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Autore: Puffardella    10/06/2025    0 recensioni
Secondo volume della saga “Il Re della Terra dei Fiordi”
Seguito de “Il Principe del Nord”
Sfuggito all’Orso, il leggendario re dei Germani, Lucio torna a Roma accolto da eroe per aver salvato l’aquila. Ma dietro la gloria si cela un unico scopo: fare carriera e vendicarsi dell’uomo che, crede, abbia ucciso Eilish.
Nel Grande Nord, Chrigel lavora instancabilmente per unificare Caledoni e Germani in un solo popolo, ricucire i legami con i Norreni, nelle cui vene scorre il sangue, e dare un futuro alla sua terra.
Eilish dovrà affrontare il risveglio di un potere antico e imparare a dominarlo, mentre Willigis, esule e guerriero, diventa un mercenario temuto, pronto a stringere pericolose alleanze con Roma.
Intanto, una nuova generazione cresce: figli di sangue misto, segnati dalla magia, dalla forza e da un’eredità troppo grande da portare. La guerra non è finita: è appena cominciata. E il prezzo da pagare sarà altissimo.
Genere: Guerra, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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CHRIGEL
Il giorno volgeva al termine. La calda luce del tramonto ammantava il paesaggio con tutte le sfumature dell’arancio e del rosso.
Dal camminamento di ronda, Chrigel osservava la massa scura della foresta alle spalle del villaggio, pensieroso.
Erano passati quattro giorni dalla Cerimonia del Nome, gli ultimi ospiti avevano lasciato la Valle dei Lupi quel pomeriggio, ma di Ludwig ancora nessuna notizia. Non aveva presenziato alla cerimonia né aveva inviato messaggeri per spiegare la ragione della sua assenza, e Chrigel cominciava a essere fortemente preoccupato. Questa cosa, insieme alla macabra visione che Eilish aveva avuto del padre, aveva incrinato quell’evento per lui così importante. Per il resto, tutto si era svolto alla perfezione, superando ogni più rosea aspettativa. Gli ospiti intervenuti alla cerimonia erano stati numerosi, l’atmosfera rilassata e giuliva, perfino gli anziani a lui più ostili si erano finalmente ammorbiditi, mostrandosi in quei giorni più concilianti non solo nei suoi riguardi ma, sorprendentemente, anche nei riguardi di Eilish.
Wolfgang gli si affiancò mentre faceva quella considerazione, strappandolo alle sue elucubrazioni.
Chrigel si voltò verso di lui. «Hai organizzato la squadra di uomini da mandare sull’isola di Uhi?» gli chiese.
«Sì. Partiranno domani all’alba. Una richiesta un po’ insolita, visto che abbiamo portato i rifornimenti al re caledone appena tre settimane fa. Posso chiedertene la ragione?»
L’Orso indugiò un istante, chiedendosi se fosse il caso o meno di rivelare la strana visione che sua moglie aveva avuto durante la cerimonia. Determinò infine che poteva fare affidamento sulla discrezione del suo braccio destro.
«Eilish ha avuto una… visione. È convinta che sia capitato qualcosa al padre, dice di averlo visto morto. Sai bene cosa ne penso delle presunte arti magiche degli uomini in generale. Se non stessimo parlando di Eilish, e se non la conoscessi ormai così intimamente, mi ci sarei fatto sopra una grassa risata. Ma Eilish non è una donna comune e non posso non prendere in considerazione quanto asserisce di aver visto. Voglio solo verificare, se non altro per darle un po’ di pace. Questa cosa l’ha devastata…»
Come si era aspettato, Wolfgang annuì comprensivo. «Ora capisco perché da qualche giorno se ne sta più in disparte del solito. Ma, dimmi, nel caso in cui gli uomini dovessero in effetti trovare il re morto, come si devono comportare? Vuoi che la salma venga riportata sul suolo caledone?»
Chrigel scosse la testa. «Non posso mostrarmi indulgente, Wolfgang. Alasdair è stato un buon re per il suo popolo, ma era… è pur sempre un traditore. No, se dovessero trovarlo morto, dì agli uomini di fare in modo che abbia un dignitoso rito funebre. Costruiscano per lui una pira sulla spiaggia, davanti al mare. Farlo affacciare un’ultima volta sulle Terre del Nord è tutto ciò che posso concedergli.»
Wolfgang annuì; per un po’ non disse nulla. «E per quanto riguarda l’altra questione? Sicuro che non vuoi che venga con te, domani?»
«No, Wolfgang, mi servi qui. A nessun altro posso affidare la responsabilità della Valle dei Lupi in mia assenza. E comunque conto di stare via poco, giusto il tempo di scoprire perché mio zio non si è fatto vivo in questi giorni.»
«Tu cosa pensi che sia successo?»
Chrigel scosse lentamente la testa.
«Proprio non ne ho idea. Posso solo fare congetture, e nessuna rassicurante.»
«Ti fidi di lui?» gli chiese a bruciapelo l’anziano guerriero, toccando un nervo scoperto. Chrigel strinse meccanicamente i pugni. Era proprio questa la questione. Si fidava di suo zio?
Fino a qualche giorno prima avrebbe risposto affermativamente, senza nemmeno starci a pensare. Si fidava così ciecamente di lui da avergli affidato la gestione dell’intera Caledonia e il delicato quanto importante compito di monitorare le terre al confine con la Britannia. Ma ora, alla luce di quello che era successo, i dubbi lo divoravano.
E se si fosse incontrato con Willigis? E se, infine, le ragioni di sangue si fossero mostrate più forti della lealtà verso il suo re e il suo popolo?
«Vorrei tanto, Wolfgang. Dopo Willigis, però, niente potrebbe più sorprendermi, nemmeno che un uomo solido come Ludwig possa aver deciso di seguire le orme del figlio a discapito della sua stessa gente. Per questo non posso rimandare la partenza. Ho già aspettato fin troppo» affermò, amareggiato.
«Già… Eilish è al corrente della situazione? Sa che stai per partire?»
«Non ancora. Glielo dirò più tardi.»
«Vorrà accompagnarti, lo sai, vero?»
«Lo so. La verità è che lasciarla qui non fa piacere nemmeno a me. Non so più fare a meno della sua presenza. Perfino gli uomini si sono abituati a lei. Si è guadagnata il loro rispetto a caccia, un anno fa, quando ha dato prova del suo valore, del suo coraggio e della sua tempra. E tu sai quanto sia stato difficile all’inizio convincerli a darle fiducia. Ma ha ben altre responsabilità, al momento, e non priverò mio figlio del latte della madre per un mio, o un suo, capriccio.»
«Beh, convincerla a starsene qui senza di te sarà comunque un’impresa ardua.»
«Se ne farà una ragione…» concluse Chrigel stancamente, portandosi le dita alla fronte e massaggiandosi le tempie, che da qualche ora gli martellavano dolorosamente.
Wolfgang, vedendolo, intuì quanto fosse stanco.
«Dovresti riposare un po’, Chrigel. Non hai un bell’aspetto.»
Chrigel soffiò aria dalle narici. Riposare era un lusso che, da quando era re, raramente poteva concedersi.
«Ci sono giorni in cui quel bastardo di mio padre riesce perfino a mancarmi, lo crederesti mai possibile? Non avevamo un bel rapporto, ma niente vacillava fin quando c’era lui a regnare. E la cosa assurda è che non ricordo di averlo mai visto riposare» rifletté, con una punta di malinconia nella voce.
Wolfgang rise e gli batté una mano sulla spalla. «Siete praticamente la stessa persona, Chrigel. Hai preso moltissimo da lui» disse.
Chrigel indurì lo sguardo e replicò, asciutto: «Spero non tutto.»
L’anziano guerriero intuì il motivo del suo disagio, smise di sorridere e assentì. Ma, per non rischiare di offenderlo con un’altra considerazione inopportuna, preferì non aggiungere altro.
«Si è fatto tardi, si sta facendo buio. È inutile restare ancora a scrutare l’orizzonte. Seguirò il tuo consiglio, amico mio. Proverò a riposare un po’» annunciò Chrigel, con tono più conciliante, stringendogli con affetto la spalla.



La stanza nuziale era illuminata da un paio di fiaccole accese appese alle pareti. Eilish dormiva profondamente, sdraiata su un fianco. I lunghi riccioli rossi le ricadevano disordinati sulle spalle nude; teneva un braccio sotto la guancia e l’altro disteso lungo il fianco, mentre il piccolo le dormiva rannicchiato sul petto.
Dai finestroni aperti entrava una piacevole brezza che lambiva le fiamme, creando un suggestivo gioco di luci e ombre sulle pareti di pietra.
Al suo ingresso, Haki, disteso ai piedi del letto, emise un sommesso verso di protesta. Chrigel lo fissò con diffidenza. Non si era ancora del tutto abituato a quello strano, insolito animale, che sembrava tutto fuorché un lupo. Il lupo, da parte sua, abbassò le orecchie e strinse gli occhi, infastidito ma anche intimorito dalla sua presenza.
Chrigel lo tenne d’occhio finché l’animale, infine, si decise a scendere dal letto per andare a sdraiarsi sul pavimento. Poi abbassò definitivamente lo sguardo, incastrando il muso tra le zampe, in un chiaro segno di sottomissione.
Chrigel sospirò, rassegnato. Haki era una di quelle stranezze legate a Eilish destinate a rimanere senza spiegazione. Da quando lo avevano portato alla fortezza, non si era più separato da lei. Più di una volta, Chrigel si era sorpreso a pensare che quell’essere non avesse né lo sguardo né la natura di una belva, ma di un essere umano. Non lo temeva, ma, poiché non ne comprendeva il comportamento, continuava a nutrire verso di lui una profonda diffidenza.
Distolse infine lo sguardo dal lupo e si avvicinò al letto. Si emozionò, ancora una volta, nel vedere il figlio che succhiava con voracità il latte dal seno della madre. Sulla sua piccola spalla, il marchio che gli aveva impresso a fuoco – la runa mannaz, oracolo di ragionevolezza, consapevolezza e giustizia – aveva già cominciato a cicatrizzarsi.
D’istinto, Chrigel si guardò il polso, là dove, anni prima, il padre gli aveva marchiato lo stesso simbolo. E, d’un tratto, sentì tutto il peso della responsabilità che l’essere padre comportava.
Sarebbe stato all’altezza del compito che gli dei gli avevano affidato? Che uomo, che guerriero e che re sarebbe diventato suo figlio, per merito o per colpa sua? Lo assalì un’ondata di sconforto e il timore di fallire gli serrò il petto.
Eilish aprì gli occhi proprio in quell’istante, e lui si sentì improvvisamente vulnerabile sotto lo sguardo limpido e profondo della moglie.
«È la cosa più bella che io abbia mai visto...» sussurrò, senza nemmeno provare a nascondere la tempesta di emozioni che quel piccolo essere, uscito dai suoi lombi e destinato a succedergli, aveva scatenato dentro di lui.
Eilish gli rispose con un sorriso colmo d’amore. Si staccò con delicatezza il bambino dal seno, lo adagiò al centro del letto, si mise a sedere e gli porse una mano.
Chrigel la afferrò prontamente e si inginocchiò di fronte a lei. Sua moglie scivolò lentamente giù dal letto e si rannicchiò tra le sue braccia, cercando il calore del suo petto, il ritmo del suo cuore.
«Ho dato disposizioni perché alcuni uomini si rechino da tuo padre. Partiranno domani stesso» le disse, dopo essersi goduto a lungo quel momento intimo.
Eilish sospirò piano e annuì. «Grazie...» mormorò, sollevando su di lui occhi colmi di riconoscenza.
Chrigel le accarezzò il volto con il dorso della mano, indugiando qualche secondo. Poi prese fiato, deciso a rivelarle anche il resto dei suoi progetti.
«Eilish, domani io…» iniziò, ma non ebbe il tempo di aggiungere altro.
Il suono dei corni riecheggiò nel silenzio della notte, spezzando l’incanto. Chrigel si irrigidì. Senza perdere un solo istante, si alzò e corse verso la balconata rivolta a sud, seguito da Eilish.
A valle, poco distante dal villaggio, alcuni uomini a cavallo procedevano a gran velocità, facendosi luce con delle torce. Dovevano essere in quattro, a giudicare dal numero delle fiaccole. Sebbene fosse impossibile distinguerli nell’oscurità, Chrigel non ebbe dubbi: era lo zio.
La sua prima reazione fu di sollievo. Finalmente avrebbe scoperto che cosa accidenti fosse successo. Ma ben presto, un sentimento più torbido – una rabbiosa indignazione – prese il sopravvento.
«Resta qui, Eilish» ordinò alla moglie, dirigendosi a larghe falcate verso la porta. Non avrebbe permesso a suo zio di vedere suo figlio, non prima che avesse dimostrato di esserne degno.
«Perché? Che succede, Chrigel?» chiese lei, allarmata.
«Tu fallo e basta» replicò lui con tono autoritario. Non aveva né tempo né voglia di starle a spiegare, in quel momento. Doveva scendere al più presto e verificare l’identità dei cavalieri che stavano per fare ingresso nel villaggio.
Vide Eilish stringere le labbra, come faceva sempre quando era contrariata, ma non le diede il tempo di replicare. Scese correndo a rotta di collo gli scalini di legno incastonati nelle pareti di pietra della torre e, giunto al piano terra, trovò Wolfgang e alcuni giovani guerrieri ad attenderlo: i cavalli erano già sellati e pronti per essere montati.
«Sono solo in quattro, o almeno così pare. È troppo buio per riconoscerli» lo informò tempestivamente il suo braccio destro.
«È sicuramente Ludwig. Deve essere lui» disse Chrigel, montando a cavallo. Varcò a trotto il pesante portone di quercia della fortezza, seguito da Wolfgang e dagli altri. Sceso a valle, spronò il cavallo al galoppo, attraversò la strada principale che tagliava in due il villaggio e raggiunse l’accesso principale delle mura perimetrali, ormai completate e munite di torrette di guardia. Giunse appena in tempo per udire la voce impaziente di suo zio che gridava alle sentinelle di aprire le porte.
La prima cosa che si premurò di verificare fu che Ludwig stesse bene. Lui e i tre guerrieri al seguito sembravano fisicamente illesi, e questo lo rassicurò. Tuttavia, quando lo zio allungò un braccio per salutarlo, Chrigel fece voltare bruscamente il cavallo, rifiutando il contatto. Girò appena la testa e, da sopra la spalla, lo fulminò con uno sguardo carico di astio.
«Mi devi delle fottute spiegazioni, Ludwig! E sarà meglio per te che siano davvero buone!» lo avvertì. Senza attendere risposta, spronò di nuovo il cavallo e fece ritorno alla fortezza, seguito dagli altri.
Una volta dentro le mura, smontò da cavallo e condusse lo zio nella Sala delle Assemblee, alla base della torre.
Ludwig vi entrò tentando subito di giustificarsi.
«Credimi, nipote, non era mia intenzione mancarti di rispetto...»
«Lo deciderò io se era intenzionale o meno!» lo interruppe bruscamente Chrigel, a stento trattenendo la rabbia.
Ludwig sospirò pesantemente.
«Stavo per raggiungerti tre settimane fa, con largo anticipo rispetto alla data prevista per la Cerimonia del Nome, quando gli uomini di pattuglia sono venuti a riferirmi di strani movimenti a poche miglia dal fiume Tay.»
Chrigel si irrigidì.
«Romani?» chiese, anche se conosceva già la risposta.
«Sì. Da giorni, navi da carico romane continuano ad approdare nei porti fluviali di Eboracum per sbarcare soldati e attrezzature. Le forze vengono distribuite lungo tutta la linea di confine, ma non sono riuscito a capirne le intenzioni.»
«Che vuoi dire?»
«Non scaricano armi, né macchine da guerra, ma materiali da costruzione… Non sono riuscito a stabilire cosa stiano combinando. Scavano profondi fossati da est a ovest, lungo tutta la linea di confine. Un unico, ininterrotto fossato. Ma a quale scopo, non lo so.»
«Avresti dovuto mandare qualcuno ad avvisarmi!» esplose Chrigel.
«E rovinarti la Cerimonia del Nome per dirti cosa? Che i Romani si stanno divertendo a scavare buche? Ho preferito attendere qualche giorno in più, raccogliere quante più informazioni possibile e venire di persona a riferirti la situazione.»
Chrigel rimase in silenzio, riflettendo. Tra tutte le domande che ora si affollavano nella sua mente, una in particolare esigeva risposta immediata.
«Lui c’è? Lo hai visto?» domandò, digrignando i denti come gli capitava quando la rabbia prendeva il sopravvento.
«Lui?» ripeté Ludwig, colto alla sprovvista. Sembrò realizzare solo un attimo dopo di chi stesse parlando. «Il Romano, intendi…»
Chrigel aggrottò le sopracciglia.
«Chi altri, secondo te?»
Ludwig impallidì e abbassò lo sguardo. Chrigel capì all’istante che c’erano altre verità da scoprire, ma che sarebbe stato meglio parlarne in privato. Si voltò verso gli altri presenti e ordinò loro di uscire. Una volta rimasti soli, Ludwig si lasciò cadere pesantemente su una delle panche disposte attorno al massiccio tavolo di quercia.
«Qualcuno mi ha riferito di aver visto Willigis tra i Romani. Pare che si sia formato un piccolo esercito di mercenari e che si sia messo al loro servizio. Pattuglia il confine e reprime sul nascere ogni ribellione, ogni tentativo di ostacolare i lavori. È questo il vero motivo per cui ho tardato a venire: ho sprecato giorni cercando di verificarne la presenza. Speravo di vederlo… o forse di non vederlo.»
«E…?»
«Io non l’ho visto. Lui no, ma qualcuno dei nostri credo di sì... Insomma, vanno in giro vestiti da Romani e atteggiandosi a Romani, ma a un Germano non basta radersi capelli e barba per nascondere la propria identità, no?»
Ludwig sospirò profondamente e sollevò uno sguardo stanco su un punto indefinito della stanza.
«Io non so proprio cosa gli sia successo, Chrigel. Quello non è Willigis. Non è mio figlio, non è sangue del mio sangue, del nostro sangue... Non so come mi sarei comportato se lo avessi visto coi miei occhi, prostrato alla mercé di quei porci... È l’unico motivo per cui, alla fine, sono stato contento che non sia successo, che non mi sia imbattuto in lui… Avrei potuto ucciderlo, e chissà quali sarebbero state le conseguenze.
Mi dispiace, Chrigel, per tutto questo: per non essere stato al tuo fianco in questi giorni, e per Willigis…»
Chrigel chiuse gli occhi per un istante, provato da quanto aveva appreso. Di colpo, tutta la delusione e la diffidenza nei confronti dello zio svanirono, lasciando il posto a un profondo dispiacere per lui.
«Dispiace anche a me, zio. Soprattutto per aver dubitato di te» confessò, poggiandogli una mano sulla spalla e stringendogliela con affetto.
«Ne avevi ogni diritto, Chrigel. Ecco perché ho rinunciato a perdere altro tempo cercando Willigis. Sapevo che ti stavi preoccupando, e non mi andava di darti l’impressione che ti stessi tradendo. Non lo farei mai, nipote» dichiarò Ludwig, con la voce incrinata dall’amarezza.
In quel preciso momento, un leggero trambusto dietro la porta chiusa li fece sobbalzare entrambi. La porta si spalancò all’improvviso e Ludwig si tirò in piedi.
Eilish, ferma sulla soglia, li osservava disorientata e preoccupata, il figlio tra le braccia, Haki al suo fianco e Wolfgang con gli altri uomini dietro di lei.
«Ti avevo detto di aspettarmi di sopra, donna!» la rimproverò Chrigel duramente andandole incontro.
«Allora avresti fatto meglio a spiegarmene la ragione, uomo!» replicò lei, fronteggiandolo con uno sguardo fermo.
Chrigel soffiò aria dalle narici e scosse lentamente la testa, tra il rassegnato e l’irritato, ma Eilish lo ignorò. Lo scartò e si mosse piano verso Ludwig. Si fermò di fronte a lui e poi, addolcendo lo sguardo, scoprì il neonato nel fagotto per mostrarglielo.
Ludwig rimase a lungo ad osservare il nipote che dormiva tranquillo tra le braccia della madre.
«Grazie, Bhanrigh» alitò commosso l’anziano Germano.
Eilish annuì piano, sorridendogli compassionevole. Poi si voltò a guardare il marito.
«Siamo in pericolo?» chiese.
Chrigel scosse la testa. «Non lo sappiamo ancora, Eilish» rispose con franchezza.
«Ma si tratta dei Romani, non è così?»
«Sì. Si stanno riorganizzando sulla linea di confine, ma non sappiamo ancora a quale scopo.»
Eilish si prese del tempo per riflettere, le sopracciglia leggermente increspate, le guance arrossate dall’agitazione che riusciva comunque a tenere sotto controllo. Chrigel pensò che fosse la donna più forte e dignitosa che avesse mai conosciuto, e si sentì riempire d’orgoglio all’idea che fosse sua moglie.
«Quando partirete?»
«Domattina, alle prime luci.»
Eilish gli si avvicinò e lui represse a stento il desiderio di abbracciarla forte, per non dare agli uomini presenti un’immagine sbagliata della moglie e farla apparire come una donna fragile. La verità era che avrebbe voluto stringerla per condividere con lei quel momento difficile, per rassicurarla ed essere a sua volta rassicurato, ma nessun altro oltre a loro due avrebbe capito.
«Ti prego, mo righ: non fare imprudenze. Non posso perdere anche te…» bisbigliò lei, guardandolo implorante.
Chrigel le mise una mano sul viso.
«Non succederà, mo anam» la rassicurò.
Eilish chiuse un istante gli occhi e chinò la testa di lato, per stringersi la sua mano tra la spalla e la guancia. Poi tornò a guardare Ludwig, rimasto in rispettoso silenzio dietro di loro, e gli disse:
«Lo affido a te, Ludwig. So che daresti la tua vita per proteggere il tuo re.»
«È così, Bhanrigh. Stanne pure certa» la rassicurò Ludwig.
Eilish annuì brevemente, poi lanciò un ultimo, veloce sguardo carezzevole al marito e infine uscì dalla sala accompagnata dall’onnipresente Haki, sotto lo sguardo incuriosito e ammirato di tutti gli uomini, compreso quello del vecchio guerriero germanico.
«Willigis aveva torto, Chrigel. Lei non è come la sorella» affermò Ludwig, una volta rimasti soli.
«Sì, è così» replicò Chrigel.
«Tua moglie sa del nipote? Di cosa ha fatto quella troia della sorella? Di quale atto sconsiderato ha commesso mio figlio con quel dono di nozze?»
«No, e non deve saperlo. La devasterebbe, Ludwig, e non voglio darle altro dolore. Questi ultimi anni sono stati terribili — per noi tutti, certo — ma per lei soprattutto» disse. E all’improvviso avvertì la forte necessità di raggiungerla, sdraiarsi al suo fianco, rinfrancarsi nel suo amore e poi abbandonarsi a un sonno ristoratore tra le sue braccia, prima di partire e affrontare nuove, amare incertezze.
«Ora andiamo a riposare, zio. Domani dovremo muoverci presto. Scopriremo cosa hanno in mente quei porci, troveremo Willigis e sapremo cosa ci aspetta. E se guerra deve essere, guerra sarà» concluse, poggiandogli entrambe le mani sulle spalle incurvate dagli anni e dai troppi dispiaceri.




Era ancora buio quando si svegliò. Eilish era già in piedi, affacciata pensierosa alla balconata rivolta a sud. Il piccolo dormiva tranquillo dentro la cesta di vimini accanto al letto. Di Haki, invece, nessuna traccia — e questo lo impensierì. Prima d’allora non era mai successo che il lupo si allontanasse dalla sua padrona.
Chrigel si alzò e la raggiunse. Lei osservava gli uomini nel cortile, intenti nei preparativi per l’imminente partenza. Le si mise alle spalle e la cinse da dietro con le braccia.
«Dov’è quella tua bestiaccia strana? Ci siamo finalmente liberati di lui?» le chiese in tono scherzoso, curvandosi per appoggiarle il mento sull’esile spalla.
Eilish si strinse nel suo abbraccio afferrandogli le braccia e, con un gesto del capo, indicò un punto nel cortile, verso il portone d’ingresso.
Haki se ne stava lì seduto, al fianco del cavallo già sellato di Chrigel, come se fosse in attesa di mettersi in viaggio con lui.
Chrigel si drizzò. «Ma che accidenti…» imprecò, corrugando la fronte.
«È sceso non appena ha sentito i primi fermenti nel cortile. Si è messo davanti al portone e da lì non si è più spostato. Ho provato a chiamarlo, a farlo tornare qui, ma non c’è stato niente da fare. Credo si sia messo in testa di accompagnarti» gli spiegò Eilish.
Chrigel soffiò aria dalle narici. «Non succederà. Non porterò con me quella bestiaccia. È inaffidabile, spaventerebbe gli uomini, ci rallenterebbe e, soprattutto, darebbe troppo nell’occhio.»
«Bene, sei tu il re, le tue decisioni vanno rispettate. Sono sicura che troverai il modo di farti ubbidire. Io non ci sono riuscita» replicò lei in tono sarcastico, liberandosi dolcemente dal suo abbraccio per andare a controllare il piccolo, che aveva iniziato ad agitarsi nella cesta.
Chrigel la seguì con uno sguardo attonito e la bocca spalancata. «Fai sul serio?» le chiese.
«Lo sai che è impossibile tenerlo chiuso o fargli fare qualcosa che va contro la sua volontà. Non dipende da te, e nemmeno da me. Te l’ho detto: ho provato a richiamarlo, ma non mi ha dato retta. Se ha deciso che deve accompagnarti, troverà il modo di seguirti» insistette lei, prendendo il figlio tra le braccia.
«Ma se devo essere onesta, mo righ, per qualche ragione, l’idea che venga con te mi è di conforto» aggiunse infine, guardandolo preoccupata.
   
 
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