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Autore: Anthy    27/11/2009    7 recensioni
Dicono che il suono del violoncello sia quanto di più vicino alla voce umana.
Dicono che la sua forma è simile al corpo di una donna, armoniosa e morbida. Elegante.
Dicono che per suonarlo ci vogliono mani abili.
Ma questo Sophie non lo sa... Fino a che nella sua vita non entra un violoncellista dall'aria tenebrosa e tormentata. Solitario.
O forse... E' lei che è entrata nella sua vita?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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cello1
LE FANTAISIE DU VIOLONCELLE





<< Sognatore è chi trova la sua via alla luce della luna...
punito perché vede l'alba prima degli altri.>>
Oscar Wilde


Il Croissant de Lune poteva essere considerato uno dei locali più raffinati di Parigi, pur nella sua semplicità. Ricercata caffetteria al mattino, elegante ritrovo degli amanti dell'arte in tutte le sue forme alla sera. E non solo: se era vero che l’ingresso era a portata solo dei più facoltosi, essi tuttavia dovevano possedere modi discreti e, soprattutto, essere amanti della buona musica. Il Croissant, infatti, fungeva da palcoscenico alle più talentuose promesse della musica. Non quella delle etichette commerciali, no: tale genere era tassativamente vietato, nonché disprezzato. Erano talenti della vera musica, capace di suscitare emozioni grazie ad un solo strumento, capace di entrar dentro e farti vivere qualche minuto di estasi terrena. Pianisti, violinisti, jazzisti, … Nulla era escluso.
E io, semplice ragazza di periferia, ero riuscita a guadagnarmi un posto come serveuse.




Chapitre 1 - Croissant de Lune

Croissant de Lune, 10.30 pm


Mi osservavo attorno, con occhi curiosi ed eccitati. Un mese! Era passato un mese da quando ero stata assunta in questo magnifico locale. Non mi sembrava vero… Io, ragazza semplice di umili origini, il cui unico merito era di avere una media fra le più alte del mio corso, ero stata presa in uno dei più eleganti café della città. Grazie al cielo avevo già lavorato in altri ristoranti e bar e ciò aveva influito non poco sull'assunzione: del resto, avere ottimi voti, ma non saper servire era inutile.
In ogni caso, la paga era modesta, appena al di sopra della norma, ma avere nel proprio curriculum il nome Croissant de Lune era cosa non indifferente.

<< Sophie, prepara un Cabernet - sauvignon per il tavolo 18.>> con un cenno affermativo, presi la bottiglia richiesta.
Questa sera ero addetta al banco, ma era possibilissimo che mi venisse assegnata un'altra mansione. Speravo di no, stare dietro il bancone mi piaceva, ti dava la possibilità di guardarti intorno, osservare facce, godersi gli spettacoli... Era rilassante.
Feci scorrere per l'ennesima volta il mio sguardo per la sala. L'arredamento era semplice ma d'effetto: luci soffuse, sul rosso; dipinti alle pareti, piante negli angoli. Non c'erano dei veri e propri tavoli, ma solo tavolini di media altezza, attorniati da comode poltrone: un tentativo di ricreare l'atmosfera intima di un salotto, in modo che al proprio tavolo sedesse gente che si desiderava avere vicino. La particolarità era che ogni postazione era rivolta verso il piccolo palco, basso, che stava in fondo: pesanti tende di velluto chiaro erano di solito legate ai lati –   tranne ora che erano state tirate in modo da ultimare i preparativi per il concerto – mentre nel mezzo era presente un pianoforte di elegante fattura. Anche alla mattina, quando il Croissant si trasformava in caffetteria per la prima colazione, le tende non venivano chiuse, in modo che risultasse chiara a tutti la raffinatezza del locale.
Il bancone, invece, era dalla parte opposta al palco, permettendomi così un'ottima visuale degli spettacoli. In legno, aveva alle sue spalle un grande scaffale dello stesso materiale contenente ogni tipo di vino, grappa o liquore possibile.
Davanti, invece, erano posti degli alti sgabelli, per coloro che consumavano al banco.
Nella sostanza non era un locale molto grande, apposta per sottolineare l'esclusività del luogo.

Quella sera si sentiva nell'aria l'eccitazione e l'aspettativa per lo spettacolo. Da quanto ne sapevo, il protagonista sarebbe stato un affermato violoncellista, ma non avevo ancora avuto la fortuna di incrociarlo...

<< Ehi, Sophi, tutto bene? Hai lo sguardo perso.>> una voce mi riscosse. Bernard, venticinquenne di bell'aspetto, purtroppo apertamente omosessuale, mi fissava curioso.
Sorrisi. << Certo che va tutto bene!>> Bennie, come lo chiamavo affettuosamente io, ben sapendo quanto odiasse questo soprannome, era uno dei pochi garçon con cui avevo fatto amicizia. La sua omosessualità non era un problema, né per me né sicuramente per l'ambiente in cui lavoravamo. In ogni caso l'adoravo perché non se la tirava, come invece sembrava di prassi per quasi tutti gli altri inservienti, oltre a possedere un carattere allegro e spensierato.
<< Brava principessa, così ti voglio! Sempre sorridente.>> sì, amavo sorridere. Perché crogiolarsi nella propria infelicità o nei propri problemi? Non sarebbe cambiato nulla. Sorridevo perché era bello sorridere, era bello donare un po' di felicità.
<< A proposito…>> cominciai mentre sistemavo dei bicchieri dall'aria molto fragile. << Come sta Christian?>> Christian era il suo ragazzo, stavano insieme da più di due anni ed era la persona più pacata che conoscessi. Assistente alla cattedra di letteratura, trentenne, intelligente come pochi, era la controparte perfetta di Bernard: l'uno scanzonato e spensierato, l'altro posato ma mai pesante. Erano perfetti. Mi era capitato di uscire con loro diverse volte e mai una volta mi ero sentita come “terza incomoda”; era bello vederli stuzzicarsi, ridere, sfiorarsi anche solo con lo sguardo.
Un legame di cui ero invidiosa.
Un legame che non avevo mai provato.
<< Abbiamo litigato.>> la risposta mi stupì, così come il tono cupo assunto.
<< Cos'hai combinato?>>
<< Ehi, cosa ti fa credere che sia colpa mia?!>> aveva assunto una nota irritata, ma il suo sguardo sfuggiva il mio. Avevo fatto centro.
Mi limitai ad alzare le spalle. << Di solito è colpa tua. E poi per far arrabbiare Chris ce ne vuole. Indi hai combinato qualcosa.>> tuttavia non insistetti. Già il solo fatto che avessero litigato mi aveva lasciata turbata: insomma, il loro amore era uno dei più solidi che conoscessi! Immaginavo quindi che in realtà ci stesse più male di quanto mostrasse.
Il sospirone che fece prima di cominciare a parlare ne fu la conferma
<< È vero, è stata colpa mia. Solo che... Ecco... Ero geloso!>> lo vidi distogliere lo sguardo, imbarazzato. Repressi un sorriso; il mio amico si vergognava a manifestare quelle che considerava “espressioni di debolezze”. Gelosia, imbarazzo, smancerie... Certo, quando si trattava del suo ragazzo, era il primo a cercare il contatto fisico, ma se lui non era presente cercava sempre di atteggiarsi da maschio della situazione. << È successo ieri sera. Praticamente è rientrato tardi, senza avvisare.>>
Effettivamente era strano… << Avrà avuto dei buoni motivi per farlo. Di solito Chris è un tipo abbastanza preciso, quello che fa preoccupare sei tu.>>
Si appoggiò con la schiena al bancone, guardando in basso. Aveva un’espressione talmente abbattuta che avrei voluto stringerlo stretto per consolarlo. Poi i capelli scuri, quella sera senza traccia di gel, cadevano morbidi sulla fronte, rendendolo ancora più vulnerabile ai miei occhi. Era strano vedere il suo volto senza traccia di malizia o sorriso. Anzi, le sue labbra erano piegate in una smorfia amara.
<< E' quello che ho pensato pure io, prima che mi riferisse della sua uscita con alcuni suoi studenti, per festeggiare non so quale evento né mi interessava saperlo. Quando mi ha detto che non mi ha avvisato perché gli si era scaricato il cellulare non ci ho più visto.>> incurvò maggiormente le spalle, chinando ancora di più la testa. Quando ricominciò a parlare la sua voce era un sussurro.
<< Gli ho urlato dietro di tutto. Cazzo, gli altri un telefono sicuramente l’avranno avuto dietro. Per una chiamata non moriva nessuno! “Non credevo di far così tardi, quando ho visto l’ora pensavo fossi ormai già a letto per tentare di avvisarti.”. Questo mi ha detto. Io come un cretino ad aspettarlo preoccupato e lui a divertirsi. Solo che, trascinato dall’ansia e dalla rabbia, ho detto cose che non pensavo, insinuando chissà quale avance da parte dei suoi studenti. E da lì la lite è degenerata sul fatto che non ho fiducia, che lo controllo e varie. Stamattina, quando è uscito, non mi ha neppure salutato; praticamente è da ieri sera che non ci parliamo.>> sull’ultima frase, la sua voce si spezzò.

Intenerita, posai la mia mano sulla sua, stretta con forza al cornicione. Non sopportavo vederlo così, era uno dei pochi veri amici che avevo e se si abbatteva lui, che era una roccia, si rischiava veramente la catastrofe.
<< Vedrai, si sistemerà tutto.>> sarebbe stato inutile aggiungere altre parole o schierarsi su chi aveva ragione. Non l'avevo mai visto così addolorato, ma ero pure sicura che il loro amore non sarebbe stato compromesso da una banale lite.
<< Lo spero.>> voltò il palmo verso l’alto, stringendo la mia mano, prima di girarsi verso di me, con un piccolo sorriso sulle labbra: probabilmente, un tentativo di dimenticare la sua situazione. << E dimmi principessa, come va la tua situazione sentimentale?>> peccato avesse scelto un argomento delicato.
Ridacchiai nervosa. << Non c’è nessuno in vista. Sono troppo impegnata con lo studio, con il lavoro…>>
<< E con il salvare il mondo, lo so.>> sbuffò, recuperando parte del suo buonumore e osservandomi spazientito. << Suvvia, ma petite, sei una bellissima ragazza, nel fior fiore della giovinezza, intelligente. Dovresti avere una fila di principi azzurri fuori dalla porta!>>
<< Invece non ho nessuno. E non sono bellissima.>> mormorai, più a me stessa che a lui.
Ed erano parole che facevano male. Sebbene mi nascondessi spesso dietro la scusa dello studio, la verità era che avevo un gran paura dell’amore. Non l’avevo mai sperimentato, a ventidue anni ero ancora vergine, forse l’unica nel mio corso. Ma non potevo farci niente, la mia era una paura forse irrazionale ma ben radicata.
Avevo paura di soffrire, paura di affrontare il grande salto. Sì, avevo avuto qualche appuntamento, ma non era successo nulla di più delle classiche effusioni. Non riuscivo a spingermi oltre, né avevo trovato qualcuno che meritasse una tale conoscenza approfondita. Forse ero troppo “delicata” nei gusti, forse ero solo una sciocca, eppure non riuscivo a sciogliermi. Oltretutto il mio carattere era un ostacolo non indifferente. Se ad una prima occhiata poteva sembrare solare e aperto, bastava essere in presenza di sconosciuti per chiudermi a riccio. Cioè, se si trattava di lavoro, non avevo problema a rivolgere la parola ad estranei, a scherzare e ridere; se si trattava di uscire in compagnia di amici o altro, mi chiudevo in me, sorridendo di quando in quando a qualche battuta. Insomma, un carattere idiota.
Eppure io mi sentivo estroversa, mi dava fastidio non riuscire ad interagire con le altre persone come avrei voluto, mostrando la mia simpatia. Ma non ci riuscivo...

<< Ehi, Sophie, tutto bene?>> sussultai quando Bennie richiamò la mia attenzione, persa com'ero nei miei pensieri. Pensieri contorti.
<< Sì, sì, tutto bene. Stavamo dicendo?>> presi un altro bicchiere in mano, cominciando a strofinarlo con un panno. A mio avviso, la pulizia di un bicchiere era il miglio paravento per quando non si aveva voglia di far nulla. Davi l'idea di lavorare, mentre in realtà ascoltavi le chiacchiere delle persone al banco o osservavi lo spettacolo. Oppure quando cercavi di ignorare un amico petulante.
<< Stavo parlando della tua vita amorosa barra sessuale. Insomma Sophi, come fai a dire che non sei bella?! Ti sei mai vista allo specchio?>> mi studiò, con occhio critico. Sentii immediatamente le guance prendere fuoco: odiavo essere al centro dell'attenzione. << Rossa naturale e riccia, che mi fa chiedere come tu possa essere francese; occhi verdi, grandi, che quando sono sgranati, se fossi etero, risulterebbero molto eccitanti. Curve al punto giusto: una... mmm... terza di seno, piena; un vitino abbastanza stretto, che si apre in un morbido culet...>>
<< Bennie!!!>> dire che ero imbarazzata era poco. Probabilmente il mio viso era un tutt'uno con i capelli. Mon dieu, speravo sul serio che nessuno l'avesse sentito!
<< Che c'è? È vero! Ci vedo bene sai?>> incrociò le braccia al petto, una smorfia offesa in volto. Gli mollai in risposta una sberla sul braccio.
<< Lo sai che mi vergogno quando mi dici certe cose, anche se dovrebbero essere complimenti.>>

<< Ehi, voi due!>> una voce ci fece balzare, spaventati. Le regole al Croissant erano abbastanza severe e tra queste c'era il mostrarsi sempre efficienti, anche quando al momento non si aveva nulla da fare. Ovviamente il chiacchiere non rientrava fra i compiti da svolgere... << C'è bisogno di una mano nel sistemare alcuni posti.>>
<< Vengo io!>> mi fece l'occhiolino. << Tenermi occupato mi farà pensare meno, spero. Tu goditi lo spettacolo stasera. Dicono che le violoncelliste sia molto bravo e bello.>> e senza darmi il tempo di ribattere, si era già voltato per seguire il nostro collega.

Osservai la schiena del mio amico allontanarsi. Ero grata per il suo gesto, sapeva quanto adorassi godermi le performance dei nostri ospiti. Ero un'amante dell'arte in generale, del resto frequentavo l'Accademia di Belle Arti. Per questo era un grande onore lavorare a stretto contatto, seppur marginalmente, con persone così colte ed importanti.
Mi sentivo... come Pinocchio nel Paese dei Balocchi!
La mia attenzione fu attirata dall'abbassarsi delle luci, segno che lo spettacolo stava iniziando. Il brusio in sala diminuì; notai solo ora che il numero dei presenti era aumentato: ciò significava che l'artista di stasera era effettivamente bravo. Di solito, il Croissant ospitava le même artiste per due settimane di fila, solo in alcune sere, prima di cambiare. Quella sarebbe stata la prima volta per il violoncellista.
Ormai la curiosità si era fatta strada in me. Prima di tutto non avevo mai ascoltato la musica di un violoncello; dicevano che era un suono unico, che poteva essere accompagnato o meno da altri strumenti. Chissà se si sarebbe fatto aiutare dal suono del pianoforte...
Le tende, lentamente, vennero aperto, mentre i fari illuminavano uno sgabello vuoto in mezzo al palco. Al piano non c'era nessuno, quindi sarebbe stato eseguito un assolo.
Afferrai il primo bicchiere a portata di mano, per evitare un rimprovero proprio in quel momento, e cominciai a pulirlo fin troppo veemente, l'impazienza che aveva toccato vette altissime.
Tuttavia, fu il proprietario del locale ad entrare in scena. Mi diedi della sciocca, era ovvio che che ci fosse lui sennò chi lo presentava il misterioso musicista?

<< Miei cari ospiti, vi ringrazio per la vostra presenza al Croissant de Lune. È per me fonte di gioia vedere il vostro interesse per gli spettacoli da noi offerti, ovviamente solo il meglio per voi. Anche questa sera, il Croissant avrà l'onore di ospitare uno dei più talentuosi artisti musicali in circolazione. Il suo strumento è il violoncello, affascinante cordofono che viene spesso trascurato a favore di un altro componente della sua stessa famiglia: il violino. Stasera, tuttavia, potremo apprezzare in pieno la melodia di questa meraviglia della musica, suonata dalle mani di un giovane e promettente artista. Signore e signori, Renè Duvall.>>

Un discreto applauso si levò dagli ospiti, seguito da un leggero brusio; probabilmente avevano già cominciato a spettegolare su chi fosse questo artista, o a vantarsi di averlo già sentito all'opera.
La cosa passò velocemente in secondo piano, poiché lui era entrato.
E il mio cuore aveva spiccato il volo. Davanti a me, fasciato da pantaloni neri e camicia di egual colore, c'era il più bel principe delle tenebre che avessi mai visto...



Note: uhm... Che ci faccio io qua?! Ah, già, sto postando. ^^'
Cosa dire di questa storia? Beh, non so ancora quanto durerà, questo primo capitolo è una prova. Ho tentato di reprimere la voglia di postarlo, per finire prima tutto ciò che ho all'attivo, ma non ce l'ho fatta. Uff... Vi dico com'è nata, tanto per farvi capire con che autrice avrete a che fare e come riesce a fare associazione tutte particolari. All'inizio volevo creare una commedia, ambientata in un bar dove lavorava una ragazza che ancora non aveva trovato l'amore. Cos'è successo poi? Mentre ascoltavo la radio, nel programma “Una botta e via” in cui si invita, chi vuole, a rendere partecipi a chi si vorrebbe dare un “botta” (credo non servano spiegazioni su che genere di botta XD), una ragazza ha scritto che l'avrebbe voluta dare ad un violoncellista. Da là, la mia mente ha fuso le informazione e ne è nata questa storia! Lo so, sono da internare u.u
Non chiedetemi il perché il locale si chiami così: io cercavo un qualche riferimento alla luna e nel dizionario francese mi aveva affascinato questo nome (lo so, mi verranno a chiudere a momenti.).
Ah, è palese anche che la storia ha perso il suo lato commedia. Anche la storia d'amore che verrà raccontata sarà abbastanza tormentata.
Vi dico già da ora che non so con che frequenza aggiornerò.

Croissant de Lune: luna crescente.
Cabernet – sauvignon: vino rosso francese.
Serveuse/Garçon: termini francesi per indicare “cameriere”.

Un bacione
Anthea
   
 
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