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Autore: Puffardella    11/06/2025    0 recensioni
Secondo volume della saga “Il Re della Terra dei Fiordi”
Seguito de “Il Principe del Nord”
Sfuggito all’Orso, il leggendario re dei Germani, Lucio torna a Roma accolto da eroe per aver salvato l’aquila. Ma dietro la gloria si cela un unico scopo: fare carriera e vendicarsi dell’uomo che, crede, abbia ucciso Eilish.
Nel Grande Nord, Chrigel lavora instancabilmente per unificare Caledoni e Germani in un solo popolo, ricucire i legami con i Norreni, nelle cui vene scorre il sangue, e dare un futuro alla sua terra.
Eilish dovrà affrontare il risveglio di un potere antico e imparare a dominarlo, mentre Willigis, esule e guerriero, diventa un mercenario temuto, pronto a stringere pericolose alleanze con Roma.
Intanto, una nuova generazione cresce: figli di sangue misto, segnati dalla magia, dalla forza e da un’eredità troppo grande da portare. La guerra non è finita: è appena cominciata. E il prezzo da pagare sarà altissimo.
Genere: Guerra, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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EILISH
Il vento soffiava impetuoso, rumoreggiando tra le fronde degli alberi e degli arbusti della foresta. Seduta con le gambe incrociate sopra il masso nel centro del torrente, dove lei e Chrigel avevano fatto l’amore il giorno in cui avevano trovato Haki, Eilish offriva il viso alla violenza del vento, e la massa folta dei lunghi riccioli rossi si agitava vivacemente in balia delle raffiche.
Quel tempo rispecchiava alla perfezione la sua anima in tumulto.
Gli uomini che Chrigel aveva mandato sull’isola di Uhi quasi un mese prima erano tornati alla Valle dei Lupi quella mattina. Sebbene Eilish sapesse già cosa avevano trovato e fosse preparata alla tragica notizia della morte del padre, averne la conferma fu per lei comunque sconvolgente.
Devastata dal dolore, era montata su Alba e l’aveva spinta al galoppo, per starsene un po’ da sola ed entrare in comunione con la natura. Aveva quindi lasciato il piccolo Kaleva a Dorina, la giovane balia che in sua assenza si occupava di lui, e si era lanciata in una folle corsa sopra la sua cavalla bianca, attraverso il fitto della foresta.
Ora, seduta sul liscio masso, mentre la voce grossa del vento sembrava voler sfidare quella del torrente, cercava di mettere in ordine la moltitudine di pensieri che le si affastellavano nella mente.
Non riusciva a smettere di pensare che le ultime parole rivolte al padre erano state rancorose, a causa del Romano e del compito sgradito che le aveva affidato, e questa cosa la dilaniava. Se fosse stata come tutte le altre donne, ragionevole e sottomessa, non si sarebbe mai permessa di contrastare il padre, di opporsi alla sua autorità. In quel caso, lui non sarebbe mai stato esiliato e, probabilmente, sarebbe ancora vivo. Di fronte a questa ennesima amara considerazione, sentì una fitta dolorosa al cuore. Si coprì il volto con le mani e cedette alle lacrime.
Se solo avesse avuto Chrigel al suo fianco, avrebbe potuto trovare un po’ di sollievo tra le sue braccia. Ma Chrigel non c’era, e solo gli dei sapevano quando avrebbe fatto ritorno.
Suo marito le mancava ogni giorno sempre di più. Non aveva solo un disperato bisogno di essere confortata da lui, ma anche di ricevere sue notizie, di sapere cosa stesse succedendo al confine.
Era terribilmente preoccupata. Lo conosceva, sapeva che il motivo principale per cui si era affrettato verso il confine era la speranza di trovarvi il Romano, per ucciderlo e placare una volta per tutte la sua fame di vendetta.
Pensò con rabbia all’assurdo appellativo di stregona che la gente continuava ad affibbiarle. Non era una stregona. Se lo fosse stata, avrebbe avuto il potere di mettersi in contatto col regno spirituale, di parlare ancora una volta col padre, chiedergli perdono e fargli sapere quanto lo amava. Oppure di vedere in sogno il marito e accertarsi che stesse bene. Ma lei non possedeva quelle capacità. Oh sì, di tanto in tanto le capitava di avere qualche visione, ma non accadeva mai per sua volontà, piuttosto per volontà di qualcun altro, talvolta uno spirito, talvolta uno stregone, che la usavano come tramite, così come un semplice messaggero viene impiegato per recapitare notizie.
Colta dalla frustrazione, gridò forte e a lungo, unendo la sua voce a quella della natura. Poi si accasciò esausta sul masso e rimase così, immobile, svuotata, i pensieri finalmente chetati, ad ascoltare lo sciabordio dell’acqua che scorreva vivace sotto di lei, mentre il vento caldo le frustava la pelle asciugandole le lacrime sul viso.
Accadde in quel momento, all’improvviso, mentre si trovava in uno stato di torpore, esattamente come la prima volta.
Era successo il giorno della partenza di Chrigel, prima dell’alba, quando nel sonno si era sentita afferrare l’anima da una mano invisibile. Si era svegliata in preda al panico. Aveva avuto appena il tempo di girarsi verso il marito che dormiva al suo fianco, ma non di chiamarlo, di gridare aiuto, nemmeno di capire cosa le stesse accadendo o di opporre resistenza. Tutto era avvenuto con una rapidità incredibile.
Aveva sentito una forza misteriosa afferrarle l’anima e strappargliela via dal corpo. Per un istante era rimasta come sospesa nel nulla, una cosa informe, astratta. Poi si era sentita attratta da qualcuno, o da qualcosa, e un attimo dopo le era sembrato di impattare contro quell’essere per poi entrare in lui, riempirlo della sua essenza, prenderne in qualche modo possesso. Quando aveva aperto di nuovo gli occhi, si era resa conto che quello non era il suo corpo. Ogni percezione — uditiva, visiva e olfattiva — era infatti modificata, amplificata.
Riusciva a distinguere chiaramente ogni singolo odore, che si trattasse di esseri umani, animali o vegetali. Inoltre, era in grado di mettere a fuoco oggetti lontanissimi nonostante la fitta oscurità e, al contempo, di rilevare il più piccolo fruscio, così che niente sfuggiva alla sua attenzione: dall’insetto che si muoveva tra le foglie secche alla civetta che si sistemava meglio su un ramo, a centinaia di metri.
Si era guardata intorno e aveva riconosciuto il cortile della fortezza. Gli uomini stavano facendo i preparativi per l’imminente partenza: le provviste erano già state scrupolosamente ammassate e i cavalli sellati. Qualcuno, al suo passaggio, si era fatto da parte sussultando dallo spavento, qualcun altro le aveva rivolto parole amichevoli. E poi, tra gli uomini, aveva visto Wolfgang.
Aveva provato a chiamare il Germano, ma dalla sua gola era uscito un rantolo appena udibile. Spaventata dall’incapacità di formulare parole, le era nato spontaneo un grido in gola e, quando aveva provato a tirarlo fuori, il silenzio della notte era stato spezzato da un ululato singolare, goffo, che non aveva spaventato gli uomini — anzi, aveva strappato loro risate e parole di scherno.
E allora aveva capito.
Nell’istante in cui aveva realizzato di essere nel corpo di Haki, si era sentita nuovamente afferrare dalla stessa forza misteriosa, e un secondo più tardi si era ritrovata nel suo corpo, seduta sul letto, ansimante, col cuore che le batteva furioso nel petto.
Chrigel continuava a dormire ignaro al suo fianco, e Kaleva nella sua culla. Ma di Haki non c’era traccia. Eilish si era allora alzata e si era precipitata sulla balconata che si affacciava sul cortile, dove gli uomini stavano completando gli ultimi preparativi per la partenza. I cavalli erano già stati sellati e raccolti nella piazza all’ingresso, proprio come aveva avuto modo di vedere un attimo prima attraverso gli occhi del lupo. E infatti, Haki era proprio lì, in mezzo agli stalloni, seduto accanto al cavallo del re.
Eilish aveva provato a chiamarlo, ma il lupo l’aveva ignorata. Si era grattato dietro l’orecchio, si era dato una scrollata ed era rimasto al suo posto, vicino al cavallo di Chrigel, a pochi passi dal massiccio portone della fortezza, pronto a mettersi in viaggio insieme agli altri.
E ora sentiva che stava per accaderle di nuovo.
«Oh no, non di nuovo, non ora…» sentì se stessa lamentarsi debolmente, mentre cercava di sollevarsi sulle braccia, di opporre resistenza.
Ma fu tutto inutile. Di nuovo, esattamente come la prima volta, non le fu possibile contrastare la forza misteriosa che la costringeva a quella terribile esperienza. Venne prepotentemente risucchiata via dal suo corpo e scaraventata verso quello di Haki, nel quale entrò dopo aver velocemente attraversato il nulla.
Aprì gli occhi annaspando nella sua nuova forma. In preda al panico, girò impacciata su se stessa un paio di volte e provò a gridare, ma di nuovo tutto quello che uscì dalla sua gola furono guaiti e latrati impacciati. Solo allora si rese conto che degli uomini la osservavano, tra lo spaventato e il divertito.
Uno spiccava in mezzo a tutti per l’imponente statura. L’uomo la guardava confuso e irritato, ed Eilish ebbe un tuffo al cuore nel riconoscerne i tratti severi e tanto amati.
«Chrigel…» alitò.
Ma tutto quello che il marito poté sentire fu un debole suono inarticolato.



CHRIGEL

«Che gli prende?» chiese Ludwig, indicando con un cenno del capo il lupo grigio che da un po’ aveva iniziato a comportarsi in modo ancora più stravagante del solito.
Chrigel soffiò aria dalle narici, visibilmente irritato. Non gli era mai piaciuto quel maledetto lupo, e ancor meno gli andava di esserselo dovuto portare dietro. Non lo capiva, non si fidava di lui, e ora stava diventando un fastidioso intralcio. Se non fosse stato per il legame insolito che si era creato tra Eilish e l’animale, se ne sarebbe liberato volentieri. Ma non avrebbe mai fatto un simile torto alla moglie, a meno che non fosse stato strettamente necessario.
«Lascialo perdere, Ludwig. Abbiamo questioni più urgenti da affrontare che perdere tempo con le stranezze di quella bestiaccia.»
«Va bene, ma… è pericoloso?» volle essere rassicurato l’anziano guerriero.
Chrigel fissò l’animale con durezza. «Sarà meglio per lui di no, altrimenti avrò un valido motivo per sbarazzarmene definitivamente.»
Haki sembrò cogliere il senso delle parole, perché all’improvviso smise di girare su se stesso e di latrare. Si accucciò al suolo, infilando la testa tra le zampe, con uno sguardo sottomesso e remissivo.
Erano passate più di quattro settimane da quando Chrigel e i suoi uomini avevano lasciato la Valle dei Lupi. Giunti al confine, lo avevano percorso in tutta la sua lunghezza, dalla costa del Mare del Nord fino alle Montagne Azzurre, e ciò che avevano visto li aveva lasciati sbigottiti e inquieti.
I Romani avevano scavato profondi fossati lungo tutta la linea, come Ludwig aveva già riferito tempo prima, e in vari punti – soprattutto verso la costa – sul versante interno dei fossati avevano iniziato a innalzare un massiccio muro in pietra calcarea.
Sembrava evidente che stessero costruendo un limes, eppure l’idea che volessero davvero erigerlo lungo l’intero confine appariva quasi incredibile.
Quali erano le loro intenzioni? Tagliarli fuori, separarli definitivamente dal resto della Britannia? E perché? I Germani avevano smesso da decenni di compiere incursioni nei villaggi britannici e non rappresentavano più alcuna minaccia per la colonia romana.
Queste erano le domande alle quali lui e i suoi uomini stavano cercando di dare risposte prima che il lupo decidesse di farsi una danza su se stesso, mugolando e lagnandosi come una femmina di uomo, distraendo tutti dallo scopo dell’adunanza improvvisata tra i boschi sulle pendici delle Montagne Azzurre, dove Chrigel aveva deciso di accamparsi.
«Va bene, stanno costruendo un muro. Magari vogliono solo spaventarci, dimostrare quanto sono organizzati, mettersi in mostra come fanno di solito.
Oppure è una mossa strategica. Prima chiudono ogni possibile via di fuga, poi ci attaccano via mare da Nord, dove le coste sono basse, per spingerci verso il confine e schiacciarci da ogni lato. Il problema è che, finché restiamo spettatori dalla parte sbagliata del confine, non potremo saperlo con certezza…» disse Chrigel, riprendendo il filo del discorso interrotto.
«Che proponi di fare?» domandò Ludwig.
Chrigel tacque qualche istante. Era da giorni che quell’idea gli ronzava in testa come un insetto fastidioso, ma sapeva che suo zio non l’avrebbe approvata e che, anzi, si sarebbe opposto con ogni fibra del corpo. Ecco perché aveva atteso prima di condividerla con lui e con gli altri.
«Bisogna entrare in Britannia. Raccogliere informazioni tra i nativi…»
Come aveva previsto, quelle parole sollevarono un coro di dissensi. Perfino Haki riprese ad agitarsi, guaendo e girando su se stesso come se avesse colto il senso della proposta e volesse manifestare il proprio disaccordo. Chrigel lo fulminò con lo sguardo, ma subito si voltò verso i suoi uomini, pronto ad ascoltare le loro obiezioni.
«È troppo rischioso, Chrigel. Ci riconoscerebbero all’istante…» protestò Wandrulf, il giovane Adelingo rimastogli devotamente al fianco per tutti quegli anni.
«Questo è scontato» ammise Chrigel, provocando un altro borbottio di disapprovazione.
«Sei forse impazzito, nipote? Vuoi davvero entrare nella tana dei lupi per offrirti in pasto?» lo affrontò Ludwig, indignato.
«Sto dicendo…» Chrigel alzò la voce per farsi sentire in mezzo al brusio crescente «… che dobbiamo sapere cosa diamine stanno facendo i Romani. E gli unici ad avere queste informazioni sono dall’altra parte del confine.
Sì, siamo Germani, e questo non si può nascondere. Ma non è detto che debba essere per forza un ostacolo. A quanto pare, molti dei nostri in questi giorni hanno scelto di passare il confine», aggiunse, lasciando trasparire tutto il suo disprezzo. Si riferiva ai Germani che avevano abbandonato il Grande Nord per unirsi ai mercenari di Willigis o, peggio ancora, per vivere sotto il giogo romano, attratti forse dalla promessa di una vita più comoda.
«Forse hai ragione, Chrigel. Ma se vogliamo che questa impresa abbia una possibilità di riuscita, tu non devi andare. E nemmeno tu, Ludwig. Sareste riconosciuti subito, sono in troppi a conoscervi» intervenne allora Wandrulf.
Chrigel annuì. «Ludwig non verrà, infatti» dichiarò, ma suo zio non parve prenderla bene.
«Se io sono riconoscibile, tu lo sei anche di più, nipote. Wandrulf ha ragione: potrebbe funzionare, ma solo se tu ed io restiamo da questa parte del confine.»
«Sai che non posso farlo, Ludwig. E sai anche perché non posso permettere che tu venga con me.»
«Accidenti a te, Chrigel! Se dovessero riconoscerti, se ti catturassero, o peggio ancora ti uccidessero, saremmo tutti fottuti, lo capisci?»
«È una cosa che devo fare, zio, lo sai bene anche tu. E poi, chi dovrebbe riconoscermi? Sono anni che non metto piede in Britannia. L’unico Romano in grado di identificarmi è anche il motivo per cui non posso delegare questo compito a nessun altro. E quanto ai Germani traditori… che trovino il coraggio di guardarmi in faccia, di affrontarmi di persona!» concluse Chrigel, digrignando i denti con ferocia.
«Chrigel, io non credo che dovresti…» cominciò Wandrulf, ma Chrigel lo interruppe bruscamente.
«Basta così! Ho deciso. E non intendo discuterne ancora!»
«Dannazione, Chrigel! Cosa dovrei dire a tua moglie se ti accadesse qualcosa? Le ho giurato che ti avrei riportato da lei sano e salvo!» protestò Ludwig.
«Non avresti dovuto farle nessuna promessa, sapendo quanto fosse poco onesta,» ribatté Chrigel, tagliente.
«E tu? Non le hai forse promesso la stessa cosa? Che saresti tornato presto da lei? O sbaglio?» ribatté Ludwig.
Chrigel sbuffò, spazientito. Era naturale che suo zio facesse di tutto per dissuaderlo, ma che usasse Eilish a tale scopo lo irritava profondamente.
«Tornare da mia moglie e da mio figlio è tutto ciò che desidero, zio. Ma questa non è una cosa che voglio fare: è una cosa che devo fare. Sono io il re, e spetta a me proteggere e salvaguardare il nostro popolo. Se mandassi altri al mio posto e fallissero, se venissero scoperti, saremmo comunque fottuti, perché non avremmo più alcuna possibilità di entrare in Britannia per raccogliere informazioni.
In quel caso, zio, come potrei convivere con la vergogna di aver delegato a qualcun altro una responsabilità così importante?
Farò il possibile per essere prudente, per raccogliere le informazioni che ci servono e tornare tutti alle nostre famiglie, a casa, dove riuniremo  i clan per decidere tutti insieme sul da farsi. Questa è la promessa che ho fatto a mia moglie. Non ho usato parole ingannevoli, e ti assicuro che lei ha capito bene ciò che intendevo. Sa che, come re, ci sono e ci saranno sempre dei rischi che devo affrontare.»
Ludwig rimase in silenzio per un lungo istante, lo sguardo intenso e velato di inquietudine. Chrigel, che lo conosceva bene, intuì a cosa stesse pensando e se ne dispiacque.
Lo zio gli si avvicinò ulteriormente, chinando la testa fino quasi a sfiorare la sua. «Se vedi mio figlio… ti prego, nipote. Non nascondermelo,» mormorò piano, di modo che solo lui potesse sentire.
Chrigel annuì. «Non lo farò, Ludwig. Te lo prometto,» rispose, sollevato che non gli avesse chiesto, invece, di risparmiarlo. In quel caso, non avrebbe saputo cosa dire.
 
***
Quando Chrigel e Wandrulf entrarono nel villaggio britannico che i Romani chiamavano Trimontium, il sole era nel punto più alto del cielo. Il resto degli uomini era rimasto ad attenderli sotto l’ombra di una faggeta a poche miglia dal villaggio, al riparo dalla calura estiva.
Fino a quel momento tutto era filato liscio, a parte il piccolo inconveniente di quella mattina, prima della partenza, quando Chrigel aveva dovuto legare Haki — che si era nuovamente messo in testa di seguirlo — al tronco di un albero. Per il resto, non avevano avuto altri problemi. Superare il confine non si era rivelato difficile: i lavori dei Romani proseguivano con una logica lineare ma non omogenea, e trovare un varco non sorvegliato era stato più semplice del previsto. Inoltre, le poche persone incontrate lungo la strada non avevano mostrato particolare interesse nei loro confronti — probabilmente perché, di quei tempi, i nativi erano ormai abituati alla presenza dei Germani su suolo britannico.
Le cose, però, cambiarono radicalmente non appena misero piede nel villaggio.
Al loro passaggio, tutti si fermavano a guardarli. I più audaci lo facevano con evidente disprezzo, tanto che Chrigel cominciò a chiedersi se fosse stato saggio lasciare gli uomini indietro.
Raggiunsero una locanda al centro del villaggio — luogo d’incontro degli uomini di quelle parti e quindi il posto migliore dove reperire informazioni. Chrigel la conosceva bene: ci era stato decine di volte, in passato. Smontarono dai cavalli e li legarono a un palo.
All’improvviso, Wandrulf sghignazzò e Chrigel lo guardò con curiosità.
«Ti ricordi quella volta che venimmo qui imbrattati di sangue?» gli chiese.
Anche Chrigel rise al ricordo. «E come potrei scordarmelo? Rubammo un capretto a un contadino, lo squartammo e ci coprimmo di sangue. Poi entrammo nella locanda e dichiarammo di aver sbranato metà degli abitanti del villaggio, e che avremmo fatto lo stesso con i presenti se non si fossero tolti di mezzo in un lampo.»
«Scapparono come topi impazziti, e il locandiere si infuriò come una belva. Minacciò di chiamare le guardie romane se non fossimo andati via subito. Lo facemmo, ma prima ci scolammo tutta la birra che riuscimmo a ingurgitare. Quando ce ne andammo, non ci reggevamo in piedi. Tu ci mettesti delle ore a salire in sella. Per la barba di Odino, i Romani quasi ci catturarono sul serio, quella volta. Quanti anni fa sarà stato? Dieci?»
«Di più. Tu avevi appena l’ombra della barba e io andavo a caccia da un paio d’anni appena.»
«Fu di Willigis l’idea, se non sbaglio…»
Il sorriso di Chrigel svanì, le mani si serrarono a pugno. Da ragazzi, lui e suo cugino compivano spesso incursioni nei villaggi britannici, a volte insieme ad altri giovani, ma spesso da soli.
Si divertivano a terrorizzarne gli abitanti, ma il vero scopo di quelle incursioni giovanili era un altro. Erano incuriositi dai Romani, desiderosi di osservarli da vicino, di spiarli, di entrare nella loro tana e lasciarvi il proprio segno, per disprezzo, certo, ma anche per domare la paura che in fondo avevano di loro e che continuavano a covare, sebbene li avessero già sconfitti una volta.
Ripensare a quei giorni di giovanile spensieratezza, quando il legame con Willigis sembrava indissolubile, gli procurò un dolore sordo.
«Sì, fu sua l’idea,» rispose infine, con tono amaro.
«Chrigel… tu ci credi, a quello che si dice in giro? Che Willigis si sia messo al servizio dei Romani?»
«Non lo so, Wandrulf. Ma è una delle cose che spero di scoprire in questi giorni.»
«Io no. Non ci credo. Non può essere vero. Che senso avrebbe? Willigis era con noi, abbiamo combattuto i Romani insieme, spalla a spalla, solo pochi mesi fa. È quasi morto per mano loro, dannazione! Dovrebbe essere impazzito per cadere così in basso.»
Chrigel soffiò aria dalle narici, ma non rispose. Si limitò ad annuire debolmente e poi entrò nella locanda, curvandosi per non sbattere la testa contro l’architrave della porta.
Tutti tacquero e si girarono a guardarli. Alcuni abbassarono subito lo sguardo, intimoriti. Altri continuarono a fissarli con astio. Chrigel si chiese il perché di tanto odio. Non si aspettava certo un’accoglienza calorosa, ma in genere i Britanni riservavano ai Germani una cordiale indifferenza. Diffidenza, sì, ma non ostilità aperta.
Cercò di ignorare quegli sguardi e si diresse verso il bancone, dove il locandiere — lo stesso di sempre, anche se ora con i capelli ingrigiti — li osservava serio, visibilmente infastidito dalla loro presenza.
Uno degli uomini seduti vicino alla porta sputò rumorosamente a terra.
«Ecco dei nuovi bastardi!» disse. La voce non era alta, ma nel silenzio glaciale le parole rimbombarono con chiarezza.
«Cosa hai detto, Britanno?» chiese Wandrulf, minaccioso. Si voltò verso l’uomo, che però non sembrò affatto intimidito.
«Ho detto...» replicò quello, alzandosi e avvicinandosi «...ecco dei nuovi bastardi.»
Chrigel vide Wandrulf stringere i pugni e serrare le mascelle, pronto a spaccargli la faccia, ma lo anticipò: gli afferrò un braccio e scosse lievemente la testa. Il guerriero si trattenne e, sospirando, riprese a muoversi verso il bancone.
«Bastardi e traditori. Perfino le vostre madri si vergognano di aver partorito feccia come voi,» continuò l’altro.
A quel punto, Wandrulf perse la pazienza. Si voltò di nuovo per avventarsi sull’uomo e Chrigel dovette intervenire una seconda volta. Cinse l’amico con entrambe le braccia e lo sollevò di peso, per allontanarlo e frapporsi tra lui e il Britanno, che guardò ora con ferocia.
«Vuoi farti ammazzare, idiota? Vattene, prima che ti strappi la testa dal collo con una mano sola.»
«No, siete voi che dovete andarvene. Tutti voi. Via dalla nostra terra, traditori!»
«Traditori?» ribatté Chrigel, accigliandosi.
«Traditori della vostra gente e del vostro re. L’unico Germano degno del rispetto di un Brigante!»
«Ma di che parli?» chiese Chrigel, confuso.
«Voi mi fate rabbia. Il vostro re ha umiliato i porci romani, e voi lo ripagate tradendolo e schierandovi con loro. E per cosa? Per denaro!»
«E tu che ne sai del re dei Germani?»
«So quello che basta. Che li ha già messi in ginocchio una volta, e che presto arriverà anche qui, in Britannia, per sconfiggerli di nuovo…»
Chrigel sghignazzò sarcastico. «E perché mai dovrebbe combattere le vostre guerre?»
«Lo farà perché i Romani non gli daranno altra scelta. Per questo costruiscono quel dannato muro: per istigarlo. E quando l’Orso arriverà, farà a pezzi anche voi, luridi traditori.»
A quel punto Chrigel lo affrontò da vicino, torreggiando su di lui. «Dici di essere un Brigante, ma i Briganti non esistono più. Sono morti il giorno in cui si sono arresi al loro tiranno. Sei tu quello che dovrebbe vergognarsi. Se sei stufo dell’invasore, combatti. Non aspettare che sia qualcun altro a farlo per te.»
«Basta così, Randolf. Fuori dal mio locale!» intervenne finalmente il locandiere.
«Tu mi fai più schifo di loro, Alden! Pensi che non lo sappia? Tutti sanno che fai affari con quel bastardo del Rinnegato. È qui che il Germano traditore recluta i suoi uomini, usando te come tramite. Ma sì, tranquillo, me ne vado! E puoi star certo che in questa bettola non metterò mai più piede!» ringhiò, puntandogli un dito contro. Poi si voltò ed uscì, seguito da un paio di altri avventori.
«Qualcun altro vuole seguirlo?» chiese il locandiere, lanciando uno sguardo circolare. Tutti abbassarono la testa e tornarono a ciò che stavano facendo.
«Fareste meglio ad andarvene anche voi due. Gli animi si sono accesi e non voglio seccature nel mio locale» disse loro quando si furono avvicinati al bancone, lanciando una rapida occhiata indagatrice a un gruppetto di uomini seduti a un tavolo poco distante, che avevano iniziato a confabulare a voce bassa.
«Ce ne andremo quando avremo bevuto» replicò Chrigel.
Il locandiere sbuffò infastidito, ma servì loro comunque della birra in grossi boccali di coccio.
«Qualcosa mi dice che non siete qui solo per bere. Che cosa volete?»
«Non è chiaro?»
«Niente è più quello che sembra, ultimamente. I Romani fanno guerra ai Germani, che fanno guerra ad altri Germani, che si alleano con i Romani... Voi quali Germani siete?»
«Abbiamo sentito dire che i Romani assoldano chiunque sia disposto a mettere la spada al loro servizio. A quanto pare, il tizio con cui devo parlare è chiamato il Rinnegato. Dove posso trovarlo?» andò dritto al punto Chrigel, ignorando di proposito la domanda insidiosa.
Il Britanno scoppiò in una fragorosa risata di pancia.
«Sei proprio un idiota se pensi di poter andare tu da lui. Credi che il Germano sia così sprovveduto? È odiato dalla sua gente, da tutti i Britanni e, probabilmente, dagli stessi Romani che lo hanno ingaggiato. Nessuno sa dove sia la sua tana. Non funziona così: non sei tu a poter andare da lui.»
«E allora come funziona? Come faccio a incontrarlo?»
«E chi ti dice che lui voglia incontrarti? Perché dovrebbe farlo? Di uomini al suo comando ne ha fin troppi.»
«Forse. Però non ha me» disse Chrigel con spavalderia, allargando le braccia per sembrare ancora più imponente di quanto non fosse già.
A quel punto, lo sguardo del Britanno si fece più attento e si fissò sulla cicatrice che solcava il volto di Chrigel.
«Che ti sei fatto all’occhio?» volle sapere.
Chrigel si irrigidì. Aveva forse scoperto la sua identità? «Perché?» rispose, sospettoso.
«Sai, qualcuno dice che quel maledetto muro che stanno costruendo i Romani prima o poi attirerà l’Orso da queste parti. Questo qualcuno racconta che l’Orso sia un bestione alto più di sei piedi, con una brutta cicatrice sull’arcata sopraccigliare. Sempre lo stesso qualcuno ha messo una taglia sulla sua testa, e ti assicuro che la ricompensa è davvero molto generosa...»
Fu allora che Chrigel si lasciò andare a sua volta ad una grassa risata.
«Di cicatrici ne ho a decine in tutto il corpo, perfino in punti che di solito non mostro in pubblico. E non sono molto diverse da quelle sue...» disse indicando Wandrulf, che ghignò mostrando una piccola cicatrice sulla guancia sinistra, «... o da quelle di qualsiasi Germano che abbia l’età per andare a caccia.
O magari hai ragione tu, e io sono davvero chi pensi che sia. Ma se fosse così, credi davvero che un ometto insignificante come te possa anche solo pensare di catturare uno come l’Orso, uno abituato a prendere a calci nel culo i Romani?
Ma vedi, non ha importanza. Non devi starti a preoccupare di questo. Quello che conta è che, chiunque io sia, è chiaro che faresti un gran favore al Rinnegato, se lui mi incontrasse. Tu ci guadagneresti in ogni caso» concluse.
Il locandiere ci rifletté su a lungo, gli occhi ridotti a due fessure.
«Gli farò avere il tuo messaggio. Torna domani a quest’ora. Ti darò la sua risposta» disse infine.
   
 
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