Sasuke conosceva le caratteristiche di un nemico
pericoloso.
Gli occhi attenti e
minacciosi, carichi di una luce rabbiosa, fissi dritti
nei suoi, senza il minimo accenno di paura.
La posizione delle mani,
prima cosa in assoluto che notava, inevitabile abitudine di shinobi.
E il silenzio che calava improvvisamente, gelido e
innaturale perfino per lui, che quanto a loquacità concorreva solamente con il
clan Aburame.
Restò perfettamente
immobile, per non dare al nemico la minima anticipazione sulle sue intenzioni;
conosceva perfettamente tutte le vie di fuga che gli erano possibili in quel
momento, ed aveva già individuato quella che potenzialmente l’avrebbe salvato.
Mentre calcolava la
distanza che lo separava dalla porta, Sakura sbuffò – incredibile come i suoi
sbuffi fossero simili al ringhiare di un grosso felino – e sciolse la posa da
matrona romana, togliendo le mani posate sui fianchi per incrociare le braccia
sotto il seno
-Sasuke Uchiha, con tutti i soldi
che ho speso per questo vestito, se le parole che stai
per pronunciare sono simili a “come ti sei conciata”, “sei ridicola” o
qualsiasi altra formula verbale che non esprime assoluta approvazione, sappi
che te ne farò pentire amaramente.
L’ultimo valoroso Uchiha, genio indiscusso di arti ninja e supponenza, sfoderò il suo broncio stizzito, pronto
a seguire la vocina del Gene Uchiha che lo pungolava
a utilizzare esattamente quelle due frasi che la ragazza gli aveva proibito,
immaginandosi già il viso scarlatto, i pugni stretti e un mobile che andava in
frantumi, tra sibili di rabbia e occhi lucidi.
Oh.
Una vocina molto meno frequente nella sua testa lo zittì. La stessa
identica voce, tra l’altro, che aveva sentito quando la polvere di macerie si
era dissolta, dopo la distruzione di Konoha e la vittoria
dei “buoni”, quando lui era già pronto a prendere la via del ramingo, e un
flebile “Sas’ke” l’aveva
fatto esitare.
Per dio, ci sono ancora dei poveri mentecatti che
sono disposti a volerti bene. Evita di fare l’idiota e pianta qui il tuo
preziosissimo didietro, grazie.
Sasuke le si avvicinò, con
un’espressione così seria e solenne che Sakura sentì chiaramente le sue
ginocchia cedere e il suo atteggiamento minaccioso ammorbidirsi all’istante: il
ragazzo diede un’occhiata alla scollatura del vestito, molto contenuta ed
elegante, poi soppesò con attenzione le gambe moderatamente scoperte, e in
conclusione si caricò la kunoichi in spalla, rossa
per l’imbarazzo, e decise che era più conveniente per entrambi se per una volta
evitava di avere a tutti i costi l’ultima parola.
Mentre chiudeva la porta della camera da letto, rivide per
un istante il ragazzino egoista e rabbioso che era stato, che non avrebbe
esitato un istante a terminare quel pomeriggio con una litigata inutile e
dolorosa, con le lacrime di Sakura.
Sasuke ringraziò mentalmente quella voce, che di tanto in
tanto compariva e gli impediva di fare qualcosa di cui poi si sarebbe pentito,
senza per altro riuscire a scusarsi.
Il rumore di una zip e le labbra di Sakura, delicate e maliziose sul suo collo,
lo distrassero, impedendogli di notare che quella voce era stranamente simile a
quella di Itachi.
…. Non so
cos’è successo. Potrei dire che sia stato
direttamente Itachi a ispirarmi per questa piccola e
modesta fic senza pretese.
Graditissimi pareri,
opinioni, critiche e proposte di matrimonio, nel caso passasse
Itachi, grazie.
Topy