CAPITOLO 12
Osservò la bottiglia di birra che aveva davanti. Erano passate più di due ore, eppure ne aveva bevuta solo un sorso iniziale. Ormai era già calda. Da quando Sumire gli aveva comunicato i risultati dell’investigazione condotta su suo padre. Quel pomeriggio era rimasto in uno stato quasi catatonico.
Forse dovuto più allo stupore che alla preoccupazione. Non si aspettava certo una cosa simile.
“Ora mi spiego il volersi riavvicinare a me” penso poggiando la guancia contro la mano. In quegli anni in cui erano stati lontani si era sempre chiesto come uno dei due si sarebbe potuto sentire alla possibile dipartita dell’altro.
Credeva che sarebbe stato male, invece. Non era esattamente così. Ci stava male, ma non come si aspettava.
-Sei sveglio Adam. Credevo fossi a letto- alzò la testa trovando la sua matrigna sulla porta, quando lei notò la birra che aveva in mano: -Non dovresti bere prima di andare a dormire- gli disse in tono serio come una vera madre. Lui non rispose limitandosi a stare con lo sguardo basso.
Era così da quando aveva discusso nuovamente con sua figlia. Eppure ora sembrava un uomo distrutto. Che cosa gli aveva detto Sidney per ridurlo in quello stato.
-Non hai mangiato niente, non vorrei che ti stessi ammalando. Vuoi che ti faccia dei mac and cheese?- gli chiese andando ai fornelli. Pensava che non avrebbe ricevuto risposta. Invece ciò che ottenne fu una domanda.
-Tu fai l’infermiera giusto?- la donna si voltò ed annuì: -Lo hai incontrato durante la sua convalescenza per l’incidente?- gli occhi di Yasmin si sgranarono. Quando i loro sguardi si incontrarono, lui poté leggere l’incredulità su come facesse a saperlo. Evidentemente suo padre aveva chiesto che non gli dissero nulla di quell’argomento.
-Non me l’ha detto Sidney- disse subito tirando indietro la testa: -L’ho scoperto quando ho fatto un’indagine personale su papà- ammise infine.
-Hai spiato tuo padre?!- Jasmine era sconvolta da quella rivelazione. Che genere di persona farebbe una cosa simile al proprio genitore. Una che non aveva rispetto per chi li aveva messi al mondo. Il biondo sentì la rabbia nello sguardo della donna. E non poteva certo biasimarla.
-Sembro un bastardo ingrato? Immagino di sì…non sono fiero di averlo fatto. Ma dovevo avere risposte…insomma non mi ha mai cercato in questi anni e lo fa improvvisamente- ammise lui dispiaciuto. Non era una scusa sufficiente. Ma doveva far capire i motivi per cui l’aveva fatto.
Jasmine assunse un’espressione dura incrociando le braccia al petto.
-Ti sbagli! Lui ha provato a contattarti, sei tu quello che gli chiudeva la telefonata in faccia o non rispondevi affatto!- quelle parole colpirono il ragazzo come una pugnalata al petto. Una lama di verità sulle sue azioni. Prese la bottiglia bevendone un sorso di birra, facendosi andare quasi di traverso le bollicine.
Lo sguardo di rimprovero della sua matrigna era costantemente su di lei come il puntatore di un’arma. Quella era la prima volta da quando lo conosceva, che si era davvero infuriata. Ed era raro farlo per lei.
-Lo odi così tanto?- a quella domanda lui si pietrificò sulla sedie. Dopo qualche istante si portò la mano agli occhiali togliendoseli.
-Odio mia madre, per quel che mi ha fatto. Mio…non dico di non odiarlo, insomma avrebbe dovuto proteggermi. Ma non nello stesso modo in cui odio lei- sospirò socchiudendo gli occhi, quella discussione lo stava logorando. Con il senso di colpa che sembrava divorarlo dall’interno come un parassita.
-Quando ho saputo dell’incidente. Ho provato shock e forse…dispiacere. Ah cazzo, non so come interpretare i miei stessi sentimenti- disse prima di sbattere la testa contro il tavolo. Non sapeva cosa pensare di sé stesso. Jasmine vedendolo in quello stato gli sedette a canto e la sua espressione cambiò da arrabbiata a dolce. Come a volerlo mettere a suo agio.
-Credo di sapere perché tu sia restio a riallacciare i rapporti con lui e non è solo la rabbia- lui alzò gli occhi guardando la figura sfocata della donna. Alla fine si rimise gli occhiali così da vederla meglio.
-E…q..quale sarebbe il motivo?- il suo cervello voleva sapere. Voleva comprendere perché provava quei sentimenti che non riusciva a decifrare. Così in caso da poterli risolvere.
-Paura-
-Paura?- ripeté lui confuso. Non aveva mai minimamente pensato che il suo rifiuto potesse essere legato alla paura. Più alla rabbia nei confronti del padre. Jasmine annuì.
-È successo anche a me, quando sono scappata dal mio ex marito. Aprirmi ad un nuovo amore…avevo paura sarebbe potuto capitare ancora come la storia precedente. Tu invece Adam, hai paura di venire nuovamente ferito se mai dovessi riconciliarti con lui- non ci aveva mai pensato a un tale motivo. Ma aveva ignorato il genitore per anni, forse inconsciamente per non confrontarsi con la verità o la paura. Come gli stava dicendo Jasmine.
-Tu come hai fatto ad andare avanti e riaprirti?- lei gli sorrise.
-Ci vuole tempo e non è facile. E ognuno è diverso Adam, un tempo preciso non posso dartelo. Dipende tutto da te- non era certo quello che si aspettava. Ma era già qualcosa su cui riflettere. Anche se sapeva che il confronto dei suoi sentimenti e di cosa provava avrebbe fatto fare più fumo al suo cervello. Che il dover imparare a memoria un libro di biologia.
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<< Una scimmia rossa?! >> disse Ewan collegato dalla base nella Terra cava. Paula annuì seria. Dopo che si era svegliata dalla sua visione, aveva urgentemente riunito il professore e Julien raccontando cosa aveva visto.
Dopo ciò tutti rimasero molto stupiti e sconcertati.
<< Hai detto che la specie di Kong, sembrava aver paura di lui >> disse Julien pensierosa.
-Ma la specie Titanus kong è estinta. Ad eccezione del re di Skull island- disse qualcun altro.
-Sull’Isola del teschio sì. Ma non è detto che sia così anche nella Terra cava- precisò Will. Di fatti nel mondo interno Kong e la Monarch erano intenti ad esplorare e cercare altri simili del titano. Anche se secondo le loro spie al momento avevano avuto scarsi risultati.
Ma quella visione poteva voler dire che c’erano dei sopravvissuti della specie. Anche se dal racconto della castana, non sembrava proprio una cosa positiva.
<< Questo primate rosso. Era un capobranco, giusto? >> continuò Ewan lisciandosi i baffi. La ragazza deglutì ancora visivamente agitata, nel dover ricordare quella visione che avrebbe voluto scordare.
-L…la sensazione che mi ha dato…era più simile a quella…di Ghydorah…- ammise facendo un respiro cercando di calmare il battito accelerato: -Non era un capo…più un tiranno o un dittatore…i suoi occhi trasmettevano solo…malvagità-
La ragazza si era inconsciamente stretta le braccia come se si volesse abbracciare da sola, iniziando a tremare. Vedendola in quello stato Asagi la strinse per darle del conforto. Ciò però preoccupò molto la vice della Dasao, se una persona come Paula reagiva in quel modo. Più che una visione le sembrava che avesse vissuto un incubo.
<< Quindi è chiaro che questo Primate rosso, sia una minaccia seria. Ammesso che possa essere ancora vivo >> non sapeva effettivamente quanto fosse lunga la durata di vita della specie di Kong. O a quanto risalisse la visione dovuta alla retrocognizione.
-Tuttavia ciò apre nuove scoperte sulla società di alcuni Titani- ammise Finlay. Il professor Ewan però era visibilmente preoccupato. All’idea di avere un’altro titano al pari del Diavolo a tre teste. E se aveva altri esemplari come lui alle sue dipendenze, allora erano guai seri.
<< Il luogo della visione era vulcanico >> Paula annuì nuovamente per confermare.
-Ma non abbiamo conferma di nessun luogo del genere nella Terra cava- disse un altro operatore con davanti la mappatura parziali delle zone da loro controllate.
<< Il che vuol dire che potrebbe essere un luogo ben più in profondità >> rifletté Julien. Ovunque sbattessero la testa, il punto in comune era la Terra cava. E se volevano andare a capo di ciò dovevano tornare lì sotto per avere maggiori informazioni. Ma rimaneva sempre il problema di passare per l’avamposto della Monarch. Quello era il vero ostacolo da superare.
-A tal proposito, potrei aver trovato una possibile soluzione- se ne uscì Asagi.
Avvicinandosi ad una postazione, la persona si alzò facendogli posto. Tirò fuori una chiavetta dalla tasca infilandola nella presa, così da condividere i file. Sullo schermò venne fuori l’immagine in 3D di Skull island. Portando l’attenzione sulla mappatura dei tunnel sotterranei dell’isola.
-Come sappiamo l’isola presenta molti tunnel, da cui gli Strisciateschi si muovono per arrivare in superficie. Questo tunnel è il più isolato- spiegò portando l’attenzione sul tunnel che era diventato di colore rosso: -Ci si accede dalla costa e il più lungo e contorto, ma arriva proprio vicino al Tunnel cavo- dalla spiegazione era l’ideale. Ma sembrava troppo bello per essere vero.
-Dov’è il MA?- la domanda di Will, fece gettare un velo nero sullo sguardo dall’asiatica.
-I droni di mappazione hanno rilevato molte…presenza. Forse un nido di Striateschi o i servi di Camazotz rimasti dopo la sua tentata invasione- ecco il problema. Un tunnel pieno di mostri.
<< La strada più sicura per superare la Monarch, ma non tanto per i predatori >> ammise Julien. La questione era se provare a rischiare la vita dei suoi membri o trovare un’altra via più sicura per loro.
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La macchina attraversò il cancello dell’ospedale psichiatrico. Al suo interno Adam guardava i cancelli chiudersi restando impassibile.
Aveva chiesto a suo padre di accompagnarlo a vedere sua madre. Anche se lui si era opposto, forse per paura che avrebbe finito per litigarci o di come avrebbe potuto reagire la sua ex moglie. Ma alla fine aveva ceduto.
Finn fermò la vettura al parcheggio mettendo il freno a mano.
-Sei sicuro?- il suo tono era di preoccupazione. Già era stata dura trovare un dialogo con suo figlio. Aveva paura che quel rincontro avrebbe potuto spezzarli definitivamente. Il biondo annuì, uscendo dalla macchina e dirigendosi all’ingresso seguito da suo padre.
Se voleva andare avanti e riconciliarsi con suo padre, doveva chiudere con i traumi del suo passato.
Prima di entrare dovettero passare sotto ad un metal detector. Per evitare che portassero cose sconvenienti che potessero sovreccitare i pazienti. Poi si fermarono alla reception.
-Salve, posso esservi utile?-
-Siamo parenti di Ruth Iversen. Siamo venuti a trovarla- disse Finn con un sorriso. La donna gli porse un modulo.
-Prego nome e firma con l’orario di visita- i due fecero come detto. Prima che un infermiere li portasse, all’area di visita all’aperto facendoli accomodare. Dopo di che andò a chiamare la paziente.
Adam si stava contorcendo le mani, per l’agitazione. Aveva sempre immaginato a come avrebbe reagito se un giorno avesse rivisto sua madre. E la prima idea sarebbe stata quella di dargli un pugno in faccia o di aggredirla violentemente. Ma ora non sapeva proprio come il suo corpo avrebbe reagito.
Dopo cinque minuti, l’infermiere tornò portando con sé una donna. Una persona sopra i cinquant’anni dei capelli biondi legati dietro alla testa e gli occhi azzurri, che si abbinavano alla carnagione bianco pallida.
Questa si sedette al tavolo in silenzio, guardando le due persone dall’altra parte.
-Ciao Finn…non credevo saresti più venuto a trovarmi. Come stai?- chiese lei con tono pacato.
-Bene Ruth, sto bene- rispose lui, lanciando uno sguardo al figlio che continuava a guardare la donna. Quest’ultima lo guardò negli occhi facendo un sorriso amaro e che sembrava pentito. Come se avesse capito chi aveva davanti.
-Ehy…ma guardati, crescendo sei diventato tutto tuo padre- il suono della sua voce e quel tono da innocente, lo stavano colpendo peggio di un coltello conficcato negli organi vitali. Il solo vedere la sua faccia, gli stava facendo tornare alla mente ricordi che aveva rinchiuso.
-Gia. Non sono più indifeso e irriconoscente!- disse sprezzante stringendo il bordo del tavolo per la rabbia. Ruth abbassò lo sguardo per non incontrare quello del figlio. Era chiaro che fosse furioso con lei, per ciò che gli aveva fatto passare.
-So che sei arrabbiato Adam…- iniziò venendo interrotto.
-Credimi, arrabbiato non è una parola sufficiente. Amare e onorare il figlio, non è quello che dice il tuo librò?- la donna non osò rispondere. Finn guardò suo figlio incerto se intervenire. Dallo sguardo di lui era chiaro che intervenire, avrebbe solo gettato benzina sul fuoco.
-Io…ero malata, ma non me ne rendevo conto. Ho lasciato che la mia fede implementasse la mia malattia e ti ho fatto del male- ammise lei torturandosi le mani in segno di agitazione: -Non sono stata una buona madre, per niente. Ma devi cercare di capire, non ero in me-
La rabbia che stava incendiando l’animo del biondo sembrò non placarsi, nonostante lei stesse ammettendo le sue colpe. Abbassò lo sguardo lasciando andare l’aria che aveva trattenuto.
-Ti odio mamma- tre semplici parole che dicevano tutto. Ruth abbassò lo sguardo dispiaciuta ma comprensiva. Adam si alzò dalla sedia, pronto ad andarsene.
-Mi hai lasciato ferite sia fuori che dentro. So che eri malata e devo ammettere che grazie a questo ho in parte trovato la mia strada e la fiducia nel RE- ammise mettendosi dritto e sistemandosi gli occhiali: -Ti auguro di stare bene Ruth. Ma non chiedermi di perdonarti del tutto, perché non ci riesco- ammise girandosi andando verso la porta.
-Lo capisco. È stato bello rivederti dopo anni- gli sentì dire. Strinse i pugni uscendo dalla stanza e fuori dall’istituto tornando alla macchina.
-Adam, Adam. Ehy- suo padre fu dietro di lui, facendolo voltare. In quel momento notò gli occhi lucidi del figlio da dietro le lenti degli occhiali. Segno che era prossimo al pianto.
Finn lo guardò con un’espressione triste. In parte la situazione del divorzio e dell’allontanamento di Adam erano stati anche colpa sua per via che lavorava troppo. L’unica cosa che gli venne da fare fu stringere a sé suo figlio in un forte abbraccio paterno. A quel gesto Adam crollò iniziando a piangere e stringendo forte suo padre, così da avere una spalla sua cui piangere.
Non sapeva se aveva chiuso davvero con il suo passato. Ma in quel momento quella spalla, era forse ciò che più voleva da suo padre in tutti gli anni degli abusi e della lontananza dal genitore.
Note dell’autore
Finalmente il nuovo capitolo, dopo mesi. Sono riuscito a continuarlo.
Qui vediamo un Adam depresso e in colpa all’inizio. Per fortuna la sua matrigna riesce a fargli capire come stanno le cose, e forse è anche la prima volta che la vediamo arrabbiata.
E nel finale vediamo anche sua madre, la donna che lo ha reso ciò che è. Si direbbe guarita almeno per il momento. Ma nonostante ammetta le sue colpe scusandosi col figlio lui non riesce a perdonarla del tutto. Considerando ciò che gli ha fatto passare.
Invece la Dasao sembra più decisa a ricercare risposte dopo aver appreso della “SCIMMIA ROSSA”. Ma devono ancora trovare il modo per arrivare al Tunnel cavo e l’idea di Asagi è tutt’altro che facile.
Ringrazio chi ha letto fin qui. Vi saluto e ci vediamo al prossimo aggiornamento.
A presto.