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Autore: ellephedre    08/11/2009    9 recensioni
Storia dedicata alla coppia Rei/Yuichiro e alla loro complessa, divertente e romantica interazione. Il loro incontro, la gita in montagna con tutte le ragazze, l'antefatto di quella frase finale di Rei ('Hai ragione, Usagi. Avrei dovuto dare un bacio a Yuichiro'). Poi la rinascita di lei, accorgersi di avere una seconda occasione ma non volerla cogliere, perché lui non è assolutamente adatto. O sì?
Questa raccolta coprirà tutte le cinque serie, raccontando di momenti legati a episodi che già conosciamo o di altri completamente inventati.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rei/Rea, Yuichiro/Yuri | Coppie: Rei/Yuichiro
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima serie, Seconda serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Oltre le stelle Saga'
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Ovviamente ... impossibile?

 

Note: questo è ... un esperimento? :)

Andando avanti con l'altra mia fanfic (Verso l'alba) mi rendevo conto che avevo in mente tutta una serie di comportamenti o momenti che potevano essere accaduti tra Rei e Yuichiro nei quattro anni precedenti a quella fanfic. Così ho deciso di parlarne; mi è venuto l'impulso e non sono riuscita a fermarlo :)

Per ora c'è solo la prima parte del primo episodio che ho in mente, ovvero una mia interpretazione di quanto successo nell'episodio 30 della prima serie, quello in cui appunto arriva Yuichiro al tempio.

Dopo aver finito di parlare dell'incontro tra Rei e Yuichiro, mi piacerebbe per esempio raccontare l'episodio 98 (terza serie, quella in cui Yuichiro credeva che Rei se la intendesse con Haruka e perciò stava andando via dal tempio). Non escludo la possibilità di fare espliciti riferimenti ad altri episodi (o interpretarli, come ho fatto con questo), però la mia intenzione è quella di creare nuovi momenti e raccontarli, specie in riferimento ai due anni per cui c'è un vuoto nella saga di Sailor Moon che sto creando (ovvero, tra la fine di Sailor Stars e 'L'indole del fuoco').

In ogni caso, scriverò questa storia senza darmi alcuna scadenza, quando avrò tempo e soprattutto ispirazione. Penso che così verrà anche meglio; inoltre i singoli capitoli (con l'esclusione di questo) sarebbero episodi a se stanti, quindi dovrebbe funzionare :)

Il titolo fa riferimento a quello che credo sia sempre stato il pensiero di Rei con riferimento a Yuichiro ... per lei era ovviamente impossibile che tra loro potesse esserci mai una relazione. Cio ... non proprio, però... :D

Spero che la fanfiction vi piaccia. Ciao a tutti!

Ovviamente... impossibile?

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. Essi sono esclusiva proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation Co. Ltd

 

Episodio 1 - INCONTRARSI - Prima parte

 

Meditare davanti al fuoco non stava portando ad alcun risultato.

Eppure Rei non poteva fare a meno di continuare a rifletterci: i sette cristalli dell'arcobaleno. Lei e le altre dovevano raccoglierli per trovare il cristallo d'argento, secondo le informazioni di Luna.

Un videogiocatore incallito, un prete cristiano, uno studente capace di predire il futuro, una pittrice, la fidanzata di Motoki... Apparentemente ,non c'era nulla che accomunasse quelle persone, se non il fatto di custodire dentro di sé un frammento del cristallo dell'arcobaleno.

Fino a quel momento lei e le ragazze ne avevano recuperato solo uno; altri tre erano in mano al nemico, mentre uno l'aveva Tuxedo Kamen. Lui era sempre accorso in loro aiuto, ma desiderava per sé i cristalli dell'arcobaleno e aveva chiarito ad Usagi che era disposto a combattere contro di loro pur di impadronirsene.

Purtroppo non c'era molto altro da fare se non aspettare l'apparizione dei soggetti coi frammenti mancanti, per quanto quel giorno Luna avesse detto che, forse, presto sarebbe stata in grado di elaborare un sistema per identificare quelle persone - un metodo diverso dal semplice segnale emesso dallo scettro lunare.

Rei alzò gli occhi al soffitto.

Aveva pensato di ricavare qualcosa dalla preghiera davanti al sacro fuoco, ma i risultati erano stati risibili.

Era valsa comunque la pena di fare un tentativo: la ricerca dei frammenti era un obiettivo troppo importante per loro e-

In aria, fuori, si librò un urlo.

Quello era suo nonno!

Si precipitò fuori dalla stanza, nei corridoi. Uscì di casa, correndo fino ad arrivare nel piazzale del tempio: l'urlo era venuto da lì.

Nel buio scorse una piccola figura incurvata su se stessa.

Era il nonno!

In aria Phobos e Deimos gracchiavano impazzite, fendendo l'aria.

Non c'era tempo per pensare a loro. «Nonno, stai bene?!» Gli appoggiò le mani sulle spalle, sorreggendolo. «Cosa ti è successo?»

Lui se ne stava rannicchiato e dolorante.

Perché si stringeva il petto?

A poca distanza da loro, qualcuno sbadigliò.

Rei sollevò gli occhi e vide un paio di braccia che si stiracchiavano sopra le scale che portavano all'entrata del santuario.

«Ma chi disturba?» A parlare era stato un uomo. «Quanto rumore...»

Fantastico: un altro senzatetto che scambiava il loro tempio per il luogo del riposino serale.

Rei sospirò e gettò uno sguardo a suo nonno: lui aveva smesso di lamentarsi, forse stava meglio. Adesso lei mandava via lo scocciatore e portava suo nonno dentro a riposare. Affilò la voce e si risolve all'estraneo. «Dovrei chiederti io chi sei. Lì non si può dormire.»

Il tizio si girò. Più che un uomo era un ragazzo, ma non faceva differenza: senzatetto era e senzatetto restava, e loro non erano un centro di assistenza.

«Mi hai sentito?» gli ripeté.

Lui non parlava, era rimasto imbambolato a fissarla. Era sordo? 

Dalla bocca aperta gli uscì il suono di un respiro mozzato, incomprensibile. Rei si ritrasse quando il tizio si gettò davanti a loro in ginocchio.

«Io-... Io mi chiamo Yuichiro Kumada!» Il ragazzo fece sprofondare la testa fino al pavimento. «Per favore, signore, mi prenda come apprendista!»

Che cosa?

Suo nonno balzò in avanti. «Ma certo!»

CHE? «Nonno, sei impazzito? Non lo conosciamo nemmeno!» E da dove aveva tirato fuori lui tutta quell'energia? Fino a poco prima stava male!

Il ragazzo saltò in piedi e questa volta si rivolse a lei, la testa chinata. «Io-... io posso promettere che non sono un criminale, o... una cattiva persona. Voglio dire... sì, voglio solo stare qui, voglio fare l'apprendista!»

Suo nonno iniziò a saltellare in tondo. «Sì sì, ho già detto di sì! Non c'è nessun problema!»

«Nonno!» Lui era fuori di testa, da quando canticchiava? «Finiscila di muoverti e sta' fermo!» Lo afferrò per le spalle. «Non possiamo prendere un apprendista! Dovrebbe stare in casa con noi-»

Suo nonno fece scattare le braccia al cielo. «Abbiamo un mucchio di stanze libere!» Scoppiò a ridere. «Non c'è nessunissimo problema!» 

Il problema c'era eccome! Quell'estraneo avrebbe dormito sotto lo stesso tetto in cui dormiva anche lei! «A me non sta bene per niente invec- EHI!» Suo nonno era corso via!

Iniziò ad andargli dietro, ma si fermò dopo un passo. «Senti, tu! Non è ancora stato deciso niente, resta fermo qui!»

Ma il ragazzo non la stava più guardando; aveva gli occhi fisso oltre le sue spalle. «Credo... che stia cercando di buttare giù la porta.»

Rei si voltò: il nonno era ammattito!

Si precipitò verso di lui. «Nonno! Che ti è preso?!» Cercò di bloccarlo. «Calmati, finirai col farti male!»

Lui continuava a dimenarsi. «È colpa di questo stupido legno, non mi fa entrare!» Si liberò dalla sua presa e si scagliò contro la porta, sbattendoci contro come un peso morto.

«Nonno! Ora basta!» Così si fratturava qualcosa!

«Lo tengo io.»

Il tipo di prima avvolse suo nonno tra le braccia, bloccandolo.

Rei trattenne in gola un sospiro di sollievo. Almeno il tizio si stava rendendo utile.

«Lasciami, lasciami!» Suo nonno continuò a dimenarsi anche nella stretta del ragazzo, ma non riuscì più a fare altri danni.

Rei arrivò rapidamente a una conclusione. «Per favore, aiutami a portarlo dentro. Provo a dargli qualcosa per calmarlo.»

Scostò la porta facendosi strada nell'ingresso, con la testa già dentro il cassetto delle medicine. 

«Ehm...» Il ragazzo entrò dietro di lei e si schiarì la gola. «Ti aspetto qui con lui?»

La scocciava far entrare un estraneo in casa, ma in quel momento non aveva alternative. Lui comunque non sembrava un criminale. «No, portalo in salotto. È da quella parte.» Indicò la direzione col braccio alzato. «Vado a prendergli qualcosa.»

Non badò più a nessuno dei due e corse verso la stanza di suo nonno. Recuperò in fretta un sonnifero e tornò di corsa in salotto.

Il tizio se ne stava in piedi in un angolo, con suo nonno tra le braccia che urlava assurdità.

«Mollami, mollami! Devo andare a combattere la malvagità di questo mondo!»

Era completamente partito.

Lei corse in cucina a riempire d'acqua un bicchiere. Tornò indietro il più velocemente possibile «Nonno, prendi questa pillola con un po' di acqua.»

«È un veleno, non la voglio!»

«Macché veleno, ti farà stare meglio! Devi mandarla giù!» Cercò di avvicinargli la pastiglia alla bocca, ma lui la allontanò con una manata.

«Non la voglio, ho detto!»

Il ragazzo lo abbassò a terra, continuando a tenerlo fermo. «Non è un veleno, signore. La farà diventare più forte.»

«Perché non me l'avete detto subito?!» Il volto rugoso di suo nonno si fece rosso d'ira. «Dammelo, Rei!»

Lei sospirò, porgendogli la pastiglia. Suo nonno si liberò dalla presa dell'estraneo, le strappò il bicchiere d'acqua di mano e ingoiò il sonnifero. Un secondo dopo crollò a terra.

«Nonno!» Corse a inginocchiarsi accanto a lui. «Mi senti, stai bene?!»

«Forse sta solo... dormendo?

Come no, si era addormentato un istante dopo aver preso il sonnifero. «Fa' silenzio, per favore.»

Toccò la fronte madida di suo nonno. Lui continuava a respirare e la sua temperatura corporea sembrava normale. Anzi, forse lui era persino un po' freddo. Come mai stava sudando, allora?

Gli era successo qualcosa, ma cosa?

Almeno adesso si era calmato. «... Lo metto a dormire.» Lo avrebbe controllato per diverse ore. Di uno stato simile non si fidava.

Il tizio tornò in piedi. «Certo. Io... tolgo il disturbo.»

Oh? Era proprio ciò che era stata sul punto di suggerirgli. «Sì. Grazie per il tuo aiuto.»

Lui annuì con aria mesta. Si diresse verso l'uscita.

Chissà se...?

«Aspetta.» In fondo quel ragazzo era stato gentile. «Per caso hai un posto dove dormire?»

«Ecco... no, oggi no. Ma posso trovarlo, non ti devi preoccupare.»

Mandarlo a dormire in strada dopo che lui l'aveva aiutata le sembrava meschino. Era meschino. «Ascolta... Se per te va bene, posso aprirti una stanza del tempio. Puoi dormire lì, se vuoi.»

Lui tentennò.

Cos'è, per caso pretendeva che gli offrisse una delle stanze della casa? Manco per sogno!

«Certo, io- grazie. Grazie per la tua gentilezza.»

Hm. «Aspetta qui, devo portare mio nonno nella sua stanza.»

«Posso aiutarti io... Se vuoi.»

Be', già che c'era, poteva sfruttarlo: nonostante la mole ridotta, suo nonno pesava. «Va bene.»

Si scostò per fargli spazio. Lui si avvicinò e prese suo nonno in braccio.

Si alzò anche lei. «Da questa parte.» Uscì sul corridoio, diretta verso sinistra. A metà strada, le tornò in mente che non sapeva nemmeno il nome della persona che aveva fatto entrare in casa. «Com'è che ti chiami tu?»

«Yuichiro Kumada.»

Be', almeno nel pronunciare il suo nome lui non esitava; in generale non le sembrava un ragazzo molto sicuro di sé. D'altronde, se lo fosse stato, difficilmente sarebbe finito a dormire in giro per la città.

Bah, la storia della sua vita non le interessava. «Ecco.» Nella stanza di suo nonno, indicò il futon steso a terra. «Posalo qui, per favore.»

Lui fece come gli era stato detto e lei si abbassò a rimboccare le coperte a suo nonno. Per essere sicura, gli posò di nuovo un palmo sulla fronte... Sì, sembrava ancora tutto a posto.

Sbuffando, si diresse ad un cassetto e tirò fuori le chiavi del tempio. «Seguimi. Ti indico dove puoi dormire.»

«... va bene.»

Il tizio non disse altro nell'intero tragitto dalla casa al santuario.

Era davvero uno strano ragazzo, pensò lei. Forse avrebbe dovuto essere più prudente in sua presenza, visto che era un estraneo saltato fuori dal nulla, ma... no, non lo temeva minimamente. Il suo istinto non la tradiva. Avevano avuto solo un altro apprendista uomo in tutti quegli anni e a lei non era piaciuto sin dal primo momento che lo aveva visto. Difatti si era trattato di uno dei nemici, Jadeite. Per fortuna lui non aveva mai accennato all'idea di dormire nel loro tempio.

Infilò le chiavi nella serratura di una delle stanze posteriori del tempio. Era completamente spoglia, per cui, se si fosse sbagliata su quel ragazzo, non c'era comunque niente in giro che lui potesse rubare.

Premette l'interruttore accanto alla porta. L'unica luce della stanza si accese, diffondendo un debole bagliore giallo. «Ecco. Se ti va bene, ho questo posto.»

«Certo.»

Lui entrò e appoggiò a terra una sacca che aveva conosciuto giorni migliori. I suoi vestiti non erano niente di speciale, ma la giacca e i pantaloni di jeans blu sembravano quasi nuovi. Potevano essere tanto il dono di un centro di assistenza quanto il frutto di qualche giorno di lavoro. Certo che, se lui aveva lavorato di recente, non aveva usato i soldi per andare a tagliare i capelli: li aveva lunghi fino alle spalle.

Il ragazzo le rivolse un mezzo inchino. «Grazie.»

«Sì.» Ma era importante chiarirgli una cosa. «Puoi stare qui fino a domattina. Come avrai capito, mio nonno non era in sé quando oggi ha accettato la tua offerta. Perciò non se ne farà niente.»

Lui chinò il capo, affranto. Accennò a dire qualcosa, ma si zittì da solo. 

Lei detestava le persone tanto deboli. «Perché mai vuoi diventare un apprendista, poi? È un mestiere senza futuro. Anzi, non è nemmeno un mestiere!»

«A me... sembra una buona occupazione. Mi piace l'idea di poter stare in un posto come questo, a... pregare.»

Lei roteò gli occhi al cielo. «Alla tua età faresti meglio a trovarti un lavoro serio.»

«... ho solo diciotto anni.»

Diciotto? Gliene avrebbe dati almeno quattro o cinque di più: la massa di capelli scuri e l'accenno di barba non aiutavano. Bah. «Buon per te. Devo dirti lo stesso che questa storia non approderà a niente. Anche se mio nonno insistesse, io non sono d'accordo.» Incrociò le braccia. «Viviamo da soli io e lui in casa e non ho intenzione di condividere uno spazio tanto personale con altra gente.» Finì di dirlo e deglutì.

Oh, maledizione! Non era furbo far sapere ad un estraneo che si viveva da soli in casa col proprio nonno! Specie mentre il nonno in questione era svenuto.  «Ecco...»

«Posso capirti» la interruppe lui. «Penso sia normale non voler vivere con... altre persone.» Accennò a sorridere. «Forse non avresti dovuto dirmi che stanotte sarai sola in casa, ma io» sbatté le mani davanti al petto, «non sono un criminale, davvero. Me ne starò qui buono per tutta la notte. Se ti fa stare più tranquilla, chiudi pure a chiave tutto quanto. Anzi, dovresti farlo sempre.»

«... va bene.» Rei lo valutò, perplessa. «Allora... resta per il tempo che ti serve. Quando vuoi andare via, lascia pure aperta questa porta.» Si voltò e fece per uscire. «Grazie per avermi aiutato con mio nonno.»

«Di niente.»

Era la decima volta che quel ragazzo chinava la testa nel giro di pochi minuti.

Come aveva fatto a convincersi che lui potesse farle del male? Quel tizio era inoffensivo. «Ti auguro di dormire bene. E se non ci vediamo più...» Alzò le spalle. «Buona fortuna per tutto.»

Lui si aprì in un sorriso enorme. «Grazie.»

Hm. Non solo era inoffensivo, forse era persino un bravo ragazzo.

«Ciao» lo salutò.

Chiuse la porta dietro di sé e tornò in casa.

  


 

 «Reiii! Dove sono le mie uova?!»

Che mattinata infernale! «Eccotele!» Buttò la ciotola della colazione davanti a suo nonno. Senza degnarla di uno sguardo, lui iniziò a mangiare voracemente.

Rei si sedette. «Adesso devi spiegarmi cosa ti è successo ieri sera!» 

«Ma di che parl-?» La parola sparì tra i denti che macinavano cibo. «Sto benf-issimo!»

L'appetito senza dubbio era tornato «Sentiamo, per caso oggi cercherai ancora di distruggere la porta?»

«Quando mai ho fatto una cosa del genere?»

«Ieri!»

«Hai fatto un brutto sogno, nipote.»

Certo, come no. «Vuoi dire che non ricordi neanche il ragazzo che voleva fare l'apprendista qui da noi?»

«Quale ragazzo?»

Rei sbuffò, trattenendo il nervosismo. «Guarda, se ti senti bene, lascio perdere!»

«Sono in forma smagliante! Vado a fare una corsa intorno al santuario!»

Una corsa?

Suo nonno alzò un pugno in aria. «Le corse fanno bene alla salute!»

«Alla tua età non credo, e poi-»

«Ho appena sessant'anni! Non offendermi mai più in questo modo!»

Veramente gli anni erano sessantacinque. E da quando parlargli della sua età equivaleva ad offenderlo?

Lui non le lasciò il tempo di rispondere. «Ho finito, vado a fare la mia corsa!»

«Aspetta! Dopo mangiato non-!»

Lui era già andato via.

Fumando di rabbia, a Rei non restò altro che sparecchiare.

Un quarto d'ora dopo aveva indossato la tunica e l'hakama tradizionali.

Si diresse al tempio.

Sarebbe toccato a suo nonno gestire i visitatori, ma quel giorno lei si aspettava a stento di trovarlo ancora in forze dopo la pazzia che gli era venuta in mente.

Come prima cosa, doveva andare a recuperarlo.

Il bosco intorno al santuario era grande, perciò, se davvero lui stava correndo, ci avrebbe messo un po' a individuarlo.

Preferì controllare qualcos'altro, prima.

Nella stanza posteriore del santuario trovò ciò che si era aspettata: nessuno.

Già.

Buona fortuna, allora.

Era il momento di cercare suo nonno.

Serrò con cura la porta dietro di sé e si diresse verso il piazzale.

Vagò con lo sguardo nei dintorni, cercando una massa bianca e azzurra nella macchia della vegetazione intorno al tempio. Se lo avesse individuato a vista, si sarebbe risparmiata una fatica che si preannunciava immensa.

«Buongiorno.»

Si voltò di scatto verso le scale.

Ah. Il tizio era ancora lì. «Ciao. Come mai sei tornato?»

Con la luce del giorno il ragazzo sembrava più giovane della sera prima, ma non per questo dall'apparenza meno disordinata.

Lui abbassò lo sguardo per un momento, facendolo passare ripetutamente da lei al suolo. «Io... pensavo di propormi di nuovo a tuo nonno, se oggi sta meglio.»

Fantastico, sbuffò lei.

«Perdonami se ti infastidisco.» Il ragazzo si massaggiò la nuca con una mano. «Ma non ho cattive intenzioni. Se tuo nonno mi accetta, starò tutto il tempo nel santuario, anche di notte. Non ti recherò alcun disturbo.»

Tutto il tempo nel santuario? Almeno aveva spirito di abnegazione. «Se volevi incontrare mio nonno, perché sei andato via?»

«Per questo.» Lui le mostrò un sacchetto di carta. «Sono andato a prendermi qualcosa per fare colazione.»

«Fate laargoooo!»

Suo nonno passò sparato in mezzo a loro, in piena corsa e col braccio alzato. Il sacchetto fermo a mezz'aria finì a terra.

Rei spalancò la bocca. «Nonno! Torna immediatamente qui!»

«Manco per sogno!» Lui smise di correre e prese a saltellare in giro.

«... si comporta sempre così?»

Rei si voltò verso... Yuichiro, se ricordava bene. «Per niente.» Osservò il disastro a terra: sul lastricato si era rovesciato un mucchio di caffè. «Mi dispiace. Troverò il modo di rimediare. Devo solo-» Sbuffò esasperata. «Devo solo prendere quella minaccia ambulante e poi pulire qui! Prometto che ti risarciremo.»

«Posso recuperarlo io, se vuoi.»

Oh. Era un'ottima soluzione. Almeno per quello, lei non avrebbe mosso un dito. «Se puoi farlo, ti ringrazio.»

Lui le mostrò un sorriso felice. «Vado e torno!» Scappò via.

Cos'era tutto quell'entusiasmo? Forse quel ragazzo non aveva il cervello più a posto di suo nonno in quel momento.

Si trattenne dallo scuotere la testa e si diresse verso lo sgabuzzino dello scope.

Recuperò uno straccio bagnato. Odiava sporcarsi le mani, specie con quel freddo, ma odiava ancora di più le macchie che poi non venivano più via.

«L'ho preso!»

Si voltò, incredula. Di già?

«Mi ha preso!» Gioì suo nonno, in braccio a Yuichiro. «Mi ricordo di lui, è l'apprendista!»

«È quello che voleva diventare apprendista, sì. Gli hai rovesciato per terra la colazione!» E l'aveva fatto pure apposta!

«E che problema c'è? Può fare colazione in casa, in fondo è il mio apprendista.»

Di nuovo con quella storia. «Tu adesso non sei in grado di decidere nulla, perciò ascolti me-»

Suo nonno balzò al suolo. «No, tu ascolti me, Rei! Questa è casa mia e comando io!»

«Sì, ma-»

«Abbiamo bisogno dell'aiuto di qualcuno! Io e te non possiamo fare tutto da soli!»

Sì, ogni tanto le risultava pesante passare i suoi pomeriggi a badare al tempio, però-

«Guarda un po'!» sbraitò lui. «A causa della montagna di impegni, non posso nemmeno farmi una corsetta in santa pace!»

Ecco, appunto. Suo nonno non era ancora sano di mente.

«Ora continuo a correre! Non fermatemi più, prrr!»

Una... linguaccia? Lui corse via.

Rei arrossì. «Ecco, non... Non fa così di solito, sul serio.» Guardò per terra, costernata. «Comunque adesso pulisco qui e poi ti offro qualcosa da mangiare.» A quel punto si sentiva in colpa per averlo costretto ad avere a che fare con suo nonno in quello stato.

«Ah... grazie. Per la colazione. Ma-» Il ragazzo si avvicinò di un passo. «Se vuoi, posso pulire qui io. A me basta solo un po' di latte in un bicchiere di plastica.» Tirò su il sacchetto mezzo distrutto, madido di caffè. «Qui si è salvato un dolce che avevo comprato.»

Rei rilasciò un lungo sospiro. «Se puoi pulire qui, ti ringrazio. Dopo però vieni dentro, ti offro una colazione come si deve. Vado a prepararla.» Iniziò ad andare.

«Ma se è un disturbo-»

Lei piantò i piedi a terra e si girò. «Non lo è, mi disturba solo tanta gentilezza da parte tua! Lascia che ricambi almeno in questo modo!»

«... va bene.»

Oh! Finalmente si era evitata ulteriori ringraziamenti. Momentaneamente soddisfatta, imboccò la strada di casa.

«Senti... Visto che mio nonno al momento non ha le rotelle a posto e può darsi che continui con questa storia dell'apprendistato ancora a lungo, vorrei farti io qualche domanda.»

Il ragazzo annuì. Finì di masticare e appoggiò le bacchette sul tavolo. «Certo.»

Rei si accigliò. «Non è un colloquio, non è necessaria tanta formalità. Continua pure a mangiare.»

«Va bene.»

Quel tizio diceva sempre sì a tutto, era senza speranza. «Allora... ti chiami Yuichiro Kumada e hai diciotto anni. Hai...» Che cosa poteva chiedergli?... Ecco. «Hai altre esperienze lavorative?»

Lui annuì. Deglutì e poi parlò. «Ho lavorato in diversi posti. Ho scaricato la merce al porto, ho fatto il cameriere, ho lavorato anche come muratore.» Ridacchiò, finendo di elencare con le dita. «Ma non ero molto bravo.»

Hm. «E perché non vuoi più lavorare come hai fatto fino ad ora?»

Lui iniziò ad osservarla, ma forse era solo una sua impressione: i capelli gli coprivano la fronte e lei on riusciva quasi a vedergli gli occhi. 

Notando che lo guardava, Yuichiro abbassò la testa. «Questo posto sembra molto pacifico e io... è da un po' che pensavo di tentare un mestiere nuovo. Mi piacerebbe aiutarvi qui come posso, mentre cerco di capire se questa... è una vita che può essere adatta a me.»

Non era una motivazione malvagia. Comunque, doveva avvertirlo. «Sai già, giusto, che qui dovresti fare molto e ricevere poco? Forse mio nonno non sarà nemmeno disposto a pagarti.»

«... per un po' di tempo non avrebbe importanza.»

Non aveva importanza ricevere denaro? «Senti, forse è una domanda personale, ma... Hai pensato ad un lavoro come questo per avere vitto e alloggio gratis?»

Lui chiuse le bacchette dentro la bocca, smettendo di mangiare. Masticò quello che rimaneva e scosse la testa. «No, potrei trovare un'altra sistemazione. Né il vitto né l'alloggio sono un problema per me.»

Lei non ne era convinta. «Allora perché dormivi sulle scale del nostro tempio, ieri?»

«Si stava bene. Ho pensato di schiacciare un pisolino.» Gli uscì una risata sciocca.

Quel ragazzo non era molto sveglio.

La risata si fermò. «Ehm... cosa potrei fare oggi?»

Rei tornò a guardarlo, spostando gli occhi dal muro. «Non lo so, di questo devi parlare col nonno. Ma se ti chiede cose troppo strane, vieni da me prima.»

Lui annuì con decisione, riprendendo a mangiare.

Be', non aveva altro da domandargli; lo avrebbe volentieri lasciato mangiare da solo se non fosse stato che lui era una specie di ospite in quel momento.

Trattenne un sospirò: l'idea di averlo in giro per casa non l'attirava per niente. Avrebbe significato rinunciare al confort che si concedeva solo in assenza di estranei. Non era affatto disordinata o meno educata quando stava da sola con suo nonno, tuttavia... Uffa, un estraneo l'avrebbe scocciata e basta.

«Ah... Rei-san, giusto?»

Capì di non avergli trasmesso un'informazione molto importante. «Sì. Mi chiamo Rei Hino.» E gradiva molto che lui avesse usato il san, nonostante fosse più grande di lei. Formalità e rispetto erano buone basi per interagire tra loro.

«... è da molto che lavori come miko?»

Fortuna che doveva lasciarla in pace. «Non lavoro come miko. Questo è semplicemente il tempio di mio nonno e io lo aiuto.»

Lui si strinse nelle spalle.

Perfetto: doveva capire che le confidenze erano fuori luogo.

«... chiedevo solo per sapere se... potevi descrivermi meglio il lavoro del tempio...»

Oh. Magari era stata troppo acida. «Be'... abbiamo un recinto di galline nel cortile di casa. Assieme a mio nonno do loro da mangiare ogni mattina; dei corvi del santuario invece mi occupo da sola. Principalmente... c'è molto da pulire. Inoltre, quando possiamo, accogliamo i visitatori e vendiamo talismani.» Hm... se ci fosse stato qualcuno di più presente al bancone del tempio, forse il loro santuario avrebbe ricevuto più visite.

Lui tenne gli occhi fermi sulla ciotola mezza vuota. «Grazie.»

Era ancora pentito per la domanda che le aveva fatto. Che ragazzo poco deciso.

«Mio nonno ti comanderà come più gli pare e piace se non tiri fuori un po' di carattere.»

Lui sorrise a malapena e scrollò piano le spalle.

Incredibile. «Dimostro più tempra io che ho quattordici anni che tu in- ehi!» Si sporse oltre il tavolo: quello si stava strozzando col cibo!

Fece per colpirlo sulla schiena, ma non fu necessario: lui si batté con forza il petto e tornò a respirare normalmente. «Q-quattordici

Eh? «C'è qualche problema con la mia età?»

Lui aprì la bocca, ma invece di dire qualcosa buttò in avanti la testa. «... sembri più... grande.»

«Davvero?» Quello sì che era un complimento.

«Sì.» Lui la guardò di sottecchi. «Credevo avessi sedici anni... almeno.»

Lei sorrise soddisfatta. «Già, non sono molte le ragazze che hanno la mia maturità.» Le bastava pensare ad una certa guerriera dalle lacrime facili.

«Ragazzo!»

L'urlo li fece sobbalzare entrambi.

Suo nonno apparve all'entrata del salotto, frenando una scivolata. «Ancora lì a poltrire?! Abbiamo un mucchio di cose da fare, datti una mossa!»

Rei scattò in piedi. «Nonno, che maniere sono queste?!»

«Quelle che si devono usare con un apprendista!» Lui indicò l'altra parte del tavolo col dito puntato. «Se non vieni con me adesso, puoi dire addio al posto!»

Yuichiro balzò in piedi, lasciando cadere le bacchette sul tavolo. Poi... rimase a fissare lei, mordendosi le labbra.

Be'?

«Scattare!» urlò suo nonno, sparendo nel corridoio.

Yuichiro si irrigidì di colpo. «Arrivo!» Fu lesto ad obbedire e gli corse dietro.

... ancora un po' e faceva il saluto con la mano, come un bravo soldatino.

Rei osservò la ciotola e il bicchiere abbandonati sul tavolo. Rassegnata, sparecchiò per la seconda volta quella mattina.

   

Quella sera bussò alla porta della stanza sul retro del santuario.

«Entra pure.»

Rei fece scorrere la porta di shoji. «Ciao.»

Yuichiro si alzò e si profuse in un mezzo inchino. «Rei-san.»

«E così, sei ancora qui.»

Lui si portò una mano dietro la testa. «Ah... Ttuo nonno ha detto che potevo dormire dove volevo. Siccome questa stanza era ancora aperta...»

«Non mi riferivo a quello.» Alzò gli occhi al cielo. «Mi stupisco che tu sia ancora qui da noi. Mio nonno continua a comportarsi in modo strano. Non deve averti affidato alcun compito normale.»

«Ecco...» Lui esitò. «Abbiamo estirpato le erbacce dal vostro cortile. E in parte del bosco.»

Eh?! «A mani nude?!»

Yuichiro annuì.

Ma che cosa aveva in testa il nonno? Per quel tipo di lavoro di solito chiamavano una ditta specializzata! «E ancora non ti sei demoralizzato?»

«È come avevo pensato. Il vostro tempio è davvero un posto di pace.»

Il complimenti la zittì. Molti avrebbero definito il loro santuario un posto noioso, senza riuscire a comprenderne la vera qualità. «Grazie.»

«È la verità.»

Rei si sporse verso il corridoio, a prendere quello che si era portata dietro. Con un ultimo sforzo posizionò il grosso involucro di plastica all'interno della stanza. «Questo è un futon di mio nonno. È pulito. Puoi usarlo stanotte.»

Sorpreso, Yuichiro si avvicinò. «Grazie mille, ma-... No, posso usare il sacco a pelo che ho qui. Il futon si sporcherebbe su questo pavimento.»

«Non si sporcherà. Avevo pensato che avresti dormito ancora qui stasera, perciò ho pulito questa stanza.»

... e ora perché lui rimaneva a fissarla?

Non era un atteggiamento molto educato. «Che c'è?!»

Lui sobbalzò. «Niente. Grazie ancora.» Si avvicinò fino a prenderle l'involucro di mano.

Rei annuì. «Se domani mio nonno ti propone ancora cose folli come quella di oggi, vieni da me questa volta. Non ti chiederebbe niente del genere in condizioni normali.» Anzi, tutte quelle stranezze cominciavano a preoccuparla. Erano iniziate proprio il giorno prima, dopo che lo aveva sentito urlare.

Aveva tentato di chiedere nuovamente a suo nonno cosa fosse accaduto, ma, ancora una volta, lui aveva sostenuto di non ricordare niente.

«... ci tieni molto.»

Sollevò gli occhi. «Come?»

«A tuo nonno.»

Certo. «Mi ha cresciuta sin da quando ero bambina. Ha sempre avuto una salute di ferro e finora... Finora è sempre stato bene.» Scrollò le spalle, cercando di mostrare sufficienza. «Me ne prenderò cura e tornerà tutto a posto.»

«Ne sono certo.»

Sentirlo dire a qualcun altro fu fonte di inaspettato conforto. «Bene. Allora ti auguro la buonanotte.» Si allontanò verso la porta. «Visto che dormani sarai ancora qui...» Sorrise. A pensarci bene, tanta tenacia era quasi... tenera. «Be', oggi ti dico solo... a domani.» 

«A domani, Rei-san.» Lui sollevò in aria il futon, mostrandoglielo con un sorriso. «E grazie!»

Lei finì di salutarlo con un cenno della mano, quindi chiuse la porta dietro di sé.

Persone come Yuichiro potevano essere poco sveglie e non molto intelligenti, ma erano sempre felici, un po' come i bambini.

A suo modo, anche quella era una qualità apprezzabile in un essere umano.

  


   

La mattina successiva si alzò verso le nove, come ogni domenica.

Doveva preparare la colazione per lei e suo nonno; per fortuna, toccava farlo a lei solo nei fine settimana. In fondo lei andava a scuola e suo nonno si svegliava abitualmente molto presto, perciò l'aveva abituata a farle trovare sempre pronto qualcosa da mangiare. I weekend erano l'eccezione alla regola.

Mentre si dirigeva in cucina, percepì un profumo invitante provenire da quella direzione.

Quando entrò in salotto, vide Yuichiro seduto attorno al tavolo basso. Lui balzò in piedi, spegnendo la televisione. «Buongiorno, Rei-san!»

Lei corrugò la fronte. «Tu cosa ci fai qui?»

«Ecco... Tuo nonno è uscito per una commissione. Mi ha chiesto di badare alla colazione. Io e lui l'abbiamo già fatta, perciò mancavi solo tu. Vuoi che ti serva?»

Rimase interdetta. «Hai... preparato da mangiare?» 

Yuichiro annuì. «Non sono molto bravo, ho preparato qualcosa di semplice. Oltre al riso c'è un po' di zuppa di miso, della carne e dei tramezzini.» Ridacchiò. «Non so se mi sono venuti bene, li ho riempiti con quello che ho trovato in frigo.»

A pensare per lei fu il suo stomaco. «Oh... Sì, se è pronto, mi piacerebbe mangiare.»

«Perfetto!» Yuichiro si diresse in cucina. Poco dopo tornò con un vassoio pieno e perfettamente ordinato. Lo appoggiò sul tavolo. «Ecco a te. Allora vado a pulire il tempio, va bene?»

Ma perché le chiedeva il permesso per caricarsi di altri compiti? «Se non vuoi, non è necessario.»

Lui scrollò le spalle. «Se rimango qui ti disturbo, così invece faccio qualcosa di utile.» Annuì. «Vado. A dopo, Rei-san.»

«... a dopo.» Prima che avesse terminato di dirlo, lui era già sparito oltre l'angolo del corridoio.

Certo che come ragazzo era davvero... servizievole. Non avrebbe potuto fare nulla di meglio per lei: la colazione aveva un aspetto squisito e sì, si sarebbe sentita a disagio a mangiare con lui presente.

Anche se... forse no: Yuichiro sembrava cogliere rapidamente quello che la infastidiva.

Bah, meglio così.

Era le una e mezza passate del pomeriggio e di suo nonno non si era vista neanche l'ombra.

Ma dove diavolo era finito?

Rei si diresse al tempio e, dopo una rapida controllata ai dintorni, incontrò solo Yuichiro, che ramazzava con alacrità il piazzale.

«Mio nonno è tornato?»

Lui scosse la testa. «Non l'ho ancora visto.»

Lei guardò l'entrata del tempio.

Muoversi per la città nello stato di suo nonno poteva non essere prudente, ma non le rimaneva altro da fare che attendere il suo ritorno. Sospirò. «È già pronto da mangiare, lo stavo aspettando.» Si concentrò su Yuichiro. «Tu non hai fame?»

«Un po'» le sorrise lui. «Tra poco vado a prendermi qualcosa.»

In che senso? «Guarda che è pronto anche per te.»

«P-per me?»

Ora perché balbettava? «Sì, per te. Non mi costa niente preparare una porzione in più. Fino a che stai qui, visto il lavoro che fai, puoi mangiare con noi.»

«... grazie.»

Che motivo c'era di arrossire per un'offerta tanto semplice? «Io mangio adesso, altrimenti si raffredda. Vieni pure, se vuoi.»

Lui lasciò cadere la scopa a terra. «Certo!» La raccolse fulmineo. «Voglio dire, metto a posto e vengo!» Corse via.

«... già.»

Cominciava seriamente a pensare che Yuichiro fosse un po' stupido.

Lanciò una nuova occhiata alle scalinata che portava al tempio, trovandola vuota proprio come prima.

Si diresse all'altare delle invocazioni. Dopo aver suonato la campana, congiunse le mani.

Che stia bene e che torni a casa sano e salvo.

Poi lei lo avrebbe sbarrato dentro una stanza, impedendogli di fare altre sciocchezze.

Aprì gli occhi e, voltandosi, trovò Yuichiro che la osservava, fermo a qualche metro di distanza.

Si accigliò. «Non ti hanno insegnato che non è educato fissare le persone?»

Lui si irrigidì. «Mi dispiace! È solo che...» Abbassò lo sguardo. «... Niente.»

Rei incrociò le braccia. «Solo che, cosa? Concludi il discorso.»

«Sono tornato!» Fu un urlo dalle scale.

Le sparì un peso di dosso. «Nonno! Dove sei stato? Ero preoccupata!»

Suo nonno si avvicinò a loro di corsa, buttando qualcosa dritto tra le braccia di Yuichiro. «Sono andato a prendere questo! Ragazzo, ora sei un apprendista ufficiale!»

Eh?

Yuichiro stava tirando fuori da una borsa in tela un lungo lembo di tessuto azzurro. Era... un hakama. E c'era anche una tunica bianca.

«Dove hai preso quella roba?» Era domenica; non poteva esserci nessun negozio specializzato aperto. L'ultima divisa maschile che avevano avuto nel tempio era stata fatta sparire proprio da lei: l'aveva indossata Jadeite e lei non aveva avuto voglia di conservare un indumento impregnato di tanta malvagità.

Il nonno poggiò le mani sui fianchi, fiero. «Me la sono fatta dare dal tempio del mio amico Yoichi.»

Per forza era stato via a lungo: quel posto si trovava dall'altra parte della città.

Tutta quella faccenda dell'apprendistato stava andando troppo oltre per i suoi gusti.

Yuichiro si inchinò a novanta gradi. «Grazie mille signo- maestro.»

Appunto.

Lei fece per esprimere il suo disappunto, ma Yuichiro si affrettò a scuotere la testa. «Non ti preoccupare, Rei-san! Continuerò a dormire nel tempio.»

Iniziò a sentirsi meschina. Tanta gentilezza metteva in cattiva luce qualunque sua rimostranza.

Sospirò e lanciò un'occhiata a suo nonno. «Sembri più tranquillo, sei tornato in te?»

Lui la osservò con occhi innocenti e... normali. «Cosa vuoi dire?»

Le cascarono le spalle. «Nulla. Andiamo a mangiare.»

«Allora? Cosa ti ha fatto fare oggi?»

Rei si mise seduta sul pavimento della stanza del tempio, Yuichiro davanti a lei nella stessa posizione.

Era scesa la sera ed era tempo di fargli un discorso.

«Oggi tuo nonno si è comportato normalmente. Dopo che sei uscita, questo pomeriggio, lui mi ha fatto pulire i pavimenti di tutto il tempio. Abbiamo anche lucidato le scale in pietra dell'ingresso al santuario.»

«Finora non avete pregato una sola volta, suppongo.»

Yuichiro scrollò le spalle, come se la questione fosse poco importante. «Non è ancora arrivato il momento per me di passare a compiti più spirituali. Il maestro non mi ritiene ancora pronto.»

«Gli stai dando più credito di quanto non ne meriti. Mio nonno non ha mai avuto un vero apprendista.»

Yuichiro non commentò. Il suo sembrava per metà assenso e per metà totale indifferenza alla questione.

Rei ormai aveva capito che quello era il suo modo di fare: se c'era da discutere, lui non lo faceva, al massimo ubbidiva.

Un atteggiamento simile in effetti ne faceva un apprendista perfetto.

«Ascolta... Penso di potermi fidare di te. Non so per quanto tempo mio nonno deciderà di farti rimanere qui, ma, se non vieni dalle parti della mia stanza, a me va bene che tu dorma in casa.»

Lui fu così sorpreso per alcuni secondi non disse proprio nulla. Alla fine sorrise, in un modo nuovo, quasi... condiscendente?

«Rei-san... Ti assicuro che io sto bene anche qui. Non devi scomodarti per me.»

La stava trattando come se fosse una... ragazzina. «Non mi scomodo per te! Se te l'ho proposto, è perché mi va bene.» Si alzò in piedi, seccata. «È un'offerta prendere o lasciare. O vieni adesso o, per quel che mi riguarda, puoi startene qui anche per tutto l'inverno!»

«Eh?»

Tanto lui aveva capito benissimo. E se non l'aveva capito, allora era proprio uno stupid-

«Va bene.» Yuichiro scattò in piedi. «Scusami se ti ho fatta arrabbiare, non volevo-»

«Sì, okay. Prendi le tue cose e seguimi.» Tanto lui aveva solo quella sacca sgualcita.

«Arrivo!»

Il tono di completa e totale ubbidienza la calmò. Lui continuò a comportarsi così fino a quando non si salutarono per la notte e questo la convinse di aver preso la decisione giusta. 

 


   

Sdraiato su un futon che conservava ancora un vago odore di detergente, Yuichiro Kumada fissò i quadrati di luce fioca che si stagliavano sul soffitto.

Lo avevano accolto in quella casa perché diventasse un buon apprendista, perciò doveva concentrarsi su quello e non su...

Sospirò.

... Non aveva mai visto una ragazza così bella.

Rei-san non era solo bella, era anche gentile e buona. Gli aveva offerto un tetto sotto cui dormire, probabilmente credendolo un vagabondo. Aveva pulito la stanza dove lui aveva dormito, si era premurata di procurargli un futon pulito, lo aveva invitato alla sua tavola, si era preoccupata di quello che suo nonno gli faceva fare... Tutto questo nonostante lui non fosse che un estraneo per lei. Si era persino scomodata a dargli una stanza nella sua stessa casa, nonostante avesse detestato l'idea appena un paio di giorni addietro.

Non le piaceva essere ringraziata per nessuna di queste azioni, o vederle riconosciute. Lei gli aveva mostrato tanto spesso un'espressione di rimprovero che lui poteva dire di conoscerla a memoria, eppure... anche quando le sopracciglia ad arco si univano sopra gli occhi viola, brillanti e scuri, e le labbra si arricciavano fino a formare una piega infastidita... anche in quei momenti, Rei-san era straordinariamente bella.

Lui aveva cercato di tenere a mente che lei aveva solo quattordici anni, di vedere quella giovane età da qualche parte, ma non ci era riuscito: lei sembrava talmente adulta e matura... Anzi, non lo sembrava solamente, lo era. Aveva certamente più carattere di lui.

Sospirò di nuovo.

C'era una cosa su cui non si faceva illusioni: Rei-san non pensava affatto a lui in quel modo. Lo considerava inferiore a lei e aveva ragione. Lui non era affatto suo pari in quanto a intelligenza e sicurezza di sé.

Non che contasse molto: non sperava di avere una storia con lei, voleva solo... starle accanto. Guardarla.

Non sapeva quanto sarebbe durata, ma per il momento gli andava bene così.

... Quello era amore, vero?

Sì, forse era innamorato di lei.

Era proprio da lui interessarsi ad una persona che non aveva la minima intenzione di ricambiarlo.

Forse avrebbe dovuto farsela passare, pensare di meno a lei e di più al suo ruolo di apprendista in quel tempio.

Già.

Il giorno seguente doveva impegnarsi al massimo in qualunque compito gli avesse affidato il maestro.

Doveva ripagarlo per l'opportunità che gli aveva offerto e comportarsi da uomo, senza lamentarsi.

Si girò su un fianco.

Prima di dormire, provò a immaginare quali sarebbero state le sue mansioni il mattino dopo.

Ci pensò per due soli secondi, poi si convinse che non c'era niente di male nel ricordare l'unico sorriso che Rei-san gli aveva rivolto, mentre gli diceva...

'Be', oggi ti dico solo... a domani.'

A domani, la salutò lui.

Dormì.

 


  

INCONTRARSI - Fine prima parte

 

Nella seconda parte terminerò di raccontare quanto avvenne nel resto dell'episodio trenta della prima serie.

Grazie per aver letto e se avete un pensiero su questo mio scritto, mi farebbe molto piacere sentirlo :)


 
 

   
 
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