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Autore: GeoFount    01/10/2009    10 recensioni
Orihime parla ai morti. [Ulquihime]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inoue Orihime, Schiffer Ulquiorra
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Attraverso sabbie infinite





Hueco Mundo è un luogo asciutto, sterile. E' grigio, privo di attrattive, e noioso. E' anche il luogo che Ulquiorra chiama casa.
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Perché sia stato scelto come sua guardia del corpo non lo sa né gli interessa particolarmente. Fa come gli viene ordinato e basta. In realtà un po' lo attira, anche se a parole non lo ammetterebbe mai. Oltre l'interesse di Aizen, che riguarda solo i suoi poteri, è la sua personalità a intrigarlo.
La vede una o due volte al giorno. Mai a lungo, dentro e fuori, giusto il tempo di eseguire gli ordini.
Ciononostante, è colui che Orihime vede più spesso. Mentre i giorni stemperano in settimane, abbandona le sue reticenze, assomiglia di più alla donna forte che aveva catturato la sua attenzione. Lui sa che si dispera per una qualche forma di contatto. Qualsiasi mezzo pur di alleggerire la mente dai costanti quando e dove e cosa. Lui è l'improbabile candidato.
Lo impegna in conversazioni. O almeno ci prova. Le sue risposte sono brevi e mirate. Orihime fa vari tentativi. Alla fine, dopo molte sconfitte, vi rinuncia del tutto.
Ora, quando è sola parla a se stessa. Parla della sua giornata e di quel che sta succedendo sia dentro sia fuori di lei. A volte dice che vorrebbe essere più forte. A volte singhiozza e tira su col naso.
Ulquiorra non origlia di proposito ma sente in ogni caso. Non gli importa veramente cosa fa finché non tenta qualche stupidaggine tipo scappare. Eppure è curioso e le chiede: «A chi parli quando sei sola?»
E' la prima volta che le pone una domanda estranea ai piani di Aizen o ai suoi compagni. La forchetta di Orihime ghiaccia a metà strada dalla bocca. «Co-come lo sai?»
«Rispondi e basta.»
Batte le palpebre e abbassa lentamente la forchetta sul piatto. «Mio fratello» risponde. «Parlo a mio fratello.»
«Tuo fratello?»
«Sì.»
«E dov'è?»
«E' morto.»
La sua risposta è breve. Non assomiglia al chiacchiericcio passato e riesce a vedere che non dice tutta la verità, che c'è di più nella storia di quel che rivela, qualcosa di doloroso e recente. A Ulquiorra non importa granché. Non ribatte.
Orihime lo fissa apertamente. «Tu avevi fratelli?»
«Io ho molti fratelli.»
«No» scuote la testa. «Non intendevo gli Arrancar. Mi riferisco a quand'eri umano.»
Per poco Ulquiorra non ride alla domanda. «Quando ero umano?»
«Tutti gli hollow sono umani, vero? Tu non eri umano, una volta?»
Ulquiorra s'irrigidisce. Non risponde.
Orihime non coglie. «Ricordi chi eri?» insiste.
Per un attimo prova l'impulso di strangolarla. Premere le mani su quella gola bianca e stringere la presa fino a che non possa più fare domande. Invece stringe la mano a pugno. «Presumi parecchio» le dice «per essere una che non sa molto. Ti suggerisco di tenere opinioni del genere per te. Altri non sarebbero tanto gentili davanti a osservazioni sventate come questa.»
«Osservazione sventata o no» risponde Orihime, gli occhi spalancati «è la verità?»
Ulquiorra la considera un istante. Compie un passo verso di lei. Di riflesso, lei si ritrae. Lui si china con un movimento fluido e recupera la forchetta che ha fatto inavvertitamente cadere.
«Te ne prendo un'altra.»
Per una volta, la ragazza rimase in silenzio quando se ne andò.
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Era stato creato grazie all'Hogyoku. Da Aizen e grazie all'Hogyoku. Ciò che era stato prima non lo sapeva, non aveva mai chiesto. Se era stato un hollow o un umano o un umano prima di diventare hollow, il fatto restava ignoto. Tutto ciò che sapeva era di esser stato creato da Aizen. Cosa fosse stato nel tempo prima della memoria, non ne aveva idea. Apparteneva ad Aizen ora.
Odia la domanda di Orihime. Aizen lo ha "cresciuto" educandolo a considerare gli Arrancar un'unica identità, quasi fossero parti di un corpo che lavorano insieme.
Ulquiorra tocca il foro sotto il suo collo. Passa la punta delle dita sul bordo liscio e si chiede perché non sia frastagliato. Si meraviglia che un pezzo mancante possa avere una forma tanto perfetta.
E' ancora più perfetto delle sabbie grigie e infinite.
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«Perché parli a tuo fratello?»
Drenata dagli ordini di Aizen, che le hanno riempito il giorno, alza lo sguardo intontito dal letto dove giace scomposta. Se è sorpresa dal suo improvviso interesse non lo mostra. «Ancora questo?»
Ulquiorra ignora la domanda. «Hai detto che è morto.»
«Sì.»
«Perché continui a parlargli, allora?»
Orihime fa spallucce nel cuscino. «Sono convinta che possa ancora sentirmi.»
Ulquiorra sbuffa. «Stupida. Non può più sentirti. Non se è stato mandato nella Soul Society.»
Troppo stanca per discutere con lui, chiude gli occhi. «Immagino» dice «che mi faccia sentire meglio.»
«Meglio?»
«Meno sola.»
Ulquiorra grugnisce fra il divertito e l'affascinato, come se qualcuno gli avesse appena riferito una barzelletta creata per non far ridere.
Orihime riapre gli occhi. Lo scruta dal basso. «Perché?» chiede. «Tu non lo fai?»
«No.»
«Perché no?»
«Non ce ne sarebbe motivo.»
«Prego?»
«Non c'è nessuno ad ascoltare» spiega, paziente. «Stai solo parlando all'aria.»
«Non stai cogliendo il punto.» Sbadiglia, pressoché addormentata. «Il punto non è assicurarsi che qualcuno ascolti. Il punto è parlare e basta. A volte aiuta a fingere che qualcuno ascolti anche se non è così. Aiuta a pensare di non esser sempre soli.»
Ulquiorra non capisce il suo modo di ragionare. «Che idea stupida.»
Orihime sorride debolmente. «Forse. Ma mi fa sentire meno sola, quindi che importa se è stupido?»
Lui non afferra ancora. Non ha mai saputo cosa significhi essere veramente soli e non crede che lo scoprirà.
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Quando la picchiano non piange mai. Tanto meno si arrabbia o, se lo fa, non lo mostra. La sua unica espressione è la tristezza, come se provasse pietà per coloro che la picchiano piuttosto che per se stessa.
Le Arrancar femmina la odiano più di tutti. Le dicono che è priva di valore, debole. La chiamano il cagnolino di Aizen e minacciano che non sarà più carina quando avranno finito.
Ulquiorra non partecipa mai né è presente ai pestaggi. Ma è sempre lì per il prosieguo. La osserva, silenzioso, mentre ferita e sanguinante sobbalza e mugugna. Nessuna lacrima sfugge dalle sue palpebre.
Orihime, ha intuito, non piange mai per sé. Piange solo per le altre persone.
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«Ti sembra mai di esser l'ultima persona viva sulla faccia della terra?»
«No.»
«Bene» dice, e lo intende. «Bene.»
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Quando lui se ne va, strisciano nella stanza come ratti verso un pezzo di formaggio. Non verranno quando c'è Ulquiorra. Non sono così sciocche.
E nemmeno sono abbastanza sciocche da ucciderla o menomarla in modo irreparabile. Ematomi e tagli andranno bene, piccole ferite cui non bastano che giorni per guarire. Ad Aizen non importa cosa fanno se Orihime è ancora in grado di funzionare.
Si sparpagliano quando Ulquiorra accenna a tornare. Sanno che farebbe loro del male se le sorprendesse.
Nonostante le sue ferite, Ulquiorra non offre aiuto. Né lei lo chiede. Silenzioso, la guarda ciondolare verso il letto.
Fuori c'è la luna e attraverso la finestra solitaria la luce bianca si riversa all'interno. Tramuta le lacrime non versate in gocce d'argento.
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«Ti senti mai in quel modo?» le domanda, senza preavviso.
«Sentirmi come?»
«Come se fossi l'ultima persona viva sulla faccia della terra.»
Orihime chiude gli occhi. Espira. «Ora sì.»
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Resta fuori dalla sua porta per il resto della notte e scaccia le ombre che scivolano sul pavimento.
«Perché mi odiano tanto?» sussurra lei.
«Perché nulla di bello vive qui.»
I suoi compagni cadono a uno a uno. La prima è la shinigami, seguita a breve da quello coi capelli rossi. Poi Ichigo. Sorprendentemente, è il Quincy colui che combatte più a lungo.
Muore col suo nome sulle labbra.
Subito Orihime non piange. Non crede che possano essere morti.
Ulquiorra le riferisce di ognuno di loro in dettaglio. Non perché voglia torturarla ma semplicemente perché disprezza la gente che non capisce e accetta la realtà. Ulquiorra non vive di false speranze o sogni o qualsivoglia immagine del futuro. Ulquiorra risiede nel mero presente.
Orihime ha pianto davvero molto per loro, dopo.
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Guarisce la ferita inflittagli da Ichigo. Non gli chiede dove l'ha ricevuta e lui non lo rivela. Eppure, tiene gli occhi bassi e non gli parla per il resto della giornata.
Ulquiorra finge di non accorgersene.
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E' stato sufficientemente senza cuore da dirle che Ichigo è stato ucciso.
Non è stato abbastanza senza cuore da dirle che è stato lui a farlo.
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Chad vive più a lungo degli altri. Invece che essere ammazzato, viene tenuto in vita. Con un potere unico quanto quello di Orihime, Aizen è curioso di sapere come possa aver avuto origine. Fanno esperimenti su di lui per giorni.
Orihime non assiste mai alla tortura ma la percepisce. Trema da capo a piedi e sospira di sollievo quando, alla fine, il suo reiatsu sbiadisce.
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Stupidamente, aveva pensato che venendo lì avrebbe salvato coloro che amava. E' quasi dolorosamente prevedibile. La buona madre pronta a sacrificarsi per i "figli".
Ora tutti i suoi figli sono scomparsi.
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«Penso» dice un giorno all'improvviso, quasi si destasse da un sonno profondo. «Penso che mi piacerebbe tornare a casa, ora.»
Ulquiorra la guarda attraverso lo spazio vuoto e il vuoto silenzio che si erge fra loro. Lo costringe sempre a puntualizzare l'ovvio. «Non puoi andartene.»
La bocca di Orihime si storce in una smorfia. «Cosa speri di guadagnare da tutto questo?»
«Il signor Aizen desidera il mondo.»
«Non è quel che ho chiesto» afferma, le dita che deformano la veste. «So cosa vuole Aizen. Ma cosa speri di ottenere tu
Ulquiorra la fissa per un lungo istante. Non ci ha mai pensato e il suo quesito gli causa una contrazione viscerale, come lei se avesse scoperto qualcosa di un'evidenza acuta che lui, in qualche modo, ha trascurato. Lo fa sentire a disagio.
«Importa?»
Orihime gli sorride, triste. «No» dice. «Immagino di no.»
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Parla a tutti loro adesso. Rukia, Ishida, Chad, persino Renji, che non conosceva poi così bene. Fra tutti loro, però, è Ichigo quello a cui parla di più.
Ulquiorra è abbastanza osservatore da sapere che provava qualcosa per lo shinigami dai capelli fulvi. Quasi vorrebbe avergli detto, prima di ucciderlo, che lei lo amava. Forse lo avrebbe spronato a lottare più a lungo, come il Quincy.
O forse è proprio il motivo per cui Ulquiorra ha combattuto dando il meglio.
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«Parli ai tuoi amici ultimamente.» Esterna l'osservazione di punto in bianco, incurante del fatto che possa irritarsi per l'invasione del suo spazio personale.
Orihime si pulisce il viso. «Sì» ammette.
«Cosa dici loro?»
«Che mi mancano.» Si strozza un po', la mano accoccolata sulla gola. «E che mi dispiace.»
«Dispiace per cosa?»
«Per averli fatti uccidere tutti.»
Ulquiorra sbuffa. Le volta la schiena, diretto alla porta. «Non è stata colpa tua» afferma.
Orihime lo guarda di scatto. «Cosa?»
«Ho detto che non è stata colpa tua.» Si gira leggermente, abbastanza perché veda il profilo del suo volto. «Hanno preso una decisione autonoma, venendo qui» dice. «Che siano caduti o meno non ha niente a che fare con te. Non hai responsabilità per la loro morte.»
Per un attimo, si aspetta quasi che lo schiaffeggi di nuovo. Invece, anche se non sembra convinta, sospira gentilmente. «Grazie per averlo detto.»
Ulquiorra lascia la stanza, sentendosi a disagio nella sua stessa pelle. Avrebbe preferito che lo schiaffeggiasse. Avrebbe saputo affrontare meglio l'evento.
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Di notte, dall'interno della camera, viene un colpo sordo. Qualcosa è caduto e ha colpito il pavimento. Ulquiorra, l'attento cane da guardia di sempre, si alza. Entra senza bussare.
Orihime è per terra, ad alcuni passi dal letto. Si muove a scatti, a spasmi, mormora parole in uno stato scoordinato. I suoi occhi sono chiusi.
Ulquiorra si protende su di lei. Le sue labbra si muovono senza suono. Le dita scattano, cercando di afferrare nei sogni qualcosa di molto lontano.
Dopo alcuni istanti lui si piega. Esita. Eccetto l'occasione in cui l'ha colpito, non ha mai sentito il suo tocco né l'ha toccata.
Posa la mano sul suo braccio. Il foro sotto il collo inizia a bruciargli. Lo ignora con forza.
La prende fra le braccia. Allo spostamento corporeo si sveglia.
Ulquiorra ghiaccia. La fissa.
Orihime batte le palpebre, stordita. Leva una mano. Dolcemente, tocca i segni sulla sua faccia. «Lacrime» dice. «Perché?»
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Il mattino è accanto al suo letto. Lei si agita nel sonno, borbottando per gli incubi. Le tocca la fronte – per controllare se ha la febbre, si dice – e lei apre gli occhi.
Non si muove. Si osservano un lungo istante. Alla fine lui indietreggia.
«Parlavi di nuovo a tuo fratello.»
Lei tace. Deglutisce.
«Ti risponde mai?»
«Mai.»
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La differenza fra loro, pensa Ulquiorra, è che il mondo di Orihime è pieno di scelte. Le uniche conseguenze che Orihime deve affrontare sono le conseguenze che si è tirata addosso.
Il mondo di Ulquiorra è pieno di ordini. Non ha conseguenze da affrontare poiché fa solo quel che gli viene detto.
Non ha mai provato senso di colpa perché nulla è stato opera sua. Orihime è piena di colpa perché, anche se l'ha costretta a compiere una scelta, ne ha comunque presa una. Era una situazione in cui non poteva che perdere. Qualsiasi cosa avesse fatto, ne sarebbe uscita sconfitta.
Indossi il tuo foro all'interno, pensa e l'ascolta parlare agli amici morti attraverso la porta.
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«Per favore.» Tremante e madida, cade in ginocchio davanti a lui. Boccheggia contro le sue scarpe. «Per favore» supplica, «aiutami a fuggire.»
Lui retrocede, fuori della sua portata. «Sei al di sopra del prostrarti» ribatte. «Alzati.»
Come al solito non gli dà retta. Rabbrividisce sul pavimento, piccola e indifesa, così diversa dalla donna energica che ha visto in più occasioni.
La cosa lo disgusta. «Tirati su.»
«Mi aiuterai?»
«Non essere sciocca.»
Per un momento tace, trema silenziosa. Poi alza lo sguardo. «Se non vuoi farlo» dice «me lo lascerai uccidere?»
Sul suo viso riesce a vedere le perdite distendersi, in un foro perfettamente circolare. «No.»
Quasi cerca di afferrarlo, ci ripensa.
Ulquiorra la osserva. Il suo naso si arriccia. La ragazza odora di lacrime e disperazione e cose perdute. Gli ricorda, stranamente, il buco che ha sotto il collo.
Ulquiorra se ne va perché quello disgusta anche lui.
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Non torna finché non si è ricomposta del tutto. Silenziosa e pensierosa, siede con le mani morbidamente piegate in grembo.
E' Ulquiorra a parlare per primo. «Perché vuoi scappare?»
Orihime guarda verso la finestra aperta, dove il sole aspro fa luce ancora più aspra sul pavimento. «Già, perché» mormora, come se parlasse a se stessa.
«Non ti resta nulla là fuori» continua lui. «Hai perso tutto.»
Non si ritrae nemmeno, alle sue parole. «Lo so.»
«Allora perché vuoi la libertà?»
Si volge. Sorride un sorriso triste, segreto. «Non lo sapevi?» dice. «"Libertà" è solo un'altra parola per "niente da perdere"
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In Hueco Mundo non piove mai ma oggi ci sono delle nuvole.
«Oggi» dice. «Credo che oggi sarà il giorno.» Si posa la mano sui capelli, forse per controllare che le sue spille siano ancora lì.
«Oggi?»
«Oggi» annuisce. «Oggi la farò finita.»
«Finita cosa?»
Orihime non gli risponde. Invece lo guarda negli occhi. «Se attaccassi Aizen, mi uccideresti?»
Ulquiorra gela. Qualcosa dentro di lui cade, come se una botola si aprisse. «E' questo che hai in mente?» domanda, cauto.
Orihime non ribatte. Una delle sue mani è chiusa a pugno sul cuore. I suoi occhi sono grandi, disperati. «Per favore» implora.
Ulquiorra la osserva e all'improvviso sa cosa significhi essere l'ultima persona viva sulla faccia della terra. Chiude gli occhi. «Sì» sussurra.
Lei gli sorride. «Grazie.»
Non si muove quando si protende verso di lui e il bacio che gli dà gli lascia il collo in fiamme.
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Ulquiorra non ha mai saputo cosa significhi essere soli perché non ha mai avuto qualcosa che appartenesse a lui soltanto. Mai ha posseduto qualcosa di personale, soltanto per vederselo portare via.
Potesse maledirla lo farebbe, poiché è colpa sua se si sente così. Ora però lei ha chiuso, chiuso per sempre.
Alla fine, Ulquiorra capisce davvero quel che intendeva.
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«Parlavi a qualcuno, ieri notte» commenta Grimmjow.
Ulquiorra lo scruta con la coda dell'occhio, minaccioso. Non dice nulla.
«Con chi eri?»
«Nessuno.»
«E allora a chi parlavi?»
Ulquiorra non risponde per un pezzo. «Nessuno» dice infine. «Proprio nessuno.»
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Attraverso sabbie infinite, Ulquiorra avanza di un passo.






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Note.
Non mi ritengo un'esperta di tecnicismi, quando si tratta di
Bleach. Tuttavia sono abbastanza scettica sull'attendibilità dell'uso descritto per l'Hogyoku (alla luce delle recenti rivelazioni, gli Arrancar diventano tali per autonoma conquista). Inoltre, nell'originale il foro da hollow di Ulquiorra è collocato «nel» collo, non «sotto»; ma ho preferito correggere visto che né nel manga né nell'anime si trova così in alto.

Infine... spero vi sia piaciuta ^^ quello dell'autrice è uno stile molto asciutto, all'apparenza ripetitivo; può piacere o non piacere, ma le idee e il finale sono a mio avviso validissimi. Fateci sapere!
  
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