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Autore: Lenus    28/09/2009    1 recensioni
La pioggia scendeva lenta ma fitta su tutta la città. Il buio regnava un po’ dovunque e nonostante di giorno quel luogo brulicasse di persone, quella notte in giro non c’era anima viva. L’intera città era pervasa da una sinistra aura di morte. Semplice fic, un pò malinconica, ma dolce.
Genere: Malinconico, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alone

Buonasera a tutti!! Lo sò, non mi faccio sentire da un pò, ma ho sempre un sacco di impegni a portare a termine quindi non riesco a scrivere come vorrei, purtroppo ç_ç Ecco, questa qui è stata scritta in un impulso di malinconia, e infatti mi spiace se è un pò triste. Ci sentiamo a fine fic, byeeee!! ^.^

Alone....

La pioggia scendeva lenta ma fitta su tutta la città.
Il buio regnava un po’ dovunque e nonostante di giorno quel luogo brulicasse di persone, quella notte in giro non c’era anima viva.
L’intera città era pervasa da una sinistra aura di morte.
Le nubi coprivano interamente il cielo, che sembrava piangere ormai da ore interminabili.
La pioggia cadeva e aveva ingrossato gli argini del grande fiume che scorreva lungo tutto quel paese, che tanto piccolo non era.
Sopra il ponte più importante e più grande, ecco, sopra la ringhiera vi era una ragazza.
Appoggiata col sedere sulla ringhiera, mentre si teneva con una mano sola alla balaustra, e osservava con lenta agonia l’acqua che con la sua violenza, correva poco sotto di lei.
I capelli blu scuro erano bagnati. La ragazza non aveva ombrello e l’acqua le scivolava addosso, bagnandola come un pulcino.
Una parte di lei, voleva fare un passo. Una parte di lei, nemmeno tanto piccola, voleva lasciare la mano che era saldamente attaccata alla ringhiera. Voleva scivolare in acqua, sentire il gelo penetrarle nelle ossa, smetter di respirare e abbandonarsi all’oscurità perenne.
Smettere di pensare, smettere di provare dolore per quella vita che mai, mai una sola volta le aveva mostrato dolcezza o altro.
Ma qualcosa la tratteneva dal farlo. Non sapeva cosa fosse, ma c’era qualcosa che riusciva a bloccarla. Forse la vita che continuava a scorrere in lei?
Aveva smesso di piangere da tempo immemore. Non sapeva più piangere. Né ridere. Aveva chiuso la sua umanità da qualche parte, serrandola con forza nella parte più oscura del suo animo. Cercando di impedirle di venir fuori, di uscire…. Cosicché per lo meno, non ne rimanesse ferita troppo.
Era lì già da un po’, quando sentì singhiozzare. Dapprima la ragazza pensò che si stesse sentendo da sola, che i singhiozzi che udiva fossero i suoi, e si sentì oltremodo stupida.
Scosse la testa. Non poteva essere lei. Insomma… non era più capace di provare niente… o no?
Poi si rese conto che quel lamento proveniva da dietro l’angolo. Anche se a malincuore, scese dalla ringhiera, e si diresse verso questo pianto. Non che avesse voglia di vedere sinceramente perché qualcuno piangesse, ma era un modo come un altro, per non pensare a sé stessa e alla sua condizione… e  a quello che aveva pensato di fare.
Giunta lì, vide un’altra ragazza. Questa avrà avuto sui.. 15 o 16 anni? Forse. I capelli erano marroncino chiaro, abboccolati perfettamente, anche se bagnati. La ragazza aveva le mani sugli occhi mentre piangeva, ripiegata in terra, quasi seduta sui talloni, mentre in grembo conservava un fagotto avvolto da un manto blu scuro.
La mora non aveva molta voglia di consolare, ma non poteva lasciarla sola lì a piangere, oppure probabilmente si sarebbe sentita anche in colpa. Tanto per cambiare… Così si avvicinò, e si chinò verso questa fanciulla, che ora osservava ciò che aveva in grembo..

-C.. come mai piangi?- la sua voce uscì triste e malinconica persino a lei, figuriamoci per la ragazzina. Gli occhi della ragazza dai capelli chiari si aprirono, rivelandone il colore. Un verde intenso. Sollevò il viso verso la mora, e singhiozzò.

-M… mi vedi?- chiese veloce, tanto che la ragazza ci mise un po’ a comprendere che parole avesse detto. Poi abbozzò un sorriso un po’ strano, non capendo, ma rispose comunque.

-Certo.. perché non dovrei?- la voce che uscì, fù dolce e malinconica al tempo stesso. Una voce molto bella, come il suono di un violino che narra una melodia distorta e perfetta, ben sapendo che è l’ultima melodia possibile.

-Mi chiamo Sunel, piacere…- disse la ragazza dai capelli chiari, continuando a stringere quel piccolo fagotto tra le braccia.

-P.. piacere io sono… H.. Hana… ehm…  cosa tieni tra le braccia?- la ragazza coi capelli neri cercò di avvicinarsi lentamente a Sunel. Non aveva nemmeno troppa voglia ma andava bene tutto, purchè non tornasse ad essere di nuovo sola. E poi.. non è che avesse molta scelta…

Sunel allungò il fagotto verso Hana, e mentre le lacrime continuavano a sgorgare dal viso di quest’ultima, disse.

-E’ morto…- singhiozzò solo. Hana prese tra le braccia quel cadavere di coniglio, perché di un coniglietto morto si trattava, e rimase quasi impietrita. Sì, non vi erano dubbi, l’animale era morto, non avvertiva il minimo calore, era freddo, e la testa stava quasi innaturalmente piegata di lato.

-Mi spiace…- sussurrò solo. Guardò il coniglietto chiedendosi se anche nel suo caso, ci sarebbe mai stato qualcuno a piangere come quella strana ragazza aveva fatto per quel animaletto. Mentre guardava quel soffice manto bianco che mai più sarebbe stato caldo, sussurrò appena:

-Sei fortunato…-

Lui aveva la fortuna che qualcuno stava piangendo per la sua dipartita. Lei era stata sul punto di uccidersi e di certo, nessuno avrebbe pianto così.

-Non è giusto.. perché è morto? Non doveva andare così…- le parole di Sunel scossero Hana dai suoi pensieri. La ragazza fece spallucce.

-Tutti muoiono e non sempre è giusto, ma non ci si può far niente…- Sunel ormai singhiozzava quasi a bassa voce.

-Mi aiuteresti a seppellirlo?- chiese, con voce flebile. Hana sospirò. Non era in vena di esser triste per un coniglio, ma non poteva dir di no a quella ragazzina, sembrava distrutta e affranta. Inoltre accompagnarla a seppellire un coniglio, magari non l’avrebbe fatta riflettere troppo…

-Uhm.. sì.. dove vorresti seppellirlo?- chiese un po’ dubbiosa. Sunel si alzò improvvisamente, e afferrò la mano della ragazza, dopodiché, senza guarda in viso o risponderle, iniziò a correre, costringendo la mora a seguirla.

Hana notò che la mano di quella ragazzina, che... sì, in piedi le arrivava appena sotto al petto, segno che di sicuro, non era più alta di un metro e cinquanta, era gelida. Ma pensò anche che fosse normale, visto il gelo che c’era quella sera.
L’acqua continuava a scorrere sul corpo di entrambe che erano zuppe. Hana non capiva cosa volesse fare l’altra, ma non riusciva a liberarsi da quella mano. La presa era salda, ma non era eccessivamente forte. forse se avesse tirato di più, si sarebbe anche liberata ma una parte di sé stessa si disse che tutto sommato, cosa importava? Andava bene lo stesso.. così la seguì, senza quasi protestare. O per meglio dire diciamo che stava per protestare dopo quasi cinque minuti di corsa ma..

-Aspetta! Cosa stai…- afferrò solo dopo aver detto ciò. Erano arrivate al parco. Hana aggrottò la fronte. Il parco non le pareva un bel posto da seppellire qualcosa. Inoltre a giudicare dalla pioggia, non era une bella idea seppellire un coniglio, visto il freddo.

-Scusa.. vuoi seppellirlo qui?- Sunel si voltò, stupita.

-Certo! Perché?- Hana pensò che quella ragazza avesse seri problemi mentali. Insomma, quale persona normale sfida intemperie di settembre per seppellire un coniglio in un territorio pubblico??

-B.. beh.. perché fa freddo.. e perché non abbiamo niente con cui scavare, e la pioggia renderebbe ancor più difficile tutto…- disse semplicemente. Sunel la guardò, come se avesse detto una bestemmia. Negli occhi verdi si notava quanta tristezza ci fosse e Hana rimase un pochetto interdetta.

-Solo perché c’è qualche difficoltà, ti arrendi? Non ti sembra un po’ presto?- questa frase colpì letteralmente Hana. Sì, lei forse era abituata ad arrendersi. Ma quando la vita non ti da altro che dolore, a che pro continuare? Puro piacere masochista? Non aveva senso!

-Ma se ti prendi un malanno…- gli occhi verdi della ragazza, saettarono verso quelli azzurri di lei.

-Per ogni azione che facciamo, ne deriva una conseguenza… lo so che rischio di ammalarmi. Ma se non lo seppellisco, dei cani lo troveranno, e lo sbrindelleranno. Quindi non posso arrendermi!- e Sunel, che a forza di camminare era giunta in un piccolo praticello, si chinò sul fango, e prese a scavare così, a mani nude.
Hana imprecò contro il destino stupido e avverso. Smollargli una mocciosa con la fissa della sepoltura proprio in quel giorno che non aveva voglia di fare nulla, nemmeno pensare!

-Fidati… possiamo sempre seppellirlo domani!- Sunel continuò a scavare.

-Non è detto che domani siamo qui. La vita è relativamente corta, e non sappiamo cosa ci aspetta domani. Magari domani non ci siamo più nemmeno noi…- Hana spostò il suo sguardo altrove. Per poi riportarlo di nuovo sulla ragazza che si era sporcata tutta, ma almeno aveva fatto un piccolo buco. Hana maledì sé stessa nuovamente, e si chinò, appoggiò il piccolo cadavere, e prese a scavare insieme a Sunel.

-Se la fai così poco profonda, per via di questa pioggia, domattina sarà già tutto scoperto e allora i cani lo troveranno lo stesso!- e iniziò a scavare. Si sentì stupida. Quale persona accetta di seppellire un coniglio morto con una sconosciuta incontrata per caso? Nessuno! Lei doveva esser l’unica stupida proprio!

-Grazie…- sussurrò Sunel, ma Hana la sentì lo stesso. Per un secondo, arrossì appena.

-Di niente…- Sunel scava tranquilla, con le ginocchia appoggiate per terra.

-Quanti anni hai?- chiese la ragazza ad Hana. La mora ponderò se non fosse il caso di mentirle. Ma poi ci ripensò. Tanto a che sarebbe servito?

-18…. – poi, più che per cortesia che per interesse, continuò: -Tu?- Sunel aggrottò la fronte e scosse la testa.

-Non ricordo…- Hana fece un’ovvia espressione perplessa. Se voleva mentirle almeno che dicesse una balla. “non ricordo” … è palese che è una presa per il culo.

-Dove abiti?- Hana continuava a scavare. Non aveva voglia di rispondere alle domande di quella ragazza, ma si zittì. Forse, aveva bisogno di parlare. Magari quel coniglietto che giaceva morto poco distante da loro, era il suo coniglietto, il suo animaletto domestico e adesso cercava di superare la cosa chiacchierando.

-Verso Nord, vicino al quartiere dove c’è il campo da tennis…- disse Hana. Già, lei abitava nell’unico quartiere dove non c’era niente! Né bar, né supermercati né niente!

-Ah.. capisco… e dimmi Hana.. sei felice?- questa frase irritò la ragazza anche di più. Iniziò a scavare più  ferocemente che potè, mentre borbottava.

-No, che non sono felice! Non lo sono affatto! I miei si son separati e a mio padre di me non importa nulla!- sparò questa frase senza rendersi conto del reale significato. E proseguì, come animata da un qualcosa di rabbioso.

 -Anzi! Mi ha addirittura detto che sono stata il suo “incidente di percorso” ed è solo per colpa mia che ha sposato mia mamma!- più le frasi uscivano dalla sua bocca, più scavava furiosamente. Suo padre! Quella specie di mezzo idiota! I suoi si erano separati e non lo vedeva praticamente mai. Non si faceva sentire, e la ragazza avvertiva che per suo padre, lei, era solo un fastidio. E questo le faceva male e rabbia in modo terribile.

-Inoltre… a scuola sono vittima di bullismo da parte di alcuni ragazzi che evidentemente…- disse con nota di sarcasmo.. –Trovano divertente torturarmi in tutti i modi possibili.. e se mi ribello, le prendo anche!- ormai la buca era profonda. Ma Hana non riusciva più a fermarsi, stava sfogando con lo scavare il suo stato d’animo.

-E mia madre lei… non pensa altro che a mia sorella. Perché mia sorella è brava, lei è buona, è gentile e io devo essere paziente. Paziente quando se ne vanno a fare shopping da sole lasciandomi a casa come se fossi un cane!- sbraitò, con furia. Aveva il fiatone ormai, e le dita non le sentiva quasi più per via del freddo. Aveva anche iniziato a tremare, ma non vi faceva molto caso.

- Paziente quando si dimenticano che devo tornare a casa e mi lasciano chiusa fuori. Paziente quando prendono decisione senza nemmeno consultarmi! Ecco! Io non sono una persona felice!- concluse Hana riversando dentro a quella buca tutta l’amarezza accumulata nei giorni, settimane , mesi e anni indietro. Sunel rimase in silenzio. Prese il suo coniglietto, lo strinse tra le braccia, gli diede appena un leggero bacio sulla testolina. E lo appoggiò nella buca. Rimase lì a guardarlo.

-Ma tu.. hai mai detto a qualcuno queste cose? Hai mai detto a tuo padre che ti ha fatto male quando ti ha detto così? Hai mai detto a tua madre e a tua sorella che volevi andar a far shopping con loro? Hai mai parlato loro del fatto che ti maltrattano a scuola?- Hana osservò la testa piegata del coniglietto, scuotendo la testa.

-No…. Perché a loro non interessa…- Sunel cercò di sistemare meglio le zampine del piccolo animaletto.

-Certe cose vanno dette per poter esser comprese meglio. Io non penso che tua madre ti odi. E anche tuo padre. E men che meno tua sorella. Tu ti sei mai aperta con loro? Davvero? La vita è troppo breve per sprecarla a piangersi addosso…- Hana provò un impulso di rabbia assurdo, e si voltò, furiosa.

-Ma cosa vuoi saperne tu? che piangi per un coniglio? Cosa ne sai di quello che provo?- Sunel fece un’espressione ferita e tornò a guardare il coniglietto.

-Io.. non gli ho mai detto che gli volevo bene. Che provavo molto affetto e lui adesso… è morto. E il tempo che avevo per dirglielo mi si è dissolto fra le dita. Sparito come se si fosse smaterializzato nell’aria. Capisci cosa intendo? Tu sei fortunata. Hai tante persone anche se non te ne rendi conto che ti vogliono bene. Attendono solo che tu ti apra…. Certo non sarà facile, ma puoi farcela. Non sei sola…- Hana guardò quella strana ragazza dai capelli chiari. Chi era? O cos’era? Per quale motivo le aveva fatto una ramanzina simile?

-.. sei una persona che si arrende facilmente, eh… Hana? Alle prime difficoltà, getti la spugna… ma devi farti coraggio… stringi i denti e vai avanti. Vivi! Non guardarti indietro, adesso non serve! Guarda avanti!- pian piano Sunel iniziò a seppellire il piccolo coniglietto.

-A volte inciamperai, cadrai ma son sicura che ti rialzerai. Non arrenderti! Combatti, lotta e vedrai che presto, troverai qualcuno per cui i tuoi sforzi, non saranno stati vani. Troverai persone alle quali volere bene e che anche loro te ne vorranno. Arriverai persino a chiederti se per caso, non sei arrivata in paradiso senza accorgertene!- Hana ascoltava quella ragazzina parlarle sempre più rapita. Una parte di lei voleva crederci! Una parte di lei voleva credere in ciò che quella ragazzina le stava dicendo! Ma l’altra parte era così desolata che aveva anche solo paura di ipotizzare a vivere un altro solo giorno ancora.
Sunel finì di seppellire quel coniglietto, e prese due bacchetti. Si tolse uno dei due nastrini rossi che aveva tra i capelli, e legò i bacchetti in modo che rimanessero a forma di croce.

-A volte gli esseri umani hanno paura della felicità. Ci sentiamo soli e spaventati ma in realtà non siamo soli, mai. Quindi fatti coraggio e vai avanti. Fallo per te stessa e per la persona che potresti diventare… guardati indietro solo quando sarai certa di poter esser forte abbastanza da non ferirti. Affronta le tue paure e cerca di vivere nel miglior modo che ti riesce… sai… alcune persone non hanno la tua fortuna…- Sunel incastrò la croce nel terreno, e si alzò in piedi. Poi si passò una mano sulla fronte, come a togliere il sudore,e invece si macchiò la fronte di fango. Hana rimase in silenzio. Non sapeva cosa pensare, era confusa, sentiva quasi la testa girarle.

-Ma.. ma ciò che hai detto tu, son solo delle belle parole! Nessuno mi aiuterà!- Sunel le sorrise. Si tolse il secondo fiocco rosso tra i capelli, e, afferrata una mano di Hana, glielo legò al polso, a fiocco.

-Credi in te. E credi nella felicità. Lotta per averla, senza arrenderti. E ciò che ne ricaverai, sarà una cosa speciale. Ama con tutto il cuore e sii sempre fedele a te stessa. Questa è l’unico modo per esser felice…- adesso la testa di Hana vorticava veramente forte. la ragazza si mise in ginocchio. Sentiva un freddo incredibile e la testa pesante.

-Vivi.. e.. grazie per avermi aiutato a seppellire…. Mocchan..- furono le ultime parole che sentì, prima di svanire nel nero.

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-Oh mio dio! E come sta? Possiamo vederla?- una voce acuta e strozzata, sull’orlo delle lacrime, fù la prima cosa che Hana riuscì a carpire ancor prima di aprire gli occhi. Le doleva ovunque ma si costrinse al alzare le palpebre e a guardarsi intorno, anche se c’era decisamente troppa luce. Ci impiegò diversi secondi a mettere a fuoco le cose e gli oggetti. Finché qualcosa di morbido, non la avvolse come un guanto vellutato un po’ pesante.

-Ah! Tesoro!- la voce di sua madre le rimbalzò sulle orecchie come se fossero stati trapani. Sua madre la strava stringendo tra le braccia.

-Ah… mamma…- riuscì solamente a dire. E poi ci fù un altro urto, stavolta più leggero, e sentì sua sorella, la sua sorellina che singhiozzava.

-Non sapevamo come rintracciarti! Quando ci hanno detto che il ponte è crollato, e la tua cartella è stata ritrovata lungo il fiume…- ad Hana si bloccò il respiro a metà. Il ponte grande era crollato?

-Aspettate, il ponte è crollato?- sua madre sollevò lo sguardo, e la guardò.

-Sì, due giorni fà, per via di tutta quella pioggia…- Hana non riusciva a crederci. Ma allora come… e tutta la memoria le tornò tutta in una volta. Quasi come se fosse stato solo un sogno… quella ragazzina.. Sunel…

-Come mi hanno trovata?- chiese alla madre, in stato evidentemente alterato.

-Ti hanno trovato svenuta al parco. Probabilmente hai avuto un crollo per la febbre alta. ti hanno trovato degli agenti della polizia…-

-Ma.. ma.. e Sunel?- disse Hana, mentre un lieve pallore la pervadeva.

-Chi? Non c’è nessuna Sunel, tesoro..- ma come? Quella ragazza era lì, con lei! L’aveva conosciuta! E le aveva anche stretto la mano! Avevano seppellito insieme un coniglietto… Entrò un angente di polizia nella stanza, sorridendo.

-Lieto di vedere che state bene, signorina..- disse l’agente. Hana guardò l’uomo, mentre si sforzava di fare un sorriso. Sua madre intervenne subito.

-Tesoro, lui è uno dei due agenti che ti ha trovato al parco!- Hana fece un sorriso un po’ perplesso.

-Vi ringrazio… ma..in mia compagnia non c’era nessuno? Nemmeno una ragazza coi capelli castano chiaro, i boccoli, che aveva un viso quasi da bambina? Perché io ricordo di aver parlato con lei! Si chiamava Sunel!- l’uomo scosse la testa. Poi parve pensarci, come se gli fosse tornato in mente qualcosa.

-Sunel hai detto? Strano nome, poco comune… ma comunque non può essere!- Hana si alzò a sedere, e si sarebbe alzata in piedi, se madre e sorella non l’avessero trattenuta.

-Perché? Io l’ho vista davvero!- l’agente scosse la testa.

-No, probabilmente hai visto una sua foto, e hai delirato. La Sunel che dici tu, è morta un anno fa, investita da una macchina mentre girava con il suo coniglietto… quindi mi spiace, ma la persona che dici di aver conosciuto, è morta..- Hana rimase semplicemente in silenzio.
Non seppe nemmeno spiegarlo, ma strinse i polsi e le lacrime sgorgarono dai suoi occhi. E mentre piangeva, stringendo i pugni, l’occhio le cadde sul polso destro, dove vi era un laccetto rosso, legato a fiocco.  

 __________________________

Pochi giorni dopo che era uscita dall’ospedale, decise che sarebbe tornata nel posto in cui, aveva seppellito insieme a Sunel il coniglietto. Ci doveva essere la prova! Era certa! E il fiocchetto rosso legato ancora al polso non poteva essere una coincidenza!
Così la ragazza percorse tutta la strada, allungandola visto che ponte grande ancora non era stato sistemato. Continuò a camminare a lungo, fino a quando non raggiunse quel piccolo giardino. Si soffermò esattamente dove ricordava di aver scavato insieme a Sunel per la tomba del piccolo coniglietto. Il suo viso lo ricordava così bene!
Ma quando fù lì, non trovò il mucchietto di terra, né tanto meno quella croce fatta sul momento.
Della piccola tomba, non vi era la minima traccia.
Hana si inginocchiò, e di nuovo, le venne da piangere. Allora lei era quella bambina.. tutte quelle parole, quella sensazione, come se potesse vederla dentro… allora..
Gli occhi le si riempirono di lacrime, quando una voce la fece quasi trasalire.

-Ehi! Ehi tu!- dei passi si stavano avvicinando nella sua direzione. Hana si passò rapidamente la manica sugli occhi, non voleva far vedere che stava piangendo.
I passi giunsero fino a pochi metri da lei.

-Stavi cercando qualcosa?- chiese una voce, decisamente femminile.
Hana annuì, ma non disse cosa stava cercando, sarebbe stato stupido e l’avrebbe di certo presa per pazza. Quella ragazza arrivò sino davanti a lei, e allungò la mano, aprendola.

-E’ forse questo ciò che cerchi?- dentro alla mano della ragazza, c’era un piccolo nastrino rosso.

-L’ho trovato per terra, insieme a due bacchetti. L’ho trovato proprio ora, ma non pensavo potesse esser di qualcuno. Scusa…- Hana sollevò il volto, e si ritrovò di fronte una ragazza.
I capelli erano rosso fuoco, aveva poche lentiggini sopra il naso e gli occhi d’un verde intenso.

-G.. grazie…- sussurrò Hana. Ma non prese il fiocco rosso. Si alzò in piedi, e sorrise alla ragazza.
Il sorriso era sincero. Certo che il destino si divertiva proprio a prenderla in giro. Sussurrò un mentale “grazie” anche alla persona che le aveva dato coraggio. E allungò la mano verso quella ragazza.

-Piacere! Io mi chiamo Hana… tu?- la ragazza coi capelli rossi, sorrise a sua volta.

-Fenice. Ma tutti mi chiamano Fanny! Piacere di conoscerti, Hana!- e prese la mano della mora.

Ed eccoci alla fine! Beh dai... non finisce poi malissimo, no? E' una fic che serve per fare coraggio in quei momenti in cui, una persona si sente davvero affranta e distrutta. Almeno, io la vedo così. Via, scappo che ne ho di cose da fare! Se potete, lasciante un commentino, please! ^_^ bye a tutti, Lenu-chan!

   
 
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