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Autore: eiden    22/10/2009    4 recensioni
Quelle mollette si nascondevano in un cassetto della sua scrivania da tantissimo tempo. Dovevano essere un regalo di buon anno, poi erano diventate un regalo di san Valentino e lì, dopo mesi, imploravano di essere regalate per il compleanno. Ma dargliele significa ammettere che provava qualcosa per Hime, e Tatsuki, per la prima volta in vita sua, aveva paura.
Piccola shot dedicata a una delle coppie shoujo-ai che preferisco.
[Prima classificata al contest "Yuri, shoujo-ai e fem-slash" indetto da kuri-chan]
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Arisawa Tatsuki, Inoue Orihime
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fic scritta per un contest sullo Yuri e lo Shoujo-ai. I prompt erano casuali, dati da un generatore, ma appena ho visto i miei ho capito subito cosa avrei scritto. Sembravano fatti apposta per questo pair. Anche se non sono rimasta del tutto soddisfatta di "come" sia venuta, mi piace^^

Comunque è triste pensare che il mio periodo più prolifico sia relativo al fatto che mi sono iscritta a una serie di contest senza cognizione di causa xD

Che dire, se non buona lettura^^ E, anche se non vi piace, lasciate un commento per farmelo sapere^^

I prompt erano:

Numero situazione shōjo-ai/yuri/girls' love/femslash: “Sarai sempre il mio principe azzurro”

Numero oggetto “positivo”: “Mollette per capelli dalla forma graziosa”
Numero oggetto “negativo”: “Filo ingarbugliato”
Tema dell'immagine:

 

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I rumori provenienti dall’interno della palestra risuonavano in tutto il cortile.

Colpi cadenzati e precisi, come un cronometro, rompevano ritmicamente la calma quasi innaturale del luogo; il cielo, striato di arancione all’orizzonte, mostrava qualche nuvola plumbea che faceva presagire brutto tempo per il giorno dopo. Un venticello, troppo fresco per essere solo l’inizio di Settembre, soffiava con indolenza tra le fronde degli alberi che stavano già cambiando colore.

La ragazza all’interno della palestra, però, continuava i suoi allenamenti, ignorando il tempo, il freddo e l’orario.

Quando alzò lo sguardo per tergersi il sudore della fronte il suo sguardo corse, senza che nemmeno se ne accorgesse, all’orologio appeso di fronte all’entrata. E si rese conto di due cose contemporaneamente: che se n’erano già andati tutti ed era rimasta da sola in palestra e che erano le sette passate.

Senza fermarsi nemmeno a pensare si slanciò verso gli spogliatoio, dove si scontrò con un altro ragazzo.

Lui la guardò stupito e anche un po’ perplesso.

“Tatsuki! Ma che cosa ci fai ancora qui? Non avevi detto che oggi saresti andata via presto perché avevi promesso a tua madre di essere a casa per l’ora di cena almeno stasera?

La sua risposta si perse nei meandri dello spogliatoio femminile, mentre cercava di aprire l’acqua della doccia e allo stesso momento togliersi i vestiti senza bagnarsi, un qualcosa che assomigliava paurosamente a: “Lo so! Sono in mostruoso ritardo!

Il ragazzo scosse la testa, ormai rassegnato. Suo senpai da troppo poco per conoscerla bene, diciamo che si era fatto comunque un’idea di come la ragazza ragionasse.

Quando si parlava di karate, sport in cui Tatsuki eccelleva, la ragazza perdeva ogni senso del tempo e della misura. In un certo senso era spaventosa: a soli quindici anni era candidata per vincere alle Nazionali. E la cosa strana era che, quando le aveva chiesto cosa le piacesse così tanto del karate, lei aveva risposto che lo faceva solo per difendere la sua principessa.

Ovviamente non si era permesso di fare altre domande, non erano affari suoi, ma non aveva mai capito a chi si riferisse.

 

Tatsuki, i capelli ancora bagnati al vento, volava con la sua bicicletta lungo le stradine più nascoste di Karakura, tentando di scovare ogni scorciatoia possibile e immaginabile per non aumentare ulteriormente il suo ritardo.

Tentò di entrare in casa senza farsi sentire da sua madre: appoggiò con cura la porta, si tolse le scarpe senza fare il minimo rumore, appoggiandole nella scarpiera accanto alla porta e quando si rialzò, evitando qualunque movimento brusco, si accorse che non c’era bisogno di nascondersi.

Con un sospiro si raddrizzò fissando la donna che si trovava a braccia incrociate sulla soglia della cucina, un mestolo in mano e un’aria battagliera che preannunciava tempesta.

-Ciao, mamma… Ecco… Vedi… So che avevo promesso che sarei stata a casa per cena, ma vedi, ho perso un po’ il senso del tempo e…-

La donna sospirò a sua volta, rassegnata, tornando in cucina borbottando come una caffettiera

-Sì, come al solito… Ormai non so più cosa fare con te… E io volevo una femmina, una bella femminuccia da vestire e a cui insegnare come si cucina…-

Tatsuki ridacchiò sotto i baffi. Sua madre rivangava sempre quell’argomento quando ritardava per gli allenamenti ma era orgogliosa di lei. E poi, tutto sommato, era contenta: non si interessava ai ragazzi rischiando di finire nei guai e, se doveva uscire, non si preoccupava di maniaci e aggressori. Dopotutto era iscritta ai campionati regionali ed era nella rosa delle probabili vincitrici.

All’inizio non credeva che il karate le sarebbe piaciuto, ma aveva un buon motivo per cominciare.

E quel motivo era una persona a lei molto cara.

Certo, era un po’ svampita e così ingenua da risultare a volte irritante, ma era sempre disposta a dare una mano a tutti, un sorriso, una carezza a chi ne aveva bisogno. Era così straordinariamente buona che sorgeva spontaneo chiedersi come avesse potuto rimanere così candida in un mondo che, invece, cadeva su se stesso come un castello di carte.

Malgrado tutto quello che le era successo, era riuscita a rimanere sempre la stessa: sempre la solita Orihime, intelligente ma troppo sognatrice.

Si lasciò crollare stancamente sulla sedia della scrivania della sua camera, senza aver nemmeno fatto caso a come ci fosse arrivata. Lo sguardo le cadde sul calendario che teneva accanto al porta penne e i suoi occhi si chiusero a quel quadratino segnato da un paio di scritte decise.

Sapeva come sarebbe andata il giorno dopo, lo sapeva bene, era così da sempre.

Una specie di copione implicito, che lei si sentiva costretta a seguire per far contenta Orihime, quando, in realtà, l’unica cosa che avrebbe voluto sarebbe stata buttare fuori quella parodia di principe delle favole da quella tragicommedia che si ripeteva ogni anno.

Invece no, perché lei voleva che la ragazza fosse felice, che la sua…migliore amica?

Ma lo era davvero?

Era una domanda che ultimamente si faceva troppo spesso.

Considerava davvero Hime un’amica?

Certo, Hime è la tua migliore amica, ricordi?

Tatsuki annuì, più che altro a sé stessa, cercando di convincersi.

Poi i suoi occhi catturarono l’immagine di  un pacchettino nascosto dietro una pila di libri (che dovevano essere sistemati, ma sapeva già che non l’avrebbe fatto). Sapeva benissimo cosa c’era dentro.

Il regalo.

Il regalo per il compleanno di Orihime che sarebbe stato il giorno dopo, il 3 Settembre.

E ogni anno la scena era la stessa.

Lei arrivava in classe euforica, sprizzando colore da ogni poro, diffondendo nell’aria una sorta di felicità che solo Hime era in grado di far provare alle persone solo standole accanto. Ogni anno sperava che Ichigo si ricordasse del suo compleanno e le facesse gli auguri ma ogni volta, puntualmente, Ichigo si dimenticava. E toccava a Tatsuki, allora, intervenire. Una mossa azzeccata (che solo nell’ultimo anno si era tramutato in un pungo in testa) per ricordargli che Tatsuki non aveva voglia di sporcarsi le mani solo perché lui era così idiota da dimenticarsi una cosa del genere.

E tutto tornava in ordine.

Quella luce triste che ogni tanto baluginava negli occhi della ragazza scompariva, lasciando il posto a una scoppiettante allegria.

E se all’inizio questo a Tatsuki bastava, vederla felice, ora non era più così.

Ora sentiva qualcosa, che la rodeva intorno allo sterno, tutte le volte che Hime nominava Ichigo. Si sentiva bruciare, si sentiva sbriciolare, sentiva un’immensa voglia di stringere le mani intorno al collo di quello che avrebbe dovuto essere il suo migliore amico per quello che stava facendo passare alla ragazza.

Sentiva qualcosa che mordeva e mangiava dentro il suo corpo ogni volta che lo sguardo sognante di Orihime si perdeva a fissare la figura alta e asciutta del loro compagno dai capelli arancioni.

Il suo cuore, ormai, si era ridotto a un intricato groviglio di fili annodati, come un gomitolo ormai inservibile, inutilizzabile. Sentiva come se ognuno di quei fili si fosse avvolto intorno al suo cuore, intorno a ogni muscolo, intorno ai polmoni, levandole il fiato necessario per respirare quando stava con lei. Tutto il suo corpo stava diventando un’enorme massa di fili ingarbugliati che lei non riusciva a svolgersi di dosso.

E ognuno di essi rappresentava qualcosa. Rabbia, odio, paura, amicizia…

Impotenza.

Lei stessa non capiva cosa stesse succedendo ma più i fili stringevano e più tutte quelle emozioni la investivano ogni volta.

E quando aveva visto quei due piccoli oggetti, i fili si erano stretti intorno al suo cuore, perché le ricordavano terribilmente Hime.

Due piccole mollette, a forma di piuma, quasi si nascondevano nella vetrina del negozio, cercando, forse, di non farsi vedere. Bianche e candide, soffici e vaporose come delle piume vere.

Non ci aveva pensato due volte a comprarle, candide come il suo animo, soffice come lei e ogni suo comportamento verso le persone. Tutto in quelle graziose mollette le ricordava Orihime, sembravano fatte apposta per lei.

Eppure quelle mollette si nascondevano in un cassetto della sua scrivania da tantissimo tempo.

Dovevano essere un regalo di buon anno, poi erano diventate un regalo di san Valentino e lì, dopo mesi, imploravano di essere regalate per il compleanno.

Ma dargliele significa ammettere che provava qualcosa per Hime, e Tatsuki, per la prima volta in vita sua, aveva paura.

Aveva paura che, esponendosi così, non sarebbe più stata in grado di proteggerla, come faceva quando era piccola con quelli che le tiravano i capelli. Perché era come se Hime avesse ormai chiesto a Ichigo di proteggerla, di essere lui il suo principe azzurro.

E Tatsuki non voleva scontrarsi con il suo amico d’infanzia, perché sapeva che non avrebbe fatto differenza.

Hime veniva prima di tutto.

E sentiva che, se solo Hime avesse voluto, lei sarebbe stata ad aspettarla.

Si sentiva come una porta che poteva essere aperta solo da lei. Una porta un po’ tarmata ma ancora massiccia, con un mazzo di chiavi qualunque, quelle vecchie e consunte fatte di ottone, ma che poteva tenere in mano solo lei.

Solo lei, con la sua dolcezza, la sua goffaggine, il suo modo di pensare così fuori dalle righe.

Proprio come una porta non si sarebbe spostata, sarebbe rimasta lì ad aspettarla, lasciando le chiavi nella toppa, pronte per essere girate. Con un tintinnio, un po’ sordo per colpa delle chiavi vecchie, la porta si sarebbe aperta e poi…

E poi..?

Non lo sapeva nemmeno lei ma, forse, lasciando che le cose scorressero libere come un placido fiumicello, anche quel gomitolo di fili aggrovigliati che sentiva al posto del petto sarebbe scomparso. Ogni filo sarebbe tornato al suo posto, lasciandola libera di respirare, di sentire il proprio cuore battere senza niente a contaminarlo.

Tatsuki andò a dormire con la convinzione che il giorno dopo avrebbe dato il proprio regalo a Orihime.

 

Le due ragazze, l’una davanti all’altra, si guardavano, in silenzio.

O meglio, una in realtà stava fissando un pacchetto che aveva tra le mani e che l’altra le aveva appena consegnato. All’improvviso un sorriso si aprì sul suo volto e la guardò con occhi sfavillanti.

-E’ un regalo per il mio compleanno?

Tatsuki si sforzò di sorridere, cercando di ignorare il cuore che sembrava volerle uscire dal petto, riuscendoci anche abbastanza bene, visto che Hime non si accorse di nulla. E più i minuti passavano e più Tatsuki, al posto di agitarsi, si calmava. Era come se la presenza stessa di Orihime riuscisse a calmarla.

Il pacchetto colorato fu scartato con impazienza e le due mollettine si mostrarono quasi timidamente agli occhi della nuova proprietaria. Gli occhi della ragazza brillavano di luce propria e, senza esitare, spostò una delle mollette a forma di fiore che aveva sul lato sinistro su quello destro della testa. In questo modo poté mettere le due piccole piume insieme a reggerle la frangia.

Poi corse ad abbracciare Tatsuki, stringendosela contro più forte che poteva e lei non poté che ricambiare l’abbraccio, troppo contenta di avere fra le braccia la sua principessa, quella che avrebbe protetto a costo della sua stessa vita.

-Tsuki-chan, sarai sempre il mio principe azzurro, lo sai?

Tatsuki prese un profondo respiro, annusando l’odore di vaniglia che i capelli di Orihime sembravano emanare naturalmente.

-E tu sarai sempre la mia *Hime

 

 

 

*Giocato sul fatto che Hime sia il suo nome e voglia anche dire “principessa”.

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Giudizio del giudice, Kuri-chan

1° classificato [con 44/50 punti]

Correttezza grammaticale [4.5/5 punti]

Un paio di imprecisioni non inficiano un uso molto buono della lingua. La punteggiatura è utilizzata per costruire una narrazione dal ritmo piano, quasi pacato, che però scava con attenzione all'interno delle parole dette, arricchendole di significato.
Stile di narrazione [9.5/10 punti]
L'autrice costruisce uno stile che, pur basandosi su elementi molto semplici, come ad esempio sequenze di coordinate, sa essere proprio per questa sua caratteristica elegante e di ampio respiro, come suggerisce fin da subito la suggestiva descrizione iniziale. Si ha una sensazione di estrema ariosità, di leggerezza che non sminuisce affatto il significato delle parole, ma che fa splendere le sequenze di immagini sotto un'atmosfera trasognata, come se il tramonto iniziale gettasse la sua luce dorata su ogni cosa, anche sui flashback. Personalmente ho trovato che questa delicatezza stilistica sia più forte nelle parti narrate rispetto a quelle di dialogo, ma è anche vero che quest'ultime sono poche, e rappresentano un aspetto di contorno rispetto all'attenta indagine dei sentimenti di Tatsuki.
Originalità della storia [8.5/10 punti]
La storia verte principalmente sull'angoscia che la figura di Orihime, e di conseguenza il loro rapporto, causa in Tatsuki, soprattutto in relazione al fatto che lo sguardo della piccola principessa è rivolto altrove, cioè alla figura di Ichigo. In molti dei prodotti di stampo yuri la figura del principe si trova ad essere spesso il “terzo” dando così luogo a figure che hanno sempre una patina di malinconia e tristezza. A questa caratteristica non sfugge neppure Tatsuki, eppure nelle sue riflessioni c'è un desiderio di rivincita che preme, disperatamente, per uscire, tanto che, in prossimità della chiusa, si ha come la sensazione che non sarà impossibile, per la protagonista, esaudire i propri sogni.
Originalità/Aderenza al fandom dei personaggi [8.5/10 punti]
Il personaggio di Tatsuki è molto ben caratterizzato, ricco di implicazioni non solo emotive-personali, ma determinate soprattutto dall'insieme di relazioni sociali che si diramano intorno a lei e che molto spesso è la parte meno descritta (giustamente) per questo genere di personaggi di contorno. Tatsuki esce da questa introspezione davvero come un personaggio a tutto tondo, ricca di debolezze e di pregi che le consentono di descrivere la realtà che la circonda, e soprattutto Orihime, con un sentimento che si propone al lettore senza indugi e senza falsi pudori. L'autrice riesce a spogliare il personaggio gradualmente, conducendola verso una confessione totale di sé, rendendo l'operazione di introspezione realistica grazie alla capacità di abbassare l'occhio del narratore universale allo stesso livello di quello di Tatsuki, trasformandolo da semplice osservatore ad attento ascoltatore delle parole della ragazza.
Uso dei prompt del generatore [9/10 punti]
Davvero molto buono l'uso dei prompt, ramificato con attenzione all'interno del racconto. Soprattutto l'elemento negativo e l'immagine diventano metafore che si posizionano all'interno della narrazione con un forte significato per la protagonista e che accompagnano la confessione dei suoi sentimenti, mentre invece l'elemento positivo calza su Orihime a pennello, trasmettendo la sensazione che questi elementi fossero stati pensati fin dal principio, molto prima della loro attribuzione.
Gradimento personale [4.5/5 punti]
Davvero molto bella, emozionante, ricca di immagini che ritagliano le figure quasi come se potessi vedere le scene di un anime scorrere di fronte a me. Mi sono lasciata attirare dalla patina di malinconia che pervade ogni cosa, eppure ho avuto la sensazione di non rimanere mai invischiata in qualcosa di limaccioso: paradossalmente, l'autrice ha saputo creare una malinconia quasi splendente, ricchissima di sfumature. Ho trovato molto belle anche le descrizioni della vita di tutti i giorni di Tatsuki, che contribuiscono a rendere la storia completa.

 

  
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