Storia scritta per la challenge Writepmber2024 del gruppo Hurt/Confort di Facebook
Prompt: Non toccare quel tasto/Compagnia/Ferro da stiro
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Era una giornata tranquilla in Croce rossa, nessun intervento importante fino a quel momento...Lorenzo,sessant anni appena compiuti, in divisa bianca e rossa, stava pigramente tergiversando alla macchinetta delle bevande, sorseggiando quella specie di intruglio che chiamano caffè e pensando al fatto che mancavano due ore al suo fine turno e non vedeva l ora di fare un bagno al mare, quando lo raggiunse trafelata la collega Cristina, fermandosi davanti a lui, cercando di prendere fiato e balbettando il suo nome dalla frenesia:
"Lo-ren-zo...Lo-ren-zo..."
"Calma, calma, Cri...che succede?" Le disse Lorenzo, prendendo la collega per le spalle...loro due e Alberto, il collega con cui usciva sempre in servizio,erano i veterani della Croce Rossa, abituati a ogni emergenza possibile e immaginabile, era raro vederla così agitata:
"Una...chiamata...da Sa Mesa Longa...Giulio...il tuo Giulio..."
Al sentir nominare il nome del suo secondogenito quasi diciottenne nella bocca della sua collega con quel tono così disperato, il mondo iniziò a diventare nero davanti agli occhi di Lorenzo.
"Cosa? Cosa è successo a Giulio? Dimmi, dimmi Cri!" Urlò Lorenzo scuotendo le spalle della collega che sputò fuori in un sussurro:
"Il mare era mosso...stava facendo surf...lui e i suoi amici... hanno salvato dei bimbi che erano andati a largo...ma lui...ha battuto la testa... L hanno recuperato sott acqua..."
Le ultime parole della collega rimbombarono come un eco nel corridoio, Lorenzo si ritrovò a correre a perdifiato nel garage e a salire velocemente sull ambulanza che stava partendo in quel momento, il cuore in tumulto e la disperazione nella testa.
Il suo Giulio. Il suo Giulio.
No, non poteva essere.
Non voleva, non poteva credere che proprio lui fosse in pericolo di vita.
Il suo ragazzo, buono, allegro, solare. Sempre pronto a fare amicizia e amante della compagnia, rispetto alla sorella che era sempre stata più schiva e riservata.
Sempre pronto a ridere,a scherzare.
No, non poteva morire lui, doveva compiere diciotto anni ancora, stava aspettando la sua festa come da bambino attendeva il Natale, ogni giorno faceva la conta delle settimane che mancavano a quell evento.
E invece, quando l ambulanza giunse finalmente in prossimità della spiaggia, col mare mosso e i cavalloni che si infrangevano sugli scogli,e lui e i colleghi giunsero sul posto, poco ci mancò che non cadesse lungo disteso lì davanti a tutti.
Davanti al bagnoasciuga, un capitello di gente assisteva più o meno inerme alla scena di Jacopo e Riccardo, gli amici di Giulio, bagnati come pulcini e. intenti a fare la rianimazione cardiopolmonare proprio a lui, a suo figlio.
Il suo Giulio.
Il mondo si spense completamente davanti agli occhi di Lorenzo, fu solo la sua innata professionalità a farlo muovere meccanicamente verso quello che ora doveva essere solo un paziente come tanti altri.
Non doveva pensare che li c era suo figlio o sarebbe impazzito del tutto.
"Coraggio, Lorenzo, coraggio, lo riportiamo a casa..."
La voce di Alberto, il suo collega storico, gli giunse da lontano come un eco, mentre loro due e Liliana, la loro giovane apprendista, si avvicinarono a Giulio, li sdraiato sulla rena, inerme, le labbra viola, pallido come.un cencio.
"Lorenzo...credici, abbiamo fatto di tutto, volevamo solo salvare quei bambini lì che vedi, si erano avventurati a largo, noi stavamo facendo surf... Ma Giulio ha battuto la testa contro gli scogli, c'era una risacca forte, è colato a picco come un ferro da stiro... Appena c'è ne siamo accorti ci siamo tuffati e l abbiamo portato su...ma non si è mai più svegliato, mai...c'è la stiamo mettendo tutta..."
Lorenzo cercò veramente di fare attenzione alle parole di quei due ragazzi in lacrime, intenti a eseguire quelle manovre di rianimazione con molto impegno ma poca pratica, tutto per salvare il loro amico, compagno di tanti pomeriggi, li aveva veramente visti crescere insieme, tra la scuola, l oratorio e il surf.
Accanto a loro, poco distante, vicino alle tre tavole da surf dei ragazzi che giacevano inutilizzate sulla battigia, una donna sulla trentina, probabilmente la mamma dei bambini coinvolti, stava stringendo al petto i suoi piccoli piangendo tutte le sue lacrime guardando il suo Giulio li incosciente.
No. Non era colpa sua né dei suoi figli né di Jacopo e Riccardo.
Non era colpa di nessuno.
Era stata solo una fatalità.
Una tremenda fatalità.
Quante ne aveva viste di scene così, quanti ne aveva rianimati, anche più giovani di lui, ne aveva perso il conto in più di vent'anni di lavoro.
Molti erano sopravvissuti. Ahimè, qualcuno no.
Era stato doloroso, certo, si era sentito sconfitto ogni santa volta.
Ma ora non era la stessa cosa. Ora li, in bilico tra la vita e la morte, c'era suo figlio, proprio lui, con l orecchino all orecchio sinistro, il neo sul collo, quel tatuaggio sul petto che ora era scoperto dal mutino usato per surfare, col suo amico che ci premeva ritmicamente sopra.
Cercando di mantenere quanta più professionalità possibile, nonostante in quel momento pure respirare era difficile se non impossibile, Lorenzo si chinò per cercare le funzioni vitali del figlio, cercando di concentrare la sua attenzione sulla sabbia sotto le sue ginocchia, sul vento che gli scuoteva i capelli, tutto per non cadere nel baratro quando, appoggiando l orecchio sul petto del figlio, non udi altra cosa che un silenzio assordante.
Avrebbe voluto urlare, da perdere il fiato, da consumare i polmoni, urlare con tutta l anima, urlare il nome di suo figlio, piangere, scuoterlo, scendere nell aldilà e strapparlo a chiunque lo stesse tenendo lontano da loro.
Ma non fece niente del genere, si impose un enorme autocontrollo.
Sospirò, cercando di ritrovare lucidità.
Se lo ripetè come un mantra: non doveva pensare che quello era Giulio.
Era solo un ragazzo, uno come tanti.
E doveva farlo ritornare a casa.
"Va bene, ragazzi, grazie davvero, ora ci pensiamo noi..."riuscì a dire alla fine Lorenzo, con una voce che non gli parve neanche sua...in poche parole, dispose i soccorsi: Liliana corse a prendere il defibrillatore in ambulanza e le.fiale di adrenalina, Alberto provvedette a ventilarlo con l ossigeno ad alti flussi e a lui toccò il compito più gravoso, l unico che voleva e che gli spettava: posizionò le mani al centro del petto di suo figlio e iniziò le compressioni.
Lorenzo contò ad alta voce, concentrato solo su quella cantilena di numeri, sulla pressione delle sue mani sullo sterno, aveva bisogno di quel pensiero fisso per non crollare lì davanti a tutti. Non doveva, non poteva permetterselo.
Non in quel momento.
Uno, due, tre, quattro, cinque, dieci, venti, trenta.
Così per due, tre, quattro volte, finché Liliana non posò le placche del defibrillatore sul petto del suo ragazzo e fu costretto ad allontanarsi da lui mentre la macchina analizzava il suo ritmo cardiaco e si preparava alla scossa.
"Forza, Giulio, forza, cazzo... Non fare scherzi..." Sussurrò Alberto vicino a lui a denti stretti...Alberto non era sposato, non aveva figli...era da sempre un amico della sua famiglia, aveva visto crescere i suoi figli, era come una sorta di zio per loro.
Il tormento che aveva dentro era lo stesso che provava lui, sicuramente.
"Allontanatevi tutti!" Urlò Liliana, preparandosi a dare la scossa, che avvenne, senza che accadesse niente, il suo Giulio rimase immobile e livido, senza il benché minimo accenno di vita.
Non era possibile.
Aveva visto fin troppi genitori nei corridoi dell ospedale, sulla strada, li sulla spiaggia, piangere e disperarsi per la morte di un figlio.
Non poteva, non doveva succedere a lui.
Lorenzo, sentendosi sempre più debole, le forze che gli mancavano dallo sforzo fisico e dalla disperazione, ignorando i visi affranti delle persone attorno a lui, il viso pallido di Alberto al suo fianco, sempre intento a ventilare il figlio e le mani che tremavano di Liliana intenta a iniettargli la prima dose di adrenalina, riprese il massaggio cardiaco, riprendendo la sua cantilena di numeri con la voce che stava iniziando a incrinarsi...ormai erano già quasi al quinto o sesto giro di compressioni senza successo.
La maschera professionale stava cedendo il posto al padre disperato, inevitabilmente...il tempo stava scorrendo, sapeva bene che in quei casi non era galantuomo... più il tempo passava, più il suo Giulio si allontanava da lui.
"Giulio...Giulio...amore mio... Ti prego...ti prego...torna da me...Scusami...Scusami ...per stamattina..." Sussurrò Lorenzo, pensando con dolore alla litigata che lui e il figlio avevano avuto proprio quella mattina a colazione...ultimamente erano in maretta per quanto riguardava il futuro del ragazzo, da qualche tempo Giulio si era ficcato in testa di voler entrare in Croce rossa come lui, mentre Lorenzo lo stava spingendo ad accettare un posto fisso nello studio notarile di un amico...sapeva bene quanto era difficile la vita in CRI, sempre all erta, senza orari, senza feste, aveva perso il conto dei Natali e dei compleanni dei figli passati in sede... Ma niente, il suo ragazzo era cocciuto come pochi e i litigi ormai erano all ordine del giorno. E pensare che sua moglie lo aveva quasi supplicato:"Non toccare quel tasto, Lorenzo, dai, lo sai che poi finisce che avete da dire tu e Giulio... lascialo libero di fare ciò che desidera della sua vita ...ha diciotto anni quasi, ha tutta la vita davanti per cambiare idea mille volte sul suo lavoro...con Martina non sei stato così severo..."
Se solo avesse saputo... Se solo avesse anche solo pensato che stava per perderlo per sempre... Quella mattina lo avrebbe stretto a sé, gli avrebbe detto che lo amava più della sua vita, come sua sorella, come sua madre...
Invece si erano lasciati malamente, senza neanche salutarsi. Uno era andato a scuola, l altro a lavoro e non si erano più sentiti neanche per un messaggio.
Se solo avesse saputo ...
"Ti prego, Giulio...ti prego..." Sussurrò ancora Lorenzo tra una compressione e l altra, non potendo non notare un cielo meravigliosamente azzurro sopra di sé, uno di quei momenti in cui quasi poteva pensare che potesse esistere un Dio.
Non è che fosse granché credente a dirla tutta, si era sposato in chiesa e aveva acconsentito al battesimo, alla Santa Comunione e alla Santa Cresima dei suoi figli per accontentare la moglie,donna di fede, ma in quel momento non poté non pensare alla statua della Madonna addolorata, posta proprio nella chiesa principale del loro paese di mare...quella statua raffigurante la santa Vergine che teneva sul grembo il corpo di Gesù appena deposto dalla croce, con la spada nel petto e gli occhi colmi di lacrime rivolti al cielo la sentí tremendamente vicina in quel momento orribile.
Quasi senza accorgersene, le sue labbra e il suo cuore si aprirono a una preghiera leggera, detta sottovoce, quasi impalpabile:
"Ti prego...so che non prego mai... Non sono abituato...ma sai... sai cosa sto provando...hai perso anche tu un figlio...e te l hanno ridato in qualche modo...Ti prego, ridammi il mio Giulio... Se me lo ridai... lascerò che segua la sua strada...la sua vita...non strapparlo da me...ti prego, ridammi mio figlio..."
E Lorenzo non seppe davvero dire se semplicemente non era destino o se la santa Vergine lo avesse ascoltato nel suo dolore, ma dopo la seconda scarica, il suo Giulio emise un colpo di tosse forte, e poi un altro e un altro ancora, mentre gli venne tolto il supporto alla respirazione e le placche del defibrillatore e venne girato su un fianco per aiutarlo a espellere una schiuma bianca che stava letteralmente espettorando.
"È qui... è qui Lorenzo, Giulio è tornato..." Sussurrò Alberto, visibilmente emozionato, mentre un applauso commosso si alzò dalla folla lì attorno, Jacopo e Riccardo si avvicinarono piangendo come bambini vicino al loro amico e finalmente Lorenzo si concesse il lusso di scoppiare in lacrime di felicità, li in ginocchio vicino al figlio, tremando da capo a piedi.
"Grazie...solo grazie, davvero, grazie..." Sussurrò Lorenzo, asciugandosi gli occhi alla bene e meglio, mentre il suo ragazzo, con i suoi amici vicino che gli tenevano chi una mano chi la testa, aprì gli occhi, quei bellissimi occhi neri che aveva e che suo padre aveva amato fin dal primo momento che lo aveva visto in sala parto sul petto della sua mamma...era un cucciolo di tre chili, poco più, sua moglie, ancora esausta dal travaglio, gli carezzava piano la testolina con la cuffietta, mentre con lui seduto vicino a lei, lo avevano salutato:"Benvenuto Giulio, benvenuto al mondo, piccolino nostro..." Lui aveva aperto gli occhietti, lo aveva guardato e gli aveva stretto il dito nella sua manina e il cuore di Lorenzo era esploso di amore per la seconda volta nella sua vita, esattamente come in quel momento quando il suo ragazzo sussurrò:
"Papà... Albi...Lily ..."
"Si, amore mio, siamo qui ..." Sussurrò Lorenzo, con la mano sul petto del suo ragazzo, dove con sua gioia, il cuore aveva ripreso a battere con regolaritá:
"Sono...morto?"disse Giulio con fare perplesso, mentre Alberto a quell' affermazione sospirò, carezzandogli la testa:
"Eh...per poco ...ci hai fatto prendere un colpo, disgraziato che non sei altro... ringrazia i tuoi amici, senza di loro, che ti hanno recuperato da dove eri finito sotto acqua, non saresti qui..."
A quelle parole, mentre gli veniva posizionato un supporto rigido sul collo come sicurezza vista la botta che aveva preso da parte di Liliana, Giulio guardò i suoi amici in lacrime, sorridendo:
"Grazie, ragazzi...grazie...davvero..."
"Non devi ringraziare, cazzo, siamo amici... Non ci si lascia da soli, mai..." Gli sussurrarono piano i suoi amici, asciugandosi lacrime e moccio con le braccia, mentre Giulio domandò ancora:
"I...bambini..."
"Sono qui, sono qui...grazie, grazie davvero...grazie, sono felice che tu sia vivo...Grazie a Dio, davvero..." Gli disse la mamma dei bambini salvati, avvicinandosi e allungando una mano per carezzare la sua, mentre anche i suoi piccoli tra le sue braccia mormorarono appena, ancora scossi dalla brutta esperienza:
"Grazie signore, di averci salvato la vita..."
"Mi chiamo...Giulio.. non c e da ringraziare...Non entrate... più ...in acqua...col mare...mosso... è pericoloso...lo avete visto..." Sussurrò Giulio sorridendo ai bimbi, che annuirono:
"Si, signor Giulio, grazie..."
Davanti a quell' affermazione, mentre il suo ragazzo veniva caricato sulla barella e posizionato in ambulanza, la folla si disperdeva commentando l evento, la mamma dei piccoli salvati non staccava due occhi pieni di gratitudine da quel eroe improvvisato e Jacopo e Riccardo stavano correndo a prendere la loro auto per andare in ospedale, il cuore di Lorenzo si riempi di orgoglio.
No, il suo ragazzo aveva ragione, una vita d ufficio, seppure sicura a livello economico, non era la sua strada.
Lui aveva sempre avuto fin da piccolo la passione per i supereroi, ci perdeva ore dietro i fumetti e i cartoni di Spiderman, Batman, i Fantastici quattro e quant altro...adorava immaginare di diventare un eroe, di poter salvare qualcuno, di poter fare sempre la cosa giusta.
Lui era tagliato per entrare in CRI.
"Papà..." Gli sussurrò Giulio, una volta che anche lui, dopo aver avvisato la moglie e la figlia dell accaduto, sali sul ambulanza e il portellone si chiuse:
"Dimmi, amore mio ..." Gli rispose celere Lorenzo, avvicinandosi al figlio e prendendolo per mano, mentre Liliana era alla guida del mezzo in viaggio verso l ospedale,e Alberto li vicino stava monitorando i suoi parametri vitali e regolando l ossigeno che stava entrando nei polmoni del ragazzo col supporto della maschera.
"Scusami...per stamattina...io..."
Ma Lorenzo, scuotendo la testa, non fece finire il discorso al figlio:
"No, Giulio, perdonami tu... Non dovevo arrivare a tanto così dal perderti per capire che non devo impedirti di vivere la vita che vuoi... Se vuoi entrare in CRI, va benissimo...ti aiuterò e ti sosterrò...come ho fatto con tua sorella... So che sarai bravissimo... è che è la tua strada..."
Alle parole del padre, gli occhi di Giulio si illuminarono come due stelle:
"Davvero?"
"Si, Giulio si...Sono fiero di te, di quello che hai fatto oggi...anche se ho avuto così tanta paura di perderti per sempre...mi hai fatto morire..."
"Ci hai fatto morire! Parla al plurale!" Disse Alberto, ridendo e mettendo con l agocannula una flebo di fisiologica al ragazzo, che sorrise:
"Mi...dispiace Albi...e papà...ma quei bambini erano in pericolo...non potevo fare finta di niente... Ho solo pensato...Che cosa farebbe... il mio eroe in questi casi? Lui...non si girerebbe dall altra parte... Lui...li salverebbe a costo di tutto..."
"Giulio...ma quelle cose dei fumetti non sono la vita reale...lo sai ... Quella è gente con i superpoteri..." Gli disse affettuosamente Lorenzo, vedendo che il figlio stava ridendo di cuore...il suo vecchio cuore di padre si commosse fino alle lacrime nel risentire quel suono cristallino:
"Ma no.... papà....che hai capito...sei tu il mio eroe..."
A quelle parole, Lorenzo si illuminò, mentre Liliana, dalla sua postazione, esordi con un :"Ohhhhh, che amore!"
"È vero...-riprese il ragazzo - secondo te...perché voglio entrare in CRI...perché voglio essere come te... E poi....se ci pensi...anche tu hai qualcosa di simile ...ai superpoteri...salvi le persone... esattamente come hai salvato me... Grazie, papà..."
"È proprio figlio tuo, niente da dire ..." Disse Alberto sorridendo, mentre si chinò, li seduto alla bene e meglio su una sediola a compilare la cartella clinica del paziente, mentre Lorenzo, guardando quegli occhi pieni di vita del suo ragazzo, si commosse profondamente.
"Sei tu il mio eroe, Giulio...e ti voglio tanto bene... Lo so che forse alla tua età vi vergognate davanti a queste cose...ma è così... Ti voglio bene più di qualsiasi cosa al mondo..."
"Perché? Non...mi vergogno mica...di volere bene...a te, mamma...e Marina...anche se lei è una rompicoglioni..." Disse ridendo Giulio al papà che sorrise:
"Un po' si...sai che testa ti farà appena ti vedrà ... Ora riposa, Giulio, adesso in ospedale si prenderanno cura di te...ti faranno una radiografia ai polmoni, dei prelievi di sangue e ti terranno sotto osservazione per qualche giorno... Andrà tutto bene, e io sarò lì con te..."
"Va bene, papà, grazie..." Disse Giulio fiducioso, abbracciando col braccio libero dalla flebo le spalle di suo padre che si era appoggiato con la testa, sfinito, tra la sua spalla e il suo petto. ..da lì, poteva sentire il battito del cuore di figlio pulsare a ritmo costante.
Parola sua, era indiscutibilmente il suono più bello che avesse mai sentito in tutta la sua vita.
E chissà cosa gli avrebbe detto sua moglie, quando lo avrebbe visto recarsi in chiesa di sua spontanea volontà ad accendere una candela proprio a quella statua della Madonna.
"Beh...insomma...credo di doverle un favore... Almeno penso proprio sia così..." Le avrebbe detto, dandole un bacio sulla guancia.
E si, le avrebbe detto che aveva ragione, come sempre.
I figli vanno lasciati liberi di essere loro stessi e di seguire i loro sogni. Sempre.