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Autore: Bec77    29/10/2009    1 recensioni
Una mano grande e con dita da pianista fermò la sua mentre era ancora sul pomello. Richiuse dolcemente la porta e le fece dare le spalle alla casa. Alessandra non riusciva a vedere il volto dell'estraneo che la stava guidando lontano da quella casa, ma percepiva che non le avrebbe fatto nulla... non se si fosse allontanata, almeno. Riusciva a scorgerne solamente i piedi, perché i suoi occhi erano piantati a terra. Avvertiva il suo corpo tremare senza che lei riuscisse a capire il perché.
- Non tornare – le disse l'estraneo quando si fermarono.
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La curiosità uccise il gatto


Era una casa strana, quella.
Le finestre la seguivano con lo sguardo, le orecchie in cima al tetto vibravano, la coda sul retro di quella strana dimora si dimenava, e le porte, gigantesche bocche di facce dalle svariate espressioni, cambiavano continuamente forma. Si avvicinò tremante, allungando una mano verso il pomello della porta d'entrata. Alzò lo sguardo e finì per incontrare altri due occhi giganteschi e curiosi, con lunghe ciglia nere e iridi azzurre; ora che ci faceva caso, anche la facciata era dipinta d'azzurro. Riabbassò velocemente gli occhi e afferrò con forza la maniglia, sentendola dimenarsi sotto la pressione delle sue dita. Fece un po' di forza e, finalmente, riuscì a entrare in quella strana casa...


Sbuffò, rivolgendosi all'amica.
- Finisce sempre così, non riesco mai a vedere cosa c'è oltre quella porta – si lamentò. Giulia la guardò e rise, tornando per un attimo a rivolgere gli occhi alla lavagna; dato che la professoressa stava spiegando cose che già sapeva, tornò a guardare Alessandra, che giocherellava con la gomma e cancellava il disegnino della casa stregata del suo sogno.
- E' sicuramente molto bizzarro – le disse. - Sicura di voler vedere cosa c'è dietro quella porta? -
Alessandra la guardò in modo strano, facendole capire che non riusciva ad afferrare cosa stesse cercando di dirle. Allora Giulia rise ancora, ma si tappò la bocca in tempo prima che l'insegnante la scoprisse. Si inclinò verso l'amica e compagna di banco, e le disse: - Forse il tuo subconscio non vuole saperlo... o non vuole fartelo scoprire. Forse sa cosa c'è oltre quella porta... -
Scese il silenzio per qualche secondo, in cui rimasero ad osservare i movimenti della professoressa, sedutasi dietro la cattedra, e la sua bocca, senza però percepire alcun suono, tanto meno la sua voce. Poi Alessandra fece una risata nervosa.
- E' una teoria davvero molto... interessante. Cosa ci dovrebbe essere lì dietro, qualcuno pronto a uccidermi? - Rise ancora, ma ancora una volta senza troppa convinzione. Lo sguardo preoccupato di Giulia la trafisse, facendola sprofondare di più nel suo posto. Deglutì.
Aveva una strana sensazione... come se avesse azzeccato qualcosa senza volerlo – e senza realmente volerlo sapere...


Una mano grande e con dita da pianista fermò la sua mentre era ancora sul pomello. Richiuse dolcemente la porta e le fece dare le spalle alla casa. Alessandra non riusciva a vedere il volto dell'estraneo che la stava guidando lontano da quella casa, ma percepiva che non le avrebbe fatto nulla... non se si fosse allontanata, almeno. Riusciva a scorgerne solamente i piedi, perché i suoi occhi erano piantati a terra. Avvertiva il suo corpo tremare senza che lei riuscisse a capire il perché.
- Non tornare – le disse l'estraneo quando si fermarono. Erano su un sentiero di ciottoli bianchi, candidi quanto solo qualcosa di estremamente puro poteva essere. Alcuni luccicavano, persino. Ancora una volta non riuscì ad alzare lo sguardo, ma capì di non dover insistere ulteriormente. Aveva così tante domande da fargli...
Sei la mia coscienza?
Cos'è quella casa?
Perché non posso vedere cosa c'è dietro quella porta?
… Cosa c'è oltre quella porta?
Avvertì che l'estraneo stava scuotendo energicamente la testa.
- Non fare domande, è per il tuo bene. Questo non è un sogno normale, te ne sarai accorta, vero? - Alessandra deglutì. Aveva avuto quella sensazione, ma non era riuscita a prenderla per vera: la ragione prevaleva sui sensi, rendendola troppo razionale per riuscire realmente a percepire sensazioni del genere.
Però l'aveva sentita, “quella” sensazione.
- Seguila, allora. Non tornare, non è posto per te questo. E' una dimensione ingannevole, dalla quale uscirai presto se non continuerai a volerla vedere nei tuoi sogni. Lasciala andare, falla passare, e non ti succederà niente. Ora vattene -, e si svegliò.


Giulia la guardò esterrefatta.
- Ti ha mandata via? -
- Mi ha cacciata! - Alessandra azzannò il suo panino e ne staccò un bel pezzo, masticandolo con cura per smaltire la rabbia. Non le era piaciuta quell'intrusione, doveva ammetterlo. Voleva delle risposte, e non sarebbe stato quell'essere a bloccarla. - Tornerò nel sogno, però – affermò distrattamente.
Non vide l'espressione preoccupata di Giulia mentre riappoggiava il suo panino sulla carta stagnola e si mordeva un labbro.


L'estraneo sbuffò. Questa volta si era seduto direttamente sui gradini che portavano all'ingresso della casa magica, bloccandole l'accesso. Alessandra, finalmente, riusciva ad alzare lo sguardo su di lui. Lo squadrò con occhio critico, irritata e al tempo stesso curiosa.
Doveva essere un uomo abbastanza giovane dato che non sembrava avere rughe di alcun genere, ma a causa di una maschera dalle sembianze feline che portava per coprire il volto non riusciva a definire nemmeno approssimativamente la sua età. Inclinò leggermente la testa, osservando la sua camicia bianca perfettamente inamidata e i pantaloni rossi che cadevano perfettamente sulle gambe lunghe e magre, fino alle scarpe da tennis.
- Mi vuoi dire chi diavolo sei? Non mi piacciono queste intrusioni non volute – lo rimbeccò Alessandra, incrociando le braccia al petto. L'uomo le rispose facendo spallucce.
- “La curiosità uccise il gatto”. Non fare la sua stessa fine, Alessandra – le disse.
- Vuol dire che se aprirò quella porta, morirò? - L'uomo rimase in silenzio, inclinando leggermente il capo. Parlò solo dopo un lungo minuto di silenzio.
- Se lo temi, perché vuoi aprire questa porta? -
- Semplice curiosità, forse. Anche se il mio istinto dice che non dovrei... - ammise Alessandra. L'uomo annuì.
- Dovresti seguirlo. Sai che gli animali hanno un istinto di sopravvivenza così forte che possono sentire le catastrofi arrivare? Penso che il tuo stia cercando di salvarti, dovresti tenerlo in maggiore considerazione -, e detto questo, sia l'uomo che la casa sparirono ancora.


Alessandra aveva appoggiato la testa sulle braccia, incrociate sul banco. Era seria, le sue labbra erano modellate su una linea dritta e rigida, segno che stava pensando intensamente a qualcosa. Giulia ritornò in classe dopo aver fatto merenda. Le si sedette a fianco e la osservò per un istante, con negli occhi una vivida speranza.
- Ancora quel sogno? - le chiese. Alessandra annuì, con sguardo vacuo.
- Forse dovrei dargli ascolto – mormorò. Non vide l'espressione sollevata di Giulia e il sorriso appena accennato... che subito scomparve, però, alle seguenti parole. - Ma voglio sapere cosa c'è oltre quella porta. “La curiosità uccise il gatto”, eh? -, sorrise appena, preoccupando Giulia, che deglutì. - Allora il gatto non è stato abbastanza intelligente. Io penso di esserlo, però -, e il sorriso soddisfatto si allargò, facendola tornare di buonumore.
Giulia non parlò per il resto della giornata, rimanendo rigida e con gli occhi lucidi, come se stesse per scoppiare a piangere da un momento all'altro.


Sembrava davvero adirato. Le vene del collo erano talmente evidenti che per un attimo Alessandra pensò che si stesse per sentire male, tanto anche le sue orecchie erano rosse. Lo vide alzarsi e andarle incontro a passò deciso. Le si fermò davanti solo quando stavano per cozzare l'uno contro l'altro. Attraverso i due fori praticati sulla maschera da mani esperte per gli occhi, Alessandra vide due brillanti iridi azzurro cielo che tentavano di trafiggerla come fossero gelide lame di ghiaccio. Deglutì spaventata e fece un passo indietro.
- Vattene. Non te lo ripeterò ancora, non ti avviserò più. Vattene, facciamola finita – le disse con voce controllata, appena velata dalla rabbia. Alessandra scosse la testa, e lui fece un respiro profondo prima di allontanarsi. - Continuerò a buttarti fuori dai tuoi stessi sogni fino a che tutto non sarà finito, ti avverto. Ti piace l'idea che un intruso, un estraneo, possa leggere la tua mente? - Fu con un ghigno che accolse l'orrore dipinto sul volto di Alessandra. - No, infatti. Non credo tu lo voglia... Per cui, vattene – ripeté.
- Chi sei tu per darmi ordini? - gli sibilò contro Alessandra, riuscendo a schiodarsi dal suo posto e avvicinandosi a lui per guardarlo con sfida. L'uomo si girò di scatto, aggredendola con voce alta e rabbiosa.
- Un emissario di qualcuno che sta cercando di salvarti! Vattene ora! -
Una forza potentissima cominciò a spazzare via tutto, agitando gli strani alberi del sogno e spingendo indietro, verso la fine del sentiero di ciottoli bianchi, persino Alessandra, che dovette portarsi una mano al viso per schermarsi gli occhi, comunque socchiusi e lacrimanti a causa del forte vento. Alzò con difficoltà un piede e lo posò in avanti. Ignorò totalmente l'uomo, che cercò di superare, inizialmente, con scarso successo; lo vide mentre stringeva forte i pugni, però.
- Hai deciso, eh...? - lo sentì sussurrare. Gli rivolse uno sguardo velato di preoccupazione, ma subito tornò a rivolgere la sua attenzione alla porta. Arrivata agli scalini li percorse uno a uno, continuando a sfidare il vento che voleva portarla indietro. Con un immenso sforzo riuscì finalmente ad afferrare la maniglia, e, con un sorriso eccitato, felice come una bambina, riuscì a spalancare la porta.
L'ultima cosa che percepì prima che un freddo buio l'avvolgesse fu l'addio dell'uomo, racchiuso in poche e semplici parole, persino derisorie in un certo senso.
- La curiosità a volte uccide. Non ti avevo fatto l'esempio del gatto a caso. Mi dispiace... addio. -


La folla mormorava sconcertata, osservando quel piccolo tumulo di terra, quei sassi bianchi e puri che cingevano la lastra di marmo luccicante sotto il sole. Erano sorpresi, confusi, addolorati, e non riuscivano a far altro che piangere. I genitori di Alessandra si avvicinarono piangendo a Giulia, fermandosi davanti a lei per poggiarle una mano su una spalla. Non riuscirono a dire nulla, però: repressero un gemito entrambi e proseguirono, per ricevere altre dolorose condoglianze da parte degli invitati al funerale.
Giulia sollevò il viso al cielo, lasciando che le lacrime amare solcassero le sue guance e si infrangessero fra le ciocche di capelli o continuassero sul suo collo, fino a sparire. Emise un verso strozzato e si appoggiò al corpo dell'uomo che le si era materializzato di fianco, scoppiando finalmente senza alcuna remore in un pianto liberatorio. Si aggrappò con tutte le sue forze alla camicia nera che indossava e urlò il suo dolore, sussurrando quando si rivolse a lui.
- Hai fatto di tutto, vero? L'hai fatto, sì? - gli chiese affogando fra le lacrime. Lo sentì annuire, e gli occhi le si velarono ancora. Lui, allora, le posò una mano sul capo e cominciò ad accarezzarle i capelli, stringendola più forte nell'abbraccio.
- Mi dispiace, mia piccola Ju. Non ho potuto fare altro... sono arrivato troppo tardi – Lei annuì, continuando a singhiozzare.
- Vorrei poter ignorare questi ordini, papà... perché la Morte non può decidere da sé chi prendere e chi risparmiare? - si lamentò fra i singulti, che le impedivano di parlare senza che le mancasse la voce.
- La Morte deve essere imparziale, tesoro mio. E' compito della nostra famiglia da quando il mondo è nato, e così sarà per sempre... anche se smettessimo noi, a qualcun altro verrebbe affidato il compito di uccidere gli umani quando è giunta la loro ora e traghettarne le vite nell'aldilà. Non potevi evitare a quell'essere di... spaventarla a morte. Abbiamo fatto di tutto, figlia mia... -
Giulia singhiozzò più forte, stringendosi a suo padre.
Morte per infarto, dovuta alla paura. Era stata la meno dolorosa che le era stato concesso di dare alla sua migliore amica, la più rapida e probabilmente indolore. L'essere del sogno la voleva far morire in tutt'altro modo, ci era voluto del tempo affinché si decidesse a esaudire il suo desiderio; inizialmente, poi, aveva pensato che sarebbe anche riuscita a prolungare la vita di Alessandra ancora per un po', ma si era sbagliata – quell'essere non si era arreso, si era intestardito a voler uccidere proprio lei, che lo sfidava, e non si decideva a voler “passare” a un'altra vittima. Riprese a piangere più forte, tremando nell'abbraccio paterno.
La sua migliore amica, dal tondo in cui era stata incastonata la sua foto, le sorrideva felicemente, quasi a volerla far sentire ancora peggio di come stava. Giulia non riuscì a rivolgerle nemmeno un'occhiata quando suo padre si decise a trascinarla fuori da lì, proteggendola dalle occhiate mortificate e addolorate del resto degli invitati...

 

* * *
Note finali:
Come sempre dovrei essere a fare qualcos'altro, invece sono qui a postare storie scritte sul momento e che mi sembrano abbastanza belle da poter essere pubblicate. Questa è, secondo me, la prima storia veramente drammatica che io abbia mai scritto, con quel pizzico di sovrannaturale che mi piace mettere ovunque. La storia si è scritta da sola, all'inizio non mi pareva nemmeno il caso di pubblicarla sotto il mio nick, pensate un po' XD
Spero che comunque (nonostante tutto) vi sia piaciuta. "La curiosità uccise il gatto" mi sembra sia una specie di proverbio, o forse è la mia mente che si è inventata qualcosa da sola... bah. Fatto sta che mi è piaciuta tanto e ci stava divinamente. Come altrettanto divinamente ci stava il padre di Giulia, che in realtà è una versione più adulta di un altro mio personaggio originale, su cui sto scrivendo due saghe, ovvero Matthew... ma non dico altro XD!
   
 
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