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Autore: bluemary    18/06/2005    38 recensioni
Io non posso morire. E questa è la mia maledizione
Genere: Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io non posso morire
E questa è la mia maledizione.

Piove.
Piove sempre quando capito in un nuovo villaggio, quasi la mia venuta fosse presagio di lacrime.
Mi dirigo verso la locanda, scivolando nelle tenebre di una sera troppo anticipata come un invisibile spirito della notte.
Entro nella sala affollata e, dopo aver ordinato la cena, mi siedo al tavolo più lontano dal camino acceso.
Sento gli occhi di tutti gli avventori puntati su di me, ma nessuno di loro riesce realmente a penetrare l’oscurità del mio cappuccio e del mio sguardo; da tempo ho ormai imparato a mantenere la mia solitudine: i miei modi bruschi e l’espressione quasi crudele scoraggiano la maggior parte delle persone a rivolgermi la parola.
E questo è il mio scopo.
Una come me deve rimanere sola.

-Ricorda, sarai sola e nessuno ti offrirà aiuto, perché questo metterebbe a repentaglio la sua vita.
Sarai sola e solo la tua mano potrà asciugare le tue lacrime.-

Due uomini palesemente ubriachi cercano di convincermi a salire in camera con loro.
Non rispondo, ma sollevo lo sguardo in modo che vedano bene il mio volto.
Loro si bloccano all’improvviso, poi si allontanano velocemente, incespicando l’uno sull’altro, mentre la gente vicino a loro si chiede cos’abbiano visto di sconvolgente.
Io sorrido brevemente, pensando a cos’ho mostrato loro.
Un volto inespressivo, vuoto e gelido al tempo stesso.
Lo stesso volto che vedo ogni mattina allo specchio.
Finisco di mangiare e mi dirigo verso la camera che ho affittato per la notte.
Un tempo mi vestivo con abiti maschili per avere meno fastidi, consapevole che per quanto la mia espressione potesse essere dura, la mia figura femminile avrebbe potuto destare un qualche interesse negli uomini, poi ho imparato a non averne bisogno. Sono state rare le volte che ho sguainato la spada per difendermi.
Accarezzo l’elsa perfettamente liscia dell’unica compagna che ho avuto in questi ultimi anni.
La spada l’ho sempre sguainata per attaccare.

La mattina mi sveglia un raggio di sole che, per quanto caldo, mi lascia completamente indifferente.
Esco dalla locanda in silenzio, senza guardare in faccia nessuno dei pochi clienti seduti a bere al bancone fin dalle prime ore della giornata.
Dei passi pesanti dietro di me.
-Ehi, aspetta!-
Mi fermo bruscamente, voltando appena la testa per vedere chi mi vuole disturbare.
-Come ti chiami, ragazzina?- mi chiede un uomo poco più grande di me con un sorriso così aperto e sincero da stupirmi.
-Il mio nome non ti riguarda.- la risposta, ripetuta tante volte da aver perso ormai sapore, è meno brusca del solito, ma questo calore tanto spontaneo e raro mi confonde.
-Scusa, forse prima avrei dovuto presentarmi. Puoi perdonare la mia maleducazione?-
Lo guardo aspettando che si allontani, con appena un’ombra di tristezza per un contatto umano così fuggevole.
Una debolezza che non pensavo di avere. Non più, dopo tutti questi anni.
L’uomo non si muove, continua a fissarmi con i suoi penetranti occhi azzurri, senza perdere il sorriso che dona alla sua espressione un qualcosa di fanciullesco.
-Io sono Rayen.- mi tende una mano che non stringo, il suo sguardo paziente cerca di scalfire la corazza di solitudine che mi sono costruita in questi anni. E’ la prima volta che qualcuno non si fa scoraggiare dai miei silenzi.
Abbassa la mano quasi con imbarazzo, ma il suo viso continua ad esprimere una cordiale amicizia.
-Dove devi andare?-
Non rispondo e ricomincio a camminare.
-Ehi, puoi rispondermi tranquillamente, non ho nessuna intenzione di importunarti!- mi sorride con aria rassicurante.
-Nord.-
-Allora vengo con te. Non è sicuro per una ragazza camminare in questi luoghi senza scorta.-
Il suo tono protettivo mi fa sorridere, una pallida piega delle labbra che non ha la forza di risultare ironica.
-Io viaggio da sola.-
Da quando una portatrice di morte ha bisogno di protezione?
-Non ti spaventa affrontare i pericoli di questa foresta senza un compagno?-
Non rispondo a parole, ma scosto con delicatezza un lembo del mio mantello, lasciando intravedere la mia spada

Una lama leggera e perfettamente bilanciata, di un colore azzurrino che sembra risplendere di mille sfumature.
L’elsa liscia e priva di decorazioni è bianca con i riflessi argentei.
Per chiunque la veda, questa spada è un insieme di armonia e lucentezza.
Anche senza toccarla è evidente quanto sia affilata e letale.

Lui la fissa stupito e, quasi timoroso, mi chiede di poterla prendere in mano.
Un attimo di indecisione, poi, con un lieve stupore per quello che sto per fare, la estraggo dal fodero e gliela porgo.
Me la restituisce dopo qualche minuto, prima di continuare il suo interrogatorio.
-Chi sei?-
-A volte sono una cacciatrice. A volte sono una preda.- la mia voce è talmente sommessa che la sente a mala pena
Per la prima volta incontro il suo sguardo, intravedendo i miei occhi di ghiaccio specchiati nei suoi.
Un volto duro e bellissimo al tempo stesso, per un attimo mi vedo esattamente come gli appaio.
Distolgo lo sguardo.
-E di cosa?-
La sua curiosità sta diventando irritante.
-Demoni.-
Per un attimo sorride, convinto che io stia scherzando, poi coglie la mia espressione impassibile e lo vedo impallidire.
-Potresti morire! Non ti spaventa l’idea?!-
Come potrebbe, visto che la morte io l’ho già vissuta?

Apro gli occhi.
Non pensavo di poter provare così tanto dolore in una volta sola.
Tossico convulsamente nella polvere, sentendo la mia vita scivolare via una goccia alla volta dallo squarcio che mi attraversa il torace.
Lui se n’è appena andato.
Faccio un altro, faticoso respiro, sperando che tutto finisca al più presto.

Scuoto la testa.
-Perché lo fai?-
-Mi è stato offerto.-

All’improvviso una figura dai lunghi capelli argentati mi compare davanti agli occhi.
Nella mia agonia non riesco a capire se il volto che sto fissando appartiene ad un uomo o ad una donna.
-Stai soffrendo?- la sua voce non ha età, per un attimo il dolore scompare, perso in queste parole così stranamente confortanti.
Una lacrima mi scivola sulla guancia.
-Il tuo dolore è tanto intenso da essere palpabile-
Confusamente mi chiedo chi sia quest’essere dalla voce maschile e femminile allo stesso tempo che sembra parlare direttamente al mio cuore.
-Cosa cerchi? Vita? Morte? Vendetta?-
Il suo volto scende verso il mio. Cerco i suoi occhi, ma i lunghi capelli li celano al mio sguardo.
-Io posso darti tutte e tre le cose.- mi sussurra poco prima di ritrarsi.
Morte.
E’ la prima cosa a cui penso, la fine del dolore, la fine di tutto. Ma ho davvero bisogno del suo aiuto per morire?
Le palpebre mi si chiudono, accompagnate dal ticchettio del mio sangue che continua a gocciolare sul terreno.
-Non lasciarti andare. Non è ancora giunto per te il tempo della resa.-
La sua voce mi vibra dentro, consolante come una madre e crudele come il peggiore dei nemici.
Riapro gli occhi.
-Fa male.- sussurro
-Lo so.- risponde, e per un attimo mi sento quasi cullata da queste due parole.
-Allora dammi la morte.-
-L’hai già scelta una volta. Davvero la sceglieresti ancora?-
-Cos’altro mi rimane?-
-Un demone ti ha ferito nel corpo e nell’anima, io ti offro la possibilità di vendicarti. Ti ho cercato a lungo prima di trovarti, ascolta la mia proposta prima di scegliere una morte troppo facile.-

Rayen mi guarda sempre più incredulo.
-Da chi? E perché proprio a te?-

-Perché proprio io?-
-Tu stai soffrendo, l’odio e l’amore ti lacerano l’anima, la morte è già scesa sul tuo viso, ma tu ancora lotti per respirare.
Ho scelto te perché conosci la sofferenza.
Ho scelto te perché non hai nulla da perdere.-
Mi esce un singhiozzo, non è la ferita sul mio torace a farmi male, è la verità contenuta in queste parole.
-Cosa devo fare?-
La figura mi si avvicina, scostandosi i capelli da davanti al volto e finalmente posso vedere i suoi occhi.
Un sussurro che percepisco appena, persa nei suoi occhi di fiamma.
-Offrimi la tua vita.-

-E tu hai accettato?-
Rayen sta ancora attendendo una risposta alla sua serie di domande.
Non rispondo.
-In ogni caso ti accompagno.-
Lo guardo con espressione dura.
-Se viaggi con me incontrerai la morte.-
Questa volta è lui a rimanere in silenzio, ma quando comincio a camminare sento i suoi passi che seguono i miei.

-Perché mi segui?-
Siamo in una grotta, seduti accanto ad un fuoco ormai consumato.
Lui sorride.
-Perché mi sono innamorato di te.- una frase detta con un imbarazzo ed una sincerità che nella mia vita passata mi avrebbero di certo causato un’ondata di tenerezza nei suoi confronti.
Ma adesso mi rimbalzano contro prive di ogni significato.
-Che assurdità…- lo sussurro con un leggero disprezzo più a me stessa che a lui.
L’espressione di Rayen si fa quasi addolorata.
-Come puoi deridermi? Tu non hai mai amato?-
Io...sì, è un ricordo velato, sbiadito.

L’odore acre del sangue e del fuoco.
I corpi martoriati della mia gente, la mia famiglia.
E in mezzo a tutta quella morte lui.
Kiros.
Ride, i suoi occhi splendono, illuminati dalle fiamme che divampano attorno a lui come se riconoscessero in quella figura di tenebra il loro padrone.
Ride, e quel suono mi ferisce con la stessa intensità delle figure riverse a terra senza vita.
-PERCHE’?!- non è la mia voce che esce in un urlo così dolorosamente vivo, non è il mio corpo quello che scatta in una corsa cieca verso il centro del massacro.
-Ad un demone tu chiedi perché uccide?- l’ironia nelle sue parole mi congela in un silenzio quasi irreale.
Lo guardo negli occhi e rimango agghiacciata: non c’è nessun calore in essi, nessuna emozione.
I suoi occhi sono vuoti.
Un dolore soffocante mi impedisce di respirare.
-Scegli: seguimi e diventa come me. O muori come è successo a loro.- il suo sussurro si perde nel mio disperato tentativo di negare ciò che sto vivendo.
Ancora un silenzio di morte, mentre lui si avvicina a me come un’ombra che non lascia scampo ed il tempo per decidere si assottiglia con l’ipnotico incedere dei suoi passi.
Vivere o morire?Il mio sguardo si posa sull’uomo steso in una posa innaturale vicino ai miei piedi.
Ha il volto tumefatto contratto dalla sofferenza.
So che sarebbe questa la mia sorte se urlassi tutto il mio disgusto e la mia rabbia, se provassi a vendicare tutte le morti di cui ancora adesso non riesco a capacitarmi.
Gliel’ho letto nella sua espressione tanto calma quanto terrificante e la paura mi travolge in un’ondata che, per un attimo, cancella ogni altra sensazione, lasciandomi solo con uno spasmodico desiderio di salvarmi.
Ma in fondo so che ho già scelto, perché da qualche minuto non sono più viva.
Io sono morta nell’esatto momento in cui sono entrata in questo villaggio con una corona di fiori per l’uomo che amavo.

Sì, un tempo anche io ho amato.
Mi giro di spalle senza rispondergli e socchiudo gli occhi in cerca di un riposo che non sarà mai abbastanza lungo.
Sento Rayen sospirare brevemente prima di stendersi poco distante da me.
Probabilmente l’ho ferito, ma questo pensiero non assume per me nessun rilievo nel fuggevole attimo in cui mi attraversa la mente.

Mi sveglio di scatto, la mano destra ha afferrato la spada prima ancora che io aprissi gli occhi, come mi succede da ormai infinite mattine.
Da troppe mattine.
Esco all’aperto senza aspettare che Rayen si svegli, ma dopo pochi metri sento i suoi passi affannosi dietro di me.
Camminiamo in silenzio per qualche ora, i suoi continui tentativi di avviare una conversazione e l’incrollabile buonumore con cui si ostina a fischiettare hanno del sorprendente, ma forse sono solo io che non sono più abituata ad avere compagnia.
-Ti piacciono i fiori?-
La sua mano mi sta porgendo un bocciolo azzurro con la vana speranza che io lo accetti.
Guardo senza la minima emozione quello che un tempo, tanti anni prima, era il mio fiore preferito.

Un prato azzurro.
Mi siedo in mezzo a questa miriade di fiorellini, quasi estasiata di trovare anche sulla terra uno spicchio di cielo; poi, con pazienza, comincio a strappare i gambi dei più belli e intrecciarli tra loro.
Dopo diversi minuti fisso soddisfatta il mio lavoro: non mi era mai riuscita una ghirlanda così perfetta.
Sorrido al pensiero un po’ infantile che forse è stato l’amore a guidare le mie mani, ma da quando mi sono innamorata anche il gesto più stupido mi sembra riconducibile a questo sentimento che mi dona tanta felicità.
Arrossisco al pensiero dei suoi occhi così dolci e affettuosi quando posa il suo sguardo su di me, e ancora una volta mi chiedo stupita in virtù di quale miracolo io sia riuscita a conquistare l’amore di uno come lui.
Con la ghirlanda in mano mi metto a correre verso il mio villaggio, impaziente di rivederlo e mettergliela al collo, un piccolo pegno d’affetto che ora mi sembra così misero in confronto alla bruciante emozione che dolcemente mi tortura l’anima.
Il cielo comincia a oscurasi, ma io continuo a sorridere felice, nel mio cuore e nella mia mente solo il volto di Kiros.

-No.-
La mia risposta secca ha l’effetto di una frustata sul sorriso di Rayen, che si spegne per qualche secondo prima di tornare a risplendere su questo volto così giovane e spensierato.
Mi fermo all’improvviso, guidata dal mio infallibile sesto senso – o forse è anche questo un potere acquisito grazie alla mia scelta? – e bruscamente mi rivolgo al giovane uomo vicino a me.
-Scappa.-
Mi tolgo il mantello, so che tra un po’ arriverà e non voglio avere impedimenti in vista del combattimento.
-Perché? Che succede?-
-Un demone. Vattene.-
Rayen mi guarda, come indeciso, poi scuote la testa.
-Se rimani verrai ucciso.- non mi volto nemmeno verso di lui mentre gli parlo con una gelida sicurezza.
-Io voglio aiutarti.-
Ignoro l’accorazione presente nelle sue parole.
Non mi serve un eroe.
-Io ti ho avvertito.- non una traccia di compassione nella mia voce.
Il demone esce allo scoperto con un balzo felino, fermandosi a pochi metri da me.
Ha le dimensioni di un orso, ma gli artigli lunghi quanto la mia mano e le zanne ricurve lo rendono di gran lunga più letale; le numerose ferite che ho riportato nei combattimenti passati contro demoni simili sembrano bruciare ancora mentre sguaino la spada, studiandolo con attenzione.
So già che non sarà uno scontro facile.
Sento un rumore dalla parte opposta al mio sguardo, e capisco perché stia esitando nell’attaccare.
L’urlo di Rayen dietro le mie spalle s’infrange contro la mia espressione vuota.
Fisso il demone davanti a me, sentendo un’altra presenza avvicinarsi.
Ora sono in due.
Il primo demone mi attacca frontalmente, una mossa suicida nel tentativo di infrangere la mia guardia e consentire così al compagno di abbattermi. Con un sorriso stanco evito i suoi artigli protesi verso la mia gola e gli assesto un violento calcio in faccia, poi mi volto appena in tempo per schivare l’altro attacco e affondare profondamente la mia spada in quel corpo nero e pulsante.
I due demoni si rialzano subito, quello ferito un po’ più avanzato rispetto all’altro.
Il loro attacco è improvviso, questa volta non sono abbastanza veloce da schivarli entrambi.
Sento un dolore acuto ma sopportabile alla spalla e al braccio, là dove una piccola scia rossa si sta facendo strada attraverso il tessuto lacerato della tunica. Contemporaneamente la mia spada scende inesorabile verso il demone ferito, colpendolo vicino al collo.
Mi avvicino per dargli il colpo di grazia, ma il suo compagno mi attacca lateralmente e sono costretta a retrocedere.
Ancora un attacco combinato, il mio braccio destro questa volta viene colpito in pieno dagli artigli che lo lacerano fino all’osso, ma con l’esperienza acquisita durante infinite battaglie passo velocemente la mia spada nella mano sinistra senza farla cadere.
So bene che se la perdessi sarebbe la mia fine.
Colto di sorpresa, il demone non riesce a parare il mio attacco.
Un guizzo azzurrino, e la sua testa rotola sul terreno.
Con un affondo cerco di trafiggere anche il suo compagno illeso, ma la spada si conficca solo di qualche centimetro nell’addome muscoloso del mostro, che, approfittando della mia guardia scoperta, protende i suoi artigli verso di me.
Mentre il sangue scurissimo del demone si mischia nuovamente al mio rosso vivo, mi chiedo se in fondo la resa non semplificherebbe le cose. Cado in ginocchio passandomi la mano sullo squarcio appena aperto sopra il ginocchio destro. Non vedo nemmeno il colpo violentissimo al viso che mi fa ricadere qualche metro indietro.
Mi rialzo a fatica, nonostante tutto ho ancora la spada in pugno.
Il mio volto specchiato sul metallo azzurrino mi fissa con la tipica espressione vuota di chi non possiede più nemmeno la forza di odiare.
Stringo la spada con una smorfia di sofferenza, macchiando per l’ennesima volta l’elsa argentata di rosso.
L’idea di gettarla a terra e abbandonarmi al demone con gli occhi chiusi mi accarezza la mente.
Sarebbe tutto così facile…mettere fine a quest’opaca esistenza che da molti anni è più morta della morte stessa…
Niente più lotte, né dolore.
Nessuna spada azzurrina.
Ma la mia vita non mi appartiene più.

-Offrimi la tua vita.-
Distolgo lo sguardo da questi occhi di fiamma che mi bruciano l’anima.
-Stai chiedendo la mia morte?-
Mi risponde un sussurro ironico e allo stesso tempo velatamente doloroso.
-Al contrario. Tu dovrai vivere.-
Allora non capii cosa significava.
Forse, se lo avessi saputo, avrei scelto di morire.

Con un urlo mi getto contro il demone.
Non posso avere pace, non prima di aver finito la mia missione.

-Io posso salvarti, ma in cambio tu dovrai svolgere una missione per me. Rifletti bene prima di scegliere, il cammino che ti offro sarà duro e doloroso perfino paragonato alla morte. Se accetti la mia proposta dedicherai la tua vita a sconfiggere i demoni che vagano per le terre, rinnegando la tua umanità. Perché è necessario il sacrificio di uno solo per preservare la vita di molti. Il tuo vagare silenzioso e senza tregua sarà una continua solitudine, nessuno ti rialzerà se cadrai, nessuno ascolterà le tue urla di dolore, ma anche quando il sangue che esce dalle tue ferite sembra tingere la terra di rosso, tu dovrai continuare a combattere. Ti restituisco la vita, offrendoti una forza senza pari e un destino in cui non ti è concesso di arrenderti. Cosa mi rispondi?-
Una sillaba per decidere il mio destino.
-Sì.-

Ci scontriamo con uno schianto terribile, metallo azzurro contro artigli neri, gli occhi di chi infligge la morte specchiati negli occhi di chi invece la cerca.
Ancora il mio sangue che macchia il terreno.

…anche quando il sangue che esce dalle tue ferite sembra tingere la terra di rosso, tu dovrai continuare a combattere…

Mi rialzo a denti stretti per le fitte di dolore che mi torturano il corpo.
Durante quest’ultimo scontro la spada che stringo spasmodicamente con entrambe le mani si è scheggiata verso la punta, quasi fosse un presagio di sconfitta.
Il mio avversario la guarda, soddisfatto di aver danneggiato un’arma che sembrava invincibile.
Con una risata silenziosa che non ha nulla di allegro accarezzo la lama rovinata.
Lui non sa che la mia spada è eterna.
Come me, d'altronde.

-Cosa mi rispondi?-
-Sì.-
La figura solleva una mano e tutte le mie ferite si rimarginano all’istante.
-Allora ti dono la vita nell’adempimento della mia promessa, ed un’arma, affinché tu possa mantenere la tua.-
Apre il mantello, rivelando un’abbagliante luce azzurra che prende poi la forma di una spada.
La lama é leggera e perfettamente bilanciata, di un colore azzurrino che sembra risplendere di mille sfumature.
L’elsa liscia e priva di decorazioni è bianca con i riflessi argentei.
Per chiunque la veda, questa spada è un insieme di armonia e lucentezza.
Anche senza toccarla è evidente quanto sia affilata e letale.
Mi avvicino alla spada e, non appena la sfioro, con un brivido la sento pulsare come se mi chiamasse.
Senza nemmeno rendermene conto, la mia mano afferra l’elsa levigata e la luce azzurrina che scaturisce dalla spada per un attimo sembra avvolgere anche me.
Il volto di chi mi ha salvato mi guarda con uno strano e malinconico sorriso.
- D’ora in poi essa è parte di te. Se tu vivrai lei rimarrà intera, non esistono metalli o artigli in grado di spezzarla. Per quanto danneggiata, tornerà sempre a colpire, la lama non avrà mai bisogno di essere affilata e l’elsa potrà essere brandita solamente dalla tua mano.-
-Per quanto danneggiata…?- la mia espressione spaurita suscita una risposta paziente e quasi annoiata.
-Tu e la spada adesso siete eterni.-
-Vuoi dire immortali?-
-No. Immortale è chi non può morire. Tu non invecchierai, le tue ferite si rimargineranno più velocemente di quanto potrebbe fare qualunque cura e la lama tornerà intatta dopo ogni combattimento . Ma prima o poi troverai chi potrà spezzare la tua spada e la tua vita.-

Il demone si prepara per un nuovo assalto, tutti e due sappiamo che non ce ne sarà un altro.
Con le mie ultime forze lancio la spada verso i suoi occhi, due pozzi neri che mi fissano scintillanti di malvagità, eppure quasi più umani dei miei.
Mentre cado e la vista mi si annebbia vedo la lama trapassare il suo bersaglio in una scia azzurrina; ancora una volta ho tenuto fede alla mia promessa.
Ancora una volta sono sopravvissuta.

Mi rialzo faticosamente. Le mille ferite che mi torturano il corpo si stanno già rimarginando e il sangue gocciola appena a terra tingendola di rosso.
Raccolgo la mia spada. Il suo colore azzurrino rispecchia le mie lacrime che ormai non sgorgano più da un cuore di ghiaccio. La ripongo nel fodero dopo averla ripulita sull'erba, sapendo benissimo che durante la notte la parte scheggiata tornerà di nuovo affilata e pronta a colpire.
Rayen è steso vicino ad un grosso albero. La sua espressione dimostra tutta la sua sorpresa di essere stato trafitto alle spalle. Non una lacrima sgorga dai miei occhi.
Per continuare a vivere ho represso emozioni, sentimenti e sensi di colpa. Non ne ho bisogno per svolgere il mio lavoro.
La mia missione.
Ho visto morire innumerevoli persone sotto i miei occhi senza battere ciglio.
Ma questa volta è diverso. Non mi allontano senza guardarmi indietro.
Non dimentico il volto di chi mi giace davanti.
Continuo a fissare il viso di questo giovane uomo dagli occhi azzurri.
So già che il suo sorriso si è inspiegabilmente fatto strada dentro di me per imprimersi nel mio cuore.

-Come ti chiami, ragazzina?- mi chiede un uomo poco più grande di me con un sorriso così aperto e sincero da stupirmi.

-Eahrwin- sussurro mentre mi allontano ed una lacrima dopo infiniti anni solca il mio viso.
-Mi chiamo Eahrwin.
Non posso morire.
E questa è la mia maledizione.-
   
 
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