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Autore: almostred    08/11/2009    9 recensioni
C'era una volta...un bagno della scuola. Un giorno il bagno della scuola ricevette due interessanti visitatrici. Riuscirà il nostro impavido bagno a sopravvivere all'incontro?
"Perché mi guardi in continuazione?" [Femslash]
Genere: Romantico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I.Looks Quanto tempo è che non pubblico qualcosa su EFP? Due anni forse. Un bel mucchio di tempo.
Molte cose sono cambiate, ma la mia passione per la scrittura è sempre lì.
Questa storia sancisce diverse cose: in primis il mio ritorno sulle scene (XD), e poi il mio ingresso sul panorama delle originali e del femslash.
Questo capitolo è il primo di cinque.
Beh, che altro dire, spero vi piaccia.
NB. Ogni riferimento a cose, fatti o persone reali è puramente casuale.(Ho sempre desiderato dirlo XD) Viene tutto dal mio cervellino. Tranne forse il bagno. Se dovessi immaginare un bagno di sicuro non ne immaginerei uno così crappy xD
Recensioni=*amore*

Enjoy.


I. Looks


La prima volta che mi rivolse la parola fu davanti al lavandino del bagno della scuola.
Io avevo appena finito di lavarmi le mani e stavo tentando di asciugarmele su un po' di carta igienica fregata nel cubicolo water più vicino. Lei entrò casualmente e, appoggiandosi al muro di fronte a me, estrasse il cellulare della tasca, iniziando a scrivere chissà quale messaggio a chissà quale dei suoi numerosi ragazzi.
Non che fosse una facile, o cos'altro, semplicemente, era molto richiesta.
E riuscivo benissimo a capirne il motivo.
Le scoccai uno sguardo di sottecchi.
Più di uno sguardo a dire il vero.
Diciamo che la fissai in modo molto poco nascosto per un minuto buono, il tempo che ci volle ai miei occhi per essere un minimo soddisfatti. Lei alzò per un secondo lo sguardo dal cellulare. Colta in fragrante.
Io posai il mio sguardo sulla carta, ormai ridotta a pezzetti mollicci, con cui avrei dovuto pulire le mie mani dai germi.
Certo, pensai. Come se in questa scuola ci fosse qualcosa che funzionasse.
Sbuffai pesantemente, cercando di pulirmi le mani, ora coperte di minuscoli pallini di carta appiccicosa, sul retro dei jeans.
-In questa scuola non si sprecano neanche a comprare uno stupido rotolo di Scottex eh?
Fu un po' uno shock, sentirla rivolgersi direttamente a me.
Non che non ci avessi mai parlato prima. Ma quello era successo tanto tempo fa. Quasi tre anni prima. Quando pensavo ancora che fosse una ragazzina montata; quando non ero ancora stata illuminata dalla splendida visione di Shane McCutcheon che bacia Carmen De la Pica Morales in uno studio di registrazione.
Dicono che nella vita ci siano dei momenti in cui la senti che prende una svolta diversa. Momenti in cui capisci all'improvviso qualcosa, qualcosa che era sempre stato lì, ma non eri mai riuscito a captare completamente. Li chiamano momenti Eureka. Vorrei avere uno di questi momenti soltanto per saltare fuori dalla vasca da bagno e andare in giro per la casa urlando “EUREKA!!”.
In realtà io un momento Eureka l'avevo avuto. Solamente che era rimasto un po' sospeso nel limbo, come una cosa fittizia, non reale, come una delle mie storie. E' stato il momento, o meglio il processo, con cui ho capito che non sarei mai potuta stare con un essere dotato di sospetti aggeggi penzolanti nella zona inguinale. Semplicemente non ne ero capace.
-Uh, già. Che scuola del cazzo.
Non avevo neanche pensato la risposta che subito quella era scivolata dalle mie labbra. Quando il mio cervello si metteva in stand-by e lasciava fare alla lingua, quella diventava piuttosto sciolta in quanto a linguaggio. E ovviamente anche in quanto ad altre cose. Ma questa, come dicono nelle più snervanti delle fiabe, è un’altra storia.
Lei mi fissò per mezzo secondo, quasi incerta, poi, riposto il cellulare in tasca, avanzò di un passo.
-Perché?
La sua voce era ferma e decisa.
Sapevo esattamente a cosa alludeva, ma non avevo alcuna intenzione di renderle il gioco più facile.
-Perché questa è una scuola del cazzo?
Lei sbuffò di nuovo e si tolse un ricciolo di capelli biondo scuro da davanti agli occhi. I suoi capelli mi attiravano incredibilmente. Penso fosse la cosa che più mi piacesse di lei. I suoi stupendi capelli fra il biondo e il castano,lunghi e con ricci definiti. Soprattutto, mi piaceva il modo in cui li spostava su una sola spalla, lasciando scoperto un lato del collo. Mi faceva impazzire.
-Perché mi fissi in continuazione?
Le mie sopracciglia scattarono verso l'alto in una perfetta simulazione di sorpresa.
Stare nel gruppo di teatro per due anni di fila mi aveva insegnato qualcosa, dopotutto.
-Chi, io? E perché dovrei fissarti, scusa?
-E' quello che mi chiedo anch'io.
-Ti sarai sbagliata. Io non ti fisso.
Lei incrociò le braccia al petto. Oh.
In quel momento programmai di erigere un altarino e sacrificare qualche bue (figurine di Harry Potter) a qualche dio nerd, per aver inventato le camice scollate.
-Non sono stupida, sai. Lo vedo. Mi guardi in continuazione. E voglio sapere perché.
-Se tu noti che io ti guardo in continuazione, significa che anche tu mi guardi in continuazione. Quindi ti rigiro la domanda: perché mi guardi in continuazione?
Lei arrossì leggermente, ma non abbandonò la sua espressione combattiva.
Era bello vederla arrossire. Specialmente per qualcosa detto da me. Feci un mezzo sorriso.
-Non dire stupidaggini. Io non ti guardo in continuazione. Però sento il tuo sguardo su di me. E mi dà fastidio.
-Ah sì? Pensavo ti piacesse stare al centro dell'attenzione
-Non senza un motivo. E comunque tu non mi conosci.
-Quindi ammetti che ti piace stare al centro dell'attenzione.
-Quindi ammetti di guardarmi in continuazione.
Aveva un'aria quasi trionfale mentre lo diceva. Mi ricordò di quando schiacciava e faceva punto, e con quella stessa espressione sul viso veniva poi a battere le nostre mani tese verso di lei. Era sempre una cosa ottima averla nella propria squadra, in allenamento. Le sue schiacciate erano potentissime.
Io mi appoggiai leggermente con la schiena al muro dietro di me, rilassando i muscoli tesi del collo e delle spalle. Poi sorrisi misteriosamente alla ragazza davanti a me. Oh no, non avrebbe vinto.
-Chi ti ha detto che guardo te?
Lei rimase un po' spiazzata dalla domanda, ma si riprese quasi subito.
-Lo so e basta.
-Potrei anche star guardando qualcun altro nel tuo gruppo.
-No, io sento il tuo sguardo su di me ogni volta che esco dalla mia dannata classe. Anche quando sono da sola. Specialmente, quando sono da sola.
Non avevo idea di come riuscisse a far sembrare un semplice sguardo come la cosa più sconcia che io avessi mai fatto. E sexy. Sconcia e sexy.
Io feci spallucce. Passo?
-Non capisco perché insisti con questa storia.
-Senti, se una persona mi fissa ogni volta che entro nel suo campo visivo, a me interessa almeno sapere il perché. Parli male di me? Non m'interessa. Parli bene di me? Non m'interessa. Voglio solo sapere il perché. Il resto non ha importanza.
La guardai ammirata e anche un po' sorpresa. La ragazzina presuntuosa con la mania del comando era cresciuta. Però si sa, il lupo perde il pelo ma non il vizio.
Eppure la risposta ancora una volta mi sfuggì dalle labbra prima che potessi pensarla adeguatamente.
-Non parlo male di te.
Lei fece un ghignetto di vittoria.
-Quindi, ammetti di fissarmi ogni volta che puoi?
Recuperai la mia aria zen più in fretta che potei. Questa volta non si poteva non rispondere.
Scrollai le spalle ancora una volta.
-A che gioco stai giocando?
Lei aggrottò le sopracciglia.
-In che senso scusa?
-Hai intenzione di sputtanarmi davanti alle tue amiche, o peggio, di fronte a tutta la scuola?
Lei assunse un'espressione fra lo stupito e l'oltraggiato.
-Lo sai che non lo farei mai.
-No, non lo so.
Lei si morse le labbra e poi diede una scrollatina di spalle, guardandomi con l'aria colpevole di una bambina che è stata sorpresa a mangiare la Nutella dal barattolo con il dito.
-Ok, forse lo farei. Ma non prima di aver saputo il perché.
La guardai intensamente negli occhi. Il primo round stava per finire, il gong stava per suonare, e ognuno sarebbe tornato nel proprio angolo a bere un po' d'acqua, a leccarsi le ferite e a escogitare nuove mosse per atterrare l'avversario. Le era sempre piaciuto il wrestling.
Mi sporsi leggermente verso di lei, non abbastanza perché i nostri nasi si toccassero, ma abbastanza perché il mio fiato caldo sfiorasse il suo orecchio. La sentii rabbrividire quasi impercettibilmente. Feci un mezzo sorriso.
-Metti in moto il cervellino, bella, non ci possono poi essere molte ragioni, non credi?
Iniziai a camminare verso la porta, ma la sua mano sul braccio mi fermò. Era la prima volta che mi toccava, da quelle battute di mano di tre anni prima. Riuscii a reprimere un brivido, ma la sensazione fu comunque forte. Ero incredibilmente consapevole della sua mano sulla mia pelle.
Il suo sguardo era quasi ipnotico. Non riuscivo a distogliere gli occhi.
-A che gioco stai giocando tu?
La sua espressione imbarazzata e allo stesso tempo ferma. Era una delle poche persone che conoscevo che riusciva ad apparire forte e decisa con le guance rosse. Il timbro della sua voce si era leggermente alzato, rispetto al tono sommesso che aveva adottato per tutta la durata della nostra conversazione. Non mi era mai sembrata così bella come in quel momento.
Sorrisi cripticamente.
Adoro avvolgermi di quell'alone di mistero che inevitabilmente scompare una volta conosciuta la mia personalità. Per questo, quando posso, sfrutto un po' dell'aura di suspense che rimane, data dai miei capelli biondicci e dallo sguardo castano chiaro sempre un po' diretto verso un qualcosa d’indefinito in lontananza. E' uno sguardo profondo, se visto dall'ottica di una persona che non li ha mai visti ridere. Una volta una ragazza mi disse che dopo aver visto i miei occhi ridere le era impossibile guardarli ancora senza sorridere almeno per un secondo. Pensai fosse uno dei complimenti più belli che mi avrebbe mai potuto fare.
Ma l'aria misteriosa resterà sempre il mio pallino.
Mi liberai gentilmente della sua mano e mi scostai un ciuffo di capelli dal viso.
-Forse non sto giocando.
Non rimasi lì ad aspettare la sua risposta o a vedere la sua espressione.
Uscii velocemente dal bagno e raggiunsi la classe in un batter d'occhio. Sapevo che mi stava osservando. Sapevo che non sarebbe finita lì. Avevo attirato la sua attenzione.
Mentre chiudevo la porta della classe e mi sedevo al mio posto, un sorrisetto si fece strada lentamente sul mie labbra.
Il gioco era appena iniziato.
Dopotutto, mi era sempre piaciuto stare al centro dell'attenzione.

[coming up:
II.Attraction]
  
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