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Autore: May90    17/11/2009    6 recensioni
[Ludovico Ariosto - L'Orlando Furioso]
[Parodia moderna del passaggio di Astolfo sulla Luna]
"Astolfo saltellava allegro con un piede e poi con due sull’arida superficie lunare, tanto che sia i suoi settanta chili di peso sia i suoi trentacinque anni di età sembravano essergli scivolati via da addosso in un attimo. A qualche metro di distanza, invece, la magra e autorevole figura di San Giovanni camminava con calma, sfiorando solo lievemente il terreno secco e polveroso. - Divertente! Credo di non aver mai provato una cosa simile… Tranne forse la scorsa estate, su quella nuova attrazione a Gardaland! – esclamò Astolfo, raggiante."
Genere: Parodia, Comico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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  **  Astolfo sulla Luna… Ancora…  **  



Astolfo saltellava allegro con un piede e poi con due sull’arida superficie lunare, tanto che sia i suoi settanta chili di peso sia i suoi trentacinque anni di età sembravano essergli scivolati via da addosso in un attimo.
A qualche metro di distanza, invece, la magra e autorevole figura di San Giovanni camminava con calma, sfiorando solo lievemente il terreno secco e polveroso.
- Divertente! Credo di non aver mai provato una cosa simile… Tranne forse la scorsa estate, su quella nuova attrazione a Gardaland! – esclamò Astolfo, raggiante.
- Astolfo, ricorda che non sei qui per divertirti. Hai un importante compito. – sentenziò il Santo, sempre più sconvolto dalle circostanze che lo avevano condotto ad avere a che fare con quello strano individuo, ma sempre più abile nel nasconderlo.
- Si, lo so! –
Si ricompose alla meglio per declamare la sua missione – Devo riportare “un po’ di cervello” a Don Orlando. Da quando la Nazionale ha vinto i Mondiali sta pensando di farsi cavaliere di ventura per cacciare i Francesi che avranno ancora il coraggio di farsi vedere in Italia. –
Subito però aggiunse, con un inquietante luccichio negli occhi e un tono sognate: - Un grand’uomo Don Orlando…–
- Astolfo, si dice “senno”… Tu devi riportare il “senno” a Don Orlando… - precisò l’anziano, implacabile, ignorando volutamente l’approvazione del giovane.
- Si, come vuole lei… - ammise, con un’alzata di spalle, ma non ne sembrava del tutto convinto.
Il santo, dimostrando ancora una volta la pazienza incommensurabile che apparteneva al suo titolo, non tradì il minimo fastidio, ma proseguì pacatamente a camminare.
L’uomo, d’altra parte, continuava a gironzolare con superba allegria, allontanandosi dalla sua guida. Uno strano sibilo incomprensibile gli arrivò alle orecchie, allora si voltò, senza tuttavia frenare la sua corsa:
- Mi scusi, cosa dice? Non la sento! - si lamentò, ma proprio in quel momento gli mancò il terreno sotto i piedi e cadde in una profonda buca.

- Ahhhhh! – e urtò in modo alquanto doloroso e scomposto il terreno sottostante.
Giovanni lo seguì planando delicatamente dall’alto, i piedi immacolati sospesi nel vuoto. Scosse la testa con fare paterno:
- Ti avevo detto di fare attenzione, Astolfo. Non dovresti avventurarti da solo per luoghi che non conosci. Ti sei fatto male? -
- No, non tanto… - rispose lui e mostrò per un istante una smorfia offesa degna di un bambino, mentre si rialzava da terra, massaggiandosi il collo.
Si passò le mani su camicia e pantaloni per togliere la polvere e lisciare il tessuto. Solo dopo alzò gli occhi per guardarsi intorno.

Di fronte a lui si apriva un lungo corridoio scavato nella roccia grigia del satellite terrestre. Qualche semplice lampada di forgia antica diffondeva la luce lieve e gialla della fiammella che vi bruciava dentro. Numerosi individui vestiti di lunghe tuniche bianche entravano e uscivano dalle porte disseminate lungo tutta la galleria. Inutile dire che i santi emanavano da sé un bagliore molto più intenso dell’illuminazione artificiale...
- Una base segreta sulla Luna! Che forza! – festeggiò il giovane uomo, con un’energia contagiosa.
- Le cose andate perdute sulla Terra – cominciò a spiegare il santo, incrociando le braccia con aria solenne – erano stoccate qui da migliaia di anni. Quando, però, gli uomini hanno iniziato ad osservare sempre più nel dettaglio la Luna, poteva essere pericoloso tenere tutto allo scoperto ed è stato quindi necessario creare questo posto, cosicché… Astolfo!?-

L’allegro ospite, incurante del racconto della sua guida, sembrava preda di una curiosità incontrollabile. Afferrò la maniglia della prima porta che gli capitò e sbirciò da uno spiraglio.
- Cos’è questo!? – esclamò, quando era ormai praticamente dentro la stanza.
Giovanni, suo malgrado, lo seguì.

Disseminate per la sala c’erano catene di ogni forma e dimensione, alcune appese in massima tensione a degli anelli fissati ai due lati opposti della stanza. Altre erano rotte in uno o più punti e giacevano a terra, studiate con cura da celestiali guardiani armati di cassettine piene di attrezzi da fabbro.
Giovanni prese a spiegare:
- Questi sono i legami tra le persone. Tutti quelli che stanno per rompersi, e quindi per perdersi nel tempo, o quelli che si sono già disintegrati e giacciono di diritto in questo mondo remoto, a causa dei litigi e delle incomprensioni che li hanno logorati. Adesso seguimi, Astolfo, dobbiamo… -

Ma il tempo di girarsi verso di lui e quello era nuovamente sparito dietro una porta. Ne uscì però immediatamente, spaventato dal rumore assordante che riempiva la stanza e ora, dall’uscio aperto, l’intero corridoio. La sua guida chiuse subito l’apertura, con un tonfo sordo che insonorizzò nuovamente la galleria.
- Ma cosa…? – esclamò Astolfo, ancora tramortito, con gli occhi sgranati.
- Quella è la stanza in cui si raduna tutto il tempo perso dagli uomini: è piena di orologi che segnano il tempo trascorso vanamente. –
- Ma quel chiasso era dato dai ticchettii? Ce n’è di gente che perde il suo tempo…-
- Così pare. – minimizzò il Santo, prendendo solo atto – Seguimi – soggiunse poi, con calma.
- Solo un momento! Ancora questa! – gli rispose, aprendo una nuova porta.

Dentro si trovavano ogni genere di chincaglierie: quadri e fotografie appese alle pareti non lasciavano sgombro neanche un millimetro di muro, pile di libri e documenti su ordinati scaffali, oltre cose strane e non identificate radunate fitte su tavoli e mobili di forme stravaganti.
Giovanni fece appena in tempo a prenderlo delicatamente per un braccio, fermandolo prima che entrasse:
- Qui sono racchiuse tutte le idee che non sono state realizzate… - sintetizzò - Ma adesso dobbiamo arrivare alla sala che ci interessa. -

Mentre attraversavano il corridoio, Astolfo non riusciva a trattenersi dal continuare a guardarsi intorno, tanto che, nonostante fosse evidentemente un giovane adulto, poteva apparire come un bambino birbante e curioso. I Santi addetti alla cura di quel luogo salutavano affettuosamente Giovanni, ma non potevano evitare di rivolgere uno sguardo dubbioso a colui che accompagnava.

Un’anziana beata passò al loro fianco con in mano una cesta piena di calze di tutti i colori e le dimensioni.
- Calze!? – esclamò il giovane, stupito.
Il santo annuì:
- Le calze smarrite in lavatrice. -
- No, dai! E’ una leggenda metropolitana! Non mi prenda in giro! – si sbalordì Astolfo, sbarrando gli occhi ancora una volta, travolto dalla meraviglia.
E per la prima volta, Giovanni sorrise: - Non potrei mai farlo, figliolo… -

Giunti praticamente sul fondo del lungo corridoio, entrarono in una stanza alla loro destra. Sembrava che quello spazio oltre la porta proseguisse all’infinito e con esso le lunghe file di armadi, su cui erano disposte ordinatamente boccette di varia dimensione, contenenti dei liquidi colorati.
- Oh! Che bello! –
Asfolfo si entusiasmò immediatamente e allungò subito la mano sul barattolo più vicino. Questa volta, però, la reazione della sua guida fu immediata e gli afferrò la mano tesa a mezz’aria conducendolo via frettolosamente.
Si fermò poi solo in un punto imprecisato della lunghissima sala e prese uno dei flaconcini più grandi. Il liquido ambrato e vischioso brillava attraverso il vetro trasparente del contenitore allungato.
- Questa è una delle cose che non cambiano da secoli! – sentenziò Giovanni, solenne – Abbiamo cercato a lungo dei metodi più semplici per conservare il senno perduto, ma questo rimane il migliore. Come puoi vedere Don Orlando ne ha perso davvero tanto, ma basterà che beva questo e tutto andrà a posto. -
L’uomo lo guardò dubbioso, come sempre smarrito nel suo mondo:
- Senta, ma che sapore ha? –
- Non lo so. – ammise, con celestiale serenità – Non ho mai dovuto recuperare il mio senno. -
- Allora lo provo! – rispose allora l’altro, prontamente, protraendo insieme la mano sulla boccetta.
San Giovanni si rese conto in quel momento, più di quanto in realtà sapesse già per esperienza diretta e quotidiana, di quanto fosse glorioso il disegno della Provvidenza. Fermò il giovane e gli mostrò con il dito un barattolo quasi altrettanto grande appoggiato poco lontano. Su un fianco spiccava un’etichetta che ne indicava il proprietario: “Astolfo”.
- Bevi questa. Ti farà bene. – disse, ponendogli in mano il flaconcino e prendendo invece in custodia il senno di Orlando.
- Uffa! Ma questo è succo di more! Non mi piace! Preferisco la cedrata che mi ha mostrato prima! –
Il santo si concesse allora un doveroso strappo alla placida beatitudine: emise un sospiro, benché decisamente soave. Poi prese sottobraccio il suo protetto e lo guidò con divina pazienza verso la porta da cui erano entrati e poi lungo il percorso appena compiuto:
- Lo so, Astolfo. Ma credimi, fai uno sforzo e bevilo. E’ davvero meglio così. –


END!


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In principio era un compito di seconda liceo: una rivisitazione della vicenda di Astolfo sulla Luna, tratto da L'Orlando Furioso di Ariosto...
Ora, rivisitato e corretto, allungato e quanto possibile migliorato, è diventato una one-shot... ^^

Spero vi sia piaciuto!!!! XD

 
  
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