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Autore: marty_ohba    30/09/2009    3 recensioni
In un AU, Mello e Near non si conoscono e non esiste Kira. Una festa smuoverà la situazione, ma riuscirà Mello a ricordare ciò che è successo con Near dopo la sbornia?
[MxN]
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Matt, Un po' tutti | Coppie: Mello/Near
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ed eccomi di nuovo intenta a scrivere una MxN!
Ho il presentimento al 90% che sto facendo una gran cazzata
- dopotutto le commedie non sono il mio forte -
ma voglio provarci.
Questo implica che siate liberissimi di maledirmi
in tutte le lingue conosciute e sconosciute ^^;;
Buona lettura!

Susy





ANOTHER PLACE


 


 

Chapter 1~


 

Dovevo dimenticare la cioccolata proprio stamattina?”, pensò irritato il biondino mentre l'ascensore saliva pigramente al suo piano. Certo, avrebbe potuto comprarne dell'altra fuori, ma proprio non gli andava di uscire senza. Quella mattina non aveva sentito la sveglia (come sempre, d'altronde) e nella fretta di vestirsi per non tardare aveva dimenticato la cosa essenziale: una tavoletta del suo dolce preferito.
Finalmente il “ding” segnalò l'arrivo. Si affrettò ad uscire, ma non fece due passi che si scontrò contro qualcosa. Stava per perdere l'equilibrio, ma riuscì a rimanere in piedi, mentre qualcun altro non fu così fortunato. Portò lo sguardo verso l'ostacolo che aveva atterrato realizzando che si trattava di un ragazzino completamente vestito di bianco, chioma inclusa. Il tipo borbottò quelle che parevano scuse, mentre riponeva i libri nella borsa.
Poi si alzò in piedi ed in quel momento il biondo sentì un certo fastidio crescere: che diavolo aveva da guardarlo così? Sembrava lo stesse passando ai raggi X! Alzò un sopracciglio, manifestando la propria irritazione, finché non sbottò: «Levati dai piedi, nanetto, che ho fretta!».
Lo scansò malamente correndo lungo il pianerottolo, maledicendo i perditempo.

 

Sfrecciava a 100 all'ora per evitare di arrivare ancora più tardi.
Dopo una decina di minuti raggiunse la Wammy University.
Era un edificio imponente, solenne, probabilmente costruita almeno un secolo prima, a somiglianza di un tempio greco: sul portico di fronte alla facciata in marmo bianco svettavano due monumentali colone in stile ionico, le quali sostenevano il timpano superiore ed il tetto. Rimase stupefatto alla vista di tanta magnificenza, sentendosi infinitamente piccolo di fronte a quell'enormità.
Quando si riprese, varcò le enormi doppie porte di quercia trovandomi di fronte ad un grande ritratto di Quillsh Wammy, il famoso scienziato ed inventore, proprio di fronte all'entrata. Era davvero un uomo degno di stima, versato in ogni tipo di materia scientifica ed era stato anche un grande donatore e magnate, sostenitore della giustizia e delle arti; più volte gli erano stati offerti incarichi di potere, ed altrettante volte egli aveva rifiutato, non essendo mai stato portato per ruoli così di spicco.
Il biondo prese a salire in fretta e furia la scalinata di marmo rivolta ad est, correndo a perdifiato lungo gli ampi corridoi della facoltà, gettando di tanto in tanto un'occhiata frettolosa per controllare se ci fosse la sua aula, senza trovare ciò che cercava finché finalmente non la vide, a metà del corridoio successivo.
Arrestò la corsa, respirando profondamente per rallentare il battito cardiaco e bussò tre volte.
Dall'interno si sentì lo sbuffo infastidito del professore e poi una voce profonda che lo invitava ad entrare. Abbassai la maniglia, facendo come richiesto.
La prima cosa che lo colpì fu il colore: bianco, candido. Senz'ombra di c'era un po' troppo bianco in quell'edificio. In secundis il suo sguardo venne attirato dai finestroni alti due metri e mezzo che davano sul cortile interno. Tutto in quel posto ispirava severità e austerità.
Quindi riportò l'attenzione sull'insegnante, intento a scrutarlo con cipiglio infastidito, come se avesse da ridire qualcosa, per esempio sul ritardo, o sul suo abbigliamento. Certo, quella era un'università di prestigio, ma si ero vestito sempre come faceva e di certo non avrebbe smesso di indossare abiti di pelle solo perché un membro del corpo docenti ne era infastidito.
Sostenne lo sguardo del professore con aria di sfida, finché l'uomo non parlò.
«Lei dev'essere il signor Mihael Keehl, non è vero? Mi domandavo dove fosse finito».
«Sì, effettivamente sono un po' in ritardo»
, replicò con sarcasmo e l'insegnante gli regalò un'occhiata truce.
«Ihih!».
Un suono fastidioso lo fece voltare verso una ragazza dai capelli ramati, con le guance leggermente arrossate. La sua vicina di banco, una mora dai capelli corti e occhi azzurro chiaro, le diede una gomitata e la mise a tacere con un "Zitta, Linda!".
Aveva già inquadrato il tipo, esattamente il più irritante per una ragazza, ma il migliore con cui divertirsi.
Il professore schiarì la voce profonda piuttosto seccato, facendolo rinsavire.
«Signor Keehl, prenda posto. Ce n'è uno libero là a destra».
Voltandosi verso la zona indicata, incrociò lo sguardo di un ragazzino completamente vestito di bianco e persino i capelli non avevano colore... solamente gli occhi d'onice così scuri ed inespressivi stonavano.
La sua mente etichettò subito quel tipo come “strano”; poi però ricordò dove l'aveva visto: mezz'ora prima, davanti all'ascensore.
Strinse gli occhi, pensando a come fargliela pagare per avergli fregato preziosi secondi quella mattina.
Sedette accanto ad un pel di carota con una maglia a righe rosse a nere; in testa portava degli enormi occhiali da mosca. Notò che si stava affrettando a far sparire una PSP e ghignai.
Dunque il prof verificò l'attenzione generale della classe e continuò imperterrito a spiegare, blaterando noiose nozioni su varie reazioni chimiche tra elementi.
Ignorandolo deliberatamente, Mihael rivolse l'attenzione sul ragazzo accanto a lui il quale lo osservava con occhi di un brillante verde, sorridendo.
Poi, a bassa voce, per non farsi sentire dall'insegnante, si presentò, porgendogli una mano.
«Piacere, io sono Mail Jeevas, ma puoi chiamarmi Matt. E così tu saresti Mihael Keehl?», la sua voce era allegra, piacevole. Sentiva che non avrebbe avuto problemi a fare amicizia con lui.
«Mello», replicò. «Preferisco Mello».
«Va bene, Mello», asserì il rosso con un occhiolino.
Si girò per un attimo dietro, per poi riportare l'attenzione sul biondo, sogghignando.
«Vedo che, anche se sei appena arrivato, hai già fatto colpo!», e indicò col pollice Linda e la sua amica.
«Già, tutto merito del mio sex appeal», scherzò.

 

 

Parlarono per tutta la lezione, senza farsi scoprire. Suonata la campanella, il professore salutò e uscì dall'aula.
In quella, Mello occhieggiò il banco dell'albino mentre si rivolgeva a Matt.
«Ti va di darmi una mano a farla pagare a quel tipo?», domandò istintivamente. A posteriori avrebbe detto che stava esagerando e sicuramente era così, ma quel nano lo infastidiva anche se non gli stava facendo proprio nulla. D'altronde poteva succedere di avere qualcuno a pelle, e ci avrebbe scommesso che quello era proprio il suo caso.
Il rosso sgranò gli occhi ed esclamò, sorpreso: «Come fai a conoscere Near?».
«Near, eh? E' così che si chiama?»
, chiese il biondo. Ma che razza di nome era?
«Nate River, veramente, ma noi lo chiamiamo così perché non si scolla mai dai libri. Ovvio, dato che è il primo della classe».
Annuì, ricordandosi che non gli aveva risposto.
«Ci siamo scontrati stamattina davanti all'ascensore del mio palazzo e mi ha fatto perdere dei minuti preziosi, per questo ho fatto tardi».
Matt dichiarò che per lui non c'era problema.
Avuto il consenso, Mello si scrocchiò le nocche e si diresse verso l'albino, seguito dalle occhiate maliziose di Linda.
Raggiunto il banco di Nate, gli picchiettò sulle spalle finché quello non si girò e la sua espressione divenne per un istante sorpresa. Mihael lo scrutava con un'espressione che la diceva lunga sul suo stato d'animo in quel momento.
«Ehi, Near, io e te abbiamo un conto in sospeso ... », ringhiò prendendolo per il bavero della camicia, alzando un pugno per colpirlo. La sua espressione indifferente lo mandava davvero ai matti, come poteva non reagire?!
Stava per colpirlo quando una mano lo fermò: si voltò e vide Matt che lo guardava interrogativo. Sostenne il suo sguardo finché non alzò gli occhi al cielo e dopo aver lanciato un'ultima occhiata minacciosa al nano lasciò la presa, allontanandosi insieme a Matt.



«Ciaooo...», miagolò Linda con una vocina tutta zucchero.
Mello fece un sorriso tirato, salutandola e chiudendo la porta dell'appartamento con un sospiro.

Aah... ma perché le gnocche baciano sempre da schifo?!”
Andò in bagno per fare un paio di gargarismi e togliersi il saporaccio del rossetto dalla bocca, sciacquandosi per bene il palato. Quando fu soddisfatto, afferrò una tavoletta di cioccolato e, scartatola, la addentò soddisfatto mentre si stravaccava sul divano.

Come primo giorno non c'è male”, constatò ironico.
A conti fatti tuttavia si poteva dire che fosse andata bene… l'unico punto nero in tutto quello era il nanetto bianco.
Per qualche motivo quel ragazzino lo faceva irritare da morire e, come se avessero entrambi la stessa carica, si respingevano essendo quanto di più opposto ci potesse essere.



 

La mattina dopo si alzò appena la sveglia suonò. Il trillo fastidioso si interruppe con un pugno ben assestato, si vestì ed uscì sul pianerottolo, deciso a non incontrare Nate.
Premette il pulsante dell'ascensore, che arrivò subito ed entrò, pronto ad andarsene da lì.
Quando le porte stavano per chiudersi però, una piccola mano pallida s'infilò nell'apertura e le porte meccaniche si riaprirono.
"No! Non di nuovo!", imprecò mentalmente. “Ma cos'è sfiga? Karma?”
E invece era proprio così. L'albino si era intrufolato nell'ascensore.
Cercò di ignorarlo, pensando alle canzoni dei Metalica, ma pareva che quel giorno il Destino gli remasse contro.
«Ehm... Buongiorno...», fece Near, esitante.

Mihael, stai calmo...”
Respirava profondamente per riprendere il controllo, ma la presenza elettrica di Nate gli faceva venire la pelle d'oca. Alla fine non ce la fece più.
«Dì un po', ma perché mi perseguiti?», domandò truce, senza degnarlo di guardarlo.
D'altra parte, Near non si degnò di rispondergli. Tutta quella indifferenza lo mandava al manicomio.
Per fortuna erano arrivati nell'androne. Appena le porte si aprirono Mello corse al garage, salì a cavallo della moto, infilò il casco, girò la chiave e partì.

 

 

DRIIIIIN!
E così terminava un'altra giornata di scuola.
L'istruzione non era mai stato un punto d'interesse, per Mihael, ma riusciva molto bene in ciò che faceva. Un po' per la memoria fotografica, un po' perché anche non amando lo studio vi era inconsciamente portato. Sicuramente però voleva passare meno tempo possibile sui libri.
«Aspettate un momento, ragazzi. Per le matricole è possibile alloggiare presso una stanza del dormitorio... so che molti di voi ce l'hanno già, ma per chi fosse interessato, i moduli sono sulla cattedra. Riconsegnateli in segreteria. Buona giornata a voi».
Il biondo ascoltò la novità, ma non la prese in considerazione: si era appena trasferito e non vedeva la necessità di farlo di nuovo. Tuttavia, Matt non la pensava allo stesso maniera.
«Andiamo, Mel, io sto in dormitorio da due anni, ti assicuro che è come avere una casa propria! E poi così non dovrai rischiare di vedere Near tutte le mattine!».
La sua teoria era molto sensata. D'altronde non gli costava nulla disdire il contratto d'affitto. Sospirò, accennando un tacito accordo e si diresse alla cattedra per prendere un modulo. Una mano sbucata dal nulla imitò il suo gesto, finché non ci scontrarono. Near ritrasse la mano, voltandosi per scusarsi con l'altro, ma le nocche del biondo fremettero.

Al Diavolo!”
Afferrò il modulo ed uscì dall'aula con Matt prima che il suo pugno scattasse dritto contro la mascella di Nate.

   
 
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