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Autore: cri86    26/09/2009    4 recensioni
Dopo aver assistito a una rappresentazione de "Peter Pan: il Musical", J. K. Rowling ha una brillante (e per certi versi catastrofica) idea; chiama così all'appello tutti i suoi personaggi e... Un omaggio a questo grande musical (con Manuel Frattini, Claudio Castrogiovanni, Alice Mistroni e Riccardo Peroni)
Genere: Commedia, Parodia, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Nota dell'autrice: E siamo a quota due! :) Occhio, che questo capitolo è molto più lungo del precedente.

Potter Pan; il Musical-Parodia
by cri86

(liberamente ispirato a
"Peter Pan: il Musical"
una produzione Ati Il Sistina, Teatro delle Erbe e Officine Smeraldo
con Manuel Frattini, Claudio Castrogiovanni, Alice Mistroni, Riccardo Peroni
e le musiche di Edoardo Bennato
a cura di Maurizio Colombi, Giovanni Tallon, Arturo Brachetti e Fabrizio Carbon
e alla saga di
"Harry Potter" & co.
© J.K. Rowling, Warner Bros, Bloomsbury e Salani.
Tutti i diritti riservati. Questa parodia non è a scopo di lucro né affiliata in alcun modo con i suddetti)

I - Un'idea di Joanne.

Gli occhi di J. K. non avevano fatto in tempo ad abituarsi all’oscurità, che subito migliaia di stelle dorate si levarono senza preavviso dalla platea e dagli spalti. Non comparvero una per una come le stelle nel cielo, ma all’improvviso, come se tutti gli spettatori avessero deciso di accenderle nello stesso identico istante. Alla vista di quel mare d’oro che brulicava e lampeggiava attorno a lei, la Rowling rimase senza fiato.

"Wow" mormorò infine, rapita. "E’… è così…"

Ma non c’erano parole in grado di rendere giustizia a quel momento. J. K. sapeva che non sarebbe mai riuscita a spiegare le sensazioni che si affollavano dentro di lei, né quando avesse dovuto fare un resoconto della serata ad amici e conoscenti, né tantomeno ai suoi personaggi. Era qualcosa di unico, di emozionante… quasi di irreale; bisognava essere lì in prima persona per capirlo davvero.

Tuttavia, non esisteva che proprio all’autrice di Harry Potter mancassero le parole. Di conseguenza J. K. si sforzò di trovare qualcosa da dire, e ciò che disse fu:

"E’ ancora meglio di quando abbiamo messo su la Coppa del Mondo di Quiddi…"

"Shhhh!!!"la zittirono gli amici con un’occhiataccia fulminante (gli agenti di Joanne se la sarebbero presa con loro, se avessero saputo che avevano trascinato di nascosto la più celebre impresaria del XXI° secolo in un teatro gremito di gente dove, fra l’altro, lei aveva pensato bene di farsi riconoscere blaterando a voce spiegata di Quidditch e magie assortite).

"… scusate. Polo. Volevo dire la Coppa del Mondo di polo" si corresse frettolosamente Joanne, acida.

Gli amici la stavano ancora guardando in cagnesco (E ridaje…! pensò l’Autrice, ormai stufa marcia di essere sempre incolpata di tutto… e il ritardo al botteghino di qui, e le chiacchiere sul Quidditch di lì, e i cattivi insegnamenti dei suoi libri di su, e i presunti plagi di giù… e che pizza!!) quando, su uno schermo al centro del palcoscenico, comparve un filmato introduttivo al termine del quale si alzò finalmente il sipario, lasciando entrare il Cantastorie con i suoi occhialini argentati.

Però, non male quegli occhiali; dovrò ricordarmi di regalarne un paio al Basilisco per Natale… si disse la Rowling, che ben conosceva la passione del lucertolone per qualunque cosa assomigliasse anche solo lontanamente a un paio di occhiali griffati.

Il balletto dei bambini (“Ma Che Sarà”) e quello dei genitori (“Tutti Insieme Lo Denunciam”) erano indubbiamente molto ben fatti e trascinanti, ma – secondo la personalissima opinione della Rowling – forse sarebbero stati più apprezzati se i tecnici avessero abbassato di qualche dozzina di decibel il volume; doveva esserci stato un qualche disguido con gli amplificatori, perché all’arrivo in scena dei piccoli Darling l’Autrice aveva i timpani mezzi fracassati. Vabbé che per lei avere i timpani mezzi fracassati non era una novità, dovendo ascoltare giorno e notte i ruggiti dei draghi che facevano la guardia al suo castello (d’altra parte si sa, i guardiani notturni e gli impianti di sicurezza costano…! I draghi invece sono dispendiosi da mantenere – a meno di non lasciare che si procurino il cibo da soli, e J. K. non osava farlo – ma se non altro non rompono in continuazione le scatole con lo stipendio, le ferie, i permessi di malattia… e neppure con l’assistenza tecnica in caso di guasti).

Comunque riuscì a sentire abbastanza dei due balletti per decidere che Agenore - alias Claudio Castrogiovanni - aveva una voce a dir poco favolosa. Trovò estremamente esilarante anche l’interpretazione di Nana (la prossima volta che avesse sentito dire ‘reciti da cani’ a qualcuno, non sarebbe riuscita a trattenersi dal ridere. E probabilmente avrebbe fatto una gran figura da pirla. Pazienza). Poi i genitori uscirono dalla stanza, le luci si affievolirono, e J. K. si sorprese a trattenere il fiato insieme a tutto quanto il teatro, in attesa che Peter Pan – alias Manuel Frattini – facesse il suo ingresso trionfale.

"Da dove credi che lo faranno entrare?" sussurrò a uno dei suoi amici, mentre si guardava intorno incuriosita.

"Dal camino" rispose quello, sarcastico. "Stiamo parlando di Peter Pan, Joanne, da dove vuoi che entri? Dalla finestra, no?"

"Ma la finestra fa parte dello sfondo, giusto? Non è mica ve…"

Neanche a farlo apposta, in quel momento la finestra si spalancò e… Peter Pan emerse volando – proprio volando, non appeso a una caviglia come la vittima di un Incantesimo Levicorpus, ma sospeso nel vuoto – in una scia di polvere dorata.

L’intero teatro esplose in un applauso fragoroso. Dopo un attimo di sbalordimento, anche J. K. balzò in piedi e prese a battere le mani con foga, fin quasi a scorticarsele (non se le scorticò; in fin dei conti erano pur sempre la sua principale fonte di reddito, a meno che non avesse imparato a scrivere con i piedi).

"Quel Manuel Frattini è un mago!" proruppe. E se lo diceva lei, doveva per forza essere vero.

Lo spettacolo continuò fra uno scoppio di risa e l’altro; gli spettatori si sbellicavano tanto da perdersi praticamente due gag su tre (e meno male, o prima dell’intervallo sarebbero già stati tutti in crisi da carenza di ossigeno).

J. K, quando vide Peter Pan azzuffarsi con la sua ombra sulle note del ritornello della Pantera Rosa, si piegò in due dalle risate.

Quando sentì Wendy – alias Alice Mistroni - presentarsi come "Wendy… Moira… Angela… Darling", e Peter rispondere con un vocino stridulo "E io sono Peter… Peter… Peter… Pan", rise tanto che le lacrimarono gli occhi.

Quando vide Peter prima e Uncino poi cercare di strangolarsi per non sentire più la logorroica parlantina di Wendy “Io-non-sono-una-mamma-ma-quando-sarò-una-mamma-sarò-una-brava-mamma-perché-la-mia-mamma-mi-dice-sempre-che-sarò-una-brava-mamma”, poco ci mancò che le venisse una sincope.

Quando Wendy cercò di spiegare a Peter cos’era un bacio, la Rowling rise tanto che il signore della poltrona davanti si girò un po’ scocciato a chiedere silenzio (mah, eppure non era sembrato infastidito dalla cacofonia dei primi due balletti con gli amplificatori difettosi!).

Quando i pirati attaccarono “Il Rock di Capitan Uncino”, lei si era appena infilata una caramella in bocca e rise tanto da strozzarsi, costringendo i suoi amici a batterle precipitosamente sulla schiena per scongiurare un’accusa di impresaricidio colposo.

In compenso, quando il galeone pirata sparò – proprio, sparò – sul pubblico, J. K. per lo spavento fece un salto di un metro, sbattendo contro la poltrona dello stesso signore di prima; fu così costretta a sorbirsi le lamentele di quel noioso per tutta la durata dell’intervallo, che fortunatamente era molto breve.

Poi gli indiani si aggirarono in mezzo al pubblico (e J. K, che non se l’aspettava, si lasciò sfuggire la locandina e dovette chiedere al solito signore di alzarsi, visto che era rotolata sotto la sua poltrona. Al che il signore, arrabbiatissimo, andò a cercare la maschera più vicina e alla fine riuscì a farsi cambiare di posto. J. K. si augurò che non l’avesse riconosciuta, altrimenti avrebbe senz’altro perso un lettore).

La strepitosa voce di Giglio Tigrato – alias Loredana Fadda - (che Spugna aveva chiamato “Giglio Trifolato”, suscitando una nuova sbruffata da parte del pubblico… e di J.K) nel brano “Non So Darti Torto Ragazzino” inchiodò letteralmente l’Autrice alla poltrona. Il tema dei Bimbi Speduti, “Viva La Mamma”, la vide invece saltare su e giù come un’invasata (meno male che il signore di prima aveva già cambiato posto e stavolta non poté lamentarsi). E quando Peter Pan invitò il pubblico a gridare “Io credo alle fate!” per salvare Trilly in fin di vita, J. K. non se lo fece dire due volte (lei ci credeva per forza, alle fate; ci viveva insieme! E qui potrei raccontarvi delle sue povere tende di velluto che avevano dovuto ospitare un’intera colonia di famelici Doxy con cui nessuno voleva convivere, ma lasciamo perdere.)

Tuttavia il gruppetto dei suoi amici notò con una certa apprensione come nei suoi occhi si fosse accesa una scintilla che, solitamente, non preannunciava niente di buono. Per inciso, la stessa scintilla che le avevano visto quando era impegnata con un libro, o quando aveva pensato di annunciare al mondo basito che avrebbe scritto soltanto sette copie de “Le Fiabe di Beta il Bardo”. Era uno sguardo obliquo e un po’ sardonico. Non preannunciava decisamente nulla di buono.

L’ultima parte del musical trascorse senza che gli amici di J. K. riuscissero a liberarsi di quel vago, inquietante presentimento. La donna infatti rimase a fissare il duello fra Peter Pan e Capitan Uncino sulla nave pirata con la stessa aria stranita. Non fece una piega neppure quando il mitico Rockcoccodrillo gironzolò indisturbato in mezzo al pubblico (come già gli Indiani prima di lui) e le inghiottì senza preavviso la testa, lasciandola andare un attimo dopo ma, nell’ordine: 1 – facendole cadere gli occhiali, 2 – facendole (quasi) cadere la parrucca, e dulcis in fundo, 3 – facendo venire un infarto collettivo ai suoi amici, che si erano precipitati a raccogliere occhiali e parrucca e glieli avevano calcati frettolosamente in testa alla ben’e meglio. Per colmo di beffa, dopo che il Coccodrillo si fu allontanato verso il palco, la Rowling incominciò pure a fischiettare “L’isola Che Non C’è” come se niente fosse. I suoi amici si guardarono preoccupatissimi; Joanne, infatti, si estraniava così dal mondo solo quando stava scrivendo un nuovo libro o pensando di scriverne uno, mentre a loro non risultava che stesse scrivendo proprio alcunché, al momento.

Terminato lo spettacolo, il gruppetto si accodò diligentemente fuori dai camerini per raccogliere gli autografi del cast. Poi si separarono e ognuno se ne andò per la sua strada, ripensando con nostalgia alle immagini, i suoni, i colori e le luci di quello spettacolo favoloso.

E J. K., sulla via del ritorno, continuò indisturbata a fischiettare “L’Isola Che Non C’è.”


Contemporaneamente, nei camerini del cast…

"L’hai vista quella tizia con la parrucca di traverso e gli occhiali da sole?" chiese un Manuel Frattini quanto mai perplesso ad Alice Mistroni.

"Quella col cappotto color salmone?" lei annuì, aggrottando la fronte. "Un tipo un po’ strano, no?"

"A me ha chiesto l’autografo tre volte" intervenne Claudio Castrogiovanni, che uscendo dal camerino aveva casualmente sentito l’ultimo brandello di conversazione.

Alice si strinse nelle spalle.

"Magari te li ha chiesti per degli amici che non erano potuti venire a teatro…"

"E’ questa la cosa strana, non credo che me li abbia chiesti di proposito" ribatté lui. "Mi ha fatto firmare tre volte la stessa cartolina, e quando le ho detto che il mio autografo ce l’aveva già credo che non mi abbia nemmeno sentito."

"In effetti anche a me è sembrata un po’ distratta" ammise Alice. "Quando ci siamo strette la mano, le ho chiesto se lo spettacolo le era piaciuto…"

"E lei?"

"Ha detto qualcosa come ‘alla luna piacerà senz’altro’, come se stesse parlando da sola."

"La luna?" ripeté Claudio, incredulo. "Ma che razza di risposta è? Cosa c’entra la luna?"

"A me lo chiedi?"

"Più che altro" intervenne pensosamente Manuel, "mi hanno colpito quelli che erano con lei. A un certo punto le è caduta la sciarpa e un tipo del suo gruppo ha cacciato uno strillo e l’ha trascinata via di corsa…"

"Avrà avuto paura che prendesse freddo" azzardò Claudio.

"Ma se non c’è un filo di vento! E gli occhiali da sole al chiuso, poi?"

"Chissà chi era" si chiese Alice. I tre attori si guardarono per qualche istante, perplessi.

"Probabilmente non lo sapremo mai" concluse Claudio. Aprì con noncuranza il giornale che uno degli addetti alla vigilanza aveva scordato in giro, e, incuriosito, sfogliò le pagine dedicata a cinema e teatro.

"A proposito, che novità ci sono?" Alice diede un’occhiata ai titoli da dietro le sue spalle. "Si parla di noi?"

"No, macché. Solo un articolo sull’autrice di Harry Potter che deve ritirare non sono quale premio."

"Eppure" mormorò Manuel, lanciando un’occhiata alla foto che corredava l’articolo, "io sono sempre più sicuro di averla già vista da qualche parte, quella donna con la parrucca…" Rifletté, poi scrollò le spalle. "Mah, sarà di certo solo una mia impressione!"


Più tardi, in casa Rowling…

Tornata al castello (che miracolosamente era ancora in piedi), la Rowling venne accolta da un immancabile nugolo di proteste furibonde.

Durante la sua assenza, Ron aveva infatti scovato nella credenza un pacchetto di wafer avanzati, di cui Grop si era però prontamente impadronito, mandando il rosso su tutte le furie. Alla fine, le proteste (leggi: botte da orbi) degli altri giganti avevano persuaso Grop a dividere il bottino, ma nel frattempo alcune Pasticche Vomitose (di cui i gemelli giuravano e spergiuravano di non sapere proprio nulla) si erano mischiate, non si sa come, ai wafer. Gli sfortunati personaggi si erano così trovati a contendersi all’ultimo sangue il bagno, per giunta allagato da un’isterica Mirtilla Malcontenta che come al solito si lamentava di qualcosa. Intanto Harry e Voldemort avevano litigato furiosamente per il telecomando, dal momento che il primo voleva guardare un servizio sulla Saga al telegiornale, mentre il secondo era ben deciso a rivedersi per l’ennesima volta il DVD de “Harry Potter e il Calice di Fuoco”. Dalle parole erano venuti ben presto alle mani, e l’intera faccenda era degenerata nella solita rissa, svegliando persino il ritratto di quell’altra isterica di Walburga.

Certe volte J. K. si domandava cosa sarebbe cambiato se invece di personaggi adulti avesse scritto una saga con protagonisti solo bambini di sei anni; probabilmente sarebbero stati pure meno turbolenti.

Solo dopo aver ascoltato sfilze e sfilze di lamentele, a cui peraltro era abituata, la donna riuscì a ottenere qualche minuto di silenzio. Ma la luce bellicosa negli occhi dei suoi personaggi lasciava chiaramente a intendere che la pace non sarebbe durata a lunga; J. K. fece quindi loro un rapido resoconto della serata (qualcuno, che dalla voce si sarebbe detto Draco, finse di russare) e, preso un bel respiro, si accinse a spiegare l’idea che le era passata per la testa durante lo spettacolo, e su cui stava tutt’ora rimuginando.

"Sono contenta che ci siate tutti" esordì, in un tono abbastanza simile a quello di Percy, "perché ho un annuncio da darvi. Vedete, ho riflettuto molto su quest’esperienza, e sono giunta alla conclusione che…"

"… che sarebbe bello metterlo in scena noi, un musical di Peter Pan" la interruppe Voldemort. Presa in contropiede, J. K. rimase un attimo senza parole. Poi, indignata, esplose:

"Ti ho detto mille volte di non usare la Legilimanzia con me!"

"Spiacente, ma tu stavi andando troppo per le lunghe" ribatté Voldemort. "E noi non abbiamo tutta la giornata da perdere."

"Non è una buona ragione per leggermi nella mente quando non me lo aspetto!"

"E invece sì! Ho già letto tutto!"

Al che il Signore Oscuro le fece una linguaccia. Perfetto, la regressione infantile ti mancava, avrebbe voluto rimbeccarlo la Rowling, ma all’ultimo minuto si trattenne, sia pure a fatica.

"Posso andare avanti, o mi risparmi il fiato e spieghi tutto tu?” gli chiese a denti stretti.

"Prego, fa come se fossi a casa tua" rispose lui sarcastico.

"Ti ricordo che fino a prova contraria, questa è casa mia!" sbottò J. K.

"E io ti ricordo che i soldi per pagarla li hai guadagnati grazie a noi, ingrata d’una Babbana!"

"Senti chi parla di ingratitudine" borbottò disgustata la donna, alzando gli occhi al cielo.

Hermione si schiarì la gola. "Ehm… signora Rowling?" chiese. "Ci stava parlando di mettere in scena…"

"… un musical sulla falsariga di quello che ha visto stasera" intervenne prontamente Voldemort. Purtroppo per lui, J. K. aveva approfittato della domanda di Hermione per afferrare una copia de “Harry Potter e l'Ordine della Fenice" da un tavolino; e, sentendo quelle parole, si girò di scatto e abbatté con forza il libro sulla pelata del Signore Oscuro, il quale non riuscì a spostarsi abbastanza in fretta.

"Spero che ti rimanga il bernoccolo!" sibilò la Rowling.

Se si fosse trattato di chiunque altro, Voldemort l’avrebbe Cruciata senza pietà per quell’affronto. Sfortunatamente, Joanne era anche e prima di tutto la sua manager, e lui non aveva nessuna voglia di mettersi a cercare un nuovo impresario, alla sua età e dopo sette libri (anche se a dirla tutta aveva sentito parlare molto bene di un tale Stephen King, che stando alle sue fonti sarebbe stato in grado di scrivere un ottimo romanzo ambientato ai tempi della Prima Guerra Magica, e di un certo Quentin Tarantino, che di tale libro avrebbe potuto curare la trasposizione filmica).

"Ora che Tommy ha finito di interrompermi" proseguì la Rowling (guadagnandosi un’occhiataccia-con-annessa-parolaccia-in-Serpentese da parte del diretto interessato), "posso…"

"A che ora si cena?" s’informò Dudley, che di tutto il discorso non aveva ascoltato una benemerita mazza.

Gli occhi della Rowling lampeggiarono pericolosamente. Il tempo di un cenno con la testa all’indirizzo di Ron, e Dudley si ritrovò nuovamente appeso al soffitto come un salame lasciato a stagionare.

"Grazie, Ronald" commentò l’autrice soddisfatta, sorridendo con indulgenza al giovane Weasley.

"A buon rendere" ribatté lui in tono d’avvertimento. Maledette sanguisughe!, inveì mentalmente J. K. Possibile che non facciano mai niente per niente?! Era una domanda retorica. Infatti a lei risultava che i suoi personaggi facessero solo ed esclusivamente tutto per convenienza.

"Stavo dicendo" ripartì per la quarta volta, "che mettere in scena questo spettacolo sarebbe davvero un’idea da urlo, secondo me. Voglio dire, il musical italiano è fantastico di suo, e voi siete i mitici, eccezionali personaggi di Harry Potter… Uniamo le due cose, e non può che venir fuori un successo strepitoso!"

In qualunque altro momento, la Rowling si sarebbe guardata bene dall’alimentare il loro già smisurato ego (che comunque non aveva proprio alcun bisogno di essere alimentato). Ma, volente o nolente, il buon esito della sua idea dipendeva in gran parte da quella gabbia di matti, e dieci anni di convivenza forzata le avevano insegnato che il modo migliore per ingraziarseli era fare ricorso a lodi sperticate.

Come aveva immaginato, sentendo le parole ‘successo’ e ‘strepitoso’ parecchi di loro drizzarono le antenne (pur non essendo Animagi), e persino gli occhi porcini di zio Vernon scintillarono con aria avida.

"In effetti, basterebbe già il mio nome nel cast per fare il tutto esaurito" se ne uscì inaspettatamente Allock. J. K. evitò di puntualizzare il cast sarebbe stato scelto dopo lunghi e attenti provini, e che le sue probabilità di ottenere una qualsiasi parte non dico parlata, ma anche solo come controfigura erano vicine allo zero. Per il momento, tanto valeva tenersi buono il gallett… ehm, Gilderoy.

I gemelli Weasley si riebbero una frazione di secondo più tardi.

"Forte!" esplose Fred. "Io ci sto!"

"Anch’io! Ci sarà da divertirsi!" ghignò George. Joanne, che pure non credeva ai cattivi presagi, vedendo i gemelli ghignare in quel modo non poté reprimere un brivido. Quei due avevano il potere di innervosirla anche più di Voldemort e Bellatrix messi insieme.

"Quindi dovremo imparare tutti a cantare?" chiese Luna nel suo solito tono sognante.

A quelle parole, entrambi i gemelli balzarono in piedi di scatto come se lei li avesse appena schiaffeggiati.

"Per la barba di Merlino, non dire quella parola davanti a Percy!" esclamò George orripilato.

"Perce, azzardati a cantare anche solo una strofa e ti diseredo come fratello!"

Percy arrossì tanto che J. K. non si sarebbe stupita di vedere il fumo uscirgli dalle orecchie.

"Sentite, voi due!" disse tra i denti, fulminando i suoi fratelli con lo sguardo.

"Dev’essere proprio una favola Babbana?" sbottò Lucius Malfoy, e la sua voce grondava disprezzo. "A questo punto non potremmo adattare in chiave musical uno dei testi di Beda? Che so, “Lo Stregone dal Cuore Peloso”?"

"Sì, così poi finisce che lo vietano ai minori di quattordici anni, come "Sweeney Todd il diabolico barbiere di Fleet Street"! » ribatté la Rowling.

Ron, nel frattempo, sembrava piuttosto perplesso. Si girò verso sua moglie e bisbigliò:

"Quindi, se ho capito bene, questo Peter Coso…"

"Pan, Ron! Peter Pan!" lo corresse Hermione.

"Sì, lui… è un ragazzino che vive su un’isola, deve combattere contro una banda capeggiata da un tizio con una mano sola, riunisce intorno a sé una banda di suoi coetanei e in più incontra anche una specie di grosso serpente?" Ron si accigliò. "Sono solo io che vedo qualche somiglianza di troppo con la nostra Saga?"

"Ron!" sbuffò la moglie.

"Scusa, Peter Coso si vede lontano un metro che è la brutta copia di Harry, gli manca solo la cicatrice e poi è uguale!" proseguì lui indignato. "L’isola ci scommetto il Deluminatore che è Azkaban, il tizio con la mano sola è Codaliscia, che in realtà non comanda proprio nessuno… Non è che questo Babbano ha letto i libri in ordine sparso e poi ha provato a scopiazzare?"

"Dubito molto" ribatté Hermione, alzando gli occhi al cielo, "visto che è morto!"

"Chi ti dice che non l’abbia fatto fuori Voldy perché nella sua versione della storia l’ha rimpiazzato con quell’insulso Codaliscia?" insistette lui.

"Insomma, Ron, è assurdo…!"

"Magari potremmo inaugurare la prima al Wizarding World di Orlando" stava dicendo intanto Harry con aria meditabonda. La Rowling riconobbe che in effetti non era una cattiva idea.

"Sì, ultimamente ci è mancato il contatto con i fan" intervenne James. Buono a sapersi, allora le novemilaseicentocinquantatre lettere giornaliere devono essere tutte indirizzate al mio cane… avrebbe voluto rispondere Joanne.

"E poi, vuoi mettere conoscere dal vivo i nostri ammiratori… e le ammiratrici?" ammiccò Sirius. Le voci dei gemelli si alzarono immediatamente in un coro di approvazione.

"Ben detto, Sir! Diventeremo gli idoli delle teenag – AHIA!"

Nel marasma generale poco ci mancò che Angelina non accoppasse il povero George. Al malcapitato non restò che darsi alla fuga come meglio poteva in mezzo a tutta quella calca, cercando di depistare la moglie e urlando: "Ma no cara, era tanto per scherzare! Lo dicevo nel senso buono, non te la prendere!!"

"Piuttosto che recitare in una commedia Babbana, io mi faccio rinchiudere ad Azkaban per altri trent’anni!" borbottò Bellatrix, storcendo la bocca.

Voldemort, che si stava ancora massaggiando il bernoccolo, fino ad allora era rimasto in perfetto silenzio, come se la cosa non lo interessasse più di tanto. Improvvisamente, però, sorrise. Un sorriso astuto e serpentesco.

"Secondo me invece la nostra manager non ha tutti i torti" sibilò. Sentendo quelle parole, sia Bellatrix che la Rowling si girarono a guardarlo sbalordite.

"Padrone, siete sicuro di sentirvi bene?" balbettò la prima.

"Sì, forse la botta in testa è stata troppo forte…" asserì preoccupata la seconda.

"Sto benissimo" ribatté gelido l’Oscuro Signore. A Bellatrix scoccò un’occhiata che diceva chiaramente ‘Tieni chiuso il becco!’, mentre a J. K. rivolse un sorriso falso. "Non ho detto che mi piaccia quel testo idiota da cui è tratto il tuo musical Babbano. Dico solo che non hai tutti i torti."

"Sì, ma…"

"Soprattutto" la interruppe Voldemort, in tono pericolosamente dolce "considerando il fatto che nei libri io sono morto." La Rowling ebbe l’impressione di cogliere una vaga sfumatura di minaccia nella sua voce. Una sfumatura ancor meno rassicurante dell’entusiasmo dei gemelli Weasley. "Non vorrei annoiarmi, capisci? Quindi, se recitare in questa farsa è l’unico mezzo che ho per tornare sotto le luci della ribalta…"

Il Signore Oscuro lasciò la frase in sospeso, ma i suoi occhi rossi come il sangue si strinsero pericolosamente, e J. K. – che scema non era – ritenne più saggio non fare altre domande. Certo, la inquietava un po’ il fatto che lui avesse accettato così repentinamente; fino a quel momento aveva creduto che convincerlo a partecipare sarebbe stato perfino più difficile che convincere i Dursley. Comunque, meglio così, si disse.

"Allora" concluse Voldemort, lanciando a Bellatrix un’altra occhiata di avvertimento, "direi che la questione è risolta."

Mundungus Fletcher, che era il più pratico del gruppo, sollevò un sopracciglio e grugnì:

"Quanto?"

La Rowling lo guardò con aria interrogativa.

"Quanto ci guadagniamo, noi?" ripeté Mundungus, spazientito. Dalla folla di maghi e Babbani si levò un mormorio di assenso; nella curiosità generale, non avevano pensato a quel fondamentale aspetto della vicenda.

"Ehm…" J. K. deglutì nervosamente. "L’ammirazione universale di centinaia di fan?"

"Quella ce l’abbiano già" le fece notare Lucius Malfoy, in un tono che non ammetteva repliche.

"Tanta pubblicità gratuita?" azzardò di nuovo l’autrice. Fred e George fecero schioccare la lingua in segno di disapprovazione, e tutti gli altri personaggi rumoreggiarono solidali.

"L’onore? La gloria?" Ormai la Rowling si stava arrampicando sugli specchi. "Una scorta di Whisky Incendiario a vita?"

Lo sguardo di Potter & soci non avrebbe potuto essere più eloquente.

"E va bene, maledette sanguisughe!" gettò la spugna l’autrice, a denti stretti. "Facciamola breve, cos’è che volete in cambio?"

"Così su due piedi?" Harry sorrise mefistofelico. "Vediamo… che tu scriva un ottavo libro, per esempio."

"C’è già l’Enci…" Di fronte ai loro sguardi assassini, la Rowling si zittì e finse di osservarsi le punte dei piedi con grande interesse. Ne avevano già discusso, in passato; stando ai suoi personaggi, un’Enciclopedia e un altro romanzo non erano assolutamente la stessa cosa.

"Allora siamo d’accordo. Un ottavo libro. Con le gesta mie e di Ron da Auror… ohiiii!!!" gridò Harry all’improvviso, perché sua moglie Ginny gli aveva appena tirato una gomitata fortissima nelle costole.

"Non ti stavi dimenticando qualcosa, amore?" ringhiò.

"Cara lasciami finire!!! Stavo dicendo… un ottavo libro con le nostre gesta, i nostri matrimoni, e naturalmente la mia vita insieme a te…" disse Harry in fretta. Il cipiglio di Ginny si addolcì un poco.

"Nel libro deve esserci anche mio figlio Scorpius!" rettificò Draco, minaccioso. "E voglio che ai suoi G.U.F.O prenda voti molti più alti rispetto a sua figlia!" aggiunse, indicando Ron con un cenno sprezzante del capo.

"Sì, ti piacerebbe!" borbottò l’altro. "Scorpius non ha speranze contro Rose, devo ricordarti che lei ha ereditato l’intelligenza di sua madre? I misteri della genetica, eh Malfoy?"

"Me ne frego della genetica! Fino a prova contraria chi comanda la baracca è la signora Autrice, qui" ribatté Draco, puntando l’indice contro J. K.. "Se lei dice che mio figlio straccerà quella Weasley ai G.U.F.O, vuol dire che mio figlio straccerà quella Weasley ai G.U.F.O."

"Draco…" cercò di interloquire la Rowling.

"Altrimenti io non ci sto!" la zittì Draco con un ringhio.

"E io esigo di tornare in vita da morto e prendermi la rivincita su Potter" minacciò Voldemort, raddrizzandosi in tutta la sua considerevole altezza.

"Nella Saga i morti non tornano in vita, non siamo mica nel "Signore degli Anelli"!" lo rintuzzò Harry.

"E’ forse paura quella che sento nella tua voce, Potter?"

"Ragazzi…" cominciò la Rowling.

"Paura? Te lo sogni, uomo rettile. Ti ho già sconfitto una volta."

"Non sarebbe successo, se una certa scribacchina dei miei stivali non avesse avuto la bella idea di farmi fare la figura del deficiente!"

"Ti illudi che il pubblico volesse veder vincere te?"

"RAGAZZI!" sbottò l’Autrice, troncando sul nascere quella che prometteva di diventare l’ennesima filippica Potter-Voldy.

"Scusa" borbottarono i due, in coro.

La Rowling li stava ancora guardando male, quando Silente intervenne:

"Far recitare maghi e Babbani in un’opera di questi ultimi ha un che di simbolico. Naturalmente, signora Rowling, lei ha tutto l’appoggio della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts…"

Sì! Era quello che Joanne voleva sentire. Che caro ragaz… ehm, che persona affabile che è Silente! Con tutto quello che gli ho fatto capitare nei libri, non mi porta alcun rancore! Guai a chi me lo tocca, dovrebbero essere tutti come lui! si disse l’autrice.

"Allora diciamo che si può fare?" chiese. Dalla fiumana di personaggi - che si erano appiccicati a lei su quel fatidico treno da Manchester a Londra, e che come il Vecchio del Mare non era più riuscita a togliersi dalle spalle – si levò un brusio indecifrabile. Alcuni sembravano particolarmente su di giri, altri ancora dubbiosi, altri scettici; qualcuno addirittura la fischiò, anche se la Rowling non era particolarmente brava a riconoscere le voci e avrebbe potuto tranquillamente imputare quella fischiata ad almeno dieci persone fra cui Orfin Gaunt, zia Muriel e Zacharias Smith.

Silente si schiarì la gola.

"Forse sarebbe il caso di procedere per alzata di mano" suggerì.

"Giusto… gente, un po’ di silenzio in sala!" sbottò la Rowling.

Manco per l’anima. Dopo innumerevoli, vani tentativi di zittire quei pettegoli, la povera donna fu costretta a implorare Silente affinché lanciasse un Incanto Sonorus su Golgomath, che aveva la voce più forte di tutti. Solo quando il ruggito spaccatimpani del Gurg dei giganti rimbombò per il castello facendolo tremare peggio di una scossa sismica dell’ottavo grado, i brusii finalmente si spensero di colpo.

"Grrrazie” ringhiò la Rowling, togliendosi le dita dalle orecchie. "Come ha detto Silente, vediamo cosa ne pensa la maggioranza. Chi è convinto che il musical sia una buona idea alzi la mano – NO, FRED, GEORGE, BASTA UNA MANO SOLA!" aggiunse, perché i gemelli avevano già cacciato in aria entrambe le braccia (e George si stava contorcendo su una gamba sola per votare anche con un piede). Anche gli altri personaggi obbedirono, alcuni prontamente, altri – tra cui Peter Minus - guardandosi intorno titubanti come a volersi prima accertare dell’opinione dei vicini.

Contare le mani alzate si rivelò più problematico. La Rowling perse il filo tre volte; alla fine chiese aiuto alla gentile professoressa Vector che, poverina, impiegò un’ora a tirare le somme. E nel frattempo i personaggi insorsero, lamentandosi di non sentire più le braccia, a furia di tenerle per aria; qualcuno abbassò addirittura la propria mano, costringendo una Vector sull’orlo della crisi di nervi a un riconteggio dell’ultimo minuto. Ma alla fine, bene o male, si appurò che la maggioranza dei personaggi voleva che il musical si facesse.

"Allora direi che ci aggiorniamo a domani per l’organizzazione" sentenziò la Rowling. "Avremo modo di guardare insieme il DVD del musical italiano e poi vedremo di stabilire un calendario per le audizioni e un cast tecnico. Per stanotte nel frattempo, se avete qualche idea in proposito vi invito a discuterne fra di vo…"

Non aveva finito di parlare che da qualche parte nel marasma scoppiò un’ennesima disputa, e in capo a cinque minuti i personaggi o si stavano facendo i fatti loro, o avevano preso le sue parole un po’ troppo alla lettera e si stavano nuovamente azzuffando.

"Toglimi una curiosità" chiese la Rowling a Silente, guardandoli preoccupata. "Ma erano così anche da ragazzi?"

Imbarazzato, il vecchio ex-Preside tossicchiò.

"Non ha mai chiesto a Mastro Gazza di dare un’occhiata ai suoi archivi, vero?"

"Sarebbe un sì?"

Il silenzio dell’anziano mago rispose per lui.

"Temo che ne vedremo delle belle" deglutì la Rowling, tetra.

Nota conclusiva dell'autrice: I testi delle canzoni sono naturalmente (c) Edoardo Bennato, così come le battute tratte dallo spettacolo sono (c) di chi di dovere.

Una nota riguardo al cast del musical; nella mia fanfiction è quello delle prime due stagioni, questo non perché io abbia niente contro i nuovi interpreti (Massimiliano Pironti, Marta Rossi, Nicolas Tenerani ecc.) ma semplicemente perché quando sono andata a vedere io il musical il cast era quello vecchio, e sono stati loro a farmi innamorate di questo spettacolo ^^

Spero che vogliate lasciarmi un parere, anche negativo se trovate che qualcosa non va... così si può migliorare nei prossimi capitoli! Alla prossima! :)

  
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