Chiedo immensamente perdono, mi inchino
ai vostri piedi, questa volta sono stata imperdonabile e pure insopportabile…vi
ho abbandonate sul vivo della storia e non ci sono giustificazioni degne…
Alla fine però sono tornata, con un
nuovo capitolo, decisivo e interessante (spero!)
Diciamo che le carte erano in tavola e è arrivato il momento di iniziare a scoprirle, ma con
calma, altrimenti il livello di suspance scende…
Che dire?
Sono grata a chi mi ha aspettato, a chi
mi ha contattato via mail chiedendo delucidazioni (siete state in tante mannaggia!) a chi a avuto fede
fino a ora e a chi semplicemente si è ricordato di questa fiction..
Posso assicurarvi una cosa, odio le
cose incompiute e vi GIURO che questa ficion non sarà tale..
Quindi armatevi di occhiali, popcorn e
pazienza e buona lettura!
Ci si vede a fondo
pagina!
VOLTERRA
Vivi il presente
Sogna il futuro
Impara dal passato.
Volterra.
La sola idea di tornarci mi
metteva l’ansia, l’idea di camminare in quel labirinto di corridoi in pietra,
di sentire il fruscio del mantello alle mie spalle mi faceva venire alla mente
quello che ero.
Un vampiro, e nessun vampiro
aveva la capacità di poter lasciarsi alle spalle un pezzo della sua vita, tanto
meno 200 anni di sanguinaria violenza che mia aveva
caratterizzata.
Probabilmente ero diventata del tutto pazza a fare una cosa del genere, ribellarmi al
mio credo, al mondo che mi aveva accolta, istruita e fatta diventare quello che
ero veramente, un mostro con la m maiuscola.
Sospirai rassegnata, tra
poco l’aereo sarebbe atterrato e Volterra sarebbe stata imminente, nello stesso
momento in cui avrei posato piede sulla penisola italiana la certezza che il
fare retro front sarebbe stato impossibile mi assaliva.
Jane al mio fianco sembrava una statua di pietra, gli
occhi fissi fuori dal finestrino a fissare la coltre
di nuvole che ci separava dal momento della verità, ma gli occhi erano spenti,
neri e opachi, segno che la sua mente, come la mia si trovava da tutta altra
parte.
Aveva sentito come uno
strappo all’ombelico quando avevo messo piede
nell’aeroporto di Seattle che si era poi trasformato in un senso di nausea
nello stesso istante in cui l’hostess ci aveva invitato a allacciare le
cinture.
Io e Jane
non avevamo deliberato parola da quando eravamo
partite da casa, coscienti entrambe che qualunque parola sarebbe stata
superflua e inappropriata; entrambe decise ad affogare nei proprio ricordi fino
al momento in cui avremo dovuto metterli da parte, per pensare a noi, alla
nostra sopravvivenza.
Probabilmente se non fosse
stato per le poche persone che erano rimaste nella penisola di Olympia a
aspettarci l’idea di morire non mi avrebbe scalfito più di tanto, era invece la
terribile paura di non riabbracciare più loro
che mi dava la forza di continuare.
Sarebbe stato facile
scappare in qualche parte desolata del mondo con le persona
a me care, ora che sapevo che Demetri non avrebbe più
potuto rintracciarmi, non avere più alle costole il miglior segugio del mondo
era una soddisfazione bella e buona, ma sapevo benissimo che Demetri era nulla in confronto al potere di Volterra.
Le probabilità di uscirne
‘vive’ erano assai poche.
Potevo scappare, ma avrebbe
solo ritardato il seguirsi degli evanti, quindi avevo
deciso che affrontare il tutto di petto era la cosa migliore, almeno, speravo
sarebbe stato veloce ma non indolore.
Sentii un solletichino
alla nuca, non mi servì girarmi per capire che Jane
era sul punto di parlare.
La cosa che mi stupì invece
fu il tono della sua voce, era sempre stata una ragazzina energica e petulante, ma questa volta la sua voce sembrava provenire da
qualcun altro, da qualcuno di più grande, la sua voce mi ricordava
tremendamente la mia.
-come l’ha presa Edward?-
abbassai lo sguardo e mi concentrai sui miei jeans scuri, non
mi andava di risponderle, di spiegarle quello che avevo dovuto fare..non mi andava e basta.
Alzai le spalle e spicciai
un – così-
Lei mi guardò più
intensamente, conscia che non era quella la risposta giusta, ma non disse
nulla, tornò semplicemente a guardare il paesaggio fuori dal
finestrino, dove le nuvole si stavano diradando e la terra era visibile finalmente a occhio
umano.
La guardai di sottecchi, per
la prima volta aveva paura di incrociare il suo sguardo, perché sapevo che
l’Isabella che avrebbe visto non era la stessa che aveva conosciuto in tutti
questi anni.
Mi morsi il labbro e
ricambiai la cortesia.
-jacob, invece?- soffiai
I muscoli del viso divennero
contratti, il labbro inferiore più pronunciato e delle piccole rughe le si fermarono intorno al naso; feci finta di non averlo
notato e tornai a fissarmi i jeans interessata.
Non mi aspettavo nessuna
risposta, non ce ne era bisogno, ne per lei né per me,
sapevamo entrambe come ci sentivamo e nessuna delle due sentiva la necessita di
parlarne apertamente per mantenere il poco autocontrollo rimasto.
La cosa che non mi sarei
aspettata invece fu il leggero tocco alla mano, un semplice contatto che di
solito era caratteristico degli esseri umani, da qual che avevo letto sui libri
era un modo per supportarsi.
Distesi i muscoli e
ricambiai alla stretta. Probabilmente sarebbe stato buffo a vedere, due vampire
che si tengono per mano i un aereo.
Ma forse agli occhi degli
esseri umani dovevamo sembrare solo due ragazzine mano nella mano, due semplici
amiche, che magari avevano aura di volare e per farsi forza a vicenda si davano
al mano.
In fondo due cose su quattro
erano giuste.
Sospirai e mi rilassai sul
sedile cercando di trovare una postura più consona possibile a una creatura
vivente e chiusi gli occhi.
-Edward, ti devo dire una cosa- sussurrai
Lui mi guardò incuriosito, mentre sul suo volto si
allargava un sorriso dolce e curioso, cercai di memorizzare ogni piccolo
dettaglio di quel vivo così perfetto, mentre nella mia mente mi si allargava
l’idea della separazione.
E faceva male, dannatamente, fottutamente
male.
Trovarsi per poi lasciarsi era una delle cose più
dolorose al mondo, e io lo capivo solo ora.
Cercai di trovare del contegno, ma i miei occhi
continuavano a cadere sui suoi, così dolci, così puri, così innamorati.
A quella parola trasalii.. innamorati…
Non avrei fatto del male solo a me, ma anche a Edward.
La cosa mi uccideva.
Mi morsi il labbro inferiore e scostai i miei occhi
dei suoi, avevo bisogno di sicurezza e determinazione per quello che stavo
per dire, e fissare i suoi occhi non era d’aiuto.
Lui mi guardava attento, probabilmente si aspettava
tutta altra cosa perché il suo sorriso sghembo era spensierato e felice.
Non c’era un modo facile per dirlo, quindi decisi di
dirlo e basta.
-domani devo partire-
Mi era uscita una voce strana, vuota, coma se il
fatto che lo avessi detto ad alta voce lo avesse fatto diventare reale.
O sentii trattenere il fiato.
Alzai leggermente lo sguardo attenta a evitare i suoi
occhi e notai le sopracciglia corrugati ma le labbra
serrate.
Probabilmente nella sua mente era in atto una lotta
straziante per stare zitto e aspettare che continuassi per poi potermi
bombardare di domande.
-devo andare a Volterra-
continuai ormai decisa
Alzai nuovamente lo sguardo e una parte di me si spezzò.
I suoi occhi erano neri, il suo sguardo cupo e i suoi
muscoli facciali contratti.
Lui rimase zitto, in silenzio.
Probabilmente stava valutando cosa dire, cosa fare, o
semplicemente stava cercando di capire quello che avevo detto.
Non fiatai e aspettai che fosse lui a dire qualcosa.
Faceva male, il silenzio, quel dannato silenzio che
ci circondava, sembrava che la stessa foresta avesse optato per il silenzio
assoluto, era come caduta in una stasi di rispetto, terrore,come
se capisse che in quel momento la cosa migliore era non interferie.
Ma a me il silenzio faceva male, ogni istante che
passava era come una martellata al cuore, come un lento ma veloce logoramento
dell’anima.
Era come morire lentamente.
-ti accompagno-
Rispose infine.
Sobbalzai.
Tra tutte le risposte a cui
mi ero preparata quella non si avvicinava nemmeno lontanamente.
-no- risposi troppo veloce
Lui mi guardò dubbioso ma severo.
-non puoi andartene- ringhiò
-devo- risposi
-ma non vuoi- osservò – te lo leggo negli occhi-
Non risposi, rimasi boccheggiante senza sapere cosa
dire.
Poi una luce si fece strada dentro di me, non avevo
altra scelta, ma avrebbe fatto male.
-io voglio tornare a Volterra-
affermai decisa – Volterra è casa mia-
Mi girai e me ne andai.
Lasciandolo
semplicemente solo in mezzo alla foresta.
Potevo sentire il ronzio della
ruota dell’aereo che correva sulla pista,a istanti il comandante avrebbe parlato
comunicando il perfetto atterraggio appena eseguito.
Ma a me non interessava.
Mi slacciai la cintura mentre l’aereo era ancora in movimento e afferrai la
borsa ai miei piedi.
L’hostess più vicino stava
per aprire bocca ma la zitti con uno sguardo
minaccioso.
Jane al mio fianco era pronta come me.
All’apertura delle porte
fummo le prime a uscire, fortunatamente era piena notte quindi non dovevamo
preoccuparci di dare nell’occhio.
Attraversammo l’aeroporto
senza troppi convenevoli e una volta in strada trovammo una macchina a
attenderci.
Un mercedes
nero era parcheggiato al bordo della strada, ghignai soddisfatta e non aspettai
un attimo a salirci,sapevo che l’aveva mandata e la
cosa mi aveva rigenerato come una boccata d’aria fresca.
La campagna italiana era
diventata cupo con l’arrivo del freddo ma poco
importava, anche se fosse stata un viale in fiore quello a condurmi a Volterra
non sarei riuscita comunque ad apprezzare il tutto.
Jane al mio fianco si torturava distrattamente l’orlo
della maglia, troppo sottile per quel periodo, le lanciai un’occhiata per
studiarla e accennai un sorriso.
-andrà tutto bene, non
preoccuparti-
Stranamente le mie parole
sembravano veritiere.
Jane spostò lo sguardo di scatto su di me, per vedere se
stavo mentendo o se ero impazzita.
Probabilmente il ghigno che
mi si era stampato sul viso doveva avere il suo effetto perché la sentii
trattenere il fiato.
Poi il suo sguardo guizzò
sui miei occhi, neri come l’olio.
-hai fame?- soffiò
Io ghignai, non era la fame
quella che mi assaliva, l’avevo sentita appena era scesa dall’aereo, come une
scarica di adrenalina, come una forza disumana spuntarmi dentro, una voglia
pazza di andare fino in fondo a quella faccenda.
-sono solo eccitata- ghignai
– non vedo l’ora di fare a pezzi un po’ di vampiri-
Il mio ghigno si allargava a
vista d’occhio.
Piano piano
stavo cadendo preda dei miei istinti.
Era come se Volterra mi
ricordasse quello che ero veramente.
Un vampiro.
E in nessun altro momento
come quello prima d’ora ne ero felice.
Jane doveva essere rimasta turbata dal mio cambiamento
d’umore, perchè continuava a fissarmi di sottecchi.
Poi finalmente, dopo una
lunga lotta interiore si decise a parlare.
-credi che ce la faremo?-
soffiò timorosa
Io sorrisi, probabilmente il
sorriso più dolce che le avessi mai concesso,
facendola sussultare.
-credo che se non riusciamo
noi a distruggere la monarchia di Volterra, nessun altro potrebbe mai
riuscirci- parlai calma guardando la strada.
Ormai intravedevo le mura di
cinta di Volterra.
Jane mugugnò probabilmente spaventata o agitata.
-io credo che se c’è qualcosa per cui valga la pena morire, quel qualcosa sia
il motivo di tutto questo- affermai pacata
Sentii il suo sguardo incollarsi
alla mia nuca
-credi davvero che
altrimenti potremo vivere?credi davvero che Volterra ce lo
permetterebbe?- non aspettai nessuna risposta
-tu ami Jacob,
vero?- le domandai lanciandole uno sguardo
Lei sussultò.
Era un sì, lo si capiva, o almeno io, ora lo potevo davvero capire.
Avevo capito cos’era
l’amore, perché ci ero sprofondata dentro, inaspettatamente e non per scelta e
per Jane era lo stesso.
Una delle poche cose che
avevo chiare in testa era che non si poteva lottare contro quel sentimento, non
si poteva ignorare, né eclissare dal proprio corpo, l’unica cosa da fare era
accettarlo.
Perché una volta che scopri
l’amore ne diventi totalmente incondizionatamente dipendente.
L’idea di rinunciare a quel
sentimento era impensabile, non c’era modo di toglierselo di dosso, e forse
anche se ci fosse stato non avrei voluto proprio.
-io vivrei una vita di
dannazione per essere felice un solo istante, ma essere veramente felice-
affermai stringendo il volante
Jane mi guardò esterrefatta.
Camminava regolarmente a fianco di suo fratello, Aro
gli aveva fatti chiamare, aveva semplicemente detto che doveva presentargli
qualcuno di importante, ma la cosa non la incuriosiva minimamente.
Normalmente il termine interessante indicava qualcuno
fuori dell’ordinario, ma per lei erano tutti uguali, tutti vampiri bevitori di
sangue, coma lei d’altronde, quindi non riusciva proprio a capire perché
l’urgenza di quella chiamata.
Probabilmente Aro aveva bisogno di qualcuno per
torturare qualche vampiro, prima di ucciderlo, ma quella ormai era semplice e
banale Routine.
Sospirò esasperata guadagnandosi un’occhiataccia da sua fratello più grande.
Il salone della triade era da sempre la sua stanza
preferita, lì poteva essere se stessa pienamente, poteva mangiare, torturare e essere
rispettata.
Perché tutti avevano paura di lei.
Lei era la perla di Aro, l’orgoglio di Volterra.
Avanzarono ancora di qualche passo dopodiché
entrarono nell’immenso salone.
Jane corrugò le sopraciglia
mentre suo fratello si guardava intorno incuriosito.
C’erano tutti, la guardia al gran completo era
radunata nel salone.
Decise di non farci troppo caso e avanzò fino alla
sua postazione, in prima fila di fianco al fratello sotto gli occhi di Aro che
stranamente per la prima volta non la salutò con un sorriso.
Decise di ignorare pure quel mancato gesto di ‘amore’
a lei esclusivamente concesso, probabilmente c’era qualcosa di davvero
importante, magari una guerra imminente.
Non trovava altre spiegazioni.
Si guardò intorno curiosa,
ma non trovò nulla che la potesse aiutare, tutti come lei cercavano
informazioni l’un l’altro, ma nessuno osava proferire parola.
Aro si alzò in piedi e si allargò in un sorriso
seducente.
Molto più largo di quello che faceva a lei.
A dire il vero non aveva mai visto Aro sorridere
così.
Si costrinse a ignorare anche quel segno e portò le
sue attenzioni al suo maestro che stava per iniziare a parlare.
Almeno finalmente avrebbe avuto una spiegazione
logica, o no?
-voglio presentarvi una persona
molto importante- iniziò
Jane lo vide voltare il capo e fare segno a
qualcuno nell’ombra di raggiungerlo.
La figura si fermò a pochi passi da lui ancora con il
cappuccio in testa.
Jane sapeva cosa sarebbe successo ora.
Aro allargò il sorriso e portò le candide mani alla
tela del cappuccio della figura e la fece scivolare.
-lei è Isabella- soffiò affascinato
Jane rimase sbigottita.
Tutto questo tramtram per
una nuova guardia?
Sul suo viso si dipinse una smorfia che cercò di
camuffare nello stesso momento in cui aro tornò a parlare.
-da oggi Isabella si unirà a noi, confido nel fatto
che la facciate sentire a suo agio, lei per noi è
molto speciale-
Come pronunciò l’ultima parola non le piacque
affatto.
Guardò attentamente la ragazza cercando ti coglierne
le vere potenzialità ma l’unica cosa che riuscì a
percepire fù l’innata bellezza, sembrava una bambola
di porcellana.
-Isabella si è rilevata da subito molto speciale-
continuò Aro stringendo gli occhi a due fessure –è infatti
immune al mio potere e a quello dei miei consociati…-
Lasciò la frase in sospeso, poi finalmente si andò a
posare su di lei.
Aro la guardava.
Jane contraccambiò lo
sguardo ammirata, per un attimo aveva pensato che il suo maestro
l’avesse rimpiazzata.
Aro fece segno a lei e a suo fratello di
raggiungerlo.
E lì cambiò tutto.
Jane era stata davvero rimpiazzata, per la
prima volta da quando era entrata nella guardia aveva
fallito.
Il suo potere su quella Isabella non funzionava.
L’aveva odiata, ma la temeva e la cosa le dava un
fastidio dell’anima.
Lei odiava Isabella al contrario di tutti.
Ma poi qualcosa era successo, per sbaglio, ma le era
bastato.
L’odio era scomparso, lasciando posto alla curiosità.
Isabella era diversa, strana ma piacevole.
E quando aveva iniziato a capire che l’apprezzava era
troppo tardi per tornare indietro.
Jane adorava la presenza di Isabella.
Parcheggiai la macchina
senza troppi pensieri e uscii dalla portiera.
Jane al mio fianco aveva seguito le mie mosse, esitando dapprima ma poi acquistando coraggio era giunta al mio
fianco.
Gli scalini di Volterra
erano in pietra rossa, come me li ricordavo e la città non sembrava essere
cambiata minimamente, in fondo perciò mi ero assentata da poco.
Jane si era chiusa in un silenzio cupo e teso ma i suoi
occhi continuavano a studiare ogni risvolto del mio viso, aspettandosi di
leggerci paura o magari agitazione.
Ma io sapevo che non sarebbe
successo.
Avevo lasciato la paura per
un altro momento e l’agitazione non è di per sé la caratteristica che mi veniva associata più spesso.
Assusai intensamente l’aria.
L’odore di moltissimi
vampiri mi entrò nelle narici, probabilmente sapevano già del nostro arrivo.
- sono felice di essere al
tuo fianco- soffiò Jane alle mie spalle, si era
fermata.
Strabuzzai gli occhi e mi
fermai anche io.
Jane era seria e decisa, uno sguardo che l’aveva
abbandonata da quando aveva incontrata il botolo.
Forse Jane
era tornata, non potevo che augurarmelo.
-non te l’ho mai detto, ma
sono felice di affrontare questa battaglia con te al mio fianco…- poi il suo
sguardo si sciolse leggermente fino tramutarsi in un sorriso bellissimo – non potrei desiderare compagna migliore-
Non sapevo cosa dire.
Rimasi ferma immobile a
guardare quella bambina che non lo era più.
Jane non era una bambina e me ne accorgevo solo ora.
Avevamo passato tanti
momenti assieme, per Volterra avevamo lottato spalla a spalla.
E forse Jane era l’unica a
potermi capire davvero.
E forse io ero l’unica a poter capire Jane davvero.
Accennai un sorriso, ma
prima che me ne accorgessi l’avevo già abbracciata.
-neppure io potrei desiderare
compagna migliore- sussurrai tra i suoi capelli.
Passarono alcuni
minuti prima che decidemmo a sciogliere l’abbraccio.
Dopodiché ci bastò un solo
sguardo.
Entrambe avevamo gli occhi
neri con un ghigno stampato in faccia.
Continuammo la scalinata
fino a giungere
alla torre del campanile.
Lì una figura incappucciata
ci aspettava.
Come avevo immaginato il
nostro arrivo era stato avvertito.
Una voce sottile ma profonda
salutò il nostro arrivo.
-Isabella…Jane…-
Jane rispose con un segno del capo.
-sono felice di rivederti Marcus- soffiai con un sorriso
Ok
ok..sò
che mi vorreste ammazzare..
Ho finito sul più belo, vero????
Ma sennò cosa vi spingerebbe a leggere
il prossimo capitolo?
Spero comunque che vi sia piaciuto!
Vorrei ringraziare le 203
persone che hanno aggiunto la mia storia ai preferiti, le 67
che l’hanno aggiunta ai seguiti e soprattutto alle persona
che mi hanno lasciato una recensione!!!!!!
Dal prossimo capitolo ricomincerò a
rispondere alle vostre recensioni!
Quindi non fatele mancare mi raccomando!!!
KISS KISS