Like the foliage in the woods…resembles the eternal rocks beneath
Sta morendo.
Non ha bisogno del parere di un medico per saperlo.
Dovunque ci sia l’anima e dovunque questa si congiunga con il corpo, può sentirlo: sta morendo.
Sta morendo, quindi tanto meglio non porgere l’orecchio al trambusto tutt’intorno a lei e godere dell’ultimo afflato vitale.
È sfinita e non riesce a muovere neanche un dito, ma in compenso la mente lavora a mille e sembra ampliarsi all’infinito.
È cosciente di ogni respiro affaticato, di ogni contrazione del busto, del formicolio del corpo e di ogni spasmo di dolore.
Non sa come sia possibile, ma le sembra di sentire tutto e allo stesso tempo di non sentire niente.
Ad un osservatore esterno potrebbe sembrare addormentata, ma in realtà è sveglia, anche se sta pian piano perdendo coscienza. La sua mente svicola da un pensiero all’altro e ha difficoltà a seguire un ragionamento coerente.
In tutta la sua vita non è mai stata così presente a sé stessa.
Ma tra poco scivolerà fuori dalla finestra aperta e semplicemente non sarà più.
Si lascerà dietro il corpo, nient’altro che un involucro vuoto.
Quello può tenerlo Edgar; almeno, finché non verrà sepolta.
In fondo, il suo corpo è l’unica cosa che ha ottenuto con il matrimonio. Tutto il suo essere apparteneva ad un altro, un altro che non può essere qui a darle l’unico conforto di cui ha bisogno.
Si sente debole.
Rifiutarsi di mangiare è stata la sua fine.
I suoi capricci hanno avuto la meglio su di lei.
Non avrebbe mai potuto superare il parto in quelle condizioni, avrebbe dovuto saperlo.
È stata tradita dal suo stesso corpo.
Non riesce però a pentirsene.
Per troppo a lungo ha represso sé stessa e se la morte è l’unica cosa che può restituirle la libertà, così sia.
E per quanto il pensiero della nuova separazione le spezzi il cuore, prova una perversa soddisfazione all’idea di punire Heathcliff con il suo stesso dolore per l’abbandono subito.
Dopo tanto tempo, sono di nuovo alla pari.
La bambina strilla.
Vorrebbe urlare a Nelly di andare a vedere che cosa vuole, perché non riesce ad addormentarsi con quel frastuono, ma non ha neanche più la forza di parlare.
Ha sentito che Edgar le ha dato il suo nome, Catherine, e ha già deciso che la soprannominerà Cathy.
Gliel’ha sussurrato lui all’orecchio, come se pensasse di poterla consolare con quell’informazione.
Questo ha solo confermato che il loro matrimonio sia stato solo un grande sbaglio: erano due estranei che si erano ritrovati a vivere sotto lo stesso tetto.
Negli ultimi tempi suo marito aveva smesso di preoccuparsi veramente di lei. Certo, non voleva che morisse, ma era rimasto al suo fianco per dovere e nient’altro.
Aveva sempre saputo che un giorno avrebbe guardato Edgar e non avrebbe trovato dentro di sé neanche il più infinitesimale moto d’affetto, forse pietà, o addirittura niente.
Non aveva mai preso in considerazione la possibilità di non essere l’unica in quel matrimonio a provare per l’altro un sentimento superficiale.
Ormai quello che prova lei non è più profondo di una pozzanghera.
Forse Edgar aveva sperato che con il bambino le cose sarebbero migliorate, che lei avrebbe accettato il morso e si sarebbe adattata ad una prigione dorata. Se era così, si era sbagliato.
Odia Edgar per voler chiamare la bambina come lei. È solo l’ennesima delle costrizioni di suo marito mascherate da premura.
La verità è che non ha mai potuto davvero averla in vita e pensa di poter disporre di lei in morte.
Riesce quasi a immaginarlo ad imbastire favole della buona notte sempre più fantasiose sulla loro sfortunata storia d’amore. Racconterà a sé stesso di star facendo tutto in nome della creatura, ma in realtà sarà soprattutto per consolare sé stesso.
Come osa chiamarla Cathy ed appropriarsi di un diritto che è sempre appartenuto ad un altro?
Vorrebbe morderlo, schiaffeggiarlo, ma non può. Il corpo non risponde più alla sua volontà.
È la creatura di Edgar, non la sua. Lei non vuole aver niente a che fare con la bambina. È un’altra Linton, e come i Linton, crescerà troppo delicata e debole per il mondo da cui viene lei e a cui tornerà presto.
Ha fatto quello che doveva, l’ha messa al mondo; non le si può chiedere di più.
Forse suo marito sta cercando di fare ammenda per la delusione di aver avuto una bambina e non l’erede tanto atteso; tanto più, che da quando è nata, non fa altro che urlare e nessuno sembra preoccuparsi che possa stare male.
Potrebbe persino morire e nessuno se ne accorgerebbe.
Quasi le dispiace per la piccola Cathy.
Chissà che creatura ingenua e petulante che sarà da grande.
Ma nulla di tutto questo la riguarda più.
Nelle ultime ore della sua vita lei si è scrollata di dosso la pelle di Catherine Linton ed è tornata ad essere Catherine Earnshaw.
Tanto vale lasciare il nome di Catherine Linton a qualcun’altra.
Catherine Linton.
Non l’ha mai convinta del tutto questo nome. Semplicemente non era adatto a lei e una parte di lei lo sapeva. Nonostante la sua attrazione per la posizione che comportava, era abbastanza autocosciente da riconoscere che questa vita non era adatta a lei.
Non sa nemmeno se augurare alla bambina di essere un’altra degna Linton, come Isabella: ingenua, superficiale, capricciosa, paurosa, ma felice nella sua ignoranza.
Ma spera che un giorno trovi un nome adatto a lei, quello può concederglielo.
Non sente più i piedi e il corpo ormai pesa come un macigno.
Il letto è morbido, ma all’improvviso le sembra duro come la pietra.
Pietra…
Come quella su cui sedeva insieme ad Heathcliff nella brughiera, un tempo.
Darebbe tutto quello che ha per essere lì insieme a lui ancora una volta.
Sono sempre stati insieme loro due.
No, non è vero.
Sa che c’è stato un tempo in cui non erano stati insieme, prima che suo padre lo portasse a casa, ma è stato così tanto tempo fa che quasi non se lo ricorda.
Potrebbe facilmente dividere la sua vita in fasi: prima di Heathcliff, insieme ad Heathcliff, senza Heathcliff e il ritorno di Heathcliff.
Nelly ha detto che la prima volta che lo ha visto gli ha sputato addosso.
Si, quello lo ricorda e vorrebbe strapparsi i capelli per quella crudeltà.
Poco dopo, però, sono diventati inseparabili.
Ripensandoci è stato il periodo più bello della sua vita: l’infanzia alla Tempestosa, insieme ad Heathcliff.
Dopo la morte di suo padre, Hindley era diventato un tiranno e Heathcliff l’unica fonte di conforto in una casa all’improvviso ostile e tetra.
In quel periodo era arrivata la realizzazione che il suo migliore amico era qualcosa di più, solo che ci aveva messo troppo a capirlo.
Era suo e nessuno poteva portarglielo via.
Poi però erano arrivati Edgar Linton e la sua allettante proposta di matrimonio. E Heathcliff se ne era andato.
Era stata così sconvolta che quasi si era dimenticata delle sue motivazioni per sposare Edgar. La ragione principale era aiutare il suo amico, quindi che senso aveva se lui non c’era più?
Le era sembrato di essere morta.
Le sembrava che ci fosse stato qualcosa in gola che le impediva di respirare e bastava poco per farla irritare.
Era stata morta per tre anni, e poi lui era tornato, all’improvviso, esattamente come quando se ne era andato.
Vederlo era stato come tornare alla brughiera dopo molto tempo.
Era così felice che aveva cominciato a sperare che potessero tornare come un tempo, ma era tutto diverso.
Lui era tutto quello che avrebbe sempre voluto ed adesso avrebbe potuto addirittura sposarlo, se solo non fosse stata già maritata.
Ed era tutta colpa sua.
La fede le pesa ancora al dito come un macigno per quella realizzazione.
Edgar le aveva proibito di vederlo e niente gli avrebbe fatto cambiare idea.
Poi Heathcliff aveva detto di amarla ma quando aveva fatto per andarsene aveva capito: quello era un addio definitivo.
E lei si era sentita morire.
…Il petto le si stringe fino a farle male. È forse la fine? Oppure è solo il cuore che si spezza?...
Vorrebbe che fosse qui, stringerselo addosso con tutta la forza che ha, fino a fondersi in uno.
Si chiede che effetto le farebbe.
Darebbe senz’altro una scossa ai suoi nervi intontiti.
Sa che non andrà in paradiso, non è un posto per lei e non vorrebbe andarci comunque, non senza di lui. Andrà, invece, nell’unico posto in cui potrà aspettarlo, fino a che non saranno di nuovo riuniti, non importa quanto sarà lunga l’attesa.
Per questo non ha paura di morire, non adesso che la morte è la porta che la libererà da una prigione.
Il suo unico rimpianto è aver finto per così tanto di essere qualcosa che non è.
Con il viso di Heathcliff davanti e un vago sorriso sulle labbra, Catherine, affronta l’ultimo spasmo.
E nella morte Catherine Linton tornò ad essere Catherine Earnshaw, e Catherine Earnshaw era sempre stata Heathcliff.