Da uomo a uomo. (Escamotage) Capitolo 4 Un po' di luce nella notte
Elsa si sentiva a pezzi. Svuotata di ogni energia, di ogni speranza. E gonfia. Di dolore, di sofferenza. Anche se aveva pianto tutte la sue lacrime aveva gli occhi gonfi. Probabilmente erano irritati per la troppa attività. Dentro di sè si sentiva spossata, stremata,come se avesse svolto una prolungata ed intensa attività fisica. Anche la sua volontà era come spenta. Non era riuscita a farsi una doccia, nella speranza di lavare via... che cosa? Il dolore? Ma quello non era certo superficiale, era in profondità, permeava ogni parte, ogni brandello del suo corpo, della sua consapevolezza. Nè acqua nè detergenti avrebbero potuto eliminarlo. Così, a stento era riuscita a mettersi in pigiama. Ma poi non si era coricata. Si era limitata a sedersi sul divano, coprendosi con un plaid. Nonostante la debolezza che la pervadeva non aveva sonno. L'unica cosapevolezza era l'infelicità che l'aveva invasa e, le pareva, era anche tutto intorno a lei.Due delicati colpetti alla porta la sorpresero, facendola sobbalzare. Era notte, chi diavolo poteva essere?
Stava per far finta di niente, non aveva nè volontà, nè energia, nè capacità di sopportare qualsiasi seccatura. Era spenta.
I colpi si ripeterono, leggermente più forti. E il super io della ragazza si risvegliò. Il senso del dovere rialzò la testa dentro di lei. Se qualcuno veniva a quell'ora doveva essere una questione importante, dovevano avere bisogno di aiuto urgente, forse immediato. Mai aveva lasciato qualcuno in difficoltà. Rendersi utile le parve una motivazione per non lasciarsi andare. Quasi un obbligo, con cui accantonare per un po' la sua sofferenza.
Si alzò, andò alla porta, la aprì, senza neanche chiedere chi era. Non aveva paura. Se ci fosse stato un pericolo... beh, pazienza.
Sul pianerottolo, in ginocchio, c'era Gerard.
Lei rimase immobile, anche se il suo cuore aveva accelerato di colpo la frequenza delle pulsazioni. Riuscì a stento ad aprire la bocca, a dire: "Cosa..." e si bloccò. Provava una sesazione di freddo che, partendo dalle mani e dai piedi, si stava irradiando dentro di lei.
Lui la guardava con gli occhi fissi, l'espressione indecifrabile. Aprì e richiuse la bocca, due volte. La terza riuscì a parlare:
"Perdonami, ti prego. O forse no, non lo merito. Sono stato egoista, o egocentrico, ho pensato solo a me, come un idiota. Eppure, per me conti solo tu. Pensavo alla mia espiazione, alle punizioni che so di meritare. Ad evitare ogni possibile gioia, cui non ho diritto. E ho trascurato i tuoi sentimenti. Ti ho fatto soffrire, senza neanche rendermene conto. Avrei dovuto, ma cercavo di non pensare a te, perché anche solo pensarti è meraviglioso, non volevo concedermelo. Perché Elsa, tesoro, io" si bloccò, ritentò: "Io... io ti" la voce gli mancò di nuovo.
"Io ti... amo" esalò in un soffio.
Lei era diventata ancora più pallida del solito, il volto esangue, il freddo si era impadronito delle sue braccia e delle sue gambe, aveva un ronzio nelle orecchie. Vide muoversi le labbra di lui, ma non udì. "Non ho sentito" riuscì a dire.
"Ti amo" ripeté il ragazzo, con voce un po' acuta per lo sforzo.
Stavolta lei aveva capito. Lo sperava, almeno. Ma quella dichiarazione fu troppo, come una pietra rovente gettata nell'acqua gelida. Provò una sensazione sconvolgente nel petto, il cuore pompò il sangue con violenza negli arti e nel viso, che in un attimo passò da bianco cereo a rosso pomodoro. E la testa era come piena di ovatta. Tentò di riprendere fiato, barcollò.
Gerard balzò in piedi, la afferrò prima che potesse cadere, la sorresse mentre la accompagnava verso il divano,sul quale la fece sedere. Si pose accanto a lei, tenendola delicatamente fra le braccia.
"Stai male?" ( Era terrorizzato da questa possibilità, unica, blandissima consolazione la sofferenza che la preoccupazione gli provocava).
"Ti ho forse offesa? Perdonami, non volevo. O meglio, puniscimi!"
Elsa respirava un po' affannosamente, come se avesse fatto un intenso sforzo fisico.
"Non mi hai offesa" disse. "E non sto male. E' solo l'emozione. Sto benissimo".
Si concentrò. Quello che voleva dire stava mettendo a dura prova la sua timidezza. Arrossì ancora di più, se possibile.
"Ripetilo, per favore".
Abbassò pudicamente le palpebre.
"Che cosa?" Gerard non afferrò subito, era concentrato sul temuto malessere di lei.
"Che mi ami" riuscì a proferire la ragazza, con una vocina piccola piccola.
Fu il turno di Gerard a provare imbarazzo, per usare un eufemismo. Quanto a timidezza, anche lui era un campione. Ma si fece forza, perché non contava la sua vergogna. Contava lei. Non voleva farla soffrire, non un'altra volta.
"Sì" affermò, con voce anche troppo forte. Cercò di modularla ad un volume ed un tono normali.
"Ti amo con tutto il cuore, con tutta l'intensità di cui sono capace. E se me lo permetti, se non ti offendo, vorrei starti vicino".
La bocca di lei iniziò ad aprirsi in un sorriso, i suoi occhi si illuminarono. Ma subito dopo il sorriso si trasformò in una smorfia, le lacrime ripresero a scorrere, non trattenne i singhiozzi.
Gerard era costernato. "Ti ho offesa? Scusa, sono un incapace, non volevo"
Lei riuscì a controllarsi:
"Non hai capito: sto piangendo di gioia! E ti amo anch'io" concluse, ormai paonazza. Aveva esaurito il suo... come chiamarlo... coraggio emotivo, quello che riguardava i suoi propri sentimenti. Le riusciva di gran lunga più facile gestire sforzi fisici, nemici materiali. Fatiche e pericoli non la spaventavano, li affrontava senza esitare.
Gerard da questo punto di vista era leggermente (solo leggermente, eh!) meno fragile, forse perché si era abituato da tempo a concentrarsi sulle proprie colpe. In quel momento stava pensando a quello che doveva fare per far piacere ad Elsa, cosa che era ovviamente la priorità. E gli parve chiaro: la prese fra le braccia e la strinse delicatamente. Lei gli si accostò e pose il capo sulla sua spalla. Un momento di beatitudine atteso da molto, che la ragazza visse senza remore, solo con sorpresa, quasi incredula. Lui invece elucubrava, come spesso gli capitava. Elsa era palesemente contenta, il che andava bene. Ma era contento anche lui, due volte: primo, per la gioia di lei; e secondo, perché stare abbracciato con lei era l'esperienza più gratificante che avesse mai provato nella sua vita. Decisamente qualcosa per cui sentirsi in colpa. Era ingiusto, non aveva diritto alla gioia che stava provando. Una fitta di senso di colpa lo trafisse. Beh, la teoria di Elfman funzionava, a quanto pareva.
Elsa sollevò il viso, sporgendosi quasi impercettibilmente verso di lui. Egli si chinò un poco, senza neppure rendersene conto. La consapevolezza non aveva a che fare con il movimento di entrambi, che avveniva del tutto spontaneamente. I loro sguardi erano reciprocamente incatenati, le loro labbra erano sempre più vicine. Cinque centimetri... due... quattro millimetri... Nel paradiso dei giornalisti Tito Stagno si alzò in piedi ed agitò le mani e gli avambracci, proferendo emozionato ed entusiasta. "Ha toccato!" un attimo dopo che le loro labbra erano entrate in contatto. Subito dopo si lasciò andare ad un applauso liberatorio. *
Per amore di precisione, un momento prima si erano scontrati i nasi dei due ragazzi. Da quel punto di vista erano entrambi esordienti e non avevano saputo coordinare i movimenti.
Ma poi, campane risuonarono nelle loro orecchie, fuochi d'artificio illuminarono le loro menti.
Mentre prendevano un po' di confidenza dentro ciascuno dei due nasceva e cresceva l'emozione più dolce, tenera e deliziosa che avessero mai provato. Elsa aveva ritrovato la sua energia e stringeva forte il giovanotto. E il bacio... era meraviglioso, e in più tenere occupata la bocca di lui era un modo efficace, oltre che piacevolissimo, per impedirgli di parlare. Non fosse mai che gli saltasse in mente di proferire qualche "impediente stupidaggine", tipo che era fidanzato. Lo aveva già fatto una volta, e la conseguenza era stata una immensa sofferenza per entrambi. A parte il fatto che non era vero, la ragazza pensava che era giunto il suo proprio momento e non voleva interromperlo per alcun motivo.
La situazione era così perfetta che per un po' a Gerard si anestetizzarono i sensi di colpa. Ma quando, durante una pausa per riprendere fiato, riuscì a fare mente locale, capì che ogni cosa era stupenda, e lui non la meritava. Si angustiò, pensò all'espiazione e vide che ne aveva ancora per molto. Si sentì ingiustamente privilegiato. Stava fra le braccia di Elsa, si baciavano, gli occhi di lei lo guardavano adoranti, le sue labbra erano morbide e dolci, provavano l'uno per l'altra il sentimento perfetto... Che uomo spregevole era! Il rimorso lo attanagliò. Ed era anche felice della felicità di lei... giustissima quest'ultima, ma la propria no. L'angoscia lo riprese.
Gerard si era distratto un poco ed i baci si erano interrotti.
Elsa guardò il ragazzo sorridendo:
"Abbiamo aspettato tanto... adesso devi promettermi che staremo appiccicati così, sempre e sempre. Dobbiamo recuperare il passato":
Lui la guardò, ebbe una sensazione improvvisa e si rese conto che non avrebbe potuto accontentarla.
"Sì" disse "cioè, tesoro... ecco, io..." Esitava. "Però forse..."
Negli occhi di lei fece capolino la perplessità. Poi il dubbio. Poi una luce interrogativa. Poi le sue palpebre si strinsero e lo sguardo si fece duro. Minaccioso. Come quando stava per perdere la pazienza. Gerard ebbe un brivido, temette per la propria incolumità.
"Forse cosa? Non vorrai tirarti indietro? Mi hai ingannata?"
Lui si sforzò di controllarsi, ma dentro di sè tremava. Be', se lei lo avesse picchiato, trafitto con la spada, preso a mazzate, sarebbe stata una punizione, meritatissima e preziosa.
Ma l'espressione di lei cambiò. Le sue labbra ebbero un tremolio, i suoi occhi divennero liquidi, due dolcissimi occhioni scuri da cerbiatta addolorata. Parlò con voce incrinata dal pianto che tratteneva a stento.
"Ora che hai provato, non ti piaccio veramente? Ti sei già stancato di me? Ti ho deluso? Vuoi andartene?"
Due lacrime orlarono le sue palpebre inferiori, iniziarono a scorrere sugli zigomi.
Gerard voleva interrompere subito quel dolore immotivato. Riuscì, per inciso, a pensare che in quel momento lei era molto, molto più irresistibile di quando era attrezzata di tutto punto con le sue spade, pronta a scatenarsi. Chiunque avrebbe fatto tutto ciò che poteva per rassicurarla e rasserenarla.
Comunque per fortuna si trattava di un equivoco.
"Ma no, amore. Sei meravigliosa, ti adoro, l'eternità non sarà sufficiente per starti vicino. Solo... devo fare la pipì".
Elsa si bloccò, la bocca semiaperta. Dopo qualche secondo gli angoli della bocca si volsero all'insù, poi iniziò a ridere. Si lasciò andare all'indietro sul divano, sussultando mentre lasciava libero sfogo alla sua ilarità. Per il ragazzo era bellissimo vederla così serena ed allegra come mai l'aveva vista prima.
Finalmente lei si calmò, si asciugò le lacrime che le erano sfuggite mentre rideva.
"Be', vai!" disse "Lo sai dov'è il bagno".
Lui si alzò, si girò, si avviò.
Senza gli occhi color acquamarina di Gerard che la guardavano lei si sentì meno timida.
"E poi lavati bene le mani!" gli esclamò dietro. "Devi darmi decine, anzi migliaia di carezze!"
Migliaia di carezze ad Elsa! Gerard pensava che in effetti lei aveva moltissimi meravigliosi posti dove mettere baci e carezze. Mentre si lavava le mani rifletté che avrebbe dovuto farsene venire un bel po', di sensi di colpa.
*Il riferimento è al primo sbarco dell'uomo sulla Luna, il 20 luglio 1969. In quell'occasione ovviamente anche la RAI era collegata e il giornalista incaricato della telecronaca era, appunto, Tito Stagno, che proferì le parole "ha toccato" quando (forse, vi furono anche polemiche sull'esattezza dell'istante) il modulo lunare entrò in contatto col suolo del nostro satellite. Qui si immagina che egli venga richiamato in servizio nell'aldilà per immortalare nella cronaca il primo, attesissimo bacio fra Elsa e Gerard. (NDA)
Angolo autore
Desidero dedicare questo capitolo a tutte le fan (e i fan, immagino che ce ne sia qualcuno) della coppia formata da Elsa e Gerard. Troppo a lungo tenuti sulle spine (la coppia e i fans) benché sia più che evidente che i due si adorano. Ma in Fairy Tail quasi tutte le coppie vengono tenute in "attesa", per così dire. Probabilmente per mantenere viva la curiosità e l'interesse dei lettori (e lettrici, ovviamente). Almeno in qualche fanfiction per fortuna le storie d'amore raggiungono il lieto fine.