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Autore: Nike93    27/09/2009    2 recensioni
Near ha imparato da L qualcosa di molto importante, e dovrà rendergliene conto anche adesso che lui è morto.
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: L, Mello, Near
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Swanheart



[ Soundtrack: Swanheart – Nightwish ]

Crystal pond awaits the lorn
Tonight another morn for the lonely one is born

“Ripetilo un’altra volta, Roger.”
E poi l’eco.
“L è morto.”
Non ci sarebbe stato alcun bisogno di ripeterlo, le tre persone presenti in quella stanza lo sapevano perfettamente. Eppure Mello aveva voluto sentirlo di nuovo, e Roger lo aveva ripetuto.
Near lo aveva sentito un’altra volta.
“L è morto.”
In qualsiasi altro momento avrebbe potuto scoppiare, afferrare la scrivania e rovesciarla, mandare Roger a gambe all’aria e, se solo Mello avesse avuto una di quelle sue tavolette di cioccolato che già tanto tempo prima gli aveva fatto venire la nausea per i dolci, l’avrebbe presa e gliel’avrebbe ficcata in bocca fino a farlo soffocare. Ma questo avrebbe significato includere qualcun altro in quello che nessuno poteva vedere né capire.
Forse era per questo che se l’era presa con lui, con quel bastardo che se l’era svignata dalla Wammy’s House, dal caso Kira, dal mondo, dalla vita. Paradossalmente, si era reso conto che solo L lo avrebbe capito e, per questo, se l’era presa con lui.
La voce gli era venuta fuori più roca, sottile e cattiva che mai.
“Se non riesci a vincere il gioco, se non riesci a completare il puzzle… allora sei solo un misero perdente.”
Mello lo aveva guardato alzare la tavoletta di legno e scrollare via i pezzi, lo aveva fissato con gli occhi sgranati, poi era venuto tutto il resto, tutto quello che non aveva più nessun senso.
Patibolo? Successore? Aveva letteralmente perso il senso di ogni parola. Ed era soltanto riuscito a biascicare qualcosa riguardo ad una buona idea.
“Lavorare insieme? Roger, sai benissimo che io e Near non andiamo d’accordo. E va bene, sarà lui il successore di L. A differenza mia, lui riesce sempre ad agire con calma e razionalità… come se stesse risolvendo un puzzle.”
Mello… Mello non aveva mai capito niente. Eppure, una cosa l’aveva indovinata.
“L aveva promesso che avrebbe mandato Kira sul patibolo e invece si è fatto uccidere da lui! Stai dicendo questo?!”
Sì, stava dicendo proprio questo.
Stava rivelando il motivo per cui lui era lì, rannicchiato sul pavimento con quel maledetto puzzle che doveva per forza ricostruire da capo, perché altrimenti non ci sarebbe stato più nulla che avesse senso.
Quello che era venuto dopo non l’aveva visto nessuno. Come pensare di poter vedere quella figuretta bianca contorcersi dal dolore, lottare per non urlare, cercare di rompere a metà quella tavoletta di legno con la stessa forza con cui una mano grande e pallida lo aveva tante volte afferrato per il colletto e trascinato per evitargli di rotolare giù dalle scale, perso com’era nel suo universo irraggiungibile?

Cos’hai fatto, L?

E pensare a quel nome che non era mai stato rivelato neanche a lui, scaraventare a terra quelle stupide marionette tra le quali adesso c’era un pezzo di troppo, raggomitolarsi a terra e abbracciarsi le ginocchia, dondolandosi nella disperazione che nessuno credeva fosse capace di provare.
Gliel’aveva detto proprio L, il motivo per cui non poteva star seduto come tutte le persone normali. Anche se lui non aveva mai creduto che le sue capacità intellettive potessero ridursi del 40%.
Chissà se lo aveva mai detto anche a qualcun altro.

Cos’hai fatto alla tua vita?

Si conoscevano da tanto tempo, ma non avevano mai fatto nulla di speciale insieme. Non erano fratelli né amici, anzi, se solo Near fosse stato ancora un po’ più piccolo, probabilmente le loro vite non si sarebbero toccate neanche di sfuggita. Perché L non si era mai permesso un’esistenza che gli concedesse di entrare in contatto con chi non fosse strettamente necessario, né in confidenza con nessun altro.
E, naturalmente, nessuno voleva dire proprio nessuno.
Near poteva essere un genio. Poteva essere il successore del più grande detective del mondo. Ma non era un’eccezione.

Cos’hai fatto a noi…

Persino andare a letto era stato doloroso. E anche chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie, e prendere a calci il muro sperando che lui si materializzasse e gli permettesse di usarlo come bersaglio al posto di quella parete così dura per essere scalfita.
Era sempre stato forte, L. Come quando Mello ne combinava una delle sue e si metteva in testa chissà che cosa – perché nessuno era mai riuscito a capire cosa transitasse in quella testaccia drogata di cioccolato – e lui, stanco di combattere, lo afferrava per la maglietta e lo spostava qualche metro più in là, fuori dalla soglia della sua tranquillità.
Già, anche L a volte si stancava di combattere…
Forse era stato quel cipiglio, quel modo diverso di prenderlo per la collottola e rimetterlo dov’era giusto che stesse, che lo aveva incattivito da bambino fino a fargli nutrire quell’avversione, segretamente ricambiata, per Near. Perché era sempre il secondo, sempre l’elemento di disturbo, mentre Near era il genio.
Adesso, essere un genio serviva a meno che niente.

Dove sei? Perché ti sei lasciato portare via? Chi mi aiuterà a sopravvivere nello stesso suolo con Mello? Chi mi insegnerà quello che devo sapere? Chi si ricorderà di noi?

Near chiuse gli occhi, afferrandosi una ciocca di capelli e rigirandosela furiosamente tra le dita, fino a farsi male. Era quel gesto che aveva cominciato ad usare quando aveva capito che una persona che avrebbe ricoperto il suo ruolo avrebbe avuto bisogno di una qualsiasi valvola di sfogo che impedisse il trasparire di emozioni troppo pericolose.
Nessun sentimento, gli era stato detto, era pericoloso se rimaneva al caldo nel suo angolino. E così Near aveva imparato a diventare freddo all’esterno, per non alterare quelle emozioni che, altrimenti, avrebbero voluto sicuramente uscire.

Non dovevi andartene.

Quando riaprì gli occhi, non si trovava più sotto le coperte, ma in un luogo che non gli risultò subito familiare. Era qualcosa che dava uno strano senso di stabilità, dunque pensò che sarebbe bastato, anche senza sapere esattamente cosa fosse. Non ebbe nemmeno bisogno di accovacciarsi a terra per ritrovare l’ormai perduta serenità. Né ebbe bisogno di guardarsi intorno per scoprire un’altra figura poco distante da sé.
Figura che non gli sorrise.
Near non riuscì a non contraccambiare lo sguardo perso e a suo modo severo.
“Non dovresti essere qui,” sibilò.
Non vi fu nessun moto che facesse pensare che, sotto quella foresta di ciuffi neri, L avesse inarcato le sopracciglia. Era semplicemente lì, come chiunque si sarebbe aspettato che fosse. Già. Near non ci aveva pensato: non voleva parlargli per nulla al mondo, però, in qualche modo, si era anche aspettato di vederlo.
“Strano,” disse lentamente, “pare che io non mi trovi mai dove dovrei essere.”
“E che ti ci trovi particolarmente a tuo agio, anche.”
L non dava segno di turbamento, forse non sapeva neanche di essere morto. Buffo, perché in quel caso sarebbe stato probabile che anche Near fosse passato a miglior vita, o che fosse prossimo a farlo.
Ecco cosa odiava di L: riusciva a ragionare in perfetta calma e lucidità, ma impediva di fare lo stesso a chiunque altro gli stesse vicino. Non che ci si mettesse d’impegno, era semplicemente la sua presenza. Near non sapeva se la propria antipatia per questa caratteristica fosse nata all’improvviso o avesse radici più profonde.
“Com’è la prospettiva di avere il caso Kira tra le mani?”
“Non ce l’ho ancora.”
“E’ questione di un paio di giorni. Forse meno.”
“Non lo so. Non m’interessa.”
L sorrise, attenuando – con ogni probabilità, volontariamente – l’odio di Near. Nessun essere umano avrebbe potuto indispettirsi maggiormente di fronte a quella specie di moto emozionale, smorzato da un paio di occhi del tutto privi d’espressione. “Guarda che puoi sfogarti, se vuoi. Immagino che sia normale piangere per qualcuno che non c’è più… Credo. Non so, ho avuto a che fare con troppe morti per saperlo con certezza.”
L’altro si lasciò sfuggire un sorriso che non assomigliava per niente a un sorriso. “Non sai? Tu sai sempre tutto. Sapevi anche che saresti morto.”
Le labbra di L tornarono ad assumere la loro consueta forma e i suoi occhi si lasciarono sfuggire un lampo d’insofferenza. “Se hai intenzione di incolparmi o picchiarmi fai pure, Near. Basta che ti ricordi che è ancora un tantino difficile scalfirmi, forse adesso più che mai.” Il suo sguardo tornò ad incrociare quello del ragazzino, perdendo l’espressione assorta. “Comunque, puoi fare quello che vuoi. Nessuno vedrà mai nessuna scena pietosa. In teoria, nessuno può neanche immaginare dove ci troviamo.”
Solo in quel momento Near ritrovò la curiosità di guardarsi intorno. Gli bastò alzare lo sguardo per capire di trovarsi all’interno della casa di fiammiferi che aveva costruito con tanta dedizione appena due giorni prima.
L parve leggergli nel pensiero. “Non l’hai ancora buttata giù? Sarà ora di sbarazzarsene, Near, niente dura in eterno.”
Sapeva esattamente cosa stesse cercando di fare, sapeva anche che era a un passo dal riuscirci. Lo stava conducendo pian piano nel punto che era interessato a fargli raggiungere, come aveva sempre fatto con tutti, forse anche con Kira.
E allora Near gli diede quello che voleva: esplose.
“Proprio come te, vero? Sapevi fin dall’inizio come sarebbe andata, sapevi che non ce l’avresti fatta! Cos’è, volevi morire a tutti i costi?! Volevi mettere alla prova qualcuno?!”
Chinò la testa e si apprestò ad asciugarsi le lacrime che erano rotolate giù lungo le guance. Il pensiero di piangere di fronte a L non era insopportabile, non quanto quello di dimostrargli di non essere all’altezza dei suoi insegnamenti. Eppure fu sorprendentemente abile nel mascherare la mossa giocherellando con una ciocca di capelli.
Sentì una mano toccargli la testa e alzò lo sguardo. Curvo e magro come sempre, L torreggiava sopra di lui in tutta la sua altezza, e nel suo sorriso era finalmente visibile quella traccia di umanità che Near aveva paura di non riuscire più a vede in nessun altro, perché nessun altro sarebbe riuscito a farlo sentire tanto fortunato semplicemente sorridendo.
“Sei proprio bravo, piccolo.” Nonostante ciò, la sua voce non mutava di una virgola la sua tonalità. “Vedo che hai imparato come ci si comporta in certe situazioni.” Near rimase col capo abbassato, perché il rossore dei suoi occhi avrebbe rivelato troppo. “Solo che non ne hai sempre bisogno. Non con me.”
Il ragazzino restò in silenzio per un tempo interminabile prima di decidersi a sollevare la testa e mostrare la propria vulnerabilità. “Non ha senso. Non puoi dire una cosa del genere se sai che non ci sarai più.”
Ragionare e parlare come un bambino era qualcosa che non gli apparteneva più, sebbene la sua età lo avrebbe ampiamente giustificato per questo, e farlo di nuovo gli diede una scossa inaspettata. Non ci sarebbe stato nessuno a spiegargli che era normale, che adesso era solo un bambino che aveva perso qualcuno di molto importante, per il semplice fatto che nessuno avrebbe mai detto che lui avesse effettivamente perso qualcuno di molto importante. Poteva esserlo, quando il qualcuno in questione era stato così poco presente, così poco paterno?
“Sarà molto più facile, Near. Senza di me, non avrai più nessuno a cui mostrare quello che hai dentro. Non fino a quando ricoprirai il tuo incarico.”
“Ma sono…”
“Sei il pezzo del puzzle che ha sostituito quello vecchio. Per il mondo, sarai solo questo. E’ soltanto la messa in atto di quello che hai imparato in teoria.”
Near tirò su col naso. A quel punto, una persona normale avrebbe concluso con un tenero “Pensi di farcela?”. Ma L non era mai stato una persona normale. Era stato semplicemente un detective, l’involucro di un animo freddo e imperturbabile, solo al mondo.
“Sapevo chi eri, e per questo non ti ho mai messo alla prova, Near. Sto scegliendo di farlo adesso.”
Era stato colui che gli aveva impedito di esserlo lui stesso, solo al mondo.
Era stato la persona che gli aveva insegnato a costruire una maschera di pietra per il suo cuore, ed era stato l’unico con il potere di romperla.
Non era così male scoprire di avere ancora qualcosa oltre quella maschera.
Near lo abbracciò di slancio, nascondendo il viso nella maglia che non profumava di niente e stringendolo all’altezza dei fianchi inconsistenti. E già, perché L non lasciava mai tracce di sé.
“Spero che adesso ti senta un po’ meno tradito,” ridacchiò L, passandogli le dita tra i capelli senza neanche sfiorare la cute. Near scosse la testa, si staccò e si asciugò gli occhi col dorso della mano.
“N-non provare a promettermi che veglierai su di me,” biascicò, lasciandosi scappare una risatina. Stavolta, era quasi sicuro che L avesse inarcato un sopracciglio.
“Ho mai detto cose tanto profonde?”
“No.”
“Bene. Non ho intenzione di cominciare.” I due si staccarono e Near, permettendosi di tornare bambino ancora una volta – forse l’ultima –, quasi si stupì di non trovarsi con un ciuffo di piume tra le mani, come se avesse toccato un angelo. La sua mano afferrò involontariamente l’orlo della maglia di L, che gli scoccò uno sguardo vacuo che solo Near avrebbe saputo trovare severo. “Allora? Ci hai ripensato?”
“…Devi andare per forza?”
L si strinse nelle spalle, cacciandosi le mani nelle tasche e voltandosi dall'altra parte. Solo allora Near si accorse di non aver mai toccato la sua maglia, né tantomeno di averla afferrata per trattenerlo. “Così è stato deciso.” Near ritrasse la mano e si affrettò ad impegnarla con una ciocca di capelli, comprendendo all’istante cosa si celasse dietro quelle parole.
“Beh, allora…” balbettò, prima di riuscire a tirar fuori un tono fermo e asciutto, “…vai pure.”
“Grazie.” L lo guardò oltre la propria spalla. Sul suo volto non c’era traccia di nulla che somigliasse anche vagamente a un sentimento. “Buon lavoro, Near.”
E se ne andò così come aveva vissuto. In silenzio.

~•~



Mello se ne andò il giorno seguente, e fece in tempo a vederlo poco prima che abbandonasse l’istituto.
Stava sgranocchiando un pezzo di cioccolata, squadrandolo da capo a piedi con quell’espressione arrogante che non gli era mai riuscita troppo bene, ma che sicuramente avrebbe provveduto a perfezionare.
“Ci sei riuscito, alla fine,” biascicò a bocca piena. “I tuoi piani, dico. Prendi il posto di L.”
Near, chino sullo stesso puzzle del giorno prima, non rispose. I pezzi erano sparsi intorno alla tavoletta di legno, alcuni erano capovolti. Forse non appartenevano neanche a quel puzzle. Di una cosa, però, Near era certo: lo avrebbe risolto.
“Non ti preoccupare, non ti disturberò di certo. D’altra parte, non credo che nessuno riuscirebbe mai a tirarti giù dal tuo piedistallo, vero?”
Near non lo avrebbe neanche guardato, se lui non avesse piantato un piede sulla tavoletta, costringendolo ad alzare la testa. Socchiuse leggermente gli occhi.
Avrebbe potuto arrabbiarsi e spingerlo fuori, gridargli che non gliene importava nulla di quello che avrebbe fatto, che lui lo aveva sempre odiato. Ma poi concluse che non ne sarebbe valsa la pena.
L aveva visto tutto quello che c’era da vedere. Near non aveva più bisogno di mostrare le proprie emozioni.
E a nessun altro doveva interessare.
“Non ho mai avuto dei piani, ma puoi uscirne lo stesso, se ti fa piacere.”
Si lasciarono col modo che era più convenzionale ad entrambi, con un sonoro crack di cioccolata sotto i suoi denti aguzzi, un puzzle da completare e niente da dirsi.

Be my heart a well of love
Flowing free so far above








Note: La mia prima oneshot da tempi immemorabili, meriterei un applauso XD
No, beh, a parte questo. E’ la mia prima storia su Death Note, anche se non segue assolutamente i canoni di quella che avrei voluto che fosse. Mi spiego: sopporto Near molto poco, amo Mello e la coppia LxLight ancora di più. Potevo andare a scrivere una storia Near-centrica con un Mello odioso e un L già bello che morto?
Ma non temete, tornerò presto su questi schermi (si spera) e mi rifarò, arricchendo il mio PC con tante storielle lacrimose! *sbrilluccica*
  
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