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Autore: Puffardella    09/06/2025    0 recensioni
Secondo volume della saga “Il Re della Terra dei Fiordi”
Seguito de “Il Principe del Nord”
Sfuggito all’Orso, il leggendario re dei Germani, Lucio torna a Roma accolto da eroe per aver salvato l’aquila. Ma dietro la gloria si cela un unico scopo: fare carriera e vendicarsi dell’uomo che, crede, abbia ucciso Eilish.
Nel Grande Nord, Chrigel lavora instancabilmente per unificare Caledoni e Germani in un solo popolo, ricucire i legami con i Norreni, nelle cui vene scorre il sangue, e dare un futuro alla sua terra.
Eilish dovrà affrontare il risveglio di un potere antico e imparare a dominarlo, mentre Willigis, esule e guerriero, diventa un mercenario temuto, pronto a stringere pericolose alleanze con Roma.
Intanto, una nuova generazione cresce: figli di sangue misto, segnati dalla magia, dalla forza e da un’eredità troppo grande da portare. La guerra non è finita: è appena cominciata. E il prezzo da pagare sarà altissimo.
Genere: Guerra, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Nota dell’autrice
La cerimonia descritta in questo capitolo è frutto della mia immaginazione. Non si basa su alcun rituale storicamente documentato presso i popoli germanici o celtici dell’antichità. Ho voluto creare un momento solenne e simbolico che si inserisse in modo coerente nell’universo narrativo della saga.
Pur traendo ispirazione da culture del passato, questa storia non pretende di essere un romanzo storico, bensì un racconto di fantasia, dove emozioni, visioni e tradizioni nascono dalla libertà creativa.


CAPITOLO 2

Due anni dopo
EILISH
Avevano continuato a riversarsi a frotte nella Valle dei Lupi, aumentando di numero ogni giorno. Erano arrivati da ogni parte del Grande Nord: dalla Caledonia, dalle Isole di Ghiaccio, qualcuno perfino dalla Scandinavia, andando ad occupare in maniera scomposta parte della vallata alle spalle del villaggio, dove ora sorgevano tende dalle dimensioni e dai colori più svariati.
Eilish, che osservava dalla balconata sulla torre lo spettacolo delle tribù miste unite in perfetta armonia, si sentiva emozionata e commossa al tempo stesso. Erano venuti tutti per lui, il piccolo che dormiva placido dentro la cesta di vimini, al riparo dalla calura di inizio estate, nella stanza nuziale: suo figlio.
Nessuno, né i nuovi arrivati né gli abitanti della Valle dei Lupi, lo aveva ancora visto, nel più assoluto rispetto dell’usanza che voleva che il primogenito del re venisse presentato alle tribù del Nord allo scadere dei trenta giorni dalla nascita, al termine della cerimonia sacra che i Germani chiamavano La Cerimonia del Nome. In quel momento, il re, dopo aver impresso nella carne del piccolo il suo primo tatuaggio raffigurante il simbolo reale e averlo presentato a Odino, avrebbe infine scelto il nome dell’erede, rivelandolo a tutti gli astanti.
Quel giorno era arrivato: in quella notte, il suo bambino avrebbe fatto il proprio ingresso nella comunità germanica. Eilish era eccitata e spaventata dall’evento che si sarebbe svolto al calare delle tenebre.
Nei giorni precedenti, Chrigel le aveva pazientemente spiegato come si sarebbe svolta la funzione, in che modo e con quali parole ci si aspettava che intervenisse, e lei non sapeva decidersi se trovare quel rito brutalmente selvaggio o profondamente spirituale.
Ma le due cose non erano, in fondo, intrinsecamente collegate?
Si sentiva scombussolata, percepiva con chiarezza la potente energia che saturava l’aria. Il cuore le batteva all’impazzata ormai da ore, e questo stato di struggente eccitazione si era intensificato quando i tamburi, con il loro suono tribale, forte e profondo, avevano cominciato a suonare.
Eilish chiuse gli occhi e si portò una mano al petto, dove il cuore batteva ora seguendo il ritmo dei tamburi. Decise che era giunto il momento di prepararsi. Rientrò nella stanza seguita da Haki, il grosso lupo grigio che aveva trovato nei boschi insieme a Chrigel un anno e mezzo prima e che, da allora, la accompagnava ovunque.
Nonostante avesse ormai raggiunto l’età adulta, non aveva mai dato alcun segnale di aggressività verso nessun essere vivente. Come promesso al marito, Eilish aveva più volte tentato di riportarlo nella foresta, ma il lupo era sempre tornato indietro, più determinato che mai a restare con la sua famiglia di umani. Lo stesso Chrigel aveva da tempo rinunciato a chiuderlo in qualche spazio ristretto: Haki trovava sempre il modo di scappare e tornare da loro, nella stanza in cima alla torre.
All’inizio, la sua presenza aveva suscitato un po’ di preoccupazione e malcontento tra gli abitanti del villaggio e i guerrieri della fortezza, ma col tempo tutti si erano abituati. Perfino Kira, al pari del padrone, aveva rinunciato a mostrarsi ostile ringhiandogli contro, e ora lo trattava con gelida indifferenza.
Eilish si fermò un istante a guardare il suo piccolo, che continuava a dormire tranquillo nella cesta, una mano sulla testa e un’espressione corrucciata sul viso roseo. Sopraffatta da un caldo sentimento materno, gli sfiorò con la punta delle dita una guancia paffuta; lui rispose a quel tocco muovendosi appena e aprendo per un breve istante gli occhi. Dai seni gonfi le colarono alcune gocce di latte. Si asciugò i capezzoli con un lembo della gonna, che poi si accinse a sfilare, insieme al resto degli indumenti.
Rimasta nuda, andò a specchiarsi nella lastra di metallo lucido appoggiata al muro di pietra di fronte al letto, e contemplò affascinata l’immagine dell’Albero Sacro della Vita che, come da tradizione, veniva disegnato sul ventre e sui seni della puerpera regina in occasione della Cerimonia del Nome, per augurare al nascituro una vita lunga, ricca e prosperosa.
Le radici dell’Albero erano tracciate all’altezza del basso ventre, l’organo riproduttivo in cui avveniva il miracolo della vita. Il tronco si alzava passando per l’ombelico, centro dell’esistenza di ogni individuo, e i rami si aprivano sotto, in mezzo e sopra la curva dei seni, a simboleggiare prosperità e abbondanza, e quindi una lunga vita per i rampolli che da quei capezzoli succhiavano il primissimo nutrimento.
Eilish seguì i contorni del disegno con la mano, partendo dai rami sui seni fino ad arrivare al ventre, come Chrigel aveva fatto la notte prima, e rabbrividì di piacere a quel pensiero.
Dal giorno in cui Chrigel era entrato a far parte della sua vita, la femminilità che per anni aveva cercato di tenere soffocata era esplosa in tutta la sua straordinaria — e a volte dolorosa — potenza, e lei non si era ancora abituata a gestire la violenza delle emozioni con cui spesso veniva investita, a causa di quell’abbandono totale e involontario alla propria natura.
Annika, la moglie di Wolfgang, che l’aveva assistita nel parto ed era l’unica ad avere il permesso di vedere il piccolo principe, fece il suo ingresso nella stanza proprio mentre finiva di farsi quella considerazione. Portava tra le mani le stole cerimoniali, bianche come la neve, che venivano indossate una sola volta, in quella circostanza, per poi passare alla successiva futura regina madre.
Eilish sospirò, emozionata al pensiero che anche la madre di Chrigel — sulla quale il re continuava a mantenere il più severo dei riserbi — le avesse indossate la notte in cui era stato presentato il figlio alle tribù germaniche e norrene.
«Come sei bella, Bhanrigh. Non sembra che tu abbia partorito da poco…» disse Annika, ammirando il suo corpo nudo dalle forme generose e sode.
Eilish sorrise compiaciuta. Non per vanità — non era certo quel genere di donna — ma perché era esattamente ciò che Chrigel le aveva sussurrato quella notte, prima di stringerla con desiderio tra le braccia e amarla dopo settimane di forzata quanto necessaria astinenza, servita a consentire al suo corpo di guarire dalle ferite del parto.
Posò le stole sulla panca ai piedi del letto mentre Eilish, dopo aver raccolto i capelli sulla nuca, entrava nel catino vuoto. Annika prese una brocca d’acqua e gliela versò sule spalle, mentre con una pezza intrisa di un’essenza profumata le massaggiava la pelle, stando attenta a non passare sopra le linee del disegno.
«Annika, tu hai conosciuto la madre di Chrigel, non è così?» chiese a un certo punto.
«Certo» rispose la Germana.
«Che ne è stato di lei? È morta? Esiliata? Insomma, nessuno ne parla mai, nessuno sembra ricordarla…»
«Hai mai affrontato l’argomento con il re?»
Eilish scosse la testa. «Chrigel si rifiuta di parlarne.»
«Allora comprenderai che non posso farlo io. Non sarebbe rispettoso.»
Eilish sospirò, rassegnata. «Pensi che me ne parlerà mai?»
«Io penso di sì. Non c’è niente che il re, tuo marito, non farebbe per te. Nulla che ti negherebbe» rispose la vecchia Germana, ed Eilish trovò conforto nelle sue parole.
«Lui le somiglia?»
Annika rise forte. «Per tutti gli dèi, no! Okeala era una donna bellissima, con lineamenti molto dolci e delicati, e una voce armoniosa» ricordò. «Però ha il suo stesso sorriso, per quanto raramente lo faccia» aggiunse dopo un po’.
Prese dalla panca un panno di lino pulito con cui terse la pelle bagnata di Eilish, che nel frattempo era uscita dal catino. Poi scelse una delle due lunghe stole, la più stretta. Le adagiò sulla nuca la parte centrale e incrociò le strisce prima in diagonale sul petto, in modo da coprirne i seni, poi in orizzontale sulla schiena e ancora una volta sul davanti, subito sotto i seni. Infine fece passare entrambi i lembi sotto la striscia dietro la schiena e fissò il tutto con una spilla. L’altra stola gliela strinse sui fianchi, per unirla sul davanti e fermarla con una fibula.
Per completare l’opera, sistemò tra i capelli di Eilish — lasciati rigorosamente sciolti per volontà di Chrigel — una coroncina di erbe profumate e fiori di campo.
Eilish tornò davanti alla lastra di metallo per esaminarsi di nuovo, e ciò che vide la turbò. Se non fosse stato per i capelli, avrebbe dubitato dei suoi stessi occhi. Non riusciva a credere che quella giovane donna sensuale fosse davvero lei.
Tuttavia, non era solo l’aspetto a farla sentire diversa.
Negli ultimi tempi, dentro e fuori di lei stavano avvenendo cambiamenti profondi, che la disorientavano. Eilish era convinta che ciò dipendesse dalla sua femminilità, scoperta solo di recente.
Quanto potere risiedeva nell’essere femminile? Aveva passato la vita a cercare di somigliare a un uomo, a invidiarne la virilità, e ora scopriva in sé una forza tutta nuova, persino maggiore, che — come Morhag aveva più volte cercato di spiegarle — era di natura divina.
Mai come in quei giorni si era sentita così in contatto col mondo spirituale; e quel giorno più di ogni altro. Tutte le sue percezioni erano vigili, recettive, come se, per qualche misterioso motivo, si fosse aperto un varco tra lei e il mondo ultraterreno.
Non le era mai successo, almeno non con tale intensità, e per un attimo fu colta dal panico. Qualsiasi cosa le stesse accadendo, non era in grado di controllarla, e temeva di esserne sopraffatta proprio durante la cerimonia.
«Si sta facendo buio, Bhanrigh» disse Annika, porgendole un telo di lino pulito. «Dobbiamo andare, il villaggio ha già cominciato a svuotarsi.»
Eilish annuì, prese il telo e vi avvolse interamente il suo bambino, per tenerlo il più possibile celato agli sguardi degli astanti. Se qualcuno lo avesse visto prima che fosse presentato a Odino — che, come aveva appreso, era per i Germani padre di tutti gli dei e di tutti gli uomini, ma anche un dio geloso e terribile — avrebbe potuto attirare su di lui una maledizione.
Uscì quindi dalla stanza nuziale stringendo il figlio sul seno, seguita da Haki, che non la perdeva mai di vista. Scese nel cortile della fortezza e poi nella valle. Attraversò tutto il villaggio e, in seguito, l’accampamento di tende, con un’andatura lenta e un portamento fiero, affiancata dal grosso lupo grigio e seguita da tutti coloro che avevano atteso il suo passaggio e che, con le loro torce accese, le illuminavano la strada.
Giunti nel fitto della foresta, dove avrebbe avuto luogo la cerimonia, il suono dei tamburi si fece così forte che lei ne percepiva le vibrazioni sulla pelle.
Tutti, al suo passaggio, si facevano da parte aprendole un varco, affascinati e intimoriti dalla figura della regina caledone dai capelli rosso fuoco e dal suo lupo, la cui fama aveva ormai raggiunto ogni angolo del regno.
Eilish, però, nonostante fosse consapevole della curiosità che la circondava, non se ne curava. L’unico sguardo che sentiva addosso, l’unico che le importasse davvero, era quello del marito, che attendeva il loro arrivo in piedi accanto a un alto altare di pietra.
Eilish riuscì a incrociare i suoi occhi per un attimo, nonostante la figura di Chrigel fosse parzialmente nascosta dal cordone di giovani guerrieri — gli aristocratici dell’ordinamento degli Adelingi, appartenenti alle più antiche famiglie germaniche, tra i quali, in caso di guerra, veniva eletto il Re Guerriero — disposti in cerchio intorno all’altare, tutti armati di lancia.
Come era stata istruita a fare, Eilish prese posto sulla poltrona di legno intarsiata, poco distante dal perimetro tracciato dai guerrieri, e Haki si sedette al suo fianco.
All’improvviso, Chrigel uscì dal muro di lance. Attraverso il varco apertosi al suo passaggio, Eilish intravide il braciere su cui, presumibilmente, era stato posto a scaldare il ferro con cui a breve il re avrebbe impresso sulla spalla del figlio il simbolo reale. Sentì una fitta al cuore.
Cercò conforto nel pensiero che il figlio, almeno, non avrebbe conservato memoria di quell’atto così brutale e doloroso.
Il re, come gli altri Adelingi, indossava solo i pantaloni. Aveva uno sguardo serio, concentrato, ed Eilish pensò per l’ennesima volta che fosse bello e magnifico, come solo un dio poteva essere.
Quando fu a un passo da lei, si inginocchiò ai suoi piedi e la penetrò con uno sguardo intenso, colmo d’amore e, in qualche modo, rassicurante.
Eilish annuì, e gli affidò il loro bambino, che continuava a restare stranamente tranquillo.
Chrigel indugiò ancora un istante nei suoi occhi, poi si alzò in piedi e tornò verso l’altare. Al suo passaggio, gli Adelingi richiusero il cerchio, serrandolo stavolta così bene da nascondere il re e l’erede alla vista di tutti gli astanti — anche a quella di Eilish.
Al segnale vocale del re, i tamburi cessarono.
Un attimo dopo, il silenzio fu spezzato dalle urla straziate del bambino, ed Eilish, comprendendone la ragione, intrecciò le dita sul grembo e chiuse gli occhi, sentendosi lacerare nell’anima.
Dopo un lungo istante, che le parve eterno, Chrigel diede inizio alla cerimonia, urlando con voce possente parole arcane, alle quali tutti i guerrieri germanici risposero all’unisono con altri vocaboli a lei sconosciuti, piantando ciascuno la propria lancia nel terreno.
«Sta invocando Odino» le spiegò Wolfgang, apparso silenziosamente al suo fianco sinistro.
«Non capisco cosa dicono… Non parlano in lingua germanica…»
«Sì e no. La cerimonia si svolge in lingua norrena, la forma originaria, la più pura.»
«Traducimi tutto quello che dicono, Wolfgang» gli chiese Eilish.
Wolfgang annuì.
«“Ecco tuo figlio, a cui hai donato la vita”, dice il re. “Tu gli hai dato il respiro”, rispondono i guerrieri.
“Ha braccia”, dice il re. “Fa’ che divengano forti”, rispondono i guerrieri.
“Ha gambe”, dice il re. “Fa’ che corrano veloci”, rispondono i guerrieri.
“Che i suoi nemici provino terrore dinanzi a lui”, dice il re. “Che vengano annientati”, rispondono i guerrieri.
“Che ami la vita”, dice il re. “La vita è un percorso”, rispondono i guerrieri.
“Che non tema la morte”, dice il re. “La morte è una porta”, rispondono i guerrieri.
“La vita è una culla”, dice il re. “La morte è un nuovo inizio”, rispondono i guerrieri.
“Vita”, dice il re. “Morte”, rispondono i guerrieri. “Vita!” “Morte!” “Vita!” “Morte!”…»
Al suono di quei terribili vocaboli arcani, urlati con inaudita potenza — e a cui si aggiunsero anche i latrati di Haki — Eilish cominciò a perdere gradualmente il contatto con la realtà.
Per un po’, come faceva sempre quando una visione stava per impossessarsi di lei, cercò di resistere, di contrastarla…
Ma poi si arrese, e lasciò che le immagini le apparissero nitide nella mente.
La prima cosa che vide fu una giovane donna bellissima, seduta sul pavimento coperto di legnetti e paglia all’interno di una capanna germanica. Aveva lunghi capelli biondi e due occhi incredibilmente azzurri, cerchiati però da chiazze violacee. Teneva in braccio un bambino piccolo, forse di un paio d’anni, e piangevano entrambi. La mano di un uomo si sollevò su di lei, e la donna si chiuse sul bambino, coprendolo con il proprio corpo per proteggerlo dalla furia dell’aggressore.
Eilish fu invasa dalla rabbia, ma un istante dopo la visione svanì, sostituita da una sequenza incalzante di brevi immagini, come schegge impazzite di vite passate e future: il volto sorridente di sua madre che la chiamava a sé in un giorno di sole; quello del padre rigato di lacrime, dinanzi alla pira funeraria dove bruciavano i corpi della moglie e del figlio maschio; un muro altissimo di pietra che incuteva terrore; la nascita del figlio di Caitriona in un giorno di tempesta; un ragazzino ossuto dai capelli nerissimi con le mani insanguinate; occhi freddi e antichi di un potente stregone; corvi che volavano alti sopra due cadaveri riversi su una spiaggia di ciottoli.
"Oh, dei del cielo, non voglio sapere chi sono quelle persone…"
Poi vide Chrigel che sollevava in aria una bambina ridente; il volto corrucciato di un ragazzo biondissimo; Lucio immobile su un cavallo, e dietro di lui un esercito infinito.
Ancora i corvi. Ancora i cadaveri sulla spiaggia.
"Non ancora. Ti prego, non farmi vedere."
Ferro e sangue. Lacrime e urla di battaglia. Tamburi che rimbombavano nei boschi. Un corvo che cavava l’occhio di uno dei due cadaveri riversi sulla spiaggia di ciottoli…
«Guarda, Eilish, guarda.»
«Non voglio.»
«Tu devi. Non puoi combattere l’inevitabile. Puoi solo affrontarlo e accettarlo.»
«Fa male…»
«La morte è solo una porta, piccola mia. Nient’altro che il passaggio verso una nuova vita. Tutti dobbiamo varcare quella soglia, prima o poi…»
Eilish smise di opporsi alla visione e si inginocchiò davanti al cadavere orbo. L’uomo aveva folte sopracciglia, e barba e capelli rossi. Un dolore lancinante le trafisse l’anima.
«Questo è domani?»
«Era oggi.»
«No…» alitò, mentre la visione si affievoliva e la realtà tornava a imporsi su di lei.
«In piedi!» stava dicendo Wolfgang, continuando a tradurre per lei. Eilish mise a fuoco i guerrieri, che ora si erano disposti in modo da aprire un varco nella sua direzione. La cerimonia stava per giungere al termine, e lei aveva la morte nell’anima.
Il piccolo principe si dimenava inconsolabile sopra l’altare di pietra. Chrigel lo prese tra le braccia e si avvicinò a lei, seguito dagli Adelingi che si disposero a triangolo alle sue spalle.
Eilish raccolse tutte le forze per non mostrare al re il proprio turbamento. Ma Chrigel si accorse che qualcosa non andava: quando le fu di fronte, corrugò la fronte e la fissò perplesso. Non poté però indagare: la cerimonia non era ancora conclusa.
Sollevò il neonato in alto, riempiendosi i polmoni d’aria, e infine gridò il suo nome, con una voce così possente che tutti i presenti poterono udirlo:
«Kaleva!»
Gli astanti ripeterono in coro, con gioia, il nome dell’erede. Subito dopo, il guerriero in punta al triangolo urlò un comando, e tutti i presenti, Chrigel escluso, si inginocchiarono davanti al loro futuro re in un silenzio assoluto.
Chrigel le affidò il figlio, ed Eilish se lo strinse forte al seno.
«Madre, fa’ di lui un uomo saggio», recitò Chrigel, con voce solenne.
«Lo farò. E tu, padre, fa’ di lui un guerriero», rispose Eilish.
«Lo farò», ribatté lui.
«In piedi!» tuonò un istante dopo, mettendo fine alla cerimonia. Un potente boato si levò nell’aria.
Prima di essere raggiunti dalla moltitudine di persone desiderose di congratularsi con il re e la regina, Chrigel si inginocchiò davanti a lei e la fissò con apprensione.
«Per tutti gli dei, Eilish: che succede?»
Eilish accarezzò piano la guancia del piccolo, che ora succhiava con voracità dal suo seno in cerca di conforto. Una lacrima le scivolò sul viso. Sollevò lo sguardo addolorato su quello amato del marito, e sussurrò con un filo di voce:
«Mio padre è morto…»
   
 
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