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Autore: ombradisqualo    03/12/2024    0 recensioni
Ecco la scena: un tavolo d’acciaio, una gatta e cinque persone (quattro donne e un uomo) riuniti intorno al tavolo e quindi alla gatta.
A dirla così sembra l'inizio di una barzelletta e lo sarebbe quasi stato se tutte le persone, eccetto me, non avessero fatto un passo indietro con aria spaventata.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mia stupenda furia
 
Ecco la scena: un tavolo d’acciaio, una gatta e cinque persone (quattro donne e un uomo) riuniti intorno al tavolo e quindi alla gatta.
A dirla così sembra l'inizio di una barzelletta e lo sarebbe quasi stato se tutte le persone, eccetto me, non avessero fatto un passo indietro con aria spaventata.
Birbante Siriana (ovvero malvivente della Siria), in arte conosciuta semplicemente come Birba, spadroneggiava semi sdraiata sul lato sinistro del tavolo. L’avevo portata urgentemente in quel posto perché l'avevo sorpresa a urinare sangue sul pavimento, con una smorfia di dolore sul musetto nero. Il veterinario aveva detto che probabilmente si trattava di cistite emorragica. Doveva visitarla e somministrarle l'antibiotico, ma appena l’aveva toccata, lei si era buttata sul fianco, soffiando a pieni polmoni con un lampo di zanne.
Iniziavamo malissimo. Nel giro di un istante, la mia adorata sorellina aveva fatto capire che le cose stavano per prendere una brutta, bruttissima piega.
- Tata, tranquilla, va tutto bene - le sussurro dolcemente, mentre con una mano le accarezzo la testa e con l'altra stringo con cautela la collottola, oramai rassegnata a perdere inevitabilmente qualche centinaio di globuli rossi.
L'assistente del veterinario, che in genere visita Birba, è una graziosa ventenne dai capelli neri ondulati, che alla fine di ogni visita fa moine e carezze cinguettando:
- Ma che bella miciona dolce che sei!
Nel frattempo io leggo a chiare lettere nello sguardo di Birba: -In nome di Dio, riportami a casa, subito! - e capisco che delle sue coccole non glie ne può fregare meno. Adesso l’assistente guarda la stessa "bella miciona dolce" con aria profondamente turbata. Rivolgo allora la mia attenzione al veterinario (un uomo sulla sessantina) e all'altra sua assistente, e vedo con sconforto che hanno la stessa faccia della moretta.
- La tengo io... - dico per incoraggiarli, astenendomi dal finire la frase con “ridicoli cagasotto”.  Mi sto irritando per la situazione, perché gli animali sono molto sensibili, non solo al linguaggio corporeo, ma anche alle sostanze che il nostro corpo rilascia a seconda delle emozioni come rabbia, ansia, dolore: avere un atteggiamento insicuro davanti a un animale innervosito significa dargli potere e di conseguenza un motivo in più per combattere. In una situazione di vero pericolo tutti e tre sarebbero già morti sbranati.
Il "maschio Alfa" si avvicina timidamente e io stringo bene la pelliccia, obbligando la gatta a guardarmi, così sarò la prima che attaccherà.
Lui tenta di sollevarle il sedere che lei ha strategicamente incollato al tavolo e vedo le orecchie di Birba schizzare all'indietro; faccio appena in tempo a stringere i denti, che lei con uno strattone rabbioso si libera dalla presa e affonda i denti nel palmo della mia mano sinistra, mi uncina spietatamente la destra con gli artigli per poi girarsi istantaneamente e colpire come uno scorpione la mano del veterinario troppo lento a ritrarsi.
Dopo un istante di sgomento generale, mia madre si scusa, sconvolta: - Mi spiace, è la prima volta che si comporta in questo modo... in genere è bravissima... mi spiace tanto...
Io non mi scuso e stringo le labbra stizzita, mentre vedo le mie mani che sgocciolano sangue sul tavolo. Non sono arrabbiata per questo. Sono arrabbiata con loro. Sono una banda di cretini. Lui non ha polso e le altre due si tengono a distanza manco avessero a che fare con un piranha. Sono arrabbiata perché Birba sta soffrendo. Gli animali non si divertono a uccidere e di certo lei non si diverte a comportarsi così, infatti per l’agitazione se l’è fatta addosso e l'urina è nuovamente rossa.
La guardo stupita. Si è rifugiata all'estrema sinistra del tavolo ed è come non l’ho mai vista: tiene la testa sollevata in un'espressione seria e immensamente orgogliosa.
Lo so che i gatti, al contrario dei cani, sono considerati inevitabilmente fieri e distaccati. Ma chi vive con un animale almeno da un anno sa che ognuno di essi, proprio come noi, ha le sue caratteristiche personali.
Se dovessi usare solo due parole per descrivere Birba, direi che è dolce e buffa.
Ogni singolo animale ha il suo orgoglio, e lo conserva per tutta la vita, a prescindere dalle situazioni. L'umano è l'unico essere vivente che riesca a strapparglielo via.
Birba, di solito, è una creatura amorevole e paziente: a causa della sua espressione infantile e della voce in falsetto, qualsiasi cosa faccia risulta divertente, o per lo meno, a me strappa sempre un sorriso. Si rifiuta persino di miagolare in modo decente. Per lei dire "MIAO" è un affronto personale. Si diletta invece in tutta una serie di rumori che iniziano con la emme.
 
Ormai la capisco al volo e ho dato un'etichetta a ogni gamma di versi.
C'è il chiacchiericcio insensato, che usa quando vuole parlare, ma non ha voglia. Sono tutti del tipo: MIAUFF, MIUFF, MIEUFF... come per dire: "No dai, guarda, oggi non è giornata. Dammi da mangiare e finiamola qui.".
C'è il verso del "piccione innamorato" (il mio preferito): non è nient'altro che un miagolio basso unito alle fusa, ricorda appunto il verso del piccione, ma l'espressione che tira fuori è spettacolare. Ti guarda con occhi spalancati come se non ti vedesse da anni e fossi appena sbucato fuori dal nulla.
Ci sono le imprecazioni: quando si allontana borbottando a bassa voce.
C'è il miagolio double-face, ovvero MIAHMIA, che usa sia per dire il mio nome (Ania) che per dire pappa.
E via dicendo. Il top è quando miagola, ma viene colpita a tradimento da uno sbadiglio che non la azzittisce, anzi, ne approfitta per allungare il suono e contemporaneamente per mostrare la lingua. In quelle occasioni le risate da parte di tutti sono assicurate.
Insomma, per quanto bellissima ed elegante, non riesco a non vederla anche come una cucciola teneramente goffa.
Mentre quel giorno non aveva proprio nulla di goffo. Non era solo la sua espressione a mozzarmi il fiato, ma anche una strabiliante metamorfosi corporea. La pelliccia e i baffi aderivano completamente al cranio, trasformando il suo muso in una lancia affilata e le sue orecchie erano tese all'indietro come due frecce nere. Gli occhi (che sono di un bellissimo giallo cangiante), avevano perso tutte le loro sfumature ed erano diventati di un compatto giallo elettrico.
Nella posa della sfinge, non agitava la coda come mi sarei aspettata, ma la teneva avvolta al fianco, mentre i suoi artigli erano ancora pericolosamente sfoderati.
Stava in silenzio. Respirava forte, ma con calma e regolarità. Gli occhi erano ben aperti, ma non erano più tondi, avevano assunto una curiosa forma ovale e li teneva senza nessuna traccia di paura inchiodati su quelli di un terrorizzato dottore, che oramai non si azzardava neanche più a sbattere le palpebre.
Era avvolta da una stupenda furia.
Io, senza interrompere quel silenzio carico di elettricità, sporgo una mano verso di lei. Birba, senza interrompere il contatto visivo e senza mutare quella incredibile trasformazione, appoggia la guancia sul dorso della mia mano.
Non riesco a reprimere del tutto un sorriso. La sua non è paura, ma odio puro. È la prima volta che la vedo esternare un sentimento simile, ma non c'è dubbio: con tutta sé stessa sta dicendo che non tollera la presenza di quell'uomo.
Le prendo il musetto con entrambe le mani e, ignorando lo sgomento generale, le do un leggero bacio sul nasino bollente. È un azzardo. I gatti, avendo un muso corto, in genere non contano sulla potenza del morso ma sugli artigli che, in scontri seri, usano per accecare l'avversario. Quindi quello che sto facendo è potenzialmente pericoloso, ma lo faccio senza il minimo timore. È la mia dimostrazione che mi fido di lei e che lei può fidarsi di me.
Birba sbatte le palpebre e mi guarda vagamente perplessa; le faccio un grattino sotto il mento e nel giro di poco si rilassa, ritornando la dolce creatura di sempre, con il musetto rotondo e gli occhi splendenti e cangianti come perle.
L’abbraccio e mormoro parole di conforto, mentre lei, con un'espressione contenta e vagamente compiaciuta, prende a fare basse fusa.
Pochi minuti dopo, la vista riprende, questa volta con successo. Si fa remissivamente iniettare l'antibiotico, dopo di che ritorna senza fretta nel trasportino.
A casa la libero e vado a sedermi sul letto. È stato un pomeriggio pesante. Tuttavia noto che Birba, al contrario di altre volte, non va a nascondersi, né passa mezz'ora ad annusare in modo maniacale qualsiasi oggetto, ma sta a coda alta e tutta piena di sé va a bere, come se niente fosse, per poi seguirmi in camera da letto.
- Ma guardati! - le dico divertita. - Manca solo la cavalcata delle valchirie come sottofondo e sei a posto, eh? -
Lei sculetta allegra verso di me e allunga il collo per annusarmi il pantalone. Io come sempre le porgo una mano per fargliela annusare e lei, appena sente l'odore del sangue sotto il cerotto, sembra afflosciarsi. Si siede e mi fissa seria. Sa che è colpa sua.
In silenzio balza sul letto e si siede in modo da sfiorarmi appena la coscia con la schiena, posa che generalmente assume quando sa di aver fatto qualcosa che non doveva fare, ma allo stesso tempo vuole un contatto fisico con me: forse temendo di essere sgridata, sceglie questa via di mezzo.
Le accarezzo il fianco e lei subito alza la testa per guardarmi in faccia.
- Tutto ok, non è niente. So che non lo hai fatto apposta... - le dico con tranquillità.
Lei si capovolge sulla schiena, aderendo alla mia gamba e con aria allegra inizia a fare le fusa.
 
10/03/2016
 
Ciao, grazie per aver letto fino a qui, se ti è piaciuta la storia, lascia un commento, mi farebbe molto piacere.
   
 
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