-Torni sulla
Terra?
-Sì.
-Capisco.
-Saluterai Karinchan e Yuzuchan e
Isshinsan per conto mio?
-Lo farò.
I due tacquero per un
momento. Tra di loro non c'erano silenzi imbarazzanti, soltanto
attimi di pausa condivisi. I colori caldi del colonnato si fusero
agli ultimi raggi di sole che si scioglievano nel tramonto.
-Vieni?
- riprese Ichigo, serio.
-Tra qualche giorno. Devo aiutarli a
ricostruire.
-Mh – Ichigo annuì, guardandosi attorno
– il
Seireitei è una distesa di rovine. Hanno bisogno di te.
Rukia
tirò un respiro profondo. Volse lo sguardo verso i tetti
distrutti
delle case.
-Mi è sempre parso tanto maestoso –
commentò – e
invece ha conosciuto lo sfacelo proprio come Rukongai.
Ichigo la
osservò per qualche istante, mentre un dubbio prendeva forma
nella
sua mente.
-Tu – incominciò, indeciso sulle parole adatte,
grattandosi la testa – a te piaceva il Seireitei?
-Uh? - lei si
girò, vagamente sorpresa – Perché me lo
chiedi?
-Be', ne parli
come se fosse stato un luogo... estraneo. Come se
tu fossi
sempre rimasta nel Rukongai a guardarlo da lontano.
-In un certo
senso, è così. Non è stato il luogo
delle mie origini. Io sono
nata laggiù.
Con un cenno del capo, indicò un punto grigiastro
in lontananza. Ichigo seguì il suo sguardo, e, per un po',
rimasero
a fissare quel punto, insieme, senza parlare.
Fu lui a riprendere
la parola.
-Ti amavano molto – commentò.
-Mi amavano troppo
– replicò lei, amareggiata. - Ero tutto quello che
avevano, e me
ne sono andata.
-Non te ne sei andata;
ti hanno cancellato i ricordi inerenti a quei due. Non era una tua
colpa – le ricordò, guardandola dritto negli occhi.
Lei abbassò
lo sguardo, abbattuta.
-Ricordi – riprese, a bassa voce –
ricordi quando hai detto a Chadokun: vattene, ci penso io?
-Sì –
ammise, abbassando lo sguardo anche lui.
-Credo che sia stato lo
stesso per loro. All'improvviso, ero in alto, dove non potevano
più
raggiungermi. Credo di averli feriti.
-Non l'hai fatto apposta –
protestò, rialzando il volto su quello di lei. Rukia,
lentamente,
con aria preoccupata, sollevò il viso e gli rivolse
un'occhiata
piena di interrogativi. - Yo, Rukia. Riprenditi – si
accigliò –
dov'è quella Shinigami che mi prende a calci e mi
dà dello stolto?
Oppure sei così determinata solo con me?
Gli parve di scorgere un
mezzo sorriso, un po' amaro.
-Non sono esattamente come tu
immagini – gli disse.
-Invece sì che lo sei – sbuffò
– sei
una testarda. Irascibile e incontentabile. Ti piacciono le cose...
quelle orribili cose kawaii.
Anche se tu non sei
per niente kawaii,
anzi, sei dispotica e scontrosa. Ma sai sacrificare tutto, anche te
stessa, quando si tratta degli altri. E so che sai piangere a quel
modo. Io ho visto il tuo volto quando Byakuya ti ha riportato
quassù,
ti ho vista sperduta quando sono arrivato qui. Rukia, ho visto tutto
di te, quindi non immagino nulla; semplicemente lo so.
Vide
gli occhi blu di Rukia spalancarsi, spaesati, e un lieve riflesso
ballare sulle sue iridi vellutate. Ichigo fece un piccolo
ghigno.
-Quando ti ho conosciuta, non avevi questa espressione –
disse, e lei abbassò uno sguardo improvvisamente timido. -
Ha!
Nemmeno questa.
-Chiudi la bocca – gli ordinò lei, orgogliosa
come sempre; ma non sapeva nascondere l'imbarazzo che quella
rivelazione le aveva provocato.
-Sei cambiata – osservò – sei
cambiata molto.
-No – lei scosse la testa – ho solo lasciato
che tu...
Non completò la frase. Cercò di farlo;
aprì e riaprì
la bocca, poi si mise una mano tra i capelli, aggrottò le
sopracciglia, ma poi tornò a guardarlo, sconfitta.
-Che io,
cosa?
-Che tu vedessi... l'altro.
-Uh?
-Insomma
– si imbronciò – dell'altro.
-Eh...?
– Ichigo alzò un sopracciglio, irriverente, e
Rukia sbuffò.
-Qui
nel Seireitei – borbottò – non ho grado.
Sono la sorella minore
del capitano Kuchiki. Non potevo essere... dispotica
e
scontrosa
– lo guardò in
tralice, un po' offesa.
-In realtà, non lo sei mai con nessuno –
brontolò Ichigo, incrociando le braccia e fissando lo
sguardo oltre
il colonnato – tranne che con me. E Kon, ma picchiare Kon
è
giusto.
-Ha! Tu ti sei presentato a me prendendomi a calci.
-Be',
eri piombata in camera mia da un momento all'altro, non sapevo chi
fossi. L'avresti fatto anche tu – protestò.
Rukia scosse la
testa e si portò una mano alla fronte, sospirando.
Ichigo la
guardò in silenzio.
-Rukia? - la chiamò.
Lei alzò gli occhi
su di lui, in attesa.
-Nulla – mormorò – solo... bah.
Nulla.
-Devi andare?
-Mh. Però...
La guardò fisso,
sperando che lei capisse quello che non capiva nemmeno lui. Ma lei
sembrò corrucciata.
-Cosa significa quello sguardo torvo? - si
stizzì. Fu il turno di Ichigo di passarsi una mano sugli
occhi, e di
scuotere la testa. - Ichigo?
Gli sembrava sempre strano farsi
chiamare per nome da qualcuno. Si sentiva come se lo spogliassero
davanti a tutti.
Se si trattava della sua famiglia, era ok, non
importava. Ma con Rukia era diverso. Più passava il tempo, e
più si
sentiva imbarazzato.
All'inizio, lei era la dea della morte, la
guerriera immortale, la sua guida spirituale.
Adesso che era
semplicemente Rukia, invece, le cose iniziavano a farsi
inspiegabilmente complicate.
-Nulla – mormorò – è che...
merda. Tornerai? Giuri che tornerai?
Di nuovo uno sguardo fisso si
posò su quello di Rukia, e lei capì che il suo
non era uno sguardo
torvo, che non era arrabbiato; raramente Ichigo si arrabbiava,
benché
la sua espressione suggerisse esattamente il contrario. Era soltanto
molto serio. Ed erano due cose diverse.
-Naturalmente
tornerò – replicò quindi, decisa. Lui
sembrava ancora nervoso. -
Tornerò – insistette – quello
è il mio posto.
-Quello... -
la incalzò Ichigo.
-Quel quartiere, la tua casa. La stanza delle
tue sorelle. In realtà, credo ancora che il mio posto sia
dentro a
quell'armadio – sorrise.
Rukia aveva un sorriso timido, limpido,
innocente, che sapeva di speranza.
Non era dolce.
Non era
allegro.
E non era bello, forse.
Ma era così sincero che
sembrava che, quando Rukia sorrideva, stesse affidando tutta se
stessa a colui che la stava guardando.
Ichigo sentì una corrente
in tumulto scendergli dagli occhi allo stomaco, paralizzato davanti
al suo volto. Una mano si allungò impercettibilmente verso
di lei,
contro la sua volontà.
-Rukia – la chiamò, ma la sua voce si
spezzò a metà.
-Mh?
Continuò a guardarla, incerto, incapace
di capire cosa volesse dire. Riuscì solo a chiamarla ancora.
-Rukia
– ripeté, inquieto.
-Che c'è, Ichigo?
-Forse – mormorò –
forse voglio solo sapere che mi senti.
Lei gli si avvicinò di
qualche passo.
-Capisco – disse – dopo tutto quello che
è
successo.
-Io non ti avevo dimenticata – le disse
all'improvviso. Lei annuì.
-Lo so.
-Per un attimo... - strinse
i denti – anch'io. Ti avevo dimenticata. Poi ti ho sognata...
e
quando mi sono svegliato, ero sudato e avevo i battiti impazziti,
perché per un attimo ti avevo dimenticata. Non so
perché sono corso
qui. Non lo so.
Lei non parlò; aveva un'espressione confusa,
agitata. Si limitò ad ascoltarlo.
-Non tornerò senza di te –
affermò, d'un tratto determinato – tornerai a
Tokyo. In quel
quartiere e in quella casa.
-C'è un posto... per me,
nell'armadio? - chiese Rukia, con uno dei suoi sorrisi insicuri.
-Non
capisci – Ichigo scosse la testa – il tuo posto
è qui, di fianco
a me. Quando combattiamo, o anche a colazione. O mentre ci laviamo i
denti, o sulla scrivania, mentre leggo i manga. Tu... fa' i tuoi
stupidi disegnini, o quello che vuoi, ok?
Lei aprì la bocca, ma
non disse nulla. Scorse sul suo visino pallido l'espressione
più
indifesa che gli fosse mai capitato di vedere.
Era disarmante,
Rukia, perché in quei momenti era disarmata anche lei.
-Non...
non avevo mai urlato per nessuno – ammise, imbronciato per la
portata della confessione – non lo so. Hai cambiato la mia
vita, è
vero. Ma hai cambiato anche me.
Lei
tacque, ma il suo sguardo confuso rimase puntato su Ichigo. Lui le
restituì un'occhiata decisa.
-Tu mi dici che mi hai mostrato
dell'altro, su di te –
continuò – be', mi hai mostrato dell'altro anche
su di me.
Da quando ci sei, non sento più quella rabbia di un tempo. E
quando
non c'eri, era come quando se n'è andata mia madre. Solo che
questa
volta ho cercato la forza di combattere. - La guardò tanto
intensamente che Rukia indietreggiò. - Dove l'hai trovata,
quella
forza dentro di me? Tu
l'hai tirata fuori. Sei stata tu. Come?
Lei
scosse la testa, chiuse gli occhi.
Poi li riaprì e sulla loro
superficie blu notte c'era la stessa elegante determinazione che
l'aveva sempre contraddistinta.
-Credo che entrambi abbiamo...
trovato qualcosa – gli disse soltanto.
Ichigo annuì.
-Tornerai
– affermò – e se non lo farai, io ti
verrò a prendere.
La
luce dorata del tramonto li avvolse, e assieme ammirarono il cielo
colorato come un acquerello. Rukia, incapace di parlare,
respirò a
fondo l'aria pulita di quell'altura, e le parve quasi di sentire
un'infusione di vita e vigore. Ichigo disse ancora qualche
parola.
-Prima, quando sei caduta, ti ho afferrata. L'ho fatto
anche quando ti hanno giustiziata e portata quassù. Beh,
sappi che
lo farò ancora. Lo farò sempre
se ti metterai nei casini un'altra volta, chiaro?
Lei annuì e non
parlò; in quei momenti non riusciva mai a dire nulla.
Subito dopo
si girarono l'uno verso l'altro e i loro occhi si incontrarono.
Ichigo notò che gli occhi di Rukia, un tempo così
seri e
determinati – proprio identici ai suoi – ora erano
più lucenti,
ed erano anche spaesati, catturati dalla sua persona.
Sì, Rukia
era cambiata.
Fu mentre lo pensava che lei finalmente parlò, e
gli disse:
-Ichigo. I tuoi occhi sono cambiati.
-Dici? - fece
lui, e un sorriso iniziò a nascergli sulle labbra.
-Sì. Sono
meno rabbiosi, meno tristi. Seri, ma non più gravi. Il tuo
sguardo
si è... come dite, voi? Addolcito?
Quel
sorriso che premeva per uscire si aprì sul volto di Ichigo,
mentre
continuava a guardarla; lei sembrò innervosirsi, era
evidentemente
confusa, non sapeva come fare. Ma alla fine semplicemente scosse la
testa e si voltò verso di lui, con lo stesso sorriso deciso
che lui
le aveva rivolto.
Il sorriso di due guerrieri che correvano fianco
a fianco in battaglia.
(Nda:
io ho un problema con questi due, davvero. Parto che voglio fargli
dire/fare delle cose... e finisce che loro fanno quello che gli pare
XD è allucinante, eh.
Il punto è che ho voluto assolutamente
rimanere IC, perché odio che i personaggi vengano snaturati:
una
Rukia svenevole o un Ichigo Edward Cullen mi avrebbero fatto
rivoltare lo stomaco e comunque avrebbero offeso la natura shonen di
questo manga.
Tuttavia, mi sembrava importante sottolineare il
cambiamento – che è stato enfatizzato molto in
FtB, ma si nota
decisamente anche nel corso del manga – che i due hanno
operato
l'uno sull'altra.
Verrebbe da pensare – ed è la mia teoria
–
che Orihime, così dolce e allegra e figa XD, avrebbe dovuto
essere la
persona più adatta a cambiare Ichigo... sono della teoria
degli
opposti che si attraggono, sapete XD eppure a Ichigo a quanto pare
c'è voluta una che, come lui, sembrasse portare il peso
delle
esperienze. È palese che Rukia l'abbia cambiato, reso
più
malleabile, più protettivo, più calmo e
soprattutto più forte.
Mentre lei di fronte a lui mostra quella parte dittarotiale, eppure
sincera, di sé che davanti ad altri non mostra,
così come alla fine si rivela a lui nella sua natura
piuttosto fragile e vulnerabile.
Il bello è
che cambiamenti reciproci di questo genere sono all'ordine del giorno
negli shojo, ma in Bleach
è fantastico perché non viene detto, ma
è così evidente che il
lettore se ne accorge da sé.
Ah, un'ultima cosa: il titolo è tratto dalla prima sigla finale, "Thank you", che è una cosa IchiRuki ai massimi livelli XD.
E con ciò vi
saluto XD fatemi sapere se vi è piaciuta ^^!)