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Autore: Eisheth    26/09/2009    1 recensioni
Un altro giorno di attesa. Un altro giorno ad attendere che qualcuno busserà, malgrado si abbia la consapevolezza che ciò non avverrà si continua a sperare.
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Alexis

Cerco di chiudere gli occhi, di non pensarci, perché più ci penso e più fa male.

Un incubo mi sveglia. Una ragazza bionda con gli occhi azzurri come il ghiaccio interrompe il mio sonno. Continuava a ripetere il mio nome -Alexis-.

Nel sogno indossava un abito bianco, e dietro di sé una luce illuminava i suoi capelli dorati, così diversi dai miei, che ora li ho tinti di nero. Tutto intorno a me è nero ultimamente. Mi tiro su e mi siedo sul letto. Appoggio la schiena contro il muro dietro di me. Tengo le ginocchia serrate, e le circondo con le braccia, e ogni tanto vi nascondo il viso. Vorrei piangere, piangere forte. Piangere per dimenticare e lasciarmi tutto alle spalle, ma non ci riesco. Non sono forte, al contrario di tutti quelli che me lo dicono. Non sanno nulla di me, nulla. Mi sento persa e abbandonata, tutto intorno a me non ha più senso. Cosa ci faccio qui? Questo non è il mio posto, il mio posto è da un’altra parte, con un’altra persona.

Sto male. Ho passato due anni a piangere per cercare di porre fine al mio male interiore. Mi consuma dentro, mi sento ogni giorno più debole. La mia anima è stata divisa a metà e una parte se n’è andata via, per sempre. Vivo da due anni con questo dolore e nessuno sembra accorgersene. O semplicemente vivono senza di Lei. Ma io non ci riesco.

La mia gemella è morta nel 2005 per un tumore.

Sebbene vivesse con il tumore dal 2003, i medici non sono riusciti a salvarla. E il mio dubbio è: non sono riusciti o non hanno voluto?

Non la rivedrò più ridere e scherzare, non la rivedrò più arrabbiarsi con me se uso le sue cose, non ascolteremo più canzoni distese sul letto, non litigheremo più per trovare un significato a quelle parole. Perché noi ci divertivamo a indovinare lo stato d’animo del cantante nel momento in cui le scriveva.

Tutto questo sparito, nel nulla. Come fa una persona prima essere libera e spensierata e poi smettere di respirare per sempre?

Non me ne capacito. –Aley mi manchi tanto..- scoppio a piangere. Un altro pianto. Ormai è il mio modo di essere, mi sveglio piangendo e mi addormento piangendo.

Dopo un bel pianto, mi alzo dal letto e apro le persiane e le finestre.

E’ mattina presto, un’arietta fresca mi scompiglia i capelli. Sento il suo profumo nell’aria, Pink Sugar. Ma è sicuramente un’impressione, Lei è morta e non tornerà mai più. All’inizio quando sentivo il suo profumo, mi giravo di scatto, sperando di vederla entrare raggiante e abbracciarmi dicendo –Ale è uno scherzo! Non sono morta! Sono qui con te e non ti abbandonerò mai- ma questo non è mai accaduto.

Mi avvio in bagno, mi fermo davanti alla porta. I poster che ha attaccato sono ancora lì, e non ho intenzione di toglierli. E’ come se la vedessi riflessa negli occhi di quei quattro ragazzi. Li osservo tutti, mi soffermo particolarmente sul viso del suo amato, Tom. –Grazie. Tu non lo sai ma la tua chitarra l’ha tenuta in vita più di quanto i medici ci avevano detto. Nessuno capiva, tutti speravano in un miracolo, ma io e Aley sapevamo che eri tu. Tu, così strafottente l’hai tenuta in vita sei mesi in più. So, non sono molti ma meglio di niente. Abbiamo parlato sempre di te, sapeva com’eri e stava male, ma abbiamo pregato per te, sperando in un tuo cambiamento, che non avverrà mai. Sei fatto così e anche se hai dei difetti ti sono debitrice. Grazie Tom. Grazie- lo sfioro con una mano.

Ammetto, non mi piacciono i Tokio Hotel, anzi, per niente. Ma Lei li amava, erano tutto per lei, e io le compravo giornali che li riguardano solo per vederla felice. O andavo nei forum per sapere notizie su di loro. Lei li amava, mi sembrava il minimo che potessi fare.

Ma devo ammettere che le canzoni sono belle. Ma loro, non li reggo.

Per niente, anzi li odio. E’ una cosa strana la mia. Amo le canzoni e odio chi le suona.

Apro la porta, esco e vado in bagno; ma la porta è chiusa. Busso –Sono io, ora aspetti-

la voce di mio fratello mi turba. Mi appoggio al muro e aspetto che finisca di prepararsi. Dopo un paio di minuti apre la porta.

-Buongiorno..- mi dice

-Non è un buongiorno. Nessun giorno è bello, Nick-

Non mi dice niente e va in camera sua. Ormai si è abituato al mio carattere, diverso, da quando Lei è morta. Non ribatte, sta zitto e se ne va. Fa sempre così. A volte dubito che sia dispiaciuto per la Sua morte. E’ come se gli fosse stato fatto un favore.

Entro in bagno e chiudo la porta a chiave. Vado verso il lavandino e mi lavo la faccia. Acqua ghiacciata sul viso bollente dovuto al pianto. E’ una delle poche cose che mi fa stare bene. Mi guardo allo specchio. E’ come rivederla, a volte questa uguaglianza mi spaventa, mi fa male. La vedo e non posso parlarle. Tiro un pugno allo specchio. Si frantuma. Sento le schegge di vetro infilarsi nella mia mano. La guardo, è ricoperta di sangue, scende a fiumi. Non la passo nemmeno sotto l’acqua. Non sento dolore, il dolore fisico non lo sento più, quello che mi fa male è il dolore psicologico. Mi metto una benda attorno alla mano e mi pettino con l’altra. Esco dal bagno.

Trovo mia madre ad aspettarmi fuori dalla porta, con le lacrime agli occhi.

-L’hai rifatto?- mi chiede fredda.

Il suo viso non nasconde l’aria da madre arrabbiata e delusa dal comportamento della figlia, ora ribelle. Prima ero dolce e accondiscendente con tutti, ora non più. Non sono più io. A suo avviso sono menefreghista e arrogante con tutti.

-Si-

Mi prende il braccio e velocemente inizia a levarmi la benda. Io guardo altrove. Quando vede la mia mano il suo viso cambia espressione. E’ a metà dall’essere arrabbiata per quello che ho appena fatto ed è triste perché assiste al mio dolore. Dice che mi faccio male da sola e non posso darle torto, ma sono sicura che in questa casa, quella che soffre di più per Aley sono io.

-Vieni in cucina. Dobbiamo trovare una soluzione a questa faccenda-

Scende le scale con passo leggero e veloce.

Non puoi trovare una soluzione mamma. Non c’è. Sai far tornare in vita le persone? No. Quindi non c’è soluzione.

Nick esce dalla camera. Guarda la mia mano e diventa serio

-Alexis devi smetterla di farti del male-

-Stai zitto-

Mi giro e scendo le scale, seguita da mio fratello. Sento mia madre parlare con mio padre. Parlano di me, sono delusi dal mio comportamento e preoccupati che possa tentare di uccidermi.

Cosa mi direste se vi dicessi che ci ho già provato?

 

  
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