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Autore: Lirin Lawliet    21/11/2009    8 recensioni
Questa storia ormai è iniziata e forse tutti noi ci siamo dentro fino al collo, anche se non lo sappiamo... Perchè non esiste nulla di casuale; perchè il nostro nome è già stato scritto, anche se il destino di ogni uomo è un segreto sepolto nel silenzio. Una poliziotta medium dal grilletto facile... Un assassino che agisce nell'ombra sfidando L con una scia di enigmi incomprensibili... Un gioco di seduzione e morte che non risparmierà nessuno; neanche te! Questo è il Caso-Doomsday: l'ultima sfida per L, l'ultimo enigma da risolvere prima che il Giorno del Giudizio giunga anche per lui.
[LXOC][Mello x Matt]
Genere: Azione, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: L, Matt, Mello, Near, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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۞Ðøøмšđåỵ۞

1 COUNT DOWN
La morte e l'imperatore

 




Londra - 9 Novembre 2004
(pochi giorni dopo l'archiviazione del caso Kira)

 


Lo scoppiettio di palloncino di chewing-gum inghiottì il silenzio che si respirava nel piccolo appartamento immerso nella penombra...

"Cammina il tempo ma non riesce/ a farne un uomo xkè non cresce/ Vola nel vento come una piuma/ senza memoria i suoi giorni consuma. Entra di notte dalla finestra: Ti dice niente seconda a destra?"

Yana Yaromira rilesse tutto velocemente, modulando la voce in modo tale da assecondare l'enfasi che la filastrocca richiedeva. Ormai l'aveva imparata a memoria a furia di rileggerla di continuo, forse nella vana speranza che quelle semplici righe iniziassero spontaneamente a rispondere ai numerosi interrogativi che in quel momento sembravano aver iniziato ad occupare la sua mente.
Ovviamente, i suoi capricci non vennero soddisfatti con la faciltà da lei sperata.

Una sciarada? Uno scherzo di cattivo gusto? Rilesse il nome del mittente e ogni suo dubbio svanì così com'era sorto.

L...? Possibile che si trattasse proprio di lui?

, si ritrovò ad ammettere a se stessa; sapeva fin troppo bene che nessuno al mondo, mai, avrebbe provato ad appropriarsi indebitamente di quel nome. Chiunque avesse provato a rubargli l'identità avrebbe inevitabilmente scatenato la suscettibilità del più grande detective del XX e del XXI secolo. No, concluse, doveva trattarsi per forza di lui.
Non che questo servisse a chiarire il motivo di quell'inatteso contatto.

Erano anni che non aveva più rapporti con L.
Naturalmente, riceveva sistematicamente sue notizie... Non da lui direttamente, certo: si limitava a collezionare gli articoli di giornale che citavano il suo nome; che poi, con ogni probabilità, non doveva essere quello vero. Infatti, "L" era soltanto il più potente e famoso dei suoi innumerevoli pseudonimi, così come lo erano anche Eraldo Coil o Danuve. La poliziotta non ne conosceva la quantità esatta, ma supponeva che il numero complessivo dei suoi nomi in codice dovesse aggirarsi intorno alle tre cifre.

O forse, potevano addirittura essere quattro?

Si rassegnò al fatto che se avesse continuato a rigirarsi scioccamente i pollici non avrebbe mai soddisfatto la propria insaziabile curiosità; così fece scoppiare l'ennesimo palloncino di chewing-gum, digitò la soluzione all'engima sulla tastiera del pc e la inoltrò al mittente con una certa impazienza.
Iniziò a tamburellare nervosamente le dita contro il legno scuro del tavolo da studio, immaginando al contempo quale potesse essere stato il motivo che aveva indotto L a mettersi in contatto con lei. Perchè aveva chiamato proprio lei, la pecora nera della Wammy's House?

A stupire Yana Yaromira non era stata tanto la cripticità della filastrocca, apparentemente incomprensibile, quanto il fatto stesso che lui gliel'avesse inviata. La soluzione all'enigma era piuttosto semplice, a dir poco elementare per una ex-allieva della Wammy's House: Peter Pan.

Si ritrovò a paragonare la figura fiabesca dell'eterno bambino al ricordo lontano, eppure perfettamente nitido, che conservava del detective; e, a quel pensiero infantile, non riuscì ad impedirsi di sorridere, ormai sempre più impaziente di ricevere risposta al suo messaggio.

L' email non tardò ad arrivare: Complimenti, Yana. Sapevo di poter contare su di te. Ti aspetto alle 9:00 pm

La poliziotta inarcò un sopracciglio, comprendendo immediatamente il reale significato di quelle parole che, ad un primo impatto, sembravano avere poco senso. Dopotutto, sarebbe stato lecito chiedersi almeno dove doversi recare... Ma ripensandoci, lei lo sapeva già; non poteva essere altrimenti, o un uomo scrupoloso e meticoloso come L non avrebbe mai omesso un particolare così importante nel messaggio!
La stava valutando: raggiungerlo era una prova - o, se non altro, Yana decise di intenderla in questo modo. E questa consapevolezza le causò una scarica d'adrenalina che le percorse la spina dorsale con la rapidità di una saetta. Una piacevole, ma dolorosa, fitta allo stomaco le attorcigliò le membra, neanche se onde di lava incandescente avessero preso posto in luogo del suo sangue...

Presto lo avrebbe rivisto.

A quel pensiero, la giovane donna guardò l'orologio sul desktop del suo computer portatile e, non appena comprese la situazione, si abbandonò ad un'imprecazione spontanea: mancavano solo dieci minuti alle nove di sera.

"Damn!" disse a denti stretti, scattando in piedi così velocemente da far capovolgere la poltroncina della scrivania. Non c'era tempo per rimetterla nella giusta posizione; non c'era tempo neanche per guardarsi allo specchio. Cos'avrebbe pensato L quando l'avrebbe rivista? Quando avrebbe rivisto lei, con i suoi indomabili capelli di fuoco e il lieve sentore di fragola delle sue immancabili Big Bubbles? Beh -ragionò- non valeva la pena restare lì a chiederselo: presto l'avrebbe scoperto comunque. E poco importava che non avesse un filo di trucco in viso o che avesse una sorta di cespuglio al posto dei capelli... Tanto L avrebbe di sicuro trascurato quegli sciocchi particolari! O, se non altro, lei segretamente sperò che lo facesse.

Afferrò le chiavi della sua Harley e fece per uscire, quando un pensiero la bloccò sull'uscio... Tornò indietro, afferrò la sua Strayer Voight modello "Infinity" e la ripose nella fodera del giubotto (che, per la cronaca, non era di pelle, dato che la poliziotta era un'animalista convinta e non avrebbe mai neanche pensato di indossare qualcosa che fosse stato fatto ai danni di una povera bestia) e scelse un paio di scarpe comode.

Così, Yana uscì di corsa dal piccolo appartamento che dava su Cravent Road e si ritrovò a vagare lungo il versante Sud della medesima strada, infettata dal traffico congestionato e tipico della capitale inglese. A giudicare dal brusìo dei clacson e dall'aria fumosa che le annebbiava la vista, avrebbe impiegato circa quaranta minuti per giungere a destinazione...

"Bloody Hell!" borbottò contro un cielo plumbeo che sembrava farsi beffe di lei "Non poteva avvisarmi un po' prima, quel mentecatto?!"

 

Tokyo - cinque giorni prima 
(l'archiviazione del caso Kira)

 

L, il più grande detective del secolo, affondò goffamente nella poltrona che presentava un solco del suo corpo sgraziato; solco che ormai era così evidente da sembrar quasi plastificato. Di sicuro, chiunque avesse visto il detective in quel momento lo avrebbe giudicato come una persona stramba e trasandata; o almeno, così pensò lui.
Non che ad L importasse molto dell'opinione delle persone; era perfettamente consapevole di non essere un adone, così come era altrettanto conscio di rappresentare un illustrissimo esempio di rettitudine morale. E questo era tutto ciò che gli bastava sapere per avere un'alta opinione di se stesso e di ciò che il suo titolo significava.

Qualcosa nei suoi occhi d'onice, incorniciati da marcate occhiaie scure, destò la preoccupazione di Watari, il suo fido aiutante e benefattore.

L'uomo, fasciato in un impeccabile completo nero, gli si avvicinò a grandi falcate senza sapere esattamente cosa dire o fare ma, non appena gli fu troppo vicino, rallentò il passo sino a bloccarsi del tutto. Se in quel momento L gli avesse chiesto il perchè di quell'atteggiamento, probabilmente Watari, o meglio Quillsh Wammy, non avrebbe saputo rispondere con esattezza; fu come se qualcosa negli occhi del suo protetto lo avesse attratto e ripugnato al tempo stesso, incatendandolo a debita distanza da lui. C'erano ombre scure e cariche di pioggia nei suoi occhi d'inchiostro. Nonostante L fosse poco più di un ragazzo, spesso sapeva incutere un certo timore reverenziale nei confronti di chi aveva la fortuna di incontrarlo di persona. E Watari non costituiva un'eccezione.
Fortunatamente per lui, L non gli dedicò attenzione.

Il giovane detective sembrava particolarmente assorto, come se qualcosa, per la prima volta in venticinque anni di vita, lo avesse irrimediabilmente spaventato.

La schiena curva, schiacciata dal peso della sua stessa intelligenza.

Le braccia ossute che stringevano le ginocchia ancora più ossute.

Lo sguardo fisso su un quaderno nero...

L si mordicchiò distrattamente l'unghia del pollice destro; gesto che compiva ogni volta che si lasciava trasportare da un'intricata rete di calcoli, pensieri e macchinazioni. I suoi sospetti sulla vera identità di Light Yagami non si erano mai estinti; aveva osservato i suoi movimenti giorno e notte per mesi, senza riuscire a provare che lui fosse Kira. Ma non c'era dubbio che il pericoloso criminale fosse lui. Doveva essere lui. Onestamente, L non sarebbe stato soddisfatto finchè non avesse provato la sua colpevolezza, tanto che, se i suoi calcoli si fossero rivelati sbagliati e Light fosse stato innocente, in un certo senso, ci sarebbe rimasto male.

Ma Light Yagami non avrebbe commesso errori...

Non avrebbe fatto alcun passo falso. Aveva tessuto tutt'intorno a sè una ragnatela di bugie, ma era stato tanto ingegnoso -e soprattutto fortunato- da non cadere nella sua stessa trappola. Light Yagami era un genio, doveva riconoscerlo: aveva giocato bene le sue carte. Non aveva lasciato nulla al caso. Oppure sì?

La regola dei 13 giorni...

L era sicuro che non fosse autentica. Ma come provarlo?

Certo, avrebbe potuto scegliere due condannati a morte: A e B. Il condannato A avrebbe potuto scrivere il nome del candidato B sul Death Note, e poi sarebbe stato sufficiente aspettare 13 giorni per provare l'autenticità della regola misteriosa... Era tutto apparentemente semplice da risolvere ma, al contempo, sarebbe stato difficile mettere in pratica un piano di questo tipo. Le probabilità di compiere un'operazione del genere senza destare sospetti si aggiravano intorno al 4%.
Dunque, che fare?

Restava un'unica possibilità...

L sollevò la copertina nera del Death Note, tenendola delicatamente tra pollice ed indice, quasi fosse sporca. Infetta.

"L'umano il cui nome sarà scritto su questo quaderno... morirà" sussurrò tra sè e sè.

Watari lo guardò senza parlare. A differenza del suo protetto, non conosceva a memoria tutte le regole del quaderno della morte, ma quella, la prima, avrebbe saputo recitarla anche lui. L'uomo osservò L alzarsi di scatto, afferrare una penna nera e allontanarsi con passo strascicato in direzione di una delle tante scrivanie presenti nel locale. L gli stava dando le spalle di proposito, neanche dovesse vergognarsi per quello che avrebbe fatto di lì a pochi istanti...

"Cosa c'è L?" chiese Watari "Cosa vuoi fare?" aggiunse, quasi in un sussurro, quasi avesse davvero intuito qualcosa...

Il ragazzo non rispose; scelse velocemente una pagina bianca del Death Note e scrisse qualcosa che Watari non potè vedere.

"Che nome hai scritto, L?" insistette l'inventore, avvertendo il proprio cuore che gli si incastrava saldamente fra le corde vocali.

"L'ultimo nome che deve essere scritto su questo quaderno"

Così dicendo, il giovane detective sollevò il Death Note e lo fece dondolare quasi in segno di vittoria. Watari impallidi non appena ebbe la forza di mettere a fuoco il nome che, crudele, sembrava essere stato marchiato a fuoco sulle pagine del quaderno della morte. Le sue labbra sottili si dischiusero appena, stravolte dall'orrore.

"L... Cos'hai fatto!"
 

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_______________L Lawliet_________________

_____ si spegnerà serenamente tra 23 giorni_____

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Gli eventi che seguirono quel gesto furono estremamente rapidi. Come da L previsto, Light corruppe Rem facendo leva sui suoi sentimenti per Misa, costringendo la Shinigami a scrivere il nome dell'unica persona in grado di rappresentare un ostacolo per Kira; ciò nonostante, il piano di Light non aveva avuto successo perchè...

...Quando su due o più Death Note viene scritto lo stesso nome, avrà effetto soltanto il quaderno sul quale il nome è stato scritto per primo, a prescindere dall'ora della morte stabilita.

Quel giorno, Light Yagami fu arrestato dal suo stesso padre, Soichiro Yagami. Due ore dopo l'arresto, egli morì -inspiegabilmente- di attacco cardiaco. Probabilmente, fu lo stesso Ryuk a porre fine alla vita del più grande assassino del secolo... L non lo sapeva con certezza, e soprattutto non gli interessava approfondire l'argomento. Il Caso Kira era stato finalmente archiviato.

Adesso restavano soltanto lui, l'arma più terrificante che il mondo avesse mai conosciuto, e i suoi ultimi ventitrè giorni di vita... 

Tokyo - 6 Novembre 2004
-22 giorni


L congedò Matsuda con un gesto della mano. Finse di non prestare attenzione alle sue sentite condoglianze ma, benchè si sforzasse di non mostrarsi debole dinanzi ad un suo sottoposto, non potè fare a meno di apprezzare il gesto del poliziotto. In fondo, Matsuda era davvero un bravo ragazzo... , pensò con maggior convinzione, davvero un bravo ragazzo!
Piuttosto che presenziare al funerale di Light aveva preferito restargli accanto e vegliare sulla salma, ormai fredda ed immobile, di Watari.

Watari: l'unico errore di L.
Non aveva potuto prevedere la sua morte e non se lo sarebbe mai perdonato. Mai.

Watari era l'uomo che l'aveva accudito come il più affettuoso e rispettoso dei padri; l'uomo che non gli avrebbe mai negato nulla, neanche la vita, se lui gliel'avesse chiesta...

 

L sollevò le lenzuola bianche e, con lentezza estrema, le fece scivolare sul volto dell'uomo, quasi come se volesse concedergli il tempo per riaprire gli occhi, alzarsi e andargli a preparare una delle sue torte preferite. Ma Watari non fece nulla di tutto questo. Non l'avrebbe fatto mai più.

Quella fu l'ultima volta che lo vide.

 

-21 giorni

L Lawliet osservò il fuoco divampare nel cestino dell'immondizia. Nei suoi occhi d'ossidiana brillò sinistra la scintilla della soddisfazione e, allo stesso tempo, si addensò l'ombra della sconfitta... Quanto male aveva causato quel dannatissimo Death Note? Quante persone avevano perso la vita per colpa di un oggetto tanto innocente come un quaderno? Cosa aveva fatto di male Watari per meritare di esserne vittima? Nulla. Watari... Beh, presto lo avrebbe raggiunto nell'al di là.

Avvicinò il Death Note alle fiamme, con la precisa intenzione di mettere fine all'esistenza di quell'abominio, quando una voce lo colse di sorpresa. Apparentemente, nessun muscolo del suo viso lo tradì mentre alzava lo sguardo vitreo sullo Shinigami.
Ryuk gli sorrise in modo inquietante, sfoggiando due file di denti perlacei e aguzzi.

"Ehi! Ehi! Sei sicuro di volerlo fare? Anche se lo bruci la tua vita non si allungherà!" tentò di persuaderlo, lo Shinigami.
L si limitò ad avvincinare ulteriormente il Death Note alle lingue di fuoco.
"Eddai aspetta! Light diceva che non quel quaderno sarebbe diventato il Dio del Nuovo Mondo!" continuò Ryuuk.
L esitò per un unico istante, e poi, con un movimento fluido condannò definitivamente il quaderno alle fiamme.
"Il modo in cui Light è morto... è stato forse degno di un Dio?"

Ryuk rovesciò la testa all'indietro e scoppiò in una fragorosa risata, come se quella di L fosse stata la più divertente delle battute e, fra una risata e l'altra, scomparve nel nulla, cancellato da una pioggia invisibile e odorosa di zolfo.

Era giusto lasciarlo andare? No, non lo era, in fondo, era l'unico vero responsabile della pazzia di Light Yagami, della scomparsa di Naomi Misora e della morte di Watari.
Ma in fondo, come si poteva giustiziare un Dio, anche se era un Dio della Morte?

Soltanto qualche giorno dopo L avrebbe scoperto quanto potesse essere diabolico un Dio a piede libero e si sarebbe pentito della propria scelta, ma in quel momento, nel suo cuore non c'era spazio per nulla che non fosse il dolore per la scomparsa del suo mentore.

Il detective prese posto dinanzi al computer e inviò un'e-mail a tutti i membri della Wammy's House per informarli della morte di Watari, ed immediatamente, forse per dovere morale o forse per non pensare alla scomparsa di suo... padre? (Sì, in effetti, era proprio in quel modo che pensava a Watari) iniziò a lavorare ad altri casi irrisolti, sparsi per il mondo...

 

Londra - 6 novembre 2004

Un trillo squillante si sostituì al silenzio che regnava, di solito sovrano, a casa Yaromira...

"No. Non ancora signor Roger! Mi faccia dormire un altro po'"

...Ma lo scampanellio non aveva alcun'intenzione di obbedire alle sue suppliche.

All'ennesimo squillo di quella macchina infernale -chiamata volgarmente "telefono"- Yana si decise a sollevare la cornetta e, senza chiedere nè chi fosse nè cosa volesse, gridò un poco educato Non ci sono!

"Ce ne hai messo di tempo, Belladdormentata!" grugnì una voce maschile, bassa e cavernosa, arrochita da anni di dipendenza dal sigaro.
Yana ebbe l'impulso di tagliare all'istante i fili del telefono.
"Black!... Ma lo sai che svegliare le persone alle prime luci dell'alba è un reato?!" piagnucolò, intenzionata a continuare a poltrire per almeno un tre ore.
"Primo: non è reato. Secondo: è mezzogiorno" precisò l'ispettore Desmond Black, inconsapevole del fatto che Yana lo stesse scimmiottando dall'altra parte della cornetta "E comunque sia, vestiti e raggiungimi in centrale immediatamente... Abbiamo un problema"
"Che genere di problema?" chiese lei, improvvisamente sveglia.
"Uno di quelli grossi!"
"Non puoi parlarmene da qui? Se mi fai saltare la colazione per nulla, giuro che ti arresto!"
"Credimi... Non avrei preteso il tuo grazioso culetto, se non si trattasse di una questione della massima urgenza"
"Uff!" sbottò Yana, dando un calcio alle coperte, che puntualmente finirono ai piedi del letto "Va bene, vecchio... Dieci minuti e arrivo!"
"Facciamo cinque"

Yana si precipitò a Scotland Yard a bordo della sua Harley, trovando miracolosamente posto per parcheggiare proprio dinanzi alla questura. Stranamente, la centrale di polizia era gremita di persone, cosa che accadeva in due ipotesi: o nel caso in cui fosse stato arrestato un pericoloso assassino, o nell'eventualità che fosse stato ucciso un personaggio molto noto. Rapidamente, la poliziotta contò una ventina di giornalisti. Li ignorò puntualmente, quando questi presero a scattarle delle fotografie e ad aggredirla con una sfilza di domande incomprensibili. La poliziotta si fece largo fra la folla, innervosita da tutto quel trambusto mattutino; possibile che nessuno si rendesse conto di quanto poteva essere pericolosa Yana Yaromira a stomaco vuoto?

Possibilissimo.

Ma rischioso.

La detective riuscì a fatica a crearsi un varco fra la fiumana di corpi e ad arrivare illesa al metal detector. Istintivamente si lasciò sfuggire un verso di stizza quando si rese conto che di guardia c'era un nuovo agente, uno di quelli che Yana semplicemente detestava. I nuovi arrivati facevano di tutto per mettersi in mostra e darsi un tono quando non erano neanche capaci di maneggiare una pistola senza fare danni... E il biondino dagli occhi azzurri che le bloccava il passaggio, decisamente, non sembrava fare eccezione. I suoi sospetti vennero confermati nel momento esatto in cui l'agente -di nome Scotty- le si parò davanti a braccia tese.

"Alt! Di qui non si può passare" dichiarò il giovane con voce ferma, nonostante i suoi occhietti turchesi stessero tradendo un acceso interesse per le forme generose della ragazza.

"Sono il detective Yana Yaromira" ribattè lei, visibilmente annoiata.

"Distintivo, prego" ordinò il giovane, dandosi tono decisamente troppo autoritario per uno che aveva ricevuto il distintivo da meno di un'ora.

Yana sbuffò sonoramente e, con un gesto stizzito, lanciò il proprio lascia-passare in aria, costringendo il povero agente a saltare per afferrarlo.

Lo vide corrugare le sopracciglia dorate, chiaramente perplesso.

"Ma qui c'è scritto che lei si chiama Яна Яромира!" precisò il giovane, provando ad inventare una pronuncia che non suonasse come una parolaccia. Yana gli strappò il distintivo dalle mani, esasperata. Avrebbe dovuto fare quattro chiacchiere con Black e scoprire dove trovava simili impiastri da arruolare. Al circo, forse?

"E' cirillico, dolcezza. E ora lasciami passare senza fare storie, ok?"

Così dicendo, la detective dai capelli rossi si fece spazio da sola, scansando l'agente senza tanti complimenti.

"Aspetti signorina! L'ispettore Black non vuole vedere nessuno e se..."

"Ma va a dirigere il traffico!" Gli gridò l'altra, allontanandosi e accompagnando il tutto con un gesto inequivocabile.

Quando si trovò faccia a faccia con l'ispettore Black non potè fare a meno di notare quanto fosse sudato; ormai lo conosceva abbastanza bene da sapere che, quando gli succedeva, era perchè era tremendamente, violentemente, irrimediabilmente agitato. Lo vide asciugarsi la fronte spaziosa con un fazzoletto che, ormai, poteva benissimo essere definito straccio e incontrò i suoi piccoli occhietti rotondi, di un sorprendente color caffè. Quegli occhi, non promettevano nulla di buono.

"Oh! Finalmente sei qui!"

Black le indicò la sedia dall'altro lato della sontuosa scrivania, per invitarla ad accomodarsi, ma Yana preferì restare in piedi.

"Ehi vecchio... Alla tua età non dovresti agitarti così tanto. Rischi di non arrivare alla pensione" provò a sdrammatizzare, accennando un sorriso.

Normalmente l'ispettore sarebbe andato su tutte le furie: avrebbe ripetuto all'infinito che i giovani non avevano più rispetto per le persone di una certa età, oppure avrebbe ciarlato per ore sul fatto che una volta l'avrebbero arrestata per aver detto molto meno ... Ma quella volta Desmond Black fece finta di nulla.

Il suo volto? Una maschera d'orrore - corredata da ben due doppi menti.

Tutto ciò bastò ad innervosire Yana quel tanto che sarebbe servito per mettere fuori gioco una squadra di rugby a mani nude. Se c'era una cosa che riusciva a mandare in bestia una persona già sufficientemente nervosa per carattere, quella era l'ansia del suo capo, nonchè amico, Desmond. In realtà, definirlo "capo" era una pura formalità; Yana non era alle dirette dipendenze di nessuno. La detective aveva lavorato per anni per la CIA e per l'FBI ma, a causa del suo carattere ribelle, aveva subito una dequalificazione che l'aveva portata ad arruolarsi nel sistema giudiziario di Scotland Yard. Ciò nonostante, le sue referenze e la sua abilità con le armi, l'avevano portata a costruirsi una certa popolarità nell'ambiente di polizia, tanto che persino l'ispettore Black aveva iniziato a considerarla come una sorta di agente speciale, piuttosto che come una sottoposta. Ovviamente, fra i due si era creato un rapporto confidenziale, simile a quello che sarebbe nato fra un padre brontolone ed una figlia certamente non priva di difetti.

"Che succede Black?" chiese la donna, con il tono più pacato di cui fosse capace.

L'uomo le mostrò due pezzi di carta stropicciati. Probabilmente, doveva averli piegati e ripiegati più volte per ridurli in quello stato. Yana li prese accuratamente tra le mani e li ispezionò, rileggendo due volte i nomi scritti in bella calligrafia. Non ci trovò nulla di strano, ma evidentemente qualcosa dovevano pur significare se avevano spaventato così tanto un uomo dalla corazza dura ed i nervi saldi come Desmond Black.

"Andrew McGregor e Michael Parker?" recitò ad alta voce "E chi sarebbero?"

In realtà, Yana era certa di averli già sentiti nominare, ma non riusciva ad associare i loro cognomi ad un volto.

"Un fisico nucleare e un violinista. Due concittadini famosi a livello mondiale. Due..."

"Due geni" terminò Yana per lui, annuendo fra sè e sè. L'ispettore Black asserì con un gesto del capo.

Un sospetto si fece spazio e prese forma nella mente della detective...

Che quei due... ?

"Sono morti stamattina all'alba. Alla stessa ora, ma in due posti diversi. McGregor si trovava a S.Pietroburgo, al momento del decesso; mentre Parker era con la propria famiglia nella sua tenuta di campagna, in Provenza"

"Una bella coincidenza... E allora? Sospetti di Kira?... Se così fosse, mettiti l'anima in pace, vecchio! Quel caso è di competenza di Tu-Sai-Chi"

"E qui ti sbagli!"

Yana aggrottò le sopracciglia, inviperita. Nessuno poteva dirle che aveva sbagliato. Lei non si sbagliava. Mai.

D'accordo: quasi mai.

"Il caso Kira è stato appena chiuso" le rivelò Black "Ne abbiamo avuto conferma ieri mattina"

"Impossibile" sussurrò Yana, fra sè e sè. E così, L ci era riuscito... Aveva incastrato Kira.

"Possibilissimo" così dicendo, Black le porse alcuni quotidiani: la notizia era sulla prima pagina di tutti i giornali del giorno precedente, e probabilmente sarebbe stata riproposta per settimane, forse persino mesi.

A caratteri cubitali, ogni rotocalco recitava più o meno la stessa frase: L consegna Kira alla Giustizia

Istintivamente, gli angoli delle labbra della detective si incurvarono in un sorriso sincero. L ce l'aveva fatta.

"In ogni caso, torniamo a noi. Non ti ho detto tutto" continuò Black, porgendole altri due pezzi di carta, più piccoli e spessi.

"Carte da gioco?" chiese Yana, rigirandosi i pezzi di cartoncino fra le mani "Tarocchi" concluse, osservando meglio i disegni.

"La Morte e l'Imperatore" continuò Black al suo posto.

"Non c'è motivo di agitarsi... La morte è una cosa naturale, Black. Il giorno del giudizio arriva per tutti..."

"Ma non ti avverte, di solito!" Black lesse il disappunto sul viso della giovane e precisò "I fogli con i nomi delle vittime ci sono stati inviati diverse ore prima dei decessi. E ora ti prego, non venirmi a parlare di giorni del giudizio... Non so se ti sei resa conto dell'inferno che c'è fuori da questa porta" sospirò l'ispettore, decisamente poco felice di dover rispondere alle domande dei giornalisti. Yana tralasciò accuratamente le chiacchiere inutili del suo capo, concentrandosi invece sulla frase rivelatrice.

"Mi stai dicendo che l'assassino, o comunque qualcuno che sapeva, ci ha avvertito in anticipo della morte di Parker e McGregor?"

"E c'è di più... Guarda il retro di ogni foglio"

Yana obbedì e ciò che vide la lasciò basita. La firma dell'assassino, o presunto tale, era chiara ed elegante; o almeno, quello era stato il pensiero di Black, ma per Yana quella grafia gotica era molto di più: era un indizio.
Il nome -o meglio, lo pseudonimo- del presunto killer era decisamente pittoresco, il che la portò a pensare che chiunque lo avesse scelto dovesse avere come minimo un'alta opinione di se stesso, oltre che una presunzione smodata.

"Doomsday" lesse a voce alta "Carino... Abbiamo a che fare con qualcuno che crede di poter decidere della vita e della morte del prossimo. Che originalità!" ironizzò, roteando gli occhi al soffitto con aria annoiata.

Per tutto il giorno, Yana effettuò delle ricerche al pc, ignorando la bustina bianca che le segnalava con inutile insistenza la presenza di nuova posta in entrata. Sicuramente, pensò, doveva trattarsi di pubblicità o di cose simili. Infatti, soltanto più tardi avrebbe appreso il nome del mittente...

Lesse invece numerosi giornali, in lingue diverse, che testimoniavano l'archiviazione del CASO-KIRA. L'annuncio era stato promulgato dalla squadra di L, costituita da Soichiro Yagami (ispettore capo della polizia giapponese), il quale aveva indetto una conferenza stampa, alla quale, però, avevano presenziato soltanto gli agenti Tota Matsuda, Kanzo Mogi e Shuichi Aizawa - per lutto in famiglia - così recitavano i giornali. In seguito, Yana svolse alcune ricerche sui due uomini deceduti per arresto cardiaco, ma non trovò le informazioni che desiderava...

Spense il portatile ed uscì in strada. Si guardò in giro e si rifugiò in una delle tipiche cabine telefoniche londinesi, rosse con il tettuccio a cupola. Onestamente, le trovava ridicole e, ancor di più, si sentiva ridicola lei ad utilizzarle; ma rappresentavano il solo modo sicuro di contattare l'unico uomo che avrebbe potuto confermare i suoi sospetti. Digitò il numero e aspettò. Al secondo squillo qualcuno sollevò la cornetta.

"Pronto?" Incredibile... Il vecchiaccio era ancora vivo!

Yana aveva sperato di non dover mai più parlare con quell'uomo, ma alla luce dei fatti, era l'unica cosa da fare. Nonostante tutto, fu colta dall'irrefrenabile desiderio di chiudere la comunicazione e fare dietro-front. Dovette fare appello a tutto il suo coraggio per restare. Strinse la cornetta con tanta forza che quasi temette di spaccarla in due.

"Pronto! Chi è che parla?"

La voce di Roger Ruvie, direttore della Wammy's House era sempre velenosa e gracchiante, proprio come la ricordava, ma c'era qualcosa di diverso.

Una sfumatura che Yana non ricordava. Era forse dolore?

"Sono Я!"

 

CAPITOLO CORRETTO E MODIFICATO IN DATA 17/07/2010

LA MODIFICA PIU' CONSISTENTE RIGUARDA I TAROCCHI

   
 
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