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Autore: CowgirlSara    17/06/2005    7 recensioni
Fanfic basata su "Le Crociate". Un breve, ma intenso, monologo interiore per Balian, prima della battaglia finale. I dubbi, le certezze, i dolori e le passioni, nelle parole che non riesce a pronunciare.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quante cose vorrei dirti, Sibilla

Down in dry county

They’re swimming in the sand

Praying for some holy water

To wash the sins from off our hands

(Dry County – Bon Jovi)

Quante cose vorrei dirti, Sibilla. Ma guardo i tuoi grandi occhi smarriti, persi di fronte ai sensi di colpa ed a qualcosa di troppo più grande di te, di me, di noi tutti, e mi mancano le parole.

Un tempo, le fanciulle che portavano il tuo nome, prevedevano gli eventi. Vorrei che potessi dirmi se vedrò l’alba di domani, se quel giorno sarà l’ultimo per me.

Ma ormai sono qui e combatto. Per volere di mio padre, di tuo fratello e, se ci credessi ancora, perfino per volere di Dio. Ma dove sta Dio, in mezzo a questo scontro che ci circonda?

La pace sta solo nel volere degl’uomini, ma finché non capiranno che la tolleranza è più soddisfacente della guerra, tutto questo continuerà. È troppo semplice odiare ciò che è diverso, invece di cercare di capire, e trincerarsi dietro la fede lo è ancora di più.

E allora, forse, sarebbe meglio che il Saladino venisse e distruggesse questa Città Santa, che sembra il punto d’origine di ogni odio. Tanto so che non lo farà mai.

Vorrei, davvero, dirti tante cose, Sibilla. Vorrei dirti che ti amo, ma ora non mi sembra poi così indispensabile. Vorrei raccontarti che avevo una moglie, era bella e fragile come quei piccoli fiori che nascono ai bordi delle strade, nella fredda Francia, e io amavo anche lei; e avevo un figlio, che era come sua madre, l’inverno lo ha portato via prima che potesse chiamarmi padre.

E avevo un padre, che in una gelida alba è stato ferito per difendermi, che è morto senza mai conoscermi davvero.

Ma il sole arde troppo forte, in questa terra che chiamano Santa, per pensare agli inverni francesi; qui i fiori hanno bisogno di spine, per crescere su questo suolo bagnato di sangue.

E allora, forse, dopotutto, questo è il mio posto; in fondo, hanno sempre detto di me che sono scorbutico e altezzoso. Ed è il posto per te, che ci sei cresciuta, ma chissà, il vento caldo del deserto è troppo forte anche per te, ora?

Magari non è il posto per nessuno, e Gerusalemme non esiste, perché non voglio credere che questa città, che per sua natura si concede ad ogni cultura, sia anche il punto in cui le culture si dividono, fino all’odio.

Vorrei chiederti dov’è il perdono predicato dal Cristo, perché i nostri peccati, bagnati dal Suo sacrificio, sono ancora qui, e l’uomo combatte per il predominio sull’uomo, con avidità, senza compassione. A che cosa è servita la Sua morte sulla Croce? Solo a farci uccidere per il pezzo di arida terra dove fu versato il Suo sangue, per non lasciarla agli infedeli. Infedeli a cosa, poi? Alla fine, il loro, è solo un altro modo di chiamare lo stesso Dio.

Ma io sono qui e combatto. Anche se il senso di tutto questo ancora mi sfugge.

Io, il maniscalco creato cavaliere da un padre estraneo e spedito in terra straniera, a compiere un dovere che, non si sa come, è diventato mio.

Ma ero un uomo che aveva perso ogni cosa, in fuga, che pensava che morire combattendo per la fede lo avrebbe salvato dai suoi peccati; mi sono aggrappato ad un ideale, alle parole di mio padre, a quelle di Baldovino, anche se ho capito ben presto che non sarebbe stata la fede a salvarmi.

Verrebbe, dunque, da domandarsi perché io abbia fatto questa scelta. Qualcuno potrebbe dire che mi ci sono semplicemente trovato in mezzo. Io posso assicurarti che se sono qui, non è perché mi ci hanno trascinato. Io l’ho deciso.

E non per la fede in Dio, nella sua Chiesa corrotta, o nell’autorità di chicchessia, ma solo perché ho compreso che ciò in cui credeva mio padre, e tuo fratello anche, non era la sete di potere, la cupidigia e la guerra, bensì la pace e la salvezza del popolo.

È per questo che io combatto. Ora lo so.

Lo farò fino all’ultima goccia di sangue, all’ultimo respiro, con tutta la mia forza; difenderò gli abitanti di questa città santa e maledetta, perché essi non hanno colpa di ciò che queste mura rappresentano.

Ormai so qual è il mio dovere. Forse morirò, in questa battaglia, ma non posso tirami indietro, ora che gli abitanti di Gerusalemme sono stati lasciati soli, abbandonati da un re morto troppo presto, da un maresciallo che ha perso la fede, da mio padre… che la sua speranza l’aveva trovata in me, ma non ha potuto goderne.

Allora è giusto che sia io a portare la speranza a questa gente, e forse la loro fiducia mi ripagherà di ciò che ho perso, forse sarà questa fede a salvarmi.

Ho paura, e non lo nego, solo un pazzo lo farebbe. I saraceni si avvicinano, potrebbe essere l’ultimo giorno. Ti guardo, oltre questa tenda sottile, che ci divide come farebbe ugualmente un poderoso muro; mi chiedo a cosa pensi, ma ti vedo piangere e comprendo.

Oh, Sibilla, nel profondo del mio cuore, in un punto in cui non oso andare in questo momento, c’è solo il desiderio di essere altrove, con te.

Ci vedo seduti sull’erba, sulle colline della Francia, a veder fiorire i meli, il cielo è azzurro sopra di noi e davanti c’è un futuro che, seppur incerto, profuma di primavera.

Ma non oso chiederti di andar via, non possiamo farlo, io lo so, tu lo sai, entrambi abbiamo una battaglia da combattere; che sia più dura la tua, con i dubbi e i tormenti del tuo cuore, o la mia, contro le scimitarre saracene, solo il futuro lo potrà dire, ma quello che conta, adesso, è non tirarsi indietro.

Se sopravviveremo, e sapremo ritrovarci infine, dipenderà dalla forza con cui combatteremo. Ma io so che tu sei forte, ce la farai.

Quanto a me… se in fondo al tuo cuore resta ancora un po’ di fede, rivolgi una preghiera per quest’uomo testardo e silenzioso, che trattiene le parole troppo a lungo, fin quando non diventano troppe, per essere dette.

So che dovrò trovarle e farle uscire, domani, quando il Saladino attaccherà, perché dovrò parlare a questi uomini e risvegliare in loro la lealtà e il coraggio proprio dei cavalieri, esattamente come è successo anche a me.

Non ero nessuno, ora guido questa gente; non so se merito quel che mi è stato concesso, ma la mia battaglia ora è questa, che sia il mio destino oppure no.

Tu restami accanto, anche se non so chiedertelo, forse perché sono troppo orgoglioso, o forse perché ho paura, ma ho bisogno di sapere che ci sei, che ne usciremo insieme, in un modo o nell’altro.

Mi hai chiesto di proteggervi e lo farò. È l’unica cosa che desidero fare, in fondo. Sono pronto, ora, venga pure il regno dei cieli, io non ho paura del giudizio di Dio, né di quello delle umane genti. Io non combatto per odio o per ambizione, ma solo per la pace e la libertà, senza colore o culto, per quelle cose che il popolo di Gerusalemme chiede più forte.

Ho solo un timore, e non so da cosa provenga, ma credo che, finché questa città continuerà ad esistere, non smetteranno le battaglie, le vittorie da una parte e dall’altra; solo la tolleranza potrebbe mettere fine a questa eterna guerra, ma tutti sappiamo che essa è molto lontana dal cuore degli uomini, io lo so bene, la nostra natura ci tradirà sempre.

Non per questo rinuncerò, o abbandonerò la spada, e ciò dimostra che sto già sbagliando, ma non conosco altro modo, ora è troppo tardi per le parole; non si dovrebbe mai arrivare a questo punto, ma non è dipeso da me, adesso possiamo solo difenderci.

La notte sta scendendo, le sue dita scure accarezzano già le mura; il sole rosseggia ancora, oltre le colline, là, nel deserto. Domani si deciderà la nostra vita ed io vorrei aver trovato la voce per parlarti, Sibilla.

Avrei voluto confessarti tutto quello che c’è nel mio cuore in questo momento, ma spero che la mia promessa ed il mio sguardo abbiamo potuto esprimere almeno un poco di quel che provo. Non sono buono a parlare.

Quando l’alba tingerà di porpora il cielo d’oriente, allora non ci sarà più tempo per le parole, dovranno essere poche e decise, un’esitazione potrebbe significare la morte, o peggio, la sconfitta degli ideali per cui combatto. Ma io non esiterò, non lo farò più, troverò al forza, troverò la voce.

E, se domani a quest’ora, avrò guadagnato un giorno di vita, forse proverò a parlarti davvero, ad aprirti questo cuore indurito come questa terra santa. Io ci proverò, ma tu, mi aiuterai vero?

Buonanotte, ora, buonanotte.

   
 
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