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Autore: Stupid Lamb    13/10/2009    17 recensioni
Edward è vittima della recessione, ed ha un mucchio di responsabilità: come reagirà quando gli si presenterà un'opportunità tanto strana quanto allettante? - Mini FF - AU, AH, OOC
Genere: Romantico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Il mio cervello va per conto suo, lo giuro

Il mio cervello va per conto suo, lo giuro. Non avevo alcuna idea circa ciò che andrete a leggere, fino a questo pomeriggio. Poi la lampadina si è accesa, e con essa le mie dita.

Chiedo perdono in anticipo per le colossali baggianate che seguiranno.

 

Quattro capitoli, non di più. Spero XD

 

Buona lettura.

 

Capitolo 1

 

“Joe, me ne vado. Mi licenzio.” Tolgo il grembiule e la bandana. Mi avvio alla porta di servizio, lasciando il formaggio sulla griglia.

“Edward, dove pensi di andare?”

“A casa, Joe. Me ne torno a casa,” rispondo, infilando le mie cose in uno zaino.

Joe, il quarantenne grassoccio che mi ha assunto due settimane fa mi guarda come se gli stesse per scoppiare la testa. Si avvicina, e mi appoggia una mano sul petto. “Non puoi fare così, hai delle responsabilità.”

“L’unica responsabilità che ho a questo mondo, Joe, mi aspetta a casa,” gli dico, chiudendo lo zaino.

“E come pensi di sfamarla quella possibilità, eh? Se non lavori, tuo figlio non mangia.”

Punto nel vivo, chiudo gli occhi e trattengo la voglia di dare un pugno all’armadietto.

Mio figlio. E’ per lui che sto facendo tutto questo, è per lui che nell’ultimo anno sono arrivato a fare di tutto, perfino il “cuoco” al fast food di Joe.

“Troverò di meglio, Joe. Grazie per l’opportunità che mi hai dato.. ma questo non è il mio lavoro, non lo è mai stato. Lo sai bene: ho impiegato la prima settimana a memorizzare gli ingredienti dei panini, e ho speso la seconda a bruciarne la metà. Non è il mio lavoro,” ripeto, afferrando il giubbotto dal chiodo appeso alla parete del magazzino.

“Ciao, Joe.”

“Ciao, Edward,” dice, borbottando qualcosa come “Ragazzo… Svogliato… Fannullone…”

Mi chiudo la porta alle spalle, e mi ritrovo in mezzo alla strada. Completamente.

Incluso il lavoro da Joe, nell’ultimo anno ne ho cambiati nove.

Nove lavori: nove opportunità andate a monte.

Perché, si chiederà qualcuno, il Marketing Manager di un’importante società si ritrova a farcire panini da Joe? Semplice: Recessione.

La mia società (o meglio, ex società) è colata a picco un anno fa, trascinando con sé il sottoscritto e altre centinaia di dipendenti. All’inizio, incassato il duro colpo, mi sono rimboccato le maniche ed ho cercato lavoro presso altre aziende, anche di più piccole dimensioni.

Un figlio ed una moglie da mantenere, il mutuo di una casa da catalogo d’arredamento da pagare, una nuova auto: avevo tutto questo sulle spalle, e non mi sono perso d’animo.

Ma si sa, la recessione è un baratro troppo profondo, per cui mi sono dovuto adattare.

Dopo il primo mese di colloqui e annunci andati a vuoto, ho accettato un lavoro presso un piccolo studio di Seattle come contabile. Lavoro completamente diverso da quello del manager, ma mia moglie e mio figlio contavano su di me. Daniel aveva solo tre mesi quando ho perso il lavoro.

Dopo un mese e mezzo sono stato licenziato. La crisi ha colpito anche il piccolo studio, e ovviamente il nuovo arrivato è stato tagliato fuori dal libro paga.

Poco ha importato la mia condizione familiare, poco hanno contato le mie suppliche nei confronti del commercialista: licenziato.

I guai veri e propri sono arrivati dopo un paio di settimane: quando non sono stato in grado di far fronte alle spese del mutuo, e a quelle per la macchina. Io e Tanya avevamo pochi risparmi da parte, e tutti i fondi e le azioni in cui avevamo investito sono colati a picco assieme ai soldi di tanti americani.

I miei genitori e quelli di Tanya ci hanno sostenuto, e sono certo che i miei lo farebbero ancora se sapessero in quali condizioni mi trovo. Circa tre mesi fa – dopo l’ennesima assunzione presso una sala da bowling, come addetto alle pulizie – ho detto loro che le cose avevano iniziato a prendere una buona piega, e che in breve tempo mi sarei rimesso in piedi. Erano entusiasti, e lo ero anch’io, per cui non ho avuto il coraggio di dirgli la verità, quando non solo ho perso il lavoro, ma anche la moglie.

Due mesi fa, Tanya è andata via di casa, lasciando non solo me, ma anche Daniel, il nostro bambino. L’ha fatto subito dopo il suo primo compleanno, che abbiamo passato in compagnia dei miei fratelli, Jasper ed Emmett, tagliando una piccola torta pre-confezionata e bevendo soda da quattro soldi. Non potevamo permetterci molto, e adesso non posso permettermi nulla.

Ho detto addio tempo fa all’auto sportiva, alla casa da catalogo: adesso uso i mezzi pubblici per spostarmi da un capo all’altro della città, e vivo in un piccolo appartamento con due camere, cucina ed un piccolo bagno. Si trova in un quartiere povero della città, ma non tanto povero: sono stato fortunato nella ricerca grazie a Emmett, che vive in zona da qualche anno ed è riuscito non solo a scovare un appartamento, ma anche a farmi pagare una bassa somma di denaro per l’affitto.

Somma di denaro che in questo momento è elevatissima, visto che mi sono appena licenziato.

Perché? si chiederà qualcuno. Hai una casa ed un figlio da mantenere, hai delle responsabilità, come ha detto Joe.

E’ vero, ho delle responsabilità, ma ho anche un peso enorme addosso, e non sono più certo di riuscire a sorreggerlo.

Quando mi sono laureato avevo grandi progetti per il mio futuro e parte di essi erano ormai realizzati: una moglie bella e intelligente; una posizione lavorativa invidiata e molto remunerativa. Avevo tutto.

Nel giro di sei mesi ho perso tutto: lavoro, amici, conoscenze, moglie, casa, macchina.

Mi è rimasto lui, Daniel. Il mio ometto. Cammina, adesso. Ha mosso i primi passi con Jasper ed Emmett, io non c’ero. Ero a tagliare l’erba nel giardino di una villa per 15 dollari l’ora. Un anno fa, guadagnavo 15 dollari non appena mi svegliavo, tanto era elevato il mio stipendio.

Mi sento sconfitto, deluso. Non ho più voglia di rimboccarmi le maniche, anche perché sono talmente messo male che non ho più neppure quelle, le maniche.

I miei fratelli mi aiutano quando e come possono, e i miei genitori sono ancora convinti che tutto vada bene.

Potrei chiedere aiuto a loro, sostegno economico, ma sono troppo orgoglioso per farlo.

Sono anche tanto arrabbiato.

Mia moglie, Tanya, mi ha lasciato. “Non ce la faccio più. Non posso continuare in questo modo.” Questo c’era nel biglietto che ha lasciato sul tavolo la sera in cui è scappata. Nell’ultimo periodo, i litigi fra di noi erano frequenti. Ho imparato presto che pochi soldi = molti litigi. Litigavamo per le cose importanti, ma in particolar modo per quelle che erano e sono delle sciocchezze.

Io ero stanco, affranto e sfiduciato per la mancanza di lavoro, lei lo era perché costretta in una casa più piccola, in un quartiere in cui non conosceva più nessuno. Abbiamo sempre cercato di non far mancare nulla a nostro figlio, ma nell’ultimo periodo Tanya ed io litigavamo anche su quello.

Secondo lei, non facevo abbastanza per guadagnare. Secondo lei, sarei dovuto scendere a compromessi, avrei dovuto fare di tutto pur di portare a casa più soldi.

Ciò che non sapeva, o che forse non riusciva a capire, è che io facevo già di tutto.

In questi dodici mesi ho fatto di tutto: per lei, per Daniel.

E sono arrabbiato perché lei ha scelto la via semplice, la più comoda: è scappata. L’ho cercata dai suoi, ho contattato i nostri vecchi amici, ma nessuno sa niente di lei: è come svanita nel nulla.

A me cosa rimane? Un figlio da crescere, una casa da portare avanti, e un vuoto interiore che diventa sempre più grande, giorno dopo giorno.

Non avevo in mente questo, quando pensavo al mio futuro.

Non avrei mai creduto possibile di ritrovarmi, a 31 anni, in queste condizioni.

 

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*va a nascondersi in una tomba vuota e si ricopre di terriccio umido* <-- Halloween è vicino XD

 

   
 
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