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Autore: Rin Hisegawa    29/09/2009    4 recensioni
Un giorno sarebbe andato via da quel luogo sempre uguale, dove anche i fenomeni naturali non avevano modo di mostrarsi in tutta la loro potenza. Un giorno avrebbe visto le vere tempeste, e la superficie del sole, ed i mostri marini dimenticati nelle profondità dell'oceano. Avrebbe imparato a curare ed uccidere, a generare la vita da un brandello di carne e una goccia di sangue; avrebbe toccato con mano l'energia che muove tutte le cose, e l'avrebbe plasmata a suo piacimento come fosse una mollica di pane. [MAYURI KUROTSUCHI x OC]
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'The Bleeding Saga'
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Ciao! :D Se stai leggendo qui significa che sei anche tu un fan di Mayuri, oppure che questa storia ti sembrava interessante e hai pensato che valesse la pena di darci un'occhiata. Sono contenta in entrambi i casi, e spero che continuerai con la lettura anche dopo questa squallida introduzione. :3 Ma veniamo a noi.
Per prima cosa, il titolo (( Wild Lilies )) mi è venuto in mente circa dieci minuti fa e l'ho adottato come nome ufficiale nella convinzione che tanto non mi sarebbe venuto in mente nulla di migliore (( sono una frana coi titoli )). Deriva dal fatto che Mayuri non è un nome giapponese, ed il significato più prossimo (( se scritto coi kanji appropriati )) viene da "yuri", che significa giglio. "Wild" ci stava semplicemente bene. Comunque.
Quella che sto per raccontare è la mia versione di come Mayuri è arrivato nel Rukongai, si è iscritto all'Accademia per Shinigami ed infine è stato incarcerato nel Maggot's Nest. Non molto di quanto narrato in questa storia deriva quindi da fonti attendibili. Inoltre, leggendo Bleach 36 mi sono resa conto che il primo esperimento visibile che Kurotsuchi ha effettuato su se stesso era la sostituzione delle proprie orecchie con due strutture metalliche: ho pensato di spiegare anche questo, con una soluzione un po' azzardata. Ai posteri l'ardua sentenza, che gradirei ricevere (( nel bene e nel male )) sotto forma di commenti. In altre parole, recensite! :P


Suo padre non gli aveva mai raccontato del giorno in cui era venuto al mondo. Degli anni trascorsi nella Soul Society, cercando di farsi notare il meno possibile, aveva pochi ricordi gradevoli o che considerasse degni di nota. Gli sarebbe piaciuto sapere qualcosa riguardo alla propria nascita, il miracolo urlante della vita che si genera autonomamente, senza la necessità di una formula matematica o una spiegazione logica. Senza un ordine apparente, né una comprensibile ragione.
Perché era giunto laggiù, in quel luogo che gli altri spiriti chiamavano Rukongai? Se lo era chiesto molte volte, da quando era poco più che un bambino, ma non aveva mai trovato una risposta che lo soddisfacesse. Alla fine aveva smesso di pensarci, com'è giusto che sia, convinto che la speculazione vana ed infruttuosa è per le menti deboli, non per gli scienziati. Aveva smesso di pensare anche a suo padre: quel vecchio, piccolo uomo che faceva finta di prendersi cura di lui.
Kurotsuchi Mayuri sedeva in silenzio, il mento fra le mani, osservando con espressione assente la superficie appena increspata del lago. Non avrebbe dovuto trovarsi in quel luogo, e la consapevolezza di ciò era sufficiente a tracciare un leggero sorriso di scherno sulle sue labbra pallide e sottili. Aveva dodici anni, grandi occhi color ambra ed un'indole asociale per natura. Non era bello nel senso convenzionale del termine, ma i suoi lineamenti affilati, il fisico magro, lo sguardo penetrante gli conferivano un fascino strano che lo rendeva quantomeno interessante agli occhi delle altre persone. Non che gli importasse, in realtà: in ogni caso, non appena lo sentivano parlare i più tendevano a tenersi a debita distanza da lui.
Il "piccolo scienziato pazzo", come tutti ormai lo chiamavano, aveva smesso da tempo di suscitare compassione nelle vecchiette del suo quartiere. Un ragazzino privo di madre, trovato ancora in fasce da un semplice pescatore e per di più quasi completamente sordo; inizialmente, tutti avevano pensato di dover dare una mano a lui e all'uomo che aveva accettato di prendersene cura; ma il carattere riservato del padre e l'indole solitaria del figlio avevano fatto sì che ben presto ogni tentativo di approccio venisse accantonato.
Durante i lunghi pomeriggi trascorsi da solo in giro per i campi, il giovane Mayuri era stato visto inseguire e catturare animali per poi sezionarli; i suoi occhi s'illuminavano alla vista del sangue, e trascorreva ore ed ore a disegnare con sconcertante precisione tavole di anatomia che non poteva aver visto sui libri. Parlava poco e decisamente male, perché non si era mai esercitato granché: la sordità - che apparentemente lo accompagnava dalla nascita - gli impediva di riprodurre correttamente i suoni, e nè lui nè il suo genitore avevano mai fatto nulla per ovviare a questa difficoltà. In ogni caso, non sembrava che Mayuri fosse desideroso di ascoltare quello che gli altri avevano da dire.
Con un movimento svogliato del polso, il ragazzo scagliò un ciottolo piatto attraverso l'aria frizzante di Settembre, dritto nelle profondità del laghetto che aveva di fronte. Il sasso rimbalzò un paio di volte sulla superficie, come in cerca di un appiglio che gli impedisse di finire dimenticato negli abissi più profondi della terra, ma alla fine parve arrendersi e sprofondare nell'acqua fresca e silenziosa.
"E' inutile che ti ostini a lottare contro le leggi della fisica, la scienza sarà sempre più forte di te," sogghignò il ragazzo osservando la superficie del lago tornare lentamente immobile. Il suo cuore esultava di fronte al miracolo della logica naturale, ma dalle labbra non uscì alcun suono. La consapevolezza che ci fosse qualcosa di preordinato nel mondo, qualcosa di spiegabile che è possibile apprendere e padroneggiare, lo faceva sentire bene. Sapere che, se avesse studiato ed osservato, avrebbe potuto capire e dare un nome e una legge a tutte le cose... era tutto ciò di cui aveva bisogno, tutto quello che desiderava.
Un giorno sarebbe andato via da quel luogo sempre uguale, dove anche i fenomeni naturali non avevano modo di mostrarsi in tutta la loro potenza. Un giorno avrebbe visto le vere tempeste, e la superficie del sole, ed i mostri marini dimenticati nelle profondità dell'oceano. Avrebbe imparato a curare ed uccidere, a generare la vita da un brandello di carne e una goccia di sangue; avrebbe toccato con mano l'energia che muove tutte le cose, e l'avrebbe plasmata a suo piacimento come fosse una mollica di pane.
Un giorno avrebbe fatto tutto questo, e forse anche di più. Per adesso, doveva limitarsi ad aspettare.
Con un sospiro ed una rapida occhiata al paesaggio circostante, Mayuri si alzò in piedi agilmente e si voltò in direzione del villaggio. Le case erano piccole e lontane nel tramonto tinto di arancio, e solo qualche sbuffo di fumo dai comignoli arrampicati sui tetti rivelava la presenza di qualcuno ad abitarle.
Il ragazzo si mosse rapido attraverso l'erba spazzata dal vento, gli steli ancora secchi dopo la calura estiva che gli solleticavano sgradevolmente le caviglie mentre camminava. Ad ogni passo, i capelli azzurro chiaro gli scivolavano negli occhi ostruendogli la visuale: era il momento di tagliarli, di nuovo. Odiava quel genere di seccature.
Scivolò, perfettamente silenzioso, lungo i viottoli che profumavano di legna e di calore. Al di là delle finestre chiuse, la vita scorreva chiassosa in un modo che il ragazzo non avrebbe mai saputo apprezzare: il naturale istinto umano che porta all'aggregazione in nuclei familiari, la tendenza all'affetto, a crescere figli anche quando di figli non se ne possono avere, a chiamare "madre" e "padre" persone che non ci hanno messo al mondo, pur di avere qualcuno su cui riversare il proprio bisogno d'affetto. Tutto quel miracolo avveniva lì, nel Rukongai, sotto i suoi occhi; e Mayuri camminava senza far rumore, un fantasma muto che si aggirava guardingo nella crescente oscurità.

- Sei stato di nuovo al lago, vero? - lo apostrofò Heisuke non appena ebbe aperto la porta di casa. Con una mano lo costrinse ad alzare la testa e guardarlo, di modo che potesse leggere sulle sue labbra le parole, e nei suoi occhi la collera che esse contenevano.
Mayuri annuì senza distogliere lo sguardo, inespressivo, quasi impudente nel suo disinteresse totale. Il padre adottivo scosse la testa, sospirando, in cerca della calma che gli sarebbe servita per affrontare quella discussione. Infondo si trattava solo di un ragazzino, un adolescente emarginato la cui vita era resa ancor più difficile da quello scherzo malvagio che la natura aveva deciso di infliggergli senza una ragione.
- Non ti ho chiesto di non andarci perché sono cattivo, Mayuri. - gli spiegò pazientemente per la centesima volta, chinandosi in modo che il giovane non dovesse alzare lo sguardo per leggergli le labbra. - Ti ho chiesto di non farlo perché è pericoloso. Il lago è profondo, e le correnti formano mulinelli che ti trascinerebbero sott'acqua senza lasciarti un secondo di tempo per chiamare aiuto. Lo capisci questo?
Il ragazzo annuì di nuovo, ancora senza mostrare la minima emozione. Glie ne sarebbe importato, a Heisuke, se fosse morto? Ne dubitava. E in ogni caso, lui non era così stupido da distrarsi abbastanza a lungo da poter cadere nel lago.
- Bene... Bene. - confuso e sconfitto, Heisuke si alzò di nuovo in piedi e si avviò a larghe falcate verso il fuoco, su cui bolliva un pentolone. Rimase immobile per qualche istante a rimestare nella zuppa, canticchiando distrattamente una canzone; Mayuri ne approfittò per sgattaiolare nella stanza accanto, senza far rumore.
Non capiva l'eccessiva apprensione del genitore adottivo: che senso aveva preoccuparsi per un ragazzino raccolto un giorno in mezzo alla strada? Il Rukongai è solo il luogo dove le anime attendono, attendono all'infinito qualcosa. E allora perché sforzarsi di rendere migliore quell'attesa? Perché cercare altre persone, di cui siamo destinati a perdere ogni ricordo? Innervosito dagli ammonimenti di Heisuke il ragazzo si gettò sul materasso sformato che era il suo letto, e chiuse gli occhi. Soltanto l'apprendimento era giustificato: limitarsi ad essere una stupida rana, felice nel proprio pozzo con altri milioni di rane, non gli bastava. Non si sarebbe accontentato di una gioia posticcia guadagnata in un mondo di falsi sentimenti: soltanto la scienza era la soluzione.
Quella scienza che, ne era certo, con pazienza e tenacia prima o poi sarebbe riuscito a padroneggiare.

1. Sordo. Okay, lo so che è un'idea decisamente azzardata, ma mi piaceva. Spiegherebbe anche perché Kurotsuchi ha un carattere così riservato e scostante, dopo aver trascorso tutta l'infanzia come un emarginato... Ma vi prometto che riuscirò ad uscire al più presto dal pantano in cui mi sono invischiata con questa bella idea. :3
2. Mayuri ed Heisuke: il primo è convinto che sia impossibile affezionarsi a qualcuno che si trova un giorno per la strada, il secondo si mostra decisamente preoccupato per lui. In realtà, il padre adottivo sembra davvero volergli bene... Sarà tutta una finzione, oppure sarà Kurotsuchi ad essere troppo cinico? Credo che la risposta, se ancora non vi è chiara, diventerà abbastanza evidente nei prossimi capitoli... ;3
3. Giuro che non ho intenzione di andare OOC. La cosa che odio più al mondo (( dopo i pairing assurdi ed il gender swap )) sono gli OOC. Quindi se svirgolo troppo avvertitemi, per favore! D: Conto su di voi! >,>!

  
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