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Autore: The Corpse Bride    23/11/2009    6 recensioni
[ Basato sul film "Fade to Black" ]
E' un dialogo tra Ichigo e Rukia, ambientato alla fine del film, quando i due rimangono soli nel colonnato... chissà cosa si sono detti in quei momenti ;D
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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-Torni sulla Terra?
-Sì.
-Capisco.
-Saluterai Karinchan e Yuzuchan e Isshinsan per conto mio?
-Lo farò.
I due tacquero per un momento. Tra di loro non c'erano silenzi imbarazzanti, soltanto attimi di pausa condivisi. I colori caldi del colonnato si fusero agli ultimi raggi di sole che si scioglievano nel tramonto.
-Vieni? - riprese Ichigo, serio.
-Tra qualche giorno. Devo aiutarli a ricostruire.
-Mh – Ichigo annuì, guardandosi attorno – il Seireitei è una distesa di rovine. Hanno bisogno di te.
Rukia tirò un respiro profondo. Volse lo sguardo verso i tetti distrutti delle case.
-Mi è sempre parso tanto maestoso – commentò – e invece ha conosciuto lo sfacelo proprio come Rukongai.
Ichigo la osservò per qualche istante, mentre un dubbio prendeva forma nella sua mente.
-Tu – incominciò, indeciso sulle parole adatte, grattandosi la testa – a te piaceva il Seireitei?
-Uh? - lei si girò, vagamente sorpresa – Perché me lo chiedi?
-Be', ne parli come se fosse stato un luogo... estraneo. Come se tu fossi sempre rimasta nel Rukongai a guardarlo da lontano.
-In un certo senso, è così. Non è stato il luogo delle mie origini. Io sono nata laggiù.
Con un cenno del capo, indicò un punto grigiastro in lontananza. Ichigo seguì il suo sguardo, e, per un po', rimasero a fissare quel punto, insieme, senza parlare.
Fu lui a riprendere la parola.
-Ti amavano molto – commentò.
-Mi amavano troppo – replicò lei, amareggiata. - Ero tutto quello che avevano, e me ne sono andata.
-Non te ne sei
andata; ti hanno cancellato i ricordi inerenti a quei due. Non era una tua colpa – le ricordò, guardandola dritto negli occhi.
Lei abbassò lo sguardo, abbattuta.
-Ricordi – riprese, a bassa voce – ricordi quando hai detto a Chadokun: vattene, ci penso io?
-Sì – ammise, abbassando lo sguardo anche lui.
-Credo che sia stato lo stesso per loro. All'improvviso, ero in alto, dove non potevano più raggiungermi. Credo di averli feriti.
-Non l'hai fatto apposta – protestò, rialzando il volto su quello di lei. Rukia, lentamente, con aria preoccupata, sollevò il viso e gli rivolse un'occhiata piena di interrogativi. - Yo, Rukia. Riprenditi – si accigliò – dov'è quella Shinigami che mi prende a calci e mi dà dello
stolto? Oppure sei così determinata solo con me?
Gli parve di scorgere un mezzo sorriso, un po' amaro.
-Non sono esattamente come tu immagini – gli disse.
-Invece sì che lo sei – sbuffò – sei una testarda. Irascibile e incontentabile. Ti piacciono le cose... quelle orribili cose
kawaii. Anche se tu non sei per niente kawaii, anzi, sei dispotica e scontrosa. Ma sai sacrificare tutto, anche te stessa, quando si tratta degli altri. E so che sai piangere a quel modo. Io ho visto il tuo volto quando Byakuya ti ha riportato quassù, ti ho vista sperduta quando sono arrivato qui. Rukia, ho visto tutto di te, quindi non immagino nulla; semplicemente lo so.
Vide gli occhi blu di Rukia spalancarsi, spaesati, e un lieve riflesso ballare sulle sue iridi vellutate. Ichigo fece un piccolo ghigno.
-Quando ti ho conosciuta, non avevi questa espressione – disse, e lei abbassò uno sguardo improvvisamente timido. - Ha! Nemmeno questa.
-Chiudi la bocca – gli ordinò lei, orgogliosa come sempre; ma non sapeva nascondere l'imbarazzo che quella rivelazione le aveva provocato.
-Sei cambiata – osservò – sei cambiata molto.
-No – lei scosse la testa – ho solo lasciato che tu...
Non completò la frase. Cercò di farlo; aprì e riaprì la bocca, poi si mise una mano tra i capelli, aggrottò le sopracciglia, ma poi tornò a guardarlo, sconfitta.
-Che io, cosa?
-Che tu vedessi... l'
altro.
-Uh?
-Insomma – si imbronciò – dell'
altro.
-Eh...? – Ichigo alzò un sopracciglio, irriverente, e Rukia sbuffò.
-Qui nel Seireitei – borbottò – non ho grado. Sono la sorella minore del capitano Kuchiki. Non potevo essere...
dispotica e scontrosa – lo guardò in tralice, un po' offesa.
-In realtà, non lo sei mai con nessuno – brontolò Ichigo, incrociando le braccia e fissando lo sguardo oltre il colonnato – tranne che con me. E Kon, ma picchiare Kon è giusto.
-Ha! Tu ti sei presentato a me prendendomi a calci.
-Be', eri piombata in camera mia da un momento all'altro, non sapevo chi fossi. L'avresti fatto anche tu – protestò.
Rukia scosse la testa e si portò una mano alla fronte, sospirando.
Ichigo la guardò in silenzio.
-Rukia? - la chiamò.
Lei alzò gli occhi su di lui, in attesa.
-Nulla – mormorò – solo... bah. Nulla.
-Devi andare?
-Mh. Però...
La guardò fisso, sperando che lei capisse quello che non capiva nemmeno lui. Ma lei sembrò corrucciata.
-Cosa significa quello sguardo torvo? - si stizzì. Fu il turno di Ichigo di passarsi una mano sugli occhi, e di scuotere la testa. - Ichigo?
Gli sembrava sempre strano farsi chiamare per nome da qualcuno. Si sentiva come se lo spogliassero davanti a tutti.
Se si trattava della sua famiglia, era ok, non importava. Ma con Rukia era diverso. Più passava il tempo, e più si sentiva imbarazzato.
All'inizio, lei era la dea della morte, la guerriera immortale, la sua guida spirituale.
Adesso che era semplicemente Rukia, invece, le cose iniziavano a farsi inspiegabilmente complicate.
-Nulla – mormorò – è che... merda. Tornerai? Giuri che tornerai?
Di nuovo uno sguardo fisso si posò su quello di Rukia, e lei capì che il suo non era uno sguardo torvo, che non era arrabbiato; raramente Ichigo si arrabbiava, benché la sua espressione suggerisse esattamente il contrario. Era soltanto molto serio. Ed erano due cose diverse.
-
Naturalmente tornerò – replicò quindi, decisa. Lui sembrava ancora nervoso. - Tornerò – insistette – quello è il mio posto.
-Quello... - la incalzò Ichigo.
-Quel quartiere, la tua casa. La stanza delle tue sorelle. In realtà, credo ancora che il mio posto sia dentro a quell'armadio – sorrise.
Rukia aveva un sorriso timido, limpido, innocente, che sapeva di speranza.
Non era dolce.
Non era allegro.
E non era bello, forse.
Ma era così sincero che sembrava che, quando Rukia sorrideva, stesse affidando tutta se stessa a colui che la stava guardando.
Ichigo sentì una corrente in tumulto scendergli dagli occhi allo stomaco, paralizzato davanti al suo volto. Una mano si allungò impercettibilmente verso di lei, contro la sua volontà.
-Rukia – la chiamò, ma la sua voce si spezzò a metà.
-Mh?
Continuò a guardarla, incerto, incapace di capire cosa volesse dire. Riuscì solo a chiamarla ancora.
-Rukia – ripeté, inquieto.
-Che c'è, Ichigo?
-Forse – mormorò – forse voglio solo sapere che mi senti.
Lei gli si avvicinò di qualche passo.
-Capisco – disse – dopo tutto quello che è successo.
-Io non ti avevo dimenticata – le disse all'improvviso. Lei annuì.
-Lo so.
-Per un attimo... - strinse i denti – anch'io. Ti avevo dimenticata. Poi ti ho sognata... e quando mi sono svegliato, ero sudato e avevo i battiti impazziti, perché per un attimo ti avevo dimenticata. Non so perché sono corso qui. Non lo so.
Lei non parlò; aveva un'espressione confusa, agitata. Si limitò ad ascoltarlo.
-Non tornerò senza di te – affermò, d'un tratto determinato – tornerai a Tokyo. In quel quartiere e in quella casa.
-C'è un posto... per me, nell'armadio? - chiese Rukia, con uno dei suoi sorrisi insicuri.
-Non capisci – Ichigo scosse la testa – il tuo posto è qui, di fianco a me. Quando combattiamo, o anche a colazione. O mentre ci laviamo i denti, o sulla scrivania, mentre leggo i manga. Tu... fa' i tuoi stupidi disegnini, o quello che vuoi, ok?
Lei aprì la bocca, ma non disse nulla. Scorse sul suo visino pallido l'espressione più indifesa che gli fosse mai capitato di vedere.
Era disarmante, Rukia, perché in quei momenti era disarmata anche lei.
-Non... non avevo mai urlato per nessuno – ammise, imbronciato per la portata della confessione – non lo so. Hai cambiato la mia vita, è vero. Ma hai cambiato anche
me.
Lei tacque, ma il suo sguardo confuso rimase puntato su Ichigo. Lui le restituì un'occhiata decisa.
-Tu mi dici che mi hai mostrato dell'
altro, su di te – continuò – be', mi hai mostrato dell'altro anche su di me. Da quando ci sei, non sento più quella rabbia di un tempo. E quando non c'eri, era come quando se n'è andata mia madre. Solo che questa volta ho cercato la forza di combattere. - La guardò tanto intensamente che Rukia indietreggiò. - Dove l'hai trovata, quella forza dentro di me? Tu l'hai tirata fuori. Sei stata tu. Come?
Lei scosse la testa, chiuse gli occhi.
Poi li riaprì e sulla loro superficie blu notte c'era la stessa elegante determinazione che l'aveva sempre contraddistinta.
-Credo che entrambi abbiamo... trovato qualcosa – gli disse soltanto.
Ichigo annuì.
-Tornerai – affermò – e se non lo farai, io ti verrò a prendere.
La luce dorata del tramonto li avvolse, e assieme ammirarono il cielo colorato come un acquerello. Rukia, incapace di parlare, respirò a fondo l'aria pulita di quell'altura, e le parve quasi di sentire un'infusione di vita e vigore. Ichigo disse ancora qualche parola.
-Prima, quando sei caduta, ti ho afferrata. L'ho fatto anche quando ti hanno giustiziata e portata quassù. Beh, sappi che lo farò ancora. Lo farò
sempre se ti metterai nei casini un'altra volta, chiaro?
Lei annuì e non parlò; in quei momenti non riusciva mai a dire nulla.
Subito dopo si girarono l'uno verso l'altro e i loro occhi si incontrarono. Ichigo notò che gli occhi di Rukia, un tempo così seri e determinati – proprio identici ai suoi – ora erano più lucenti, ed erano anche spaesati, catturati dalla sua persona.
Sì, Rukia era cambiata.
Fu mentre lo pensava che lei finalmente parlò, e gli disse:
-Ichigo. I tuoi occhi sono cambiati.
-Dici? - fece lui, e un sorriso iniziò a nascergli sulle labbra.
-Sì. Sono meno rabbiosi, meno tristi. Seri, ma non più gravi. Il tuo sguardo si è... come dite, voi?
Addolcito?
Quel sorriso che premeva per uscire si aprì sul volto di Ichigo, mentre continuava a guardarla; lei sembrò innervosirsi, era evidentemente confusa, non sapeva come fare. Ma alla fine semplicemente scosse la testa e si voltò verso di lui, con lo stesso sorriso deciso che lui le aveva rivolto.
Il sorriso di due guerrieri che correvano fianco a fianco in battaglia.




(Nda: io ho un problema con questi due, davvero. Parto che voglio fargli dire/fare delle cose... e finisce che loro fanno quello che gli pare XD è allucinante, eh.
Il punto è che ho voluto assolutamente rimanere IC, perché odio che i personaggi vengano snaturati: una Rukia svenevole o un Ichigo Edward Cullen mi avrebbero fatto rivoltare lo stomaco e comunque avrebbero offeso la natura shonen di questo manga.
Tuttavia, mi sembrava importante sottolineare il cambiamento – che è stato enfatizzato molto in FtB, ma si nota decisamente anche nel corso del manga – che i due hanno operato l'uno sull'altra.
Verrebbe da pensare – ed è la mia teoria – che Orihime, così dolce e allegra e figa XD, avrebbe dovuto essere la persona più adatta a cambiare Ichigo... sono della teoria degli opposti che si attraggono, sapete XD eppure a Ichigo a quanto pare c'è voluta una che, come lui, sembrasse portare il peso delle esperienze. È palese che Rukia l'abbia cambiato, reso più malleabile, più protettivo, più calmo e soprattutto più forte. Mentre lei di fronte a lui mostra quella parte dittarotiale, eppure sincera, di sé che davanti ad altri non mostra, così come alla fine si rivela a lui nella sua natura piuttosto fragile e vulnerabile.
Il bello è che cambiamenti reciproci di questo genere sono all'ordine del giorno negli shojo, ma in
Bleach è fantastico perché non viene detto, ma è così evidente che il lettore se ne accorge da sé.
Ah, un'ultima cosa: il titolo è tratto dalla prima sigla finale, "Thank you", che è una cosa IchiRuki ai massimi livelli XD.
E con ciò vi saluto XD fatemi sapere se vi è piaciuta ^^!)

  
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