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Autore: Ranessa    02/06/2005    1 recensioni
Avvolto in un mantello scuro e con il volto coperto da uno spesso cappuccio poteva a prima vista, nelle tenebre, apparire come un comunissimo uomo, ma un occhio più attento si sarebbe subito accorto dell'ampia curva che le sue ali creavano al di sotto della stoffa nera del mantello [...]
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[ Yajhu-saak ]


La notte cittadina era profondamente diversa da quella che avvolgeva il deserto.
Nel Cymek erano le stelle ad illuminare le dolci dune di sabbia che si spostavano in continuazione accompagnate dal vento. Qui invece le luci della metropoli colpivano ferocemente gli occhi, dai grattacieli, ai docks, alla maestosa Perdido Street Station sembrava che la città non dormisse mai, sempre frenetica ed irraggiungibile.
In realtà, affianco ai grandi palazzi e alle imponenti costruzioni, lontano dai più ricchi quartieri residenziali, si allargavano a centinaia stretti vicoli immersi nella più totale oscurità, che da sempre offrivano rifugio ai poveri e ai mendicanti senzatetto, dando però ospitalità anche ai piccoli criminali. Nei bassifondi di New Crobuzon le luci della notte giungevano raramente, ma i loro abitanti non se n'erano mai lamentati.
E in una di queste stradine camminava qualcuno, strascicando i piedi bendati sul freddo acciottolato. Avvolto in un mantello scuro e con il volto coperto da uno spesso cappuccio poteva a prima vista, nelle tenebre, apparire come un comunissimo uomo, ma un occhio più attento si sarebbe subito accorto dell'ampia curva che le sue ali creavano al di sotto della stoffa nera del mantello.
Il garuda continuava la sua lenta avanzata stringendo sotto il braccio un pacco malconcio.

Superò senza nemmeno guardarli i numerosi barboni ed ubriachi sdraiati scompostamente a lato della strada, così stretta che probabilmente anche una semplice carrozza a due posti avrebbe faticato a percorrerla. Qualche solitaria gocciolina d'acqua cominciò a scendere dal cielo, picchiettando pigramente sulle grondaie delle catapecchie lì intorno e rendendo più scuro il marrone del pacco che il garuda si affrettò a nascondere sotto il mantello.
Stanco e svogliato, finalmente, Yagharek trovò una piccola nicchia vicino al portone di una casa in cui potersi rifugiare per la notte e vi si abbandonò pesantemente, portando le gambe al petto e la testa contro il muro gelido. Affamato e ormai al riparo dalla pioggia, che si faceva più incessante, ritirò fuori il pacco umido e ne estrasse una grossa pagnotta di pane stantio.
Cominciò a mangiarla pensando che l'indomani avrebbe fatto visita a Grimnebulin.

"Ehi... amico... certo che ne hai proprio tanto eh?" un uomo si era avvicinato lentamente a Yagharek, parlando con voce acuta ed occhieggiando famelico la pagnotta di cui il garuda si stava nutrendo.
Yagharek alzò gli occhi sul poveraccio che lo stava importunando, osservando le vesti lacere e sporche, la barba lunga e i lividi giallastri che ricoprivano la sua pelle bagnata dalla pioggia. Non guidato da generosità o bontà d'animo come si potrebbe pensare, ma cercando semplicemente un modo per togliersi dai piedi l'uomo il più rapidamente possibile, staccò un grosso pezzo di pane e lo gettò dall'altra parte della strada, sotto la pioggia. Subito il barbone si precipitò verso il misero cibo trascinandosi dietro una gamba destra evidentemente malata. Si gettò a terra raccogliendo il prezioso bene e divorandolo con denti neri e marciti, ringhiando verso un altro senzatetto che aveva tentato di raggiungere il cibo prima di lui.
Convinto di essersi liberato dello scocciatore, Yagharek continuò il suo pasto silenzioso, godendosi la vista delle gocce d'acqua che lasciando il cielo cadevano a terra, così come nel Cymek accadeva raramente.
"Sei un uomo-uccello vero?" il mendicante avanzava verso di lui, muovendosi a quattro zampe sull'acciottolato irregolare della strada. "Lo so perchè ho visto le ali sai? Io so molte cose su voi garuda" strisciò fino alla nicchia di Yagharek e si fece posto senza essere invitato, spingendo il garuda più indentro e riparandosi anche lui dalla pioggia.
"Ce ne sono molti qui a New Crobuzon sai? Stanno a Schizzi, poco fuori i confini della città, a metà tra Guado del Cadavere e Landa del Ketch. Ci si arriva con la ferrovia, la Dolina Line, sì" allungò le mani verso la pagnotta di Yagharek e se ne staccò un altro generoso pezzo, spargendo briciole all'intorno e seguitando a parlare anche con il pane in bocca "Vivono nei vecchi grattacieli in rovina, sui tetti, io li ho visti volare sai? Siete dannatamente bravi, io mi chiamo Mikajl e tu?" si voltò verso il garuda per stringergli la mano e notò che con occhi velati stava fissando il poco pane rimastogli in mano. "Oh, scusa amico, ma non ti preoccupare, che mica te l'ho rubato il pane io eh? In cambio ti do da bere, guarda, vuoi del vino? Io ho del vino" tirò fuori dalle pieghe dei suoi stracci una bottiglia scura senza tappo e ne prese un lungo sorso offrendola poi a Yagharek. "Oh, ma tu puoi bere? Con quel becco che ti ritrovi intendo. Aspetta allora" senza attendere risposta Mikajl rovesciò la bottiglia a testa in giù, versando il vino sul pane di Yagharek che imbevuto del liquido assunse una strana e poco invitante colorazione violacea. "Ecco fatto, meglio no?" il senzatetto sorrise, allargando le labbra screpolate e mettendo bene in mostra ciò che restava dei suoi denti.
Ancora non si era accorto che, durante tutto quel tempo, il garuda non aveva pronunciato una sola parola.

"Per il deretano di Jabber! Guarda come viene giù!" Mikajl guardava la pioggia eccitato, come fosse stato un bambino piccolo "Scommetto che da dove vieni tu non se ne vede tanta di pioggia eh?" Con aria noncurante allungò la bottiglia ormai vuota fuori dal loro rifugio comune sotto l'acqua che scrosciava, riempiendola e dissetandosi. "Sono piogge acide sai? Solo piogge acide qui a New Crobuzon, siamo la città più inquinata di tutto il Bas-Lag. Non tutta però, prendi il Cancrena per esempio, saliva divina! Quello sì che è un gran bel fiume! Prima che passi per Palude della Canaglia però, tutti quei dannatissimi laboratori che scaricano le loro schifezze nel fiume. Da Palude della Canaglia in poi meglio non metterci piede, nemmeno i vodyanoi ci vanno. Non è che conosci qualcuno lì?, oooh se te lo sconsiglio. Solo scienziati pazzi a Palude della Canaglia, solo grandi teste di cazzo che credono di essere Jabber in persona lì" Yagharek sorrise con gli occhi pensando a Grimnebulin e alla soffitta del suo laboratorio mentre Mikajl riempiva ancora la bottiglia.
"Com'è che sei finito qui, pensavo che a voi garuda non piacessero le città. Sai, il cielo coperto dai palazzi, le strade strette, il poco spazio, quelle cose lì insomma, per questo se ne stanno a Schizzi i tuoi amici. È vicino a Boscogrezzo sai?"
"Sono qui per trovare un amico" gracchiò Yagharek, come un vecchio corvo spennato. Era a New Crobuzon ormai da settimane ma la sua voce da uccello ancora non aveva perso le stridenti inflessioni del Cymek, i suoni più dolci gli risultavano ancora difficili da pronunciare.
"Un amico? E sta in mezzo alla strada anche lui?" chiese sorpreso il barbone, rimettendo a posto la bottiglia sotto agli stracci.
"No, sta... " Yagharek esitò un attimo. La prima cosa che aveva imparato giungendo a New Crobuzon era mai fidarsi di nessuno, chiunque poteva essere una spia della milizia, anche la vecchietta che camminava appoggiandosi sofferente ad un bastone o il bambino con il moccio al naso dall'altra parte della strada. E se a Grimnebulin non piaceva la milizia, non piaceva nemmeno a Yagharek. Cosa poteva permettersi di dire quindi al vagabondo... sempre che lo fosse? "... proprio a Palude della Canaglia."
Mikajl fischiò sonoramente, facendo scorrere l'aria tra i buchi lasciati dai denti che aveva perso. "Stai scherzando? Non sarà uno dei bastardi di cui dicevo prima? Oh Jabber..." l'uomo invocò a mezza voce un altro paio di divinità non meglio identificate prima di notare il pane imbevuto di vino ancora intatto tra le mani di Yagharek. "Ehi, ehi, quello non lo mangi amico?"
Il garuda osservò attentamente il pane, poi il mendicante e scuotendo leggermente le spalle gli passò tutto ciò che restava delle sue scorte di cibo. Quelle che sarebbero dovute bastare almeno per un paio di giorni.
"E che ci fa il tuo amico in quel postaccio?"
"Ci lavora. Lui è... uno scienziato."
"Saliva divina! E che te ne fai di un amico scienziato, sempre troppo impegnati a scoprire e inventare cose quelli, hanno rovinato il nostro bel fiume quelli, come il Bitume. Se non ci fossero le fabbriche sul Bitume anche quello sarebbe un signor fiume no?" mangiava svelto il pane, succhiando il vino dalla mollica indurita. "Si chiama Isaac... Isaac Dan der Grimnebulin... lo conosci?"
"Mmmmh..." Mikajl alzò gli occhi al cielo come se quel gesto potesse aiutarlo a ricordare meglio e Yagharek si chiese se non avesse osato troppo, ma quella sera era ciò che era e, stranamente, il garuda si era scoperto ad aver voglia di parlare.
"No. No, mi dispiace, mai sentito. Guarda! Un topo! Crudo non è un granchè, ma si può rimediare."

Più volte Isaac l'aveva invitato a restare a dormire nel suo laboratorio, evidentemente preoccupato che lui vagasse solo per i bassifondi della metropoli, ma il garuda aveva sempre rifiutato. Il suo popolo non era solitario di natura, i membri di una tribù erano anzi molto legati gli uni agli altri, come a costituire una sola, grande famiglia, ma Yagharek lo era diventato, forse a causa del lungo viaggio che aveva dovuto affrontare per giungere a New Crobuzon, forse per via della sua vergogna.
Cominciava ad apprezzare il labirinto di strade e stradine che si diramavano a partire dal centro della città, il fulcro di tutto quello che era New Crobuzon, Perdido Street Station. Camminava volentieri imparando a memoria i nomi di ogni vicolo che incontrava, fermandosi tutte le notti in un quartiere diverso. Da quando era entrato la prima volta in città attraverso Porta Cornacchia aveva già esplorato Paramento e Marciafiele, Latoruscello, la Cintura dello Smog e Induttore Principale. Il suo travestimento da povero senzatetto gli garantiva il più totale anonimato e non erano certo i criminali di bassa lega a spaventare un guerriero del Cymek. Non parlava né guardava in faccia nessuno, non gli piacevano gli uomini, così mostruosamente rumorosi e barbari, e nemmeno gli xeniani, totalmente rifugiato in se stesso scivolava invisibile per le vie della città.
Di giorno saliva sui tetti dei palazzi, sedendosi sui cornicioni per guardare meglio il cielo. Osservava gli uccelli che lo solcavano attraverso le nubi e i dragomini che si esibivano in ricercate acrobazie per attirare l'attenzione dei passanti sotto di loro e dare spettacolo.
Una volta un dragomo l'aveva invitato a volare con lui.
Il garuda aveva ridisceso le scale ed era tornato in strada.

Yagharek guardava la pioggia.
Al suo fianco Mikajl tentava di attirare il topo verso di loro con le poche briciole che restavano della pagnotta, ma i topi di New Crobuzon non erano stupidi. Il ratto squittì nella loro direzione come a voler farsi beffe dell'ancora affamato barbone e sparì rapido dentro ad un tombino.
Mikajl ritirò indispettito la mano al riparo dall'acqua.
Le fogne non avevano nulla a che fare con New Crobuzon.
Erano una città a parte.

"Non è un amico in realtà" gracchiò Yagharek, chiedendosi silenziosamente perchè stesse confessando tutte quelle cose al barbone. Nemmeno lui era suo amico in fondo. "Deve aiutarmi... a fare una cosa."
"Tutti hanno bisogno di aiuto qui a New Crobuzon, a meno che non vivano a Vertigo o in quei posti lì."
"Non è che debba aiutare proprio me in verità" il garuda si guardava intorno, scrutando nell'oscurità della mezzanotte di Catenadì che lasciava il suo posto al giorno seguente, la pioggia che continuava a cadere. "E' un altro mio amico che ha bisogno del suo aiuto..."
"Un garuda? Sta a Schizzi? Di cosa ha bisogno?" Mikajl giocava distrattamente con l'orlo degli stracci grigi, sbadigliando vistosamente.
"Grimnebulin deve aiutarlo a volare... Lui... non ha più le ali. Gli sono state segate via." Mikajl sembrò riprendersi dal suo stato di torpore alle parole di Yagharek, si voltò di scatto a scrutare ciò che si intravedeva del volto del garuda attraverso il cappuccio ancora tirato.
"Segate via?! Merda divina! E perchè? È una di quelle cose tipo lotte fra tribù e tanto sangue?" sembrava terribilmente eccitato all'idea e i suoi occhi parevano distanti, come se stesse tentando di immaginarsi la scena.
"No, lui aveva commesso un crimine. Ed è stato punito con l'asportazione delle ali."
"Che genere di crimine?"
"Furto di libertà di scelta di secondo grado con assoluta mancanza di rispetto."
"Aaah..." bisbigliò l'uomo come se avesse realmente capito ciò che aveva detto il garuda. "Perchè non utilizza la Coppia?"
"Cosa?"
"Perchè non utilizza l'energia di torsione della Coppia? Ne avrai sentito parlare no?" chiese Mikajl strabuzzando gli occhi acquosi.
Ovviamente Yagharek ne aveva sentito parlare, la domanda sorpresa era dovuta al fatto che non credeva che un semplice barbone avrebbe potuto conoscere la Coppia. Ma forse Mikajl non era un semplice barbone. In fondo erano molti quelli che finivano così, medici, avvocati, studiosi, dai grandi palazzi antichi di Vertigo ai bassifondi della metropoli, che, a ben guardare, costituivano gran parte della città.
"Ho sentito parlare di Suroch" rispose cauto Yagharek.
"Ooh, tutte stronzate quelle. È la merda del Governo quella. Se ne sono sempre inventate di grosse al Parlamento, tutto per tenere buoni noi poveri rifiuti viventi" il mendicante parlava velocemente, sputando fuori ogni parola con la sua voce acuta ed assolutamente sicura mentre spiegava cose che Yagharek continuava a pensare fossero fuori dalla portata di un misero barbone com'era lui "Secondo te come va avanti tutta New Crobuzon? Con l'energia. E chi la fa l'energia? Quelli che c'hanno le centrali, i grandi industriali, quelli con i soldi che tengono quel maiale di Rudgutter tra le loro manine ingioiellate d'oro. Come Penton, quello delle miniere Punta di Freccia. Lui sì che c'era nell'Ottantanove, ai Tumulti di Sacramundi. Sai chi era Sacramundi no, l'eliotipista che aveva fatto quel rapporto su Suroch. Tutte stronzate dico io, perchè se si scopre una nuova fonte di energia come la Coppia, centinaia di volte più potente di quelle di ora e inesauribile, altro che le miniere, e si comincia ad usare quella cosa fa la gente come Penton? Eh eh, quei gran figli di puttana ci perdono, eccome se ci perdono, qui non si parla certo di sheqel anche se c'è gente qui" Mikajl si guardò intorno con fare cospiratorio, adocchiando gli altri barboni che dormivano nel vicolo "che ucciderebbe per un paio di sheqel, te lo dico io!" annuì convinto prima di proseguire.
"Così si inventano tutte le baggianate che la Coppia è pericolosa, che la Coppia fa succedere strane cose, fanno circolare un paio di eliotipi da Suroch e Penton e gli altri hanno il culo e le ghinee salvi, eccole, le cose come stanno. Te lo dice Mikajl che è proprio così che stanno."
Yagharek aveva ascoltato con attenzione le parole del suo imprevisto compagno, registrandole una ad una con l'intenzione di chiedere spiegazioni a Grimnebulin quando si sarebbe recato al suo laboratorio a Palude della Canaglia, attento però a che i colleghi dello scienziato non fossero presenti.
"Come fai a sapere tutte queste cose?" chiese il garuda, sinceramente curioso.
Il barbone lo guardò in pieno volto, come se riuscisse a superare la barriera scura del cappuccio di Yagharek e poi sorrise nuovamente con aria deliziosamente divertita.
"Perchè un tempo lavoravo amico... Eh sì, il vecchio Mikajl lavorava a Palude della Canaglia" scoppiò in una grassa risata, sputacchiando saliva nel loro rifugio, e si voltò dando le spalle a Yagharek che lo fissava stupito "Suroch e Macchia Cacotopica, tsk, baggianate quelle, tutte baggianate" e così come aveva cominciato a parlare si addormentò, russando leggermente.
Allora il garuda si rialzò, estraendo una ghinea dalle pieghe del mantello e mettendola in mano al barbone che forse barbone in fondo non era e iniziò a ripercorrere a ritroso la stradina che lo aveva portato a fare quello strano incontro.
L'impalcatura delle finte ali di legno che portava sulla schiena che scricchiolava sotto la pioggia.

   
 
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