualche sporadico invito non sembravo essere uno particolarmente integrato, e raramente eravamo usciti tutti insieme. Si e no qualche festa di compleanno ogni tanto, giusto per vedersi al di fuori di quei contesti, di parlare di altro che non fosse la scuola, di frequentare o vedere anche altri ragazzi che non fossero i soliti compagni, coi genitori che ti vengono a prendere se si fa tardi, ammesso che se l’accollino, altrimenti vattelo a trovare un passaggio.
Se questi erano i rapporti in generale, pensa nel caso di specie con lei... Non è che mi fossi strappato i capelli per questa cosa, ma ora, in quel preciso momento, mi rendevo conto di quanto il mio amore fosse impotente e sfortunato.
Premesso che in quel momento non c’era nemmeno da chiamarlo amore – diciamo che non te lo contesto solo perché so bene che dopo ti sei innamorato davvero di lei, sebbene di un amore acerbo da quindicenne, come dici tu – ora ti chiedo, senza stare a questionare troppo sulle parole, perché ritenevi quell’amore impotente e sfortunato?
“Semplicemente perché di tutta quella vita io non facevo parte. Io non ero lì e sapevo che non sarei mai stato nemmeno dopo. Lei ovviamente non sapeva nulla di quello che io provavo per lei. Tempo dopo glielo dissi e non ci fu scelta meno azzeccata, come sai, perché ormai i giochi erano fatti, lei si era trovata un ragazzo che – come tipicamente accadeva allora – era il classico tipo più grande dell'ultimo anno, quello che già aveva la patente, o almeno con il foglio rosa insomma, uno con il quale non potevi competere, né fisicamente, né per i mezzi che aveva rispetto a me che invece non avevo nulla se non le scarpe per camminare.”
Non dovrebbe mai essere sbagliato comunicare i propri sentimenti ad una persona. Semmai la cosa importante sarebbe evitare che ne faccia uso per divertirsi alle tue spalle, ma quello, certamente, non dipende da te. Insomma, bisognerebbe sapere prima se ti puoi fidare. È che quando uno s’innamora è già evidente di per sé che si fida. Ci si innamorerebbe mai di una persona di cui non sentiamo di poterci fidare? Credo proprio di no. Non avrebbe senso se innamorarsi significa avere voglia di consegnarsi a qualcun altro, in fondo.
Mi chiedo ancora chi te lo abbia fatto fare a restare ancorato all'idea di lei per due anni ancora visto che non c’era nulla da fare, ma su un punto non concordo. Non è vero che non hai mai fatto parte della sua vita. Tu sai bene con quanto rammarico lei ti venne a confidare che lui le aveva fatto abbandonare gli studi di violino solo perché il sabato era considerato sacro e occorreva trovare del tempo per vedersi. A ogni modo, non ti rammaricare troppo. Ti faccio ricordare che quella ragazza, di fronte alle tue malinconie (e lei sapeva benissimo di esserne anche la causa), ti venne a dire a muso duro che nessuno ti sarebbe mai venuto a cercare se avessi mantenuto quel temperamento. Anzi, ricordo benissimo che mi riferisti che le sue parole erano state brutali: “La gente si stufa!” ti disse. E ti devo pure ricordare che si metteva a flirtare con lui davanti ai tuoi occhi sapendo quanto ci restassi male? Un minimo di delicatezza, perdio!
“Ecco una cosa che io non avrei mai fatto!”
Farle abbandonare il violino oppure l'essere tanto brutale? Non importa. Io penso che non le avresti imposto mai alcuna rinuncia. Evidentemente a lei un po' di brutalità non dispiaceva, forse nemmeno a subirla. Eh, lo so, amico mio, ma renditi conto che, con la gente, ma soprattutto con le donne, qualsiasi cosa tu faccia è potenzialmente sbagliata. Agisci in un modo e sei considerato un tiranno; agisci in un altro e magari loro si stanno a chiedere del perché sei così dolce e permissivo, come se la dolcezza fosse debolezza e come se una mancanza di gelosia, solo perché dai loro fiducia, fosse sempre da interpretare come disamore, come se a loro non ci tenessi abbastanza, o peggio, come se non te ne fregasse nulla. Ma il punto non è questo.