Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Red S i n n e r    07/11/2009    2 recensioni
Tra una distruzione fatta con coscienza e lacrime inespresse, che si infrangono in sorrisi quietamente falsi, tra maschere e bugie in una vita che aspetta la morte, ogni pedina giocherà ordinatamente il proprio ruolo.
Ed è come ballare tra peccato e redenzione, tra sanità e follia, tra lacrime mai nate e gemiti di piacere mal celati restando, però, nell’ordine autoimposto di una scacchiera.
{Quinta classificata a parimerito al contest "Quell'INFERNO di contest" indetto da DarkRose86 sul forum di Efp. Vincitrice del premio 'Giuria'.**}
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Our Darkest Hour____

{ Sanctus espiritus,

Insanity is all around us }

 

 

Piume nere. Piume nere. Piume nere.

 
Tra fuoco e fumo, nel rosso di fiamme che sarebbero state eterne, ogni cosa era bruciata.
Anche lui, anche lui era bruciato, spalancando gli occhi, urlando nomi già morti tra quelle fiamme che bruciavano tutto. E si ripromise di odiarle, di odiarle con la stessa intensità con cui esse avevano bruciato il suo tutto.

 Scomparendo dal mondo tra urla di dolore, nella consapevolezza di non avere più nulla se non quel peso inscindibile al petto.

Sarà sempre così? Sarà sempre così?

Lividi e abrasioni, un corpo deturpato per oscuri motivi, un dolore e una pena arrecati coscienziosamente.

Lacrime caddero da occhi che avevano visto troppo, occhi che preservavano l’innocenza dell’infanzia e celavano un’orgogliosa rivalsa.
Pallid
a eco di risate dimenticate, voci allegre,  tutto scivolava, tutto si disfaceva, tutto bruciava contorcendosi per un ultima volta tra quelle fiamme maledette.

Tra lacrime trattenute a stento e urla senza voce, che squassavano un corpo senza mente e una mente senza anima, una scintilla -unica e sola in un baratro di nulla - colpì i grandi occhi blu.

 Piume nere. Piume nere. Piume nere.

 Piume nere caddero lentamente in una danza che pareva sospesa a mezz’aria, una domanda lasciata vagare tra tutto quel nero danzante.
Una risposta che movimentò le piume, una risata che riempì il vuoto.
Un marchio a incidere la tenera pelle, un nuovo dolore a incidere l’animo e a fossilizzarsi nella mente.

E poi... Poi ci fu solo oscurità. 

Sarà sempre così? Sarà sempre così? 

 

***

 

Abitudini che erano diventate quieta normalità.
Ognuno giocava il proprio ruolo in un elegante schema di quadrati bianchi e neri.
Una scacchiera, forse?
Perdizione o redenzione?
Bianco o nero?

 Erano neri i capelli della bestia nelle vesti di maggiordomo, era bianca la pelle della vittima che giocava a comandare, d’altronde, era pur sempre un bambino.
Giocavano, giocavano in una danza senza fine, tra il dolore del padrone reso vittima che non accennava a smettere e la quieta attesa del maggiordomo.
Ed era come le fiamme, non smettevano più, non smettevano più.
 Ridendo nel fuoco, ricercando qualcosa che fugge via. Urlando ordini, aspettando la fine.

L a   f i n e .

 Il maggiordomo si inchinò diligentemente prima di servire il tè, nell’apposito servizio di fine porcellana inglese, scelto per quella giornata.
Si  accinse a tagliare la torta di puro cioccolato, delineandone una fetta sottile, per poi deporla nel piattino candido ornato di fiori rossi.

“Signorino.”

Un sussurro, appena accennato da labbra perennemente piegate in un quieto sorriso.
Ma Ciel lo sapeva, quel sorriso si burlava di lui, ghignava piano, nell’attesa di ciò che sarebbe avvenuto.
Non si voltò,  non lo guardò, continuò a fissare  imperturbato fuori dalla finestra.
Non osservava nulla che si può descrivere, analizzava il proprio futuro con la cruda attenzione di un bisturi sulla fredda pelle di un cadavere.
 Senza attenzione e senza nessun tipo di cura
, vivisezionava se stesso, aspettando.
Aspettava quella fine osservandola da lontano, la guardava attento e forse un po’ curioso, con quel vuoto che non accennava a smettere e si rifletteva in quei grandi occhi che a stento trattenevano tutta quella tristezza.

 “Signorino?”

Una quieta e tranquilla domanda che potrebbe sembrare quasi preoccupata all’incauto osservatore.
Ma c’è di più, c’è sempre di più. Oltre la maschera, oltre il ruolo a lui insignito c’è di più.
Chiede, ma sembra pretendere, con quel sorriso in cui le labbra si piegano appena e gli occhi si chiudono docili.

Non crederci! Non crederci mai!

Recita come il più talentuoso tra gli attori: i suoi sorrisi non sono altro che un mancato mostrar di denti e gli occhi placidamente chiusi non sono che l’avviso del futuro attacco.
Ciel si voltò, osservò il volto del suo fidato maggiordomo, oh sì, fidato lo era davvero!, dedicando particolare attenzione agli occhi rossi. Sembravano bruciare.

La domanda aleggiava come un monito inscindibile, la spada di Damocle pendeva inesorabile sulla testa dell’orfano senza però destare in quest’ultimo il benché minimo interesse.

“Va ad assolvere i tuoi compiti.”

 Un semplice ordine che, pronunciato da labbra così piccole e infantili, avrebbe suscitato un buffo interesse e un risolino leggero... Ma non c’è nulla di infantile in quegli occhi blu, nessuna traccia di un quieto sorriso su quelle labbra perennemente rivolte in basso.
E’ bruciato, è bruciato tutto.

Tutto. Tutto. Tutto. Tutto. Tutto.

Scrutando il mondo con sguardo attento e perennemente accigliato, cercherà di aggrapparsi alla vendetta vivendola come fosse vita vera.
Aspetterà.
Aspetterà di ridere davanti ai cadaveri degli assassini dei suoi genitori, riderà fino alle lacrime e forse allora si sentirà bene.

 Il maggiordomo s’inchinò di fronte al piccolo padrone osservandolo attento, col sorriso perennemente disegnato sulle labbra bianche,  con calma prese tra le sue la mano del suo piccolo signore.
Sorrise
, e sorrise ancora di più quando notò muti interrogativi negli occhi del ragazzino: aveva sempre amato uscire dagli schemi ed infrangere, con cura metodica, piccoli frammenti di quella perfetta maschera autoimpostasi.

Portò lentamente la mano alle sue labbra, baciandola piano, mentre gli occhi baluginavano di riflessi vermigli.
Inclinò la testa di lato sorridendo falsamente prima di inchinarsi di nuovo.

“Ai vostri ordini, signorino.”

Sembrava ridesse di lui in ogni momento, sembrava provasse un gusto oltremodo fastidioso nell’arrecargli disturbo.
Sebastian si avviò alla porta
, afferrando il manico d’ottone con una mano guantata prima di sparire in uno svolazzo del frac nero.
Ciel aggrottò le sopracciglia infastidito.  

La luce del tramonto rosseggiò sulle pareti dello studio del  conte bambino
: sembrava che quelle fiamme non si fossero mai spente.
Sembrava che quel giorno fosse rimasto sospeso come quelle piume nere che attendevano risposta.
Bruciavano gli occhi del maggiordomo dai riflessi vermigli, bruciava la vendetta nel corpo vuoto del bambino privato dell’infanzia, bruciava il tocco di quelle mani pallide.
Ma quello che succede quando Sebastian lo aiuta a cambiarsi per la notte non è importante.
Non lo sono né le mani sul suo corpo, né la lingua sul suo collo.
Ogni cosa ha perso importanza, apparte la sua vendetta, apparte la fine che giungerà.

È morto.

È morto quel giorno, la sua vita è bruciata tra quelle fiamme maledette che presto lo accoglieranno, di nuovo.

È morto nell’impossibilità di aiutarli, è morto urlando i loro nomi; eppure c’è quel peso sul petto, quel vuoto enorme, quella voragine che pare allargarsi ora dopo ora.

C’è quel dolore acuto a ricordargli d’essere vivo, vivo e solo.
E fa male, così tanto e così duramente, che finge d’essere morto per sopportare d’esser vivo.
Osserva impassibile il mondo rimanendo pietrificato, come se fosse ghiacciato, mostrando la propria tristezza alle rassicuranti ombre, le ombre del suo passato che lo accoglieranno come sempre.

Tutto pur di fuggire alla solitudine.

 Il maggiordomo sorride apertamente, mentre osserva l’anima del suo padrone tingersi d’odio, rancore ed infinito dolore; si chiede che sapore delizioso possa avere e se lo chiede ripetutamente ogni sera, quando è lui stesso a sporcarla.

Ma a Ciel non importa, lui finge d’esser morto.

Eppure non può esimersi dal gemere piano, non può smettere di piegarsi ai suoi tocchi e ai suoi voleri.
Cercherà di piangere, ci proverà mille volte, e mille volte fallirà perché nemmeno piangere è importante.
E quando arriverà la fine riderà nel fuoco di quelle fiamme ormai eterne, cercando refrigerio da quel peso inscindibile al petto, cercando di disfare quello spesso velo in quegli occhi così belli.
E che sia dolorosa questa fine, che sia lunga, che non lasci scampo!

Non piangerà quando vermi mangeranno le sue carni, non piangerà quando il dolore tornerà a fargli visita per l’ultima volta.
Il mondo scomparirà davanti ai suoi occhi, che non hanno mai vissuto, ma lui riderà, riderà.

Riderà, riderà, riderà.
Riderà fino alle lacrime.
[Schiacciato da un dolore che vuole distruggere.]

 

Sarà sempre così? Sarà sempre così?

 
Riderà anche il maggiordomo leccandosi le labbra prima di affondare nel suo corpo sporco, riderà di que
i gemiti rubati e di quel corpo bianco tra le sue mani e in suo potere.
Semplicemente riderà di lui e di quelle ore così oscure passate in sua compagnia.
Tra una distruzione fatta con coscienza e lacrime inespresse, che si infrangono in sorrisi quietamente falsi, tra maschere e bugie in una vita che aspetta la morte, ogni pedina giocherà ordinatamente il proprio ruolo.
Ed è come ballare tra peccato e redenzione, tra sanità e follia, tra lacrime mai nate e gemiti di piacere mal celati restando, però, nell’ordine autoimposto di una scacchiera.

 

Sarà sempre così? Sarà sempre così?

 Cerca di piangere e provaci seriamente, perché sì, sarà sempre così.

S e m p r e  c o s ì.

 

Una voce flebile, proveniente da lenzuola sfatte,  sussurrerà a
d un nuovo mattino preghiere che non verranno ascoltate.

“ Spirito santo, perdonaci, la follia è intorno a noi, intorno a noi … “

Desiderando la morte, accontentandosi di un’infinita attesa.

 

 

{Piume nere. Piume nere. Piume nere. Piume nere.}

 

 

Note della Red_________________
Era tecnicamente il mio quarto contest ed è la mia prima fanfiction su KuroShitsuji e, arrivare quinta con un punteggio di 49/55 e vincere, immeritatamente, il premio Giuria è proprio fantastico.
Senza contare che mi sono 'scontrata' con delle autrici meritevolissime. Che dire? Sono contenta. **

Il sottotitolo della fan fiction e la frase sussurrata da Ciel e messa in grassetto a fine fic, è  tratta dalla canzone ‘Our Solemn Hour’ dei Within Temptation.

Grazie a DarkRose86 per il giudizio completo e per i due meravigliosi banner. Contami pure nella prossima edizione, cara! XD

Alla prossima!

Red.

   
 
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