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Autore: whitemushroom    17/06/2025    3 recensioni
Un investigatore della Santa Sede indaga sulla scomparsa di un potente magus, muovendosi in una Roma distorta, più interessata a proteggere i propri segreti che a rivelarli. In un' isola poco lontana Njal, un giovane turista, perde una persona di a lui cara e scopre che qualcosa, nel suo corpo, inizia a non comportarsi come dovrebbe.
Il primo ha dedicato la sua intera vita alla caccia di uomini e creature sovrannaturali, il secondo si ritrova suo malgrado in un universo di cui nemmeno conosceva l'esistenza; eppure entrambi rincorrono fantasmi presenti e passati sulla scia di qualcuno che, come un pittore, lascia la sua Firma su degli eventi di cui è impossibile rimanere soltanto passivi spettatori.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Sicuro che sia la strada giusta?”
“No”.
“Fantastico…”
Njal fece seguire il commento da un sospiro stizzito, guardando da tutte le parti alla ricerca degli Scarti.
Hector aveva rigettato categoricamente la sua proposta di portarlo sulle spalle con l'ausilio della sua parte Duraharn, col risultato che adesso sulla loro fedina penale vi era un secondo furto di automobile. L’abitacolo della Smart era microscopico, stretto e gli mancava anche l'aria, ma la minuscola macchina si era incuneata in delle stradine dove il precedente veicolo non sarebbe entrato. Se non fosse stato per la paura degli Scarti avrebbe aperto il finestrino; l'odore di Hector nello spazio chiuso stava diventando intossicante, e nonostante l'altro avesse il controllo sulla sua trasformazione, il ricordo del bicchiere di sangue gli risaliva lungo la gola ad ogni buca in cui incappavano. Accese l'aria condizionata per disperazione, ma non bastò ad attenuare la sensazione e pregò solo di arrivare presto a destinazione. Ta’firi aveva riportato che la Convergenza - qualunque cosa fosse davvero - si trovava nel punto più alto dell'isola, l'area di contatto con l'energia del sole nero, e il magus aveva annuito e si era lanciato lungo una serie di strade. Le sue pupille si erano ridotte a delle fessure, ed era chiaro che stesse cercando la strada giusta connettendosi al piccione, con il fastidioso risultato che il ragazzo non era sicuro che il magus fosse realmente cosciente o in grado di intavolare una conversazione.
O forse il rispondergli a monosillabi era il risultato del loro diverbio su Fina.
La sagoma di uno Scarto si manifestò da oltre una curva, e per evitarlo Hector prese la strada con una tale velocità che il ragazzo si vide schiantato contro il lato del monte, tanto che la borraccia che teneva tra le mani cadde giù dal sedile e rotolò ai suoi piedi.
“Madre delle Onde, ma che modo di spostarsi è questo?” brontolò Ta’firi non appena la recuperò “Hym, se proprio volessi schiantarti da qualche parte, possiamo buttarci giù dalla scogliera? Lì almeno c'è il mare!”
Grazie al cielo il magus nemmeno rispose, limitandosi a serrare la mandibola ed a sfrecciare da una parte all'altra della lunga strada circolare che, da quanto il ragazzo aveva intuito, scivolava come un anello intorno a tutta Ischia, un po’ come una versione in miniatura della Ring Road dell’Islanda.
Lui e Astrid avrebbero voluto fare il giro dell’Islanda in macchina, una volta che fossero diventati un po’ più pratici con la guida. E di nuovo l'idea che quel Maithe l'avesse presa in braccio gli fece venire voglia di prendersi l'aria a forza e di spaccare il finestrino a mani nude. “Ta’firi, pensi che Fina possa tenderci una trappola?”
“Certo!”
La voce della creatura era sempre squillante, ed il contrasto con la coltre di silenzio di Hector creava un’alchimia che avrebbe potuto definire come insopportabile. “È un Darrig! Loro vivono per creare trappole. Tessono, Tessono, tessono, tutto il tempo a tessere tele. Talvolta solo la mente di Caelamun riesce a sbrogliarle tutte, ma dove c'è un Darrig c'è una trappola senza alcun dubbio!”
“E cosa dovremmo fare?”
“Cercare di non morire mi sembra un buon inizio”.
“Wow…”
La macchina sobbalzò di nuovo, stavolta sopra un ponte così piccolo che il ragazzo si chiese come facessero due macchine a passarvi in contemporanea, grato che nessuna si fosse fermata proprio in quel punto. Si avvinghiò al sedile, indeciso se pregare che Hector rallentasse o che arrivasse prima alla meta.
Nonostante le dimensioni microscopiche dell’abitacolo gli impedissero di vedere il cielo, la presenza del sole nero sembrava farsi sempre più gravosa, come se ad ogni metro che guadagnavano in quota, l’astro attirasse qualcosa di lui. Il suo cuore, il cui battito era diventato ormai impercettibile, dava l'impressione di volergli uscire dal petto.
Nel buio e nello spazio ristretto, col corpo che stava facendo l'impossibile per liberarsi dalle briglie, il silenzio si faceva ancora più schiacciante, quindi strinse di nuovo la borraccia. “Ta’firi, aiuterebbe tantissimo se mi dicessi qualcosa di più su Fina…”
“E cosa vuoi che ti dica? Credo che nessuno, alla Corte di Giada, faccia i salti di gioia all'idea di avere a che fare lui. Cioè, già per natura i Darrig sono dei parassiti infidi e non sai mai chi sarà la loro prossima vittima, ma lui è ancora più pericoloso. Potrei dirti che tra lui e Woodshard è guerra senza quartiere dai tempi del Tramonto, ma in generale credo che solo gli altri Darrig non lo temano. Gode della benevolenza e delle confidenze della nostra sovrana Titania, la Neve Sottile, e non c'è Maithe che non sia convinto che questo lo renda ancora più insopportabile e pieno di sé di quanto già non fosse in origine” disse “E poiché i Darrig preferiscono agire alle spalle, proprio come la loro natura, il fatto che abbia deciso di mostrarsi può voler dire solo due cose…”
Njal esitò, poi rispose “Si sente sicuro di vincere…”
“...o si sente alle strette”.
Njal strinse le palpebre mentre il suo compagno di viaggio imboccava una salita chiaramente troppo complessa per la piccola Smart.
Fina si era dimostrato molto sicuro di sé. Ne aveva convenuto anche Vex. Aveva mostrato baldanza ma anche leggerezza nel loro scontro, e solo la presenza di Hector aveva impedito che il Darrig finisse spiaccicato contro un terrazzo dalla forza brutale e senza limiti del suo nemici.
“Io propendo per la seconda, se dovessi scommettere qualcosa”.
Fissò la borraccia, quasi risvegliandosi dai suoi pensieri. “Perché lo dici?”
Dall’oggetto, la voce cristallina della Daoine Maithe tintinnò. “Sciocchino di un Duraharn, mi sa che la tua Evoluzione ha avuto qualche problema! Nessuno si sentirebbe sicuro di vincere contro gli Scaevola, lo sappiamo persino noi! Siete i Duraharn più pericolosi, i Riflessi di Vox Scaevola, un Figlio di Danu. E secondo me Fina non si sente tranquillo, specie perché lo sanno anche i sassi che gli Scaevola cacciano insieme; e non mi pare di aver visto Hawke Scaevola in giro, il che mi fa pensare che Fina tema di trovarsi un secondo predatore sotto il naso da un momento all'altro. O un terzo, visto che ci sei anche tu!”.
“Non mi contare come uno di loro”
“Sei uno di loro, caro. Un netto miglioramento rispetto ad un hym, come ti ho già detto. Se il magus maleodorante qui vicino smettesse di tenerti al guinzaglio, saresti perfetto!”
Hector fece finta di non aver sentito.
Nonostante il dialogo, il ragazzo aveva cercato di seguire la strada con la mente. L'asfalto sotto di loro si era snodato lungo quelle che a tutti gli effetti erano le pendici di un monte. Si erano lasciati alle spalle un piccolo agglomerato di case, un centro abitato discreto e semplice, e man mano che la salita si era resa più impervia il paesaggio abitato era andato sparendo: ogni tanto qualche casa isolata proiettava le proprie forme nel percorso, con cancelli semi aperti dove senza ombra di dubbio gli Scarti ancora allignavano e con sagome inquietanti di nani da giardino che rendevano l'ambiente ancora più spettrale. Oltre le abitazioni, una vegetazione scomposta si affacciava intorno alla via, inghiottendo recinti e cancelli fatti di reti di materasso e bastoni.
Dopo un periodo di tempo non determinato gli parve che la strada finisse praticamente dentro una abitazione, ma all'ultimo il magus voltò a sinistra, rivelando un sentiero che soltanto il suo piccione avrebbe potuto inquadrare. C'erano dei cartelli in italiano che indicavano qualcosa, ma si concentrò sul suo povero stomaco quando il semiasse della vettura si sollevò e mandò un tonfo sordo nell’impatto con una salita fatta di un cemento irregolare e pensato per mezzi di trasporto molto meno cittadini. La salita era microscopica, ma così erta da fargli temere che la Smart sarebbe caduta all'indietro alla prima accelerazione sbagliata di Hector. Quando sulla destra trovarono un parcheggio e l'uomo vi entrò, Njal aprì la portiera e prese aria prima ancora che l'altro girasse la chiave.
Vi era almeno una decina di vetture tra automobili e motorini. Quello che aveva tutta l'aria di essere un vecchio quad era parcheggiato in malo modo in un angolo, ed era chiaro che fosse stato utilizzato per trasportare qualcosa di pesante. I confini del parcheggio erano arbusti e rovi così spessi da non lasciare alcuno spazio, e una sensazione di disagio lo afferrò; si accorse che la sciarpa si era allentata e se la strinse nella speranza di coprire gli odori.
Un sentiero si inerpicava verso l’alto. Un punto ristoro con tavoli in legno e tronchi d’albero usati come sedie dava l'idea di essere stato inghiottito dalla Notte nel pieno della sua attività, perché alcuni gelati erano caduti lungo i tavoli, scartati, con l'interno incrostato contro la superficie piana. Delle bottigliette di plastica aperte costellavano l'intero punto, e da sotto il frigorifero ormai privo di corrente, una pozza di acqua e liquidi senza dubbio appiccicosi colava fino ai loro piedi.
Un cellulare era abbandonato su un tavolo.
Era chiaro che gli Scarti fossero gli abitanti di Ischia. Non ci si era soffermato con la mente perché non aveva fatto altro che correre da una parte all'altra, ma quando si era trovato assediato da quelle creature e ne era entrato in contatto, i frammenti dei loro ricordi si erano affacciati nella sua mente e ne aveva assaggiato l'essenza. Ricordava nitidamente la chiesa, le panchine, anche il piazzale visto con gli occhi delle vittime sotto il sole vero ed il cielo azzurro. La Notte aveva lasciato solo ombre, polvere e cenere nera come il sole che era sorto; forse era stata proprio la forza del sole a carbonizzare gli abitanti dell'isola, lasciandone quegli Scarti affamati ed un buio da cui era riuscito a sopravvivere per una strana serie di eventi che avevano ancora dell'impossibile.
E su quel monte, che i cartelli indicavano con il nome “Epomeo”, molto probabilmente intere famiglie erano state inghiottite dalla Notte. Ancora più del timore di incontrare i loro Scarti, il cuore gli si strinse per la furia, proprio come era successo nella casa in cui lui e Hector avevano trovato rifugio.
Un grosso cartello indicava una serie di sentieri che si snodavano dal punto in cui avevano parcheggiato, ma quando voltò la testa per vedere meglio, il cellulare sul tavolo squillò.
Si ricordò di quello che era successo nella sua camera del Bed, e parte di lui si avvicinò all'oggetto con il desiderio di prenderlo e scaraventarlo sull'asfalto.
L'altra parte lasciò che Hector scattasse in avanti, gli rivolgesse uno sguardo interrogativo e, al suo assenso, rispondesse.
“Sono davvero contento che abbiate risposto! Pensavo che dopo la volta scorsa non avreste più abboccato a questo vecchio trucco!”
La voce di Fina gracchiò da oltre il cellulare. Njal si morse la guancia, ricordando il cadavere nel Bed ed il telefono inquietante da cui era uscita una voce che aveva parlato in una lingua sconosciuta. In quel momento, col cellulare mezzo distrutto e con l'audio discutibile, si rese conto di riconoscere nella voce che li stava prendendo in giro la stessa che aveva udito nel momento in cui il sole nero era sorto.
Per poco non strappò il telefono dalle mani del magus. “Fina, faresti meglio a liberare subito Astrid! Altrimenti… ”
“Altrimenti cosa?”
La voce del Darrig si distorse. Fu seguita da una risata a metà, sghemba. “Per favore, piccolo Duraharn, illuminami. Sei convinto di venire a prendere qualcosa di mio con i tuoi patetici dentini?”
“Astrid non è…”
“Ciò che prendo, è mio. Direi che è il momento di fartene una ragione. Oppure no?” disse. “Come ti ho detto, potresti comunque lavorare per me! Mi manca un Duraharn alla collezione, ed uno Scaevola sarebbe un pezzo raro. Potresti persino vivere e vedere il destino della tua principessa, non è un cattivo affare!”
Se Hector non avesse tenuto a freno il suo cuore con i suoi strani poteri, probabilmente lo avrebbe sentito battere abbastanza forte da scoppiare. “Vieni qui che ti ammazzo…”
“Perché non vieni tu su, Njal? Non ho le scarpe adatte per scendere. E poi non sei interessato a raggiungere la Convergenza? Potremmo discutere comodamente qui sopra, oppure potrai cercare di farmi cambiare idea con le tue maniere da Duraharn bruto che purtroppo hai ereditato da Vex. Ovviamente puoi portarti dietro quel magus patetico e fallito che ti tiene al guinzaglio. In due non fate un avversario normale!”
Il giovane guardò il sentiero che si snodava verso l'alto, quasi ad immaginare la figura dell'avversario sbucare da qualche parte a portata d'occhio o di pugno, ma la stradina era incredibilmente erta e la Notte sembrava avida anche del più piccolo movimento. Gli parve di sentire sottili pulsazioni gelide, proprio come il ghiaccio con cui Fina si era protetto, ma forse era soltanto un'illusione causata dalla voglia disperata di prendere quell’avversario per il collo e staccarglielo. Si trovò persino a rimpiangere la mezza maschera strafottente di Vex.
“Ah, mi ripassi un attimo Hector?”
Il magus si irrigidì. “Njal, chiudi la chiamata!”
“Che c'è, non vuoi che il tuo amichetto sappia la verità? Perché mi ci gioco il mio nuovo ospite che non gli hai detto bene come stanno le cose. Io non sarò un baluardo di onestà, me ne vanto, ma tu…”
Con una velocità che non si sarebbe mai aspettato dall'altro, il magus scattò e gli afferrò il cellulare. Lo buttò contro un masso, ma le ultime parole di Fina rimbombarono nel sentiero come se tutti i megafoni del mondo si fossero divertiti ad amplificare il concetto. “... potevi fermare la Notte e non lo hai fatto!”
L'attimo dopo lo schermo esplose in mille schegge e l'oggetto si silenziò, ma nella testa di Njal le parole presero a pulsare come se qualcuno avesse attivato a distanza un potente mal di denti.
Il vuoto nello spiazzo fu più insopportabile persino delle parole del Darrig.
E la sua pazienza era ormai arrivata oltre il limite consentito. “Hector, cosa intendeva Fina con quelle parole?”
“Placati”.
Di nuovo quella sua ondata calmante.
Di nuovo la sensazione di essere rilassato, di perdere di colpo tutta la tensione.
“Piantala con questo giochetto! Mi fai incazzare ancora di più!”
“Stai solo facendo il gioco di Fina!”
“Rispondi!”
Il magus provò di nuovo a evitarlo, gli occhi rivolti verso la macchina, ma il ragazzo colmò la distanza e gli si parò fisso davanti. Il cuore dell'altro aveva ripreso a martellare ed entrargli dritto nelle orecchie, mescolandosi all’odore fruttato. Più sentiva l'altro calmare i suoi spiriti e più il pensiero di abbatterlo, staccargli gli arti uno dopo l'altro e farlo smettere diventava sempre più forte e piacevole.
“E guardami in faccia!”
L'altro stavolta fu costretto a guardarlo. Nonostante le iridi cercassero di scappare, la sua faccia gridava colpevolezza da qualunque angolazione Njal cercasse di osservarla. L'uomo nemmeno cercava di nascondere l'accaduto - forse non ne era nemmeno capace - e la strana energia calmante che emanava non faceva altro che spingersi contro di lui in maniera irregolare, come se seguisse le emozioni di Hector e non il suo controllo. Il magus sembrava in bilico tra il restare e scappare lontano da lui, e prese parola con una lentezza così esasperante che se Njal avesse avuto una pinza gliele avrebbe estratte dalla bocca lettera dopo lettera. “Senti, mi dispiace…”
“Meno scuse e più fatti. Dovresti essere tu l'adulto!”
“Lo so”.
“Non lo sai abbastanza!”
Probabilmente il tono della sua voce lo avrebbero sentito anche oltre la Convergenza.
Solo in quel momento gli balenò nella mente che non aveva la più pallida idea del motivo per cui Hector si trovasse ad Ischia; parte di lui aveva pensato che fosse l'ennesimo turista, e tra la sua Evoluzione e tutto ciò che era accaduto non aveva più dedicato nemmeno un istante a quel pensiero. Né, ovviamente, il magus si era sbottonato sull'argomento.
“Adesso trova il coraggio di ripetermi che posso fidarmi di te!”
“Ma certo che puoi…”
“Smettila di girarmi intorno come se fossi una mina da disinnescare. Non hai fatto altro da quando ti ho incontrato!” gridò “Dimmi la verità!”
“La verità era che qualcuno mi aveva avvertito che dei Daoine Maithe progettavano un rituale su quest’isola. Di cosa si trattasse, non ne ero a conoscenza, ma sapevo soltanto che sarebbe stato pericoloso. Mortale. Un tentativo del popolo di Izunya di far convergere la Firma di un'intera area nelle loro mani senza alcun rispetto per gli esseri umani. I magi e la Chiesa sanno bene che i Daoine Maithe odiano gli uomini, ma le loro costanti divisioni e differenze di vedute rendono molto, molto complesso organizzare un attacco di questa portata. L'ultima Notte documentata è avvenuta nel quindicesimo secolo, quindi…”
“Stai sviando. Di nuovo”
Njal si abbassò la sciarpa, mostrandogli i denti ed il collo che aveva ripreso a pulsare. L'unico pensiero cosciente era che se Hector avesse provato ancora a evitarlo lo avrebbe costretto a vomitare la verità a suon di pugni sul naso. Adulto o meno.
Il necromante si stava rigirando il ciondolo per il nervosismo, e Njal avrebbe volentieri preso quella mano e gliela avrebbe staccata di netto.
Riprese a parlare con un profondo sospiro. “Ho avuto a che fare con la Fata che stiamo chiamando Fina. Ho saputo tutto da lui. A mia discolpa, non sapevo all’epoca che fosse un Daoine Maithe” mormorò.
“Non credo che avrei potuto fermare la Notte, ma avrei potuto almeno fermare lui. E non lo ho fatto”.
“Perché?”
“Perché non ho avuto il coraggio” disse “Non avrei mai potuto fargli del male”.
A quelle parole il ragazzo non si trattenne più. Colmò la già scarsa distanza tra le loro figure e lo afferrò per il trench. L'altro fece un passo indietro ed il ragazzo gli venne dietro senza abbandonare la presa, col risultato che il magus sbatté contro il cartello illustrativo dei percorsi senza più alcuna via di fuga.
“Quindi non hai avuto il coraggio di fermare una Fata ma poi lo hai avuto per venire qui? Hai condannato a morte delle persone e poi sei venuto ad assistere?” gridò “Hai permesso a Fina di portarsi via Astrid, poi mi dici che vuoi aiutarmi a ritrovarla? E io devo continuare a fidarmi di te? Ti senti quando parli, Hector?”
Lo spinse mettendoci ancora più forza del solito; quando il magus impattò per una seconda volta contro la mappa, i vecchi supporti arrugginiti del cartellone cedettero e cadde sui rovi retrostanti. L'uomo sarebbe crollato insieme ad essi, ma la presa del ragazzo lo tenne in piedi.
“Mi dispiace che…”
“Basta!”
Non resistette, e con la mano libera lo colpì in piena faccia con un pugno, facendogli volare gli occhiali. “Basta con le tue patetiche scuse!”
Njal ansimò, poi lasciò la presa e si tenne a distanza dal magus, che rovinò sul cartellone divelto e tra i rovi senza nemmeno un lamento. Il ragazzo si accorse che l'altro era ancora più leggero di quando se lo era trascinato sui tetti. O forse, ragionò, era il suo corpo che sembrava così carico di energia da esplodere da un momento all'altro.
“Se non ci fosse stata questa maledetta Notte, io non mi sarei ridotto così!” proseguì, con le parole e la rabbia che uscirono tutte insieme come un conato “Sai cosa penso? Mi stai aiutando perché ti senti la coscienza sporca! Hai condannato un'isola intera e mi stai aiutando solo perché sono l'unico che invece di finire polverizzato ha vinto una trasformazione in un mostro! Ma sai che ti dico? Non stai risolvendo un bel niente!”
Hector faticò a rialzarsi. Dal suo ciondolo, strie rossastre partivano e gli attraversavano il corpo, arrivando proprio nel punto dove Njal lo aveva colpito. Disegnarono una ragnatela lungo il livido che si stava già formando, e quando rialzò la testa il suo viso era in perfette condizioni. Senza più gli occhiali, le iridi sembravano ancora più sfuggenti. Un luccichio di lacrime li coprì, ma durò meno di un istante, assorbito dalla strana magia.
“Ah, già, dimenticavo…” sbuffò “... con te i metodi normali non funzionano”.
Di nuovo il silenzio.
Non sapeva più cosa farsene del silenzio, così come di quelle patetiche scuse.
In un attimo tornò a pensare ai suoi genitori ed al telefono che non prendeva. A quanto potevano essere morti di paura, ed alla famiglia di Astrid che, conoscendoli, come minimo aveva allertato il consolato. Aveva immaginato la possibilità di tornare indietro, o almeno recuperare Astrid e farla tornare a casa, ma tutte le angosce che aveva tenuto silenziate - o che forse la magia del magus doppiogiochista aveva tenuto sopite, chissà - uscirono tutte insieme. Presero forma prima nella sua testa e poi nel collo, che ormai pulsava come se il suo cuore immobile si fosse spostato lì. Il pensiero di casa, dei suoi allenamenti, le gare di pattinaggio, di tutta la sua vita si trasformò in un filo che prese a strozzarlo, nero, un sentimento di abbandono che si divertiva a torturarlo. Quel gomitolo di sensazioni mutò in un senso di fame viscerale, e dentro di sé percepì i poteri di Hector sforzarsi di arginare il tutto.
“Adesso cerca di calmarti” fece il necromante, respirando in maniera profonda e controllata “Non posso gestire la tua Evoluzione se non mi aiuti”.
“Se volevi davvero aiutarmi, avresti dovuto fermare Fina quando ne avevi la possibilità”.
“Non posso tornare indietro…”
“Infatti. Però guarda come mi tieni sotto controllo?” urlò, indicando il proprio collo “Per salvarti la vita dalla mia fame i tuoi poteri magici li usi eccome!”
“Ti sto salvando la vita!”
“Potevi evitare di rovinarmela, tanto per iniziare!”
L'idea di prenderlo per la gola, aprirgliela, e bere tutto il contenuto adesso era un gioco di luci scarlatto così allettante da occupargli tutti i sensi. Persino l'idea di sentirne le ossa sbriciolarsi creava una melodia che i suoi timpani bramavano ascoltare; la fame ed il sole nero adesso pulsavano insieme, e solo un ultimo, potente rigurgito di coscienza lo portò ad indietreggiare dall'uomo. Fece almeno tre passi indietro, forzando le gambe ad allontanarsi.
Sapeva che se avesse assecondato la sua parte Duraharn, non si sarebbe limitato ad un secondo pugno.
Non stavolta.
Non con il profumo di birra e frutta che adesso gli ricopriva anche le nocche.
L'idea di vedere il corpo dell'altro a pezzi gli donò un’estasi di cui ebbe un genuino terrore, e fu solo quella la molla che lo obbligò ad allontanarsi ancora di più. Lo avrebbe riempito di pugni fino all'eternità, ma non poteva spingersi oltre anche se non vi era frammento del suo corpo che non lo trascinava se a forza in avanti. Ancora una volta, la risata profonda di Vex Scaevola gli rimbalzò nella testa.
“Vienimi vicino un'altra volta, Hector, e giuro che non mi trattengo!” urlò, voltando i passi lungo il sentiero che risaliva le pendici del monte. L'altro provò a mormorargli qualcosa, ma Njal lo zittì mostrando i denti con un verso gutturale.
Si inerpicò al massimo della velocità lungo la salita con il solo pensiero di ammazzare Fina, arrivare alla Convergenza e portare Astrid lontano da quella follia.
Non aveva bisogno di altro.
  
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