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Autore: Aleki77    06/11/2009    1 recensioni
SPOILER SPOILER SPOILER: alla luce di quanto deciso dagli autori di House mi sono ritrovata a scrivere una oneshot che cercasse di raccontare con coerenza (almeno secondo il mio punto di vista) perchè Cameron se ne deve andare da Princeton lasciando tutto e tutti. - Spoiler 6.08 - Teamwork
Genere: Generale, Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allison Cameron, Greg House
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Save yourself and I…

Save yourself and I…





Dedicata a Vitto



“Non è la donna innamorata del maritino appena sposato come tu credi.” – Disse House instillando il dubbio.

“Che stai dicendo?” – Rispose il biondo australiano mentre a stento tratteneva la rabbia.

“Perché credi che ti abbia perdonato così facilmente?” – Disse nuovamente House. – “Ma soprattutto, perché ti ha chiesto di andare via da qui?”

Chase strabuzzò gli occhi. – “Per noi stessi, per ricreare un rapporto di fiducia che in questo periodo è stato messo a dura prova.” – Balbettò mentre ripeteva quello che gli aveva detto la “sua” Allison.

Gregory House sorrise malignamente. – “Immagino che abbia abilmente sott’inteso che fosse solo colpa tua.” – Lasciando del tempo affinché il “suo personale” canguro britannico digerisse quello che gli aveva appena detto.

Il pomo di Adamo di Robert scivolò parecchie volte lungo la glottide e la fronte gli s’imperlò di sudore. – “Lei non lo farebbe mai.” – Sussurrò, mentre cercava di togliersi dalla mente il dubbio che il suo ex capo aveva insinuato in lui. – “Lei non è così.” – Cercando di convincere più se stesso che il suo interlocutore.

“Allora perché vorrebbe andarsene da qui in fretta e furia, senza nemmeno espletare le formalità del preavviso.” – Un sorrisino diabolico tornò a fare capolino. – “Cuddy sembra impazzita: Senza due pilastri del PPTH in sol giorno.” – Imitando la voce lievemente isterica del dean of medicine.

“Tu non sai quello che stai dicendo.” – Mentre Chase cercava di razionalizzare quanto gli era appena stato detto. – “Tu vuoi solo tormentarci per vedere quanto puoi tirare la corda, ma con me non funzionerà!” – Dirigendosi a gran passi verso la porta. – “Hai fatto troppe volte questo gioco con noi.” – Disse quando ormai mancava solo un passo per valicare l’invisibile linea della sua salvezza.

House rise sonoramente. – “Forse con te no, ma con la tua bella mogliettina funziona sempre e puntualmente finisce per fare quello che voglio io!”

L’australiano per un istante si bloccò, ma poi, coraggiosamente riprese la sua marcia verso la porta.

“Sai che cosa disse Cameron a Cuddy quando rifiutò il posto temporaneo di dean of medicine?” – Chase irrigidì la schiena contro la sua volontà e si fermò, quello ero un argomento che lei aveva sempre abilmente glissato. – “House è nella mia testa!” – Disse trionfante il diagnosta conscio di aver segnato un punto fondamentale per giungere al suo scopo.

L’australiano afferrò lo stipite della porta e pregò che Dio gli desse la forza di non picchiare qualcuno … ma poi chi? Sua moglie? Il suo ex capo? O se stesso?

“La tua bella mogliettina già usciva con te, eppure non aveva scrupoli a baciarmi proprio in quest’ufficio!” – Si fermò mettendo un dito sulle labbra. – “Ah già … ma allora era solo sesso, no?” – Si fermò per un istante pensieroso. – “E adesso cos’è? Sesso? Sperma? Un’ancora di salvataggio? Un comodo ripiego?” – Mentre dava voce a tutto quello che si era tenuto dentro per anni. – “Ma amore …” – Scosse la testa. – “… no, non penso. Tutti quei dubbi prima di sposarti, il matrimonio quasi saltato, e poi … tutti quei segreti che non ti ha mai rivelato.” – Scosse ancora il capo come se fosse infelice.

“Quali segreti?” – Si lasciò sfuggire Chase che ormai era in balia dei dubbi che il suo capo gli aveva infilato nell’animo.

“Tu hai ucciso un uomo e lo hai confessato, ma lo ha fatto anche lei …” – Il tendersi dei muscoli del collo e delle spalle dell’australiano fecero sapere al diagnosta quello di cui aveva bisogno. – “ … già, anche lei come te.” – Si fermò per un istante per dare più enfasi al discorso e poi riprese. – “La situazione, in effetti, era un po’ diversa, ma la sostanza non cambia.”

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La tromba di Miles Davis raccontava lo struggimento interiore del suo esecutore e House non poté fare a meno di lasciarsi trasportare dalle malinconiche note. Il fatto che Wilson fosse stato richiamato al lavoro gli dava la scusa necessaria per non rispettare i confini che si era auto imposto negli ultimi sei mesi. Da un sacchetto di carta fece dolcemente scivolar fuori una bottiglia di doppio malto scozzese invecchiato vent’anni. Erano mesi che ne desiderava un goccio, eppure si era trattenuto per non distruggere tutta la sua faticosissima riabilitazione, ma questo era il momento perfetto: aveva riottenuto la sua licenza e lei non se ne sarebbe andata, non né aveva più motivi.

Cercò di cancellare l’ultima motivazione, la più riprovevole, ma quella si agitava ancora più forte nel suo animo e per farla tacere buttò giù un lungo sorso che gli bruciò beneficamente lingua e gola.

Il telefono riprese a squillare, ma volutamente lui lo ignorò, tanto c’era la segreteria cui aveva tolto il volume. Diede un’occhiata veloce a quello strumento infernale e seppe che per ben dodici volte era stato cercato, ma per quella sera lui era disponibile solo per la sua “amata” bottiglia e per il garzone del ristorante cinese che stava per arrivare.

Diede un’occhiata al divano e poi alla porta. – “Troppa fatica.” – Dopo aver valutato accuratamente le distanze.

Senza bastone zoppicò fino alla porta e la socchiuse, le strategie per non faticare le aveva inventate assieme a Homer Simpson. Si abbandonò poi sul divano facendo il pieno di buona musica, non appena la sua cena cinese fosse arrivata, avrebbe avuto tutto.

Chiuse gli occhi e permise ai muscoli in tensione di rilassarsi, riavere tutto il suo team allargato era stato più faticoso del previsto, ma nonostante tutto, aveva vinto, questo era l’importante.

Il delicato bussare alla porta lo riscosse dal suo leggero dormiveglia.

“Entra!” – Disse burbero. – “La porta è aperta.” – Sentì un leggero cigolio e poi un paio di passi titubanti. – “Non essere timido. Sono qui.” – Sventolando una mano oltre lo schienale del divano. – “Appoggia pure la cena sul tavolino e chiudi la porta quando te ne vai.”

“Mi spiace deluderti.” – Disse una conosciuta voce femminile. – “Non sono il garzone che stavi aspettando.” – Mentre la donna si faceva più vicino al divano.

Per un istante House pensò di essere finito in uno dei suoi vecchi sogni o peggio ancora in una delle sue numerose allucinazioni, ma appena riuscì a guardare oltre allo schienale del divano capì di essere sveglio e perfettamente lucido, del resto lei indossava un lungo cappotto nero e non certo una camicia blu.

I capelli biondi cadevano liberi sulle spalle e se non fosse stata per la pelle tirata del viso avrebbe potuto benissimo essere uno degli arcangeli. – “Sei qui per farmi una ramanzina?” – Chiese beffardo cercando di prenderla in contro piede.

“Servirebbe a qualcosa?” – Chiese dolcemente.

Lui scosse il capo quasi ammaliato.

“Allora non te la farò, sarebbe solo tempo sprecato.” - Lei girò attorno al divano e lo guardò sorridente. – “Sono qui per salutarti.” – Disse tendendo la mano.

Lui la guardò sospettoso. – “Te ne vai da diagnostica, ma il pronto soccorso non mi sembra poi così lontano.”

Lei scosse il capo. – “Me ne vado da Princeton, domani ho un aereo da prendere.” – Senza mai ritirare la mano.

“Perché?” – Chiese disarmato non capendo le motivazioni che la stavano spingendo a prendere questa decisione. – “Non devi proteggere Foreman questa volta, il tuo nobile gesto sacrificale è assolutamente inutile.”

Lei ruotò gli occhi indispettita e lasciò cadere la mano lungo i fianchi. – “Tu non rendi mai a nessuno le cose facili, vero?”

“Chase ha ritirato le sue dimissioni, me lo ha detto Cuddy.” – Buttando le gambe oltre il bordo del divano per mettersi seduto. – “Non hai più la scusa di salvare il tuo matrimonio. Se lui resta e tu te ne vai, il tuo matrimonio è comunque sfasciato.” – Facendo appello alla razionalità che sapeva essere insita nella donna.

Lei chiuse gli occhi per un istante e i muscoli del collo e del viso si tesero. – “Già, il mio matrimonio è sfasciato.” – Ammettendolo per la prima volta ad alta voce. Prendendo una pausa prima di riprendere. – “Non ho motivi per restare.”

“Sei tornata.” – Disse lui. – “Due volte.” – Un sorriso malizioso gli si dipinse in volto. – “Devo offrirti ancora una volta una cena? Un appuntamento in piena regola con fiori e ristorante costoso?” – Cercando di farla apparire un’offerta allentante.

Sul viso di lei apparve un sorriso imbarazzato. – “Non penso che basterebbe questa volta.” – Cercando di accantonare quell’argomento che non toccavano da anni nemmeno di sfuggita.

“Allora che cosa vuoi Cameron? Oppure è solo un’altra delle tue inutili crociate sacrificali?” – Disse House sentendosi alle strette.

Un lampo di rabbia apparve negli occhi della donna, ma poi cercò di calmarsi ricordando il perché era lì. – “Una volta aiutavi le persone perché era giusto farlo. Ora perché lo fai?”

House si sentì vulnerabile come non gli capitava da tempo, mosse la bocca a vuoto e non riuscì a risponderle.

“Ora lo fai solo perché annoiato.” – Lei si prese un momento per formulare la frase. – “Ora lo fai solo perché hai voglia di giocare, non perché i tuoi pazienti t’interessano veramente. Una volta ti preoccupavi per noi, per il tuo team, magari in malo modo, ma cercavi di fare il nostro bene, ora invece sei solamente un uomo curioso che indaga sui difetti altrui dimenticando che c’è una persona con dei sentimenti dell’altro lato. Non sei più l’uomo che ho conosciuto ed io non ho più motivi per restare.” – Sussurrando le ultime parole.

Nessuno mai gli aveva sbattuto la verità in faccia con tanta grazia, e allo stesso tempo con tanta durezza. Guardò il pavimento senza avere il coraggio di incontrare quegli occhi verdi che sperava che lo stessero guardando con infinita aspettativa, ma il terrore di incontrarvi la delusione lo bloccarono.

Lei rimase in piedi, fissandolo in attesa del segno che si era sbagliata nel suo giudizio, che c’era ancora speranza per lui, e quindi per lei, ma questo non avvenne.

Sospirò pesantemente e s’incamminò verso la porta, domani avrebbe iniziato una nuova vita con un po’ meno di speranza di quanto si aspettasse.

Più che sentirla, percepì il suo allontanarsi e istintivamente l’afferrò per un braccio. – “Che vuoi che faccia?” – Gli chiese timoroso e vulnerabile come lei non lo vedeva da anni. – “Vuoi più soldi? Un’auto nuova? Un parcheggio migliore?” – Ripetendo un vecchio discorso.

Per un attimo Cameron ebbe la tentazione di dirgli nuovamente: una cena, ma si trattenne. – “Voglio che torni l’uomo che eri.” – Sussurrò senza ritrarre il braccio cui lui sembrava essersi ancorato. – “Voglio che torni l’uomo che fa le cose perché è giusto farle, ecco che cosa voglio.”

Lui aprì la bocca un paio di volte, ma inizialmente i suoni sembrano non uscire. – “Se io ti prometto che tornerò quello che ero …” – Chiese lentamente. – “… tu rimani?”

Lei scosse il capo. – “No, non rimarrò.” – La delusione che lesse in House le strappò un pezzo di cuore. – “Ma puoi chiamarmi quando questo avverrà, tornerò a trovarti.” – Posando delicatamente una mano sul braccio che la stava trattenendo. Poi, come se seguisse un’ispirazione, si chinò su di lui e gli sfiorò le labbra con un veloce bacio. – “Almeno ora non penso che stai per morire.” – Mentre una leggera risata divertita le nacque dal cuore.

Rimasero per lunghi secondi a guardarsi, parlando con gli occhi come un tempo erano soliti fare e il tempo sembrò entrare in stasi.

“Corriere espresso dal ristorante il giardino di giada.” – Disse il garzone interrompendo un istante epico.

House e Cameron persero il loro contatto visivo e questo permise alla donna di riappropriarsi della propria dignità e di scivolare via dalla presa possessiva dell’uomo.

“Buona serata House.” – Disse Cameron ormai alla porta.

“Buon viaggio Cameron.” – Rispose quasi automaticamente lui. – “Prima o poi ti chiamerò.” – Aggiunse in fretta.

“Io ci conto.” – Gli rispose sorridendo prima di scomparire dalla sua vista.

“Sei in ritardo!” – Disse House al garzone, nascondendo immediatamente le forti emozioni appena provate. – “Sul menù c’è scritto che se le consegne non avvengono entro trenta minuti io non devo pagare nulla!”

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Non che se lo aspettasse veramente di vederlo in aeroporto, ma dopo la sera precedente lo aveva fortemente sperato.

Aveva rifiutato il passaggio che Foreman le aveva gentilmente offerto, ma sapeva che per iniziare una nuova vita da zero, doveva fare tutto da sola. Aveva salutato Chase e forse era stato più facile di quanto si aspettasse e questo le diede quel briciolo di coraggio in più per lasciare tutto. Del resto se, dire addio al proprio marito, non fa poi così male, forse vuol dire che si è presa la giusta decisione.

Cuddy e Wilson li aveva già salutati il giorno precedente al PPTH assieme a Taub e a Hadley, non c’erano state lacrime, era ormai una donna adulta in grado di gestire le proprie emozioni, ma allora perché aveva dovuto reprimere quelle che erano spuntate lasciando la casa di House?

Scosse il capo e cercò di concentrarsi sul futuro eppure non poté fare a meno di portarsi le dita alle labbra. Seppure il contatto era stato fugace, il sapore l’era rimasto impresso o forse era solo un lontano ricordo che riemergeva dall’abisso in cui l’aveva esiliato.

Sospirando si diresse al gate, non sarebbe venuto.

Nell’istante in cui consegnava il proprio documento all’ufficiale ebbe la sensazione di essere osservata. Si voltò di scatto, ma dietro di lei si trovava solo il normale via vai di un aeroporto internazionale, null’altro.

“Prego, può andare signora.” – Disse l’ufficiale tendendole documento e biglietto.

“Grazie.” – Afferrando un po’ distrattamente le cose che le stava porgendo l'uomo, si guardò nuovamente attorno, ma la sensazione era scomparsa.

Alzò gli occhi verso il grande schermo che annunciava le partenze e vi lesse che stavano per aprire l’imbarco. Cameron rinsaldò la presa sul suo trolley e con passo sicuro si avviò verso il suo gate, senza mai sapere che un uomo dotato di bastone si nascose nell’ombra per poterla seguire con lo sguardo fino a quando i suoi occhi glielo consentirono.


Fine
  
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