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Autore: pralinedetective    04/11/2009    6 recensioni
Il tempo ti trascina via con sé, una volta ancora, una volta soltanto.
[Lo segui volentieri, lo segui ch’è un piacere.]

Dedicata a Red S i n n e r; Matt*Mello.
Genere: Generale, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Matt, Mello
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Save the last dance for me___

[Dedicated to Red S i n n e r.]

È orrenda, orrenda ti dico!
Assolutamente non è quel che avrei dovuto regalarti – non è quel che meriti, cara Matt. Scherzo sempre, ma sai che ti voglio tanto bene e soffro nel non poterti offrire nulla se non una misera fan fiction, vero?
Sacrificherei... questi cinque centimetri in più (!?) per poterti abbracciare e trascinare a prendere un regalo decente da qualche parte – magari in fumetteria XD. *Baah*, che cosa brutta.

Mi pare ovvio e scontato il pairing; ma, ehi!, c’è anche una lime! XD
Ho provato con la lemon, però mi rompeva l’atmosfera e mi rendeva squallido tutto il lavoro di costruzione di questa nuova psicologia pel personaggio.

Le citazioni sono della «Turandot» di Puccini, fine del primo atto.
Il titolo non c’entra se non in maniera lontana e contorta con la storia – in ogni caso, riprende una canzone di Michael Bublé. Quell’uomo è dio, credete a me XDDD.

Vi auguro una buona lettura e, di nuovo, tanti auguri Noe-SAMA <123.










Save the last dance for me.


[Il volto che vedi è illusione,
la luce che splende è funesta.
Tu giochi la tua perdizione, tu giochi la testa.]


Il tempo scorre nelle vene come sangue, il tempo segue l’eccitazione e scorre via, trascinato da cose troppo piccole per esser lasciate al caso.
Il tempo scivola fuori dall’orologio e si appropria delle tue braccia stanche, della mente annebbiata dall’orgasmo. La temperatura si abbassa, adesso fa quasi freddo.
[ Ma lui non vuole provar freddo, e tu lo segui. ]

Il tempo ti trascina via con sé, una volta ancora, una volta soltanto.
[ Lo segui volentieri, lo segui ch’è un piacere. ]

[Tu corri alla rovina!
La vita non giocar!]


Stupidi vecchi, vecchi pazzi – non sanno forse che è impossibile dirgli no?
[ Lo segui come se non avessi fatto altro nella vita. ]

Sai quel che vuoi, sai quel che brami, sai quel che già possiedi.
Ma il tempo te lo porta via, il tempo ti ruba tutto, il tempo ti ruba il corpo che ti appartiene, sì, ti appartiene di certo!
[ Lo segui da quando gli hai donato la tua vita:
   pezzo dopo pezzo, respiro dopo respiro. ]

[L'ami? Che cosa? Chi? Turandot?
Ah, ah, ah! Turandot!
O ragazzo demente!
Turandot non esiste!]





I mesi sono passati velocemente.
Non hai prestato molta attenzione alle pagine del calendario da voltare, a malapena udivi il cellulare implorare di venir messo sotto carica o il portatile che reclamava qualche ora di riposo.

Lui ha detto: «Aspettami».
[ Ma che cane diligente... ]

Dubiteresti della sua esistenza, dubiteresti che sia mai tornato, dubiteresti di averlo visto, sanguinante e appeso al collo di uno sconosciuto ragazzetto, fuori dal tuo pianerottolo.         «Sorpresa».
[ Non ne dubiti, perché la sua esistenza pregiudica la tua. ]

Non dubiti della sua esistenza per l’odio che ti lega a lui.
Lui che ti ha relegato in uno squallido salotto a osservare monitor, ascoltare quella bella giapponesina starnazzare a riguardo del suo «Raito-kuuun!» con quel mostro di vitalità ch’è la sua guardia del corpo, e—

Oh, ma certo.
Saresti rimasto a marcire di fronte al pc anche senza di lui. Solo, con Mello tutto va peggio, con Mello tutto è male, tutto è merito, è peccato.
[ Perché se tu vivi male, la colpa è sua e sua soltanto. ]

[Non esiste che il niente nel quale ti annulli!]





Resti così, completamente assorbito dalla tua consolle – hai un lavoro da svolgere, dio!, recupera un contegno prima che ritorni!
Ti urli mentalmente di riprenderti, prendi a schiaffi te e la tua smodata passione   [ ossessione ]   per quell’aggeggio infernale, richiami alla mente i ricordi della sua ultima visita, fatta di sesso e rimproveri. E un paio d’improponibili cheeseburger – forse sarebbe meglio procurarsi del cibo commestibile, in previsione della sua futura... ispezione?

Eppure, è dipendenza pari a quella che provi per quella sua voce irata ed eccitata, il sentimento per quegli stracci di libertà.

Chiuso fra quattro mura che non t’appartengono – da piccolo sognavi di vivere al seguito del nuovo L, altri che non il tuo migliore amico.
Una sigaretta spenta e mordicchiata fra le labbra, la nuova PSP fra le mani – la tua vita sarebbero stati i videogame; il passatempo: offrire aiuto che sarebbe stato rifiutato a Mello.
Nessun obbligo, nessun lavoro – saresti stato mantenuto da Mihael   [ Oh, questo lo ricordi! ]   in cambio di assistenza; tu ti saresti occupato dei casi minori, avresti viaggiato sotto il nome di L come un bravo missionario.

Dipendenza dal restar chiusi in quattro mura, quegli stessi improponibili cheeseburger della volta precedente che ancora viaggiano nello stomaco, una sigaretta che si consuma fra le labbra, la nuova PSP abbandonata sul divano insieme alle cuffie.
Dipendenza dall’affacciarsi sul mezzogiorno incalzante dalle veneziane, lanciando uno sguardo al pacchetto e alle ultime due sigarette.

«Ho finito le scorte», sospiri.
[ Dipendenza da quell’indipendenza che sa di reclusione. ]

[Dunque va', saluta tutti!
Varca i monti, taglia i flutti!
Sta alla larga dagli enigmi di Turandot!]





Non dice molto, non molto più dell’ultima volta.
Inizia col chiederti perché fossi fuori, e tu chiami alla sfiga per imposizione divina – dopo sedici lunghi giorni, tutto quel di cui avevi bisogno era un gelato a Ottobre e sigarette, tre stecche.

Ti rimprovera: «spendi troppo in merda», a suo dire.
Non ti pronunci sulla cifra che lui ha sparato, non desideri allungare la conversazione.
Guardi con disgusto la barretta di cioccolato che si rigira fra le mani, un desiderio impellente di lanciarla al suolo e calpestarla fino a ridurla in una polvere tanto sottile da poter arrivare al piano di sotto attraverso il pavimento.

Odi quella barretta e detesti lui – fino a dove puoi spingerti, fino a dove puoi disprezzare la sua disperazione senza venir minacciato di morte o allontanato dal progetto.
Odiando e detestando, attendi il responso.

E Mello ti lascia ad aspettare, ti concede di osservarlo e detestarlo in quei minuti di silenzio. Te lo meriti, dopo avergli salvato il culo ed aver portato il tuo dall’altra parte del mondo.

Ma sì, pensi: per lui saresti andato anche a cercare il Paradiso in gola ai pinguini, purché ogni tanto ti chiamasse e ti rimproverasse di non ucciderne troppi.

[ Il Paradiso, la gloria, la vittoria...
   Non ha mai chiesto nulla oltre le tue possibilità,
   il tuo coraggio e dedizione a lui sono molto offesi per questo. ]

Poi apre la bocca e parla.
Non dice grazie – perché dovrebbe?, tu fai il tuo lavoro.
Parla a voce bassa e incolore, parlotta fra sé e si rivolge a te, una domanda, forse. Parla e continua a parlare, parla delle nuove informazioni, parla di Misa, parla di Near, parla di te e del tuo nuovo compito, poi chiede se hai qualcosa da mangiare a spasso per la cucina.

Lui, seduto sulla poltrona. Tu, a gambe incrociate sul tappeto di fronte – una buona posizione, non incroci il suo sguardo e puoi distrarti quanto vuoi.
Alzi il viso e scuoti il capo.

«Certo che fai proprio schifo», borbotta con un sorriso sulle labbra. «Se non fosse per me, saresti già morto».

A quella nuova uscita scoppi a ridere; ridi forte e a lungo, ridi fino a quando non ti fa male il viso e non ti senti un completo deficiente, le tue stesse risate ti rimbombano nelle orecchie, sembrano più forti di quanto non siano in realtà.
Il fiato finisce, però continui a sforzarti di ridere – Mihael ti guarda, un’ombra lontana disegnata sul viso.

Sdraiato sul pavimento, le mani appoggiate sul petto che si alza e si abbassa, gli occhi persi in contemplazione del soffitto ingrigito dallo smog. Gli ultimi colpi d’ilarità che si trasformano in una rauca tosse da fumatore.
Riconosci le molle della poltrona che cigolano, mentre lui s’inginocchia a terra e, a carponi, si muove su di te. Non sposti lo sguardo, quasi sussulti quando il suo viso si ferma a pochi centimetri dal tuo.

«Hai finito?», mormora sulle tue labbra.
[ Hai finito, sì: ti sei annullato completamente per poter entrare a far parte di Mello. ]

Non rispondi.
Nel silenzio dei vostri respiri tranquilli, tu lo baci. Non sei aggressivo, non ce n’è bisogno – ha preparato tutto, devi solo recitare la tua parte.
Vi sollevate prendendovi l’un l’altro per gli abiti che non sono mai così facili a togliersi quando siete soli; vi trascinate verso la camera da letto, materasso vecchio e sporco il quale vede il tuo corpo solo quando unito al suo.

Ed è tutto labbra, e respiri presi velocemente, e mani che si spingono velocemente alla meta, e lingue.
Il suo collo ti appartiene ancora, ancora a te il suo ventre e la sua spalla sfregiata.

[ Tuo, suo, e di chi altri ancora? ]
Nessuno. Lui è tuo, adesso è tuo, per te, con te, adesso, oggi, ieri e domani.
[ Di chi altri? ]
Kira possiede i suoi pensieri, tu domini il suo corpo.
[ Di chi altri? ]
Near anima la sua ira, Kira possiede i suoi pensieri, tu domini il suo corpo.
[ DI CHI ALTRI? ]
Non lo vuoi sapere, finché restano lontani da quelle quattro mura, dal mozzicone buttato fuori dalla finestra, dalla PSP gettata sotto al divano in fretta e furia per nasconderla dall’ospite.

Mello geme sotto di te, sopra, intorno a te. Lui è l’aria che respiri, lui è la goccia di sudore che disegna il petto e l’aria calda che opprime i pensieri.

«Ahh!», lui chiama il tuo nome e tu il suo.

Ancora. Ancora. [ Ancora, ancora, ancora, ancora, ancora... ]

Il tempo scorre velocemente, ritorna a far freddo. Ti guarda.   [ Ti vede. ]
E tu guardi lui, forse hai voglia di ridere per nulla ancora un po’. Ne hai bisogno, ne hai decisamente bisogno.

Soffochi le risa s’una sigaretta, lo baci con la bocca piena di fumo.
Accetta quel dono con l’odio a colorargli il viso, ad allontanare l’estasi.




[ È tutto strano: tanto, troppo.
   Di certo non pensavi sarebbe finita così –
   tu saresti stato solo il migliore amico a carico,
   e lui il detective migliore del mondo, colui che tiene le risposte del mondo nella mano sinistra. ]

«Chiamerai ancora Halle?»
«... Non lo so».


[ Ti arrendi? ]
Espiri, poi ti abbandoni a un sorriso insoddisfatto.
[ Fa ancora troppo freddo. ]   Ti volti verso la finestra aperta da poco, quel profumo d’aria e sesso che in molti chiamano ottimismo.

[La fossa già scaviam per te che vuoi sfidar l'amor.
Nel buio c'è segnato, ahimè, il tuo crudel destin!]

  
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