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Autore: Beatrix Bonnie    03/11/2009    4 recensioni
1939, Scozia.
Un ricco uomo di finanza è costretto a lasciare il proprio lavoro, la propria casa e la propria famiglia per militare nell'esercito inglese. Non è coraggioso, non è robusto, non ha mai imbracciato un fucile in vita sua. È debole, la guerra gli fa paura e lo rende un bambino. Tutto ciò che ha da offrire è una buona dose di ingegno e una vasta conoscenza in campo geografico e naturalistico. Basteranno a far di lui un eroe?
Nel frattempo la moglie, rimasta sola nell'immensa villa di famiglia, con un bambino di due anni tra le braccia e un altro nel ventre, deve affrontare i maggiori dell'esercito che hanno piantato l'accampamento in casa sua e che la insidiano di continuo. Attenderà speranzosa il ritorno del marito per sei lunghissimi anni, senza mai ricevere sue notizie.
Alla fine della guerra, Ulisse potrà finalmente tornare alla sua amata Itaca?
Storia classificata prima al contest "competition for long-fic published".
Genere: Guerra, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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- Questa storia fa parte della serie 'Historia docet'
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PROLOGO

Inizio dicembre 1939


Era una giornata umida, di quelle tipicamente tardo autunnali. Ancora non pioveva, ma guardando il cielo, Rebecca era convinta che presto le nuvole grigie avrebbero riversato sui bei prati della brughiera scozzese tutta la loro furia. «Gerald, caro, è meglio se rincasiamo.» sussurrò la giovane donna, strattonando la manica del marito, intento a fissare chissà quale strano insetto che svolazzava da una foglia all'altra.

L'uomo si voltò verso la moglie, sistemandosi il borsalino che una folata di vento aveva scosso. «Rebecca, sei sempre troppo premurosa.» le rispose sorridente. C'era un che di dolcemente amoroso negli sguardi che si scambiava la giovane coppia, un qualcosa di mistico e puro. Non era solo l'amore che li legava, c'era anche un sentimento di devota e totale dedizione all'altro.

«Che vuoi che ci faccia un po' di pioggia?» domandò l'uomo, strizzando l'occhio, un insolito segno di frivolezza che si concedeva solo con la moglie.

«Non è per te, è per William: non voglio che prenda la febbre.» rispose Rebecca, accennando con il capo al bimbetto che trotterellava allegro al loro fianco, anche lui come il padre intento ad inseguire gli insetti che svolazzavano nel prato.

Fitzgerald si avvicinò e prese in braccio il figlio, che si divincolò nel tentativo di tornare a sgambettare a terra. Il padre gli schioccò un tenero bacio sulla guancia e rispose: «William è un bambino forte, un vero McBride. Lui non teme la pioggia.»

Rebecca, alzò gli occhi al cielo con aria sconsolata, poi allungò le braccia per prendere il piccolo e si diresse verso casa.

La villa dove abitava la famiglia McBride era un tipico castello scozzese, immerso nella brughiera. Le stanze erano immense e sempre fredde, ornate da arazzi medioevali e austeri camini di marmo. Non si trovavano tanto distanti da Edimburgo, dove aveva sede la banca per la quale lavorava Fitzgerald McBride; in realtà, però, erano più vicini al confine con l'Inghilterra tanto che a poco più di quindici chilometri si trovava Berwick-upon-Tweed, la prima città inglese che si incontrasse partendo dalla Scozia.

«Mamma, voglio giocare!» strepitò il piccolo William, quando furono entrati in casa.

«Non ora, sta per piovere.» rispose la donna, appendendo i soprabiti in ingresso.

«Ma papà...» protestò William, indicando la porta con la cocciutaggine tipica dei bambini di due anni.

«Papà arriva subito.» lo interruppe Rebecca, ponendo fine al discorso.

Per fortuna Fitzgerald entrò in casa poco dopo, tra le mani un vasetto di vetro in cui era imprigionata una farfalla. «Un esemplare davvero interessante.» commentò, scuotendo la piccola gabbia trasparente.

Rebecca lo guardò con amore: era talmente abituata agli stravaganti gusti del marito che catturare insetti o fare esperimenti di chimica per lei era assolutamente normale. «Certo, caro.» rispose con accondiscendenza, lasciandogli un piccolo bacio sulla guancia.

Qualcuno bussò alla porta proprio in quel momento. Fitzgerald appoggiò il vasetto sul cassettone in ingresso ed andò ad aprire. Quattro militari proruppero in casa. «Lei è il signor McBride?» domandò il più alto in grado con foga.

«Sì, sono io.»

Rebecca prese tra le braccia il piccolo William e lo strinse al seno. Non capiva cosa potesse significare quella messinscena, ma non la piaceva per niente.

«Nato il 13 gennaio 1914 a Edimburgo?» continuò il soldato.

«Sì.» rispose Fitzgerald senza capire dove volessero andare a parare.

«Il Regio Esercito di Sua Maestà le ha spedito una lettera di arruolamento una settimana fa, con l'indicazione di recarsi alla caserma di Edimburgo oggi alle sei del mattino, appuntamento al quale lei non si è presentato.» esclamò l'uomo, impettito nella sua uniforme.

Fitzgerald tentò un mezzo sorriso, per rabbonire il soldato. «Durente la stagione fredda noi non riceviamo la posta a casa. Devo andare all'ufficio postale per ritirarla. Sarà per questo che non ho ricevuto la lettera.» spiegò con voce gioviale, nel tentativo di mascherare la preoccupazione.

Il soldato non sembrava contemplare l'ipotesi di una discussione tranquilla. «Lei deve seguirmi immediatamente in caserma se non vuole essere sbattuto in cella con l'accusa di diserzione.»

Rebecca si portò una mano alla bocca, spaventata. «Immediatamente?» ripeté con aria sciocca Fitzgerald, gli occhi sgranati e il volto incredulo. «Ma è necessaria tutta questa fretta?»

«Per Dio, giovanotto! Certo che sì! Siamo in guerra!» rispose il soldato con foga.

«Guerra?» gli fece eco Fitzgerald, il sudore freddo che cominciava a colargli dalla fronte. Rebecca strinse a sé il piccolo William, intimorita da quello che stava succedendo.

L'uomo in divisa gonfiò il petto prima di rispondere, come se stesse tenendo un encomio davanti al tribunale. «La Germania ha invaso la Polonia e l'Inghilterra scende in campo in difesa dei popoli liberi d'Europa! E ora muoviamoci!» esclamò il soldato, strattonando il giovane per la giacca.

Fitzgerald si voltò a lanciare uno sguardo di sconvolta commozione alla moglie. Era uno sguardo pieno di amore e di rassegnazione, quello di una povera bestia trascinata al macello.

«Nooooo!» strillò Rebecca, correndo incontro al marito. Ma i soldati la fermarono sull'uscio di casa, mentre Fitzgerald veniva fatto salire su un camioncino militare. «Noooo!» urlò ancora la donna, tentando di liberarsi dalla presa ferrea degli uomini.

Un ultimo grido attraversò la brughiera. «Gerald!»

E la sua risposta: «Rebecca!»

La donna si accasciò a terra e cominciò a piangere disperata. I soldati se ne andarono, lasciandoli lì, una giovane moglie scossa dai singhiozzi e un bambino senza più un padre. «Mamma, dove va papà?» domandò il piccolo William, con i lacrimoni pronti a sgorgare dai teneri occhi innocenti, verdi come la brughiera che si estendeva fino all'orizzonte. Cominciò a piovere, come se anche il cielo partecipasse di tutto quel dolore. Una domanda rimase sospesa nell'aria umida e nebulosa: «Mamma, dove va papà?»




Buongiorno a voi!

Dopo anni che non toccavo questa storia, è cominciato un serio programma di risistemazione totale! Ho corretto, riscritto e allungato i primi due capitoli (trasformatisi in un beve prologo e in un capitolo più lungo del precedente); ho completato la storia e ora provvederò ad aggiornare regolarmente.

Spero che il racconto possa piacervi! Un paio di capitoli, contengono alcune scene di violenza... vi avvertirò all'inizio con una nota, ma spero comunque di non urtare la sensibilità di nessuno.

A presto,

Beatrix Bonnie


ps. Ho anche scoperto di recente, partecipando ad un contest, che tutte le volte che parla un personaggio diverso, bisognerebbe andare a capo. È una regola che mi scoccia parecchio, perché ho sempre odiato andare a capo in continuazione, e quindi ci ho impiegato parecchio ad accettarla, ma... è una REGOLA! Non ci posso fare niente, sono troppo ligia al mio dovere! Ergo, questa è la prima storia che rispetta tale norma... sistemerò anche quello che sto scrivendo o è in via di pubblicazione. Un applauso per me! XD


   
 
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