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Autore: Kokato    28/11/2009    7 recensioni
TERZA CLASSIFICATA AL “CONTEST OF VAMPIRES” DI MY PRIDE E VALERYA90!
Non sapeva cosa lo avesse spinto a decretarlo, ma sperava fosse per il fatto che la loro soluzione era giunta in città.
Profumata, ubriacante, affascinante, perfetta soluzione al suo rifiuto.
“Non voglio”
“Forse hai solo bisogno di
qualcosa che ti stuzzichi l’appetito” sorrise. Il cielo notturno tornava sereno.
Osservò la linea della costa con improvviso interesse, passando la lingua arrossata di succo d’arancia sulle labbra turgide.
-Di
qualcuno che ti stuzzichi l’appetito-.
1900. Il giovane ed eccentrico reporter Roy Mustang indaga su misteriose morti e sparizioni in un piccolo villaggio scozzese, con una copia del ‘Dracula’ di Bram Stoker in mano. Ci sono due giovani Conti, uno scoop da fare, tre notti da trascorrere.
Roy X Edward, Edward X Alphonse
Genere: Dark, Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alphonse Elric, Altro personaggio, Edward Elric, Roy Mustang, Scar
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'Orange Saga'
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CAPITOLO 4: La morte è la migliore delle ossessioni

CAPITOLO 4: La morte è la migliore delle ossessioni.

Terza notte.

 

Appena sveglio, Edward si chiese immediatamente quanto Roy Mustang fosse ormai lontano da lì. 

Si mise a sedere di scatto con una mano a tenersi il petto, con l’immagine di quell’uomo che, come la rimanenza di un sogno, martellava la sua testa fino a farla dolere.  Non era il senso di colpa, perché aveva fatto di tutto per riparare ai suoi errori, non era  il bruciore della sua maledetta fame.

Sentì che il sole era appena calato dietro l’orizzonte.

Alphonse dormiva ancora nella bara chiusa, dove lo aveva condotto la sera prima come faceva sempre –come un bambino verso la culla-, ed in una notte limpida e perfetta per uscire dal castello… rimase immobile.

Roy Mustang, l’uomo la cui vita era stata salvata per un suo capriccio, fu davanti a lui con la malizia sulle labbra fine, per poi scomparire, ridendo di lui.

Con la sua voce nella testa a mandargli brividi giù per la schiena si alzò, pettinandosi i capelli in modo distratto davanti allo specchio.

Guardò il riflesso del suo viso opalescente, e se ne rese conto.

Erano di nuovo soli in quel mondo che non conoscevano.

Alphonse era un riflesso che non avrebbe fatto altro che seguirlo, amarlo, venerarlo senza riserve, senza mutare mai in funzione delle epoche.

Quel pensiero, improvvisamente, lo fece soffocare.

Gli rivelò qual’era la sua casa, com’era davvero la prigione buia ed immutabile che aveva tentato di aprire.

 Man mano che ci pensava il cielo si faceva più scuro, e cominciò a sperare nell’arrivo della luna consolatrice. Lo consolava sempre, mandando un fascio di luce a prelevare dal suo petto ciò che l’opprimeva, diradando le tenebre in cui avrebbe dovuto vivere per sempre. Per sempre.

Quel pensiero gli fece venire fame. Osservò le unghie affilate delle sue dita, ghignando, spalancando la finestra per saltare giù.

Era la notte perfetta per dimenticarlo.

Ci si poteva riuscire velocemente, annegando nelle interiora di un uomo di robusta costituzione.

Il sangue era una panacea, capace di curare ogni ferita, ogni sofferenza. Ma sentì la sua voce, e capì che il sangue non sapeva risanare un ossessione.

“Perché non vuoi andartene via dalla mia testa?” Si chiedeva la voce, e trasalì perché era una domanda che si era posto a sua volta.

Lo vide, imbrattato dal sangue delle maledette arance, con gli occhi dilatati e le mani che frugavano il terreno.

Cercò di essere il più veloce e scattante possibile, ma Roy fu lì a fissarlo quando giunse davanti a lui.

Sorrideva tristemente, con le labbra ed il mento rossi. “Perché non mi rispondi, almeno? Continui ad essere nella mia testa… sempre… sempre…”

Ricambiò con un sorriso altrettanto triste. “Potrei farti la stessa domanda, stupido inglese”

Si sedette accanto a lui sul terreno rosso pieno di scorze d’arancia strappate. Improvvisamente, avendolo accanto, smise di pensare a lui lasciando che un vuoto nero e vibrante ne prendesse il posto, e lo convincesse a non distogliere mai lo sguardo da lui. Non lo aveva ucciso, ma l’aveva fatto impazzire. Avrebbe avuto il tempo di sentirsene in colpa, ma per ora era solo contento che Roy fosse lì, a farlo respirare.

A distoglierlo dal riflesso del ragazzo biondo dalle gote bianche, che la prigione di vetro aveva già fatto uscire di senno.

“Chi è Hohenheim?” Edward, con le gambe rannicchiate non si stupì, e non cercò di nascondere nulla.

Lo avrebbe raccontato come una favola, a lui, perché non poteva accompagnarlo oltre il limite della prigionia, ed era tutto ciò che poteva lasciargli.

Una giustificazione per ciò che aveva desiderato.

“Era nostro padre...” Strinse la presa su una scorza d’arancia, ricordandolo. Lui, l’inizio di tutte le sue disgrazie, l’uomo che li aveva amati fino al limite della propria anima e poi li aveva rinchiusi e resi mostri. “… o almeno Alphonse lo considera ancora in questi termini, e nostra madre lo amava… io lo odio. Ci ha salvati dalla strada, dalla fame, dalla miseria. Ci ha amati fin quando la sua mente gliel’ha permesso… ma non riesco a perdonarlo”

Roy non parlò, incantato. Era tutto ciò che gli era rimasto di bramare… che quella creatura si svelasse.

Che avesse abbastanza considerazione di lui da porgergli i suoi segreti, o che non ne avesse affatto per ritenere ogni rivelazione un dettaglio insignificante. Non aveva importanza, andava bene così… era lo scoop della sua vita. Una storia fuori dall’ordinario di follia e di mostruosità.

Un po’ come lo era lui. Era il colpo giornalistico che non sarebbe mai riuscito a pubblicare.

Rise, in modo folle. Mimò il gesto di trascrivere qualcosa su un taccuino.

“Qual è la vostra data di nascita?”

Edward, sbattendo le palpebre, non comprese per quale motivo desiderasse saperlo. “Non lo so… non me lo ricordo”

“E quando avete incontrato il suddetto gentiluomo?”

Non seppe perché, ma Edward rise a sua volta. “1877” . Non l’avrebbe dimenticato mai. Roy amò l’espressione di sognante beatitudine che apparve sul suo volto, riportandolo per un attimo indietro dal baratro della follia… della follia che il pensiero di lui aveva indotto. Era inevitabile, gli aveva rovinato una vita già rovinata, una mente già distorta, non aveva nulla da recriminare. Era il suo angelo, il suo pensiero fisso.

Gli prese la mano e la baciò, come si fa con una gentildonna.

“Datemi il vostro cuore, my lord. Confessatemi cosa vi affligge nel sonno, cosa non vi fa respirare, cosa vi arreca sofferenza… io lo custodirò per voi”

Vibrò, con l’impulso di toccarlo, di prendere da lui qualunque cosa avesse. Ma non avevano detto tutto.

“Io ti ho maledetto, Roy Mustang…” Sussurrò.

“… ti dimenticherai di me non appena te ne andrai di qui”

“Maledetto, dite?” Poteva credere a tutto, tranne che a quello. “Sicuramente. Non vi conosco che da tre notti”

“Era un mio capriccio, il capriccio di un decennio. Avrei potuto conoscere questo mondo anche per conto mio…” Sospirò, sentendo di non meritarsi quel calore, la perfetta realizzazione del suo inganno. Non aveva avuto bisogno di Roy all’inizio, ma ora ne aveva. Un disperato, ossessionante, terrificante, asfissiante bisogno che era molto simile ad una dipendenza.

“… lui, Hohenheim, lo aveva fatto. Ci aveva concesso il lusso di ammirarlo… prima dei dieci anni d’isolamento”

Dieci anni, dieci anni per dipingere quella Madonna che, alla fine, aveva perso il suo bambino. Li aveva rinchiusi tra le tenebre che parevano eterne, mentre tentava di ricrearla in modo impeccabile. Il vecchio vampiro non aveva fatto altro, dal 1890 in poi, altro che dipingere lei, Trisha, le cui mani non riuscivano mai a tenere in braccio il figlio in maniera sicura. Le immagini di vernice e i corpi imbalsamati non bastavano a compensare il dolore di averla persa sulla strada dell’eternità.

Era convinto di star facendo un errore, prima di averli resi mostri ed abbandonati.

Ma Edward  questo non lo disse. Si premette il petto, ancora, incapace di pretendere che lo facesse davvero: capire, abbracciarlo, rassicurarlo sul fatto che non era colpa sua. Non poteva.

Posò la mano libera sul suo capo, sorridendo, come faceva il Re con i propri vassalli nel medioevo. Lasciò che lo baciasse, come lo spingeva a fare l’illusione d’inevitabilità che il suo mistero aveva lasciato in lui, la follia che lo avrebbe lasciato inerme in mezzo alla massa di persone normali che non sapevano, che non immaginavano. Non fu un bacio gentile, ma un accavallarsi di zanne affilate che si adoperavano per mordere ogni cosa, un rotolare di saliva e sangue dall’odore fruttato che scivolava sulla pelle. Roy rise, usurpando un ruolo che non era suo, addentando il collo imbrattato mentre Edward ringhiava come una bestia e lo stringeva addosso al suo petto. Si adagiò all’indietro, ridendo, lasciandolo fare senza alcun desiderio di cambiare le cose. Aprì le labbra per afferrare l’aria, perdendo ogni comprensione del tempo, dello spazio, e del fottuto mondo.

Dopo anni sentì caldo, e sospirò estasiato tra le braccia di un uomo che avrebbe potuto divorare pezzo per pezzo. 

Non ne sarebbe valsa la pena.

“L’hai capito, no?” Vide apparire la luna nel cielo nero, mentre lo diceva, e tentò di abbracciarla ottenendo che Roy collassasse ancora di più su di lui. Ogni cosa moriva intorno, lasciando solo Roy, la luna e quel senso di dimenticanza. “Sono tutti qui sotto, l’hai capito no?”

Lo stupido inglese non notò che il mistero per cui era giunto ad impazzire gli era appena stato rivelato: continuava a sghignazzare contro la pelle bianca, con gli occhi dilatati ed il corpo in preda a movimenti inconsulti. Ma li aveva visti.

Aveva visto i cadaveri sotto terra, senza scavare molto a fondo.

Tutto avrebbe acquistato un senso se soltanto avesse tentato di darci attenzione, di vedere come le radici di quegli alberi si aggrappavano alle carni più o meno raggrinzite di uomini e donne. Alcuni stavano con la bocca spalancata, gli arti piegati in modo innaturale e le vene inaridite che li rendevano rigide bambole dalle membra violacee, che protendevano le braccia facendosi rimirare e chiedendo un giro di valzer. Roy aveva fatto conoscenza con tutti, stringendo le mani flosce ed ignorando i poco educati sguardi vitrei.

E Scar, da bravo giardiniere, aveva estratto e buttato in mare qualche inutile mucchio d’ossa durante il giorno.

“L’ha creato Hohenheim… quello dannato scienziato pazzo. Oh, non mi fraintendere! Non c’è niente di meglio di un pasto consumato direttamente dal collo di un giovane uomo, ma Alphonse è così dannatamente problematico! Si sente in colpa… ancora… e ancora… non ho altro modo di farlo sopravvivere che in questo modo, trasformandoli in semi!”

Semi… per loro gli esseri umani erano semi, ed eppure non riusciva a lasciarlo!

Edward, pur apprezzando le mani calde che gli sfioravano la schiena e i fianchi, si ritrasse da lui, raggiungendo il suo orecchio.

“Penserai comunque sempre a me, stupido umano? Mi ricorderai come il mostro che sono per tutta la tua insignificante vita?”

Una nuova risoluzione giunse alla sua mente. Il senno che aveva perso gravò sulle sue membra prima libere, e comprese.

Più lo abbracciava e lo desiderava, più braccia e gambe s’irrigidivano, perdevano forza.

Lo stava facendo morire.

“No” Sussurrò.

“Bene…” Disse Edward. “… perché non ho più bisogno di te. Non ne ho mai avuto, in effetti. Eri soltanto un capriccio. Solo un capriccio. Siamo così giovani, in fondo! Solo dieci anni e una vita di lussuose tenebre… ma imparerò, anche senza l’aiuto di un qualunque stupido essere umano”

Non smise di ridere, mentre puntava gli occhi inumanamente belli nei suoi, e metteva in mostra le zanne affilate.

“Sei ancora convinto di non volermi dimenticare?”

Pensò alla donna dei suoi sogni.

 Non ebbe timore di lui, scoprendo inaspettatamente di non riuscire ancora ad impedirsi di cercarlo.

Cercare ogni cosa di lui avesse a disposizione, pelle, carne, anima, voce. Ma era destinato a perdere.

Avrebbe perso lasciando che Edward se ne andasse dalla sua vita, avrebbe perso lasciando che lui lo disprezzasse.

“È ironico, sai? Avevo portato davvero tutto il necessario con me…” Disse, guadagnandosi  uno sguardo perplesso.

“… aglio, croci, paletti di legno… pensai che quella degli abitanti del villaggio fosse solo superstizione”

Aveva preso un pacchetto di fiammiferi dalla tasca. Per quanto lo avesse assicurato a sé stesso, il piccolo idiota non fece nulla per impedirgli di dare fuoco alle foglie sparpagliate sul terreno. Stette ad aspettare che fuggisse da lì, ma non lo fece.

“Scappa, piccolo idiota” Poteva ancora farlo parere uno scherzo, un gioco, se solo ci s’impegnava.

Invece Edward allargò le braccia verso di lui, sorridendo, come avesse previsto ogni cosa e lo biasimasse per non aver fatto lo stesso. Sovrappose le labbra alle sue delicatamente, lo trasportò via dallo strano legno rossastro che le fiamme stavano divorando con una velocità anormale. L’odore di carne bruciata lo raggiunse e lo disturbò, mentre Edward lo adagiava sul terreno freddo.

Si posizionò in mezzo alle fiamme, con le braccia aperte che parevano le ali di un angelo, e gli sorrise.

Sembrava felice bruciando, ma ciò non lo consolò, perché non era quello che voleva.  Perse i sensi con l’immagine di Edward che bruciava ed un urlo di terrore nella gola. Per quanto lo chiamasse, per quanto protendesse la sua ossessione come una rete non cambiò nulla.

Quell’immagine non l’avrebbe saziato per l’eternità.

Né in vita, né in morte.

 

 

***

Olivia ricevette la telefonata quando ormai -dopo essersi rovinata ogni singola unghia delle dita a furia di batterle sulla sua scrivania- aveva concluso che non l’avrebbe rivisto più. Non era un problema insuperabile, figuriamoci, l’aveva accettato continuando il suo lavoro senza troppi piagnistei e con il lusso di una tazza di tè più forte.

Era un puro caso se quel pomeriggio si trovava in redazione nonostante non ce ne fosse bisogno –come tutte le altre volte-.

A meno che non avesse ucciso qualcuno, quell’uomo non la riguardava –certo- come non la riguardava il compito di tampinare per ore ed ore il telefono della redazione. Essendo una perfetta dittatrice nessuno dei suoi collaboratori osava chiedere qualcosa a tal proposito, ed era un lusso per cui poteva concedersi qualunque stravaganza -come una qualunque sciocca donna aristocratica senza spina dorsale-.

Preferiva combattere l’invadenza di cento idioti piuttosto che starsene lì, aspettando il momento in cui avrebbe distrutto di nuovo il telefono.

In cuor suo aveva sempre saputo che, pur di riapparire sotto forma di spettro, Roy Mustang sarebbe tornato a giustificare in modo fantasioso i suoi nulla di fatto -con la sua faccia da schiaffi-.

“Pronto” Non si era nemmeno premurata di dire ‘Qui Central Journal…’ e tutte quelle altre cazzate di protocollo, e comunque non lo faceva mai.

La voce femminile nel telefono squillò grave ma decisa. “Parlo con Olivia Armstrong?”

“Sì”

Roy Mustang è in casa mia” La cornetta le scivolò dalle mani, cadendo a terra con un tonfo. La recuperò in tutta fretta.

“E… e… come sta?” La voce tacque per qualche minuto, sembrava quasi non respirare.

“Non credo di esagerare dicendo che è… impazzito”

Lo era sempre stato, pazzo. Figuriamoci! Ma non le venne da ridere.

“Da quali elementi avete potuto dedurre questo?”

La voce sospirò, ed era la prima variazione di tono in quel suono grave e monocorde che proveniva dal telefono come i rintocchi funerei di una campana.

“Sta tutto il giorno alla finestra, leggendo sempre lo stesso libro, guardando fuori ogni tanto. Non parla, mangia e beve a stento, parla  in continuazione di ‘stupidi ragazzini biondi a cui l’accento dell’est starebbe proprio bene’ . Ho provato a dirgli di andarsene di qui, ma ha l’aria di qualcuno che potrebbe inciampare e spaccarsi la testa non appena smetti di controllarlo. Detto in tutta sincerità sta diventando un fastidio, e vorrei che lei me ne liberasse”

Annuì con aria professionale ed un espressione di strano divertimento sulla faccia, ed il che era contraddittorio.

“Lo so…” esalò, senza impedirsi di produrre un suono un po’ farfugliante. “… quell’uomo è un disturbo per l’umanità, non è vero?”

“Può dirlo forte”

Nonostante non fosse cambiato nulla nel loro modo di parlare, le due donne furono sicure di essersi sorrise l’un l’altra.

D’un sorriso un po’ malinconico, in realtà, ma faceva parte di quelle precisazioni che nessuna di loro avrebbe mai apposto in una conversazione.

Tutto quello che Olivia decise di farle sentire fu un sospiro sonoro e teatrale.

“Ditegli che se non viene al telefono entro cinque minuti gli spaccherò ogni singolo osso del suo dannato corpo”

L’altra donna annuì silenziosamente, facendo ciò che le era stato chiesto.

Tamburellò le unghie consumate e lucide per dieci volte prima che Roy alzasse la cornetta, facendola ghignare.

Alla buon ora, stupido idiota”

“Era ad un passo saliente della storia… hai interrotto la mia lettura, donna bisbetica”

“L’hai letto già tre volte, quel libro, e ti avevo detto di lasciarlo stare.  Nemmeno ti piace”

“Oh, assolutamente no. Ora meno di prima…” La sua risata fu come ticchettare di metallo su metallo. “… è del tutto inverosimile”

“Non capisco che vuoi dire ma va bene, abbiamo tutto il tempo. Hai scoperto qualcosa?”

Spesso Roy non rispondeva alle sue domande, ma era di solito un rifiuto buffonesco e dannatamente irritante che la portava sempre a punirlo in qualche maniera fisica. Quella volta il suo non- rispondere fu diverso, triste, vuoto, come se non sapesse riempire quel silenzio con qualcos’altro che non fosse la lieve interferenza della telecomunicazione.

“Niente, rinuncio all’indagine” Rispose infine, ma Olivia non gli credé, pur lasciando correre.

“Ho scoperto qualcosa su tua madre” Era il modo perfetto per scoprire se Roy era davvero impazzito, o se era generalmente cambiato in qualche modo. Parlando di sua madre cominciava a parlare con una vibrazione d’odio, che faceva la sua voce più sarcastica di quanto si potesse concepire il sarcasmo stesso, nel tentativo di dare a vedere che la cosa non lo toccava. Era il colpo più basso ed il più leale che potesse sferrargli.

Ma Roy non disse assolutamente nulla.

“È morta bruciata viva”

“Oh” Solo un monosillabo.

Avrebbe voluto avere il coraggio e la faccia tosta di chiedergli se davvero non era successo niente, ma era un limite troppo lontano da lei.

“Perché non te ne vai ancora via da lì?”

 “Non lo so” rispose immediatamente, lasciandola stupita.

“Devo dire alla signora Rockbell che ho visto la sua bella nipote dai capelli biondi… l’ho vista  maturare come un frutto”

Rise in modo folle, ma ancora una volta non chiese spiegazioni. Inaspettatamente ammise a sé stessa che era per paura.

Paura di quella presunta follia, ed Olivia odiava avere paura meno di quanto odiava ammettere di provarla. Provò a mantenerla sullo scherzo.

“È perché ti rendi conto che rischieresti la vita a tornare al mio cospetto, stupido idiota?”

“Già…” rise. “… ma dovrei morire per comprendere quello che mi perdo, non è così, My Lady? Sono un dannato testardo che non capisce il valore della vita, non è vero? Non è forse vero? NON ÈFORSE VERO?”

Poteva rimetterlo in riga con un pugno, quella volta? Gli occhi le si velarono d’indegne lacrime prima di poterci pensare seriamente. Le sue parole spinsero una scarica di elettricità su per la sua schiena, facendola barcollare sulla sedia ed accorgersi di quanto era dannatamente patetica.

Non ricordava nemmeno più com’era desiderare qualcosa senza negarlo a sé stessa, ma per un attimo perse di mano la sua disciplina.

Si poteva dire che non lo avrebbe mai fatto abbastanza, con Roy Mustang.

“… solo ora ho capito quanto sia inutile la vita senza un ossessione… e la morte è la migliore delle ossessioni!”

Riattaccò con un gesto del tutto istintivo, col fiato pesante.

Roy

Decise di rimanere impalata lì, sulla sedia, fin quando quella frase non fosse uscita dalla sua testa.

Ma non lo fece mai.

La morte è la migliore delle ossessioni.

 

 

 

 

 

Note dell’autrice!

È finita §_§ non so se per sempre ma per adesso è finita… non ha riscosso un successo enorme ma è quanto mi aspettavo, e sono contenta che ci siano sempre quelle poche persone che dicono di apprezzare i miei lavori *O* Il seguito ce l’ho in mente, ma dubito che, anche se mi venisse mai in mente di scriverlo davvero, mi sbrigherei poi così tanto a buttarlo giù xD Comunque tanto che ci stiamo... avete visto “Dorian Gray”? *O* e la bellissima ed inaspettata scena yaoi che vi si trova? *O* va buo, passiamo ai commenti.

 

My Pride: Niù mun”, se posso esprimermi, faceva ridere… è l’unico pregio che ho saputo trovargli! Almeno ti ci passi un paio d’ore nemmeno a farti qualche buona risata, fatto sta che il libro effettivamente pur non essendo un capolavoro me lo ricordavo un attimino meglio xD Va buo, questo è un OT grande come una casa, ma chi se ne frega! xD owari *inchino*

Icaro smile: Ma nooooo, Scar non voleva farlo fuori… a lui non frega una beata mazza sostanzialmente xD non ho avuto modo di approfondirlo, poveretto, ah per la cronaca non è un vampiro lui (ovviamente, come potrebbe uscire alla luce del giorno altrimenti?), ma sono cose che potrebbero rimanere nell’ombra per sempre. Comunque mi dispiace per Roy… giusto una volta gli ho dato soddisfazione e non era nemmeno troppa xD comunque dimmi che ne pensi del finale, baci.

Covianna: Amo i commenti deliranti, i miei sono sempre inconsistenti ed assolutamente poco istruttivi… quindi ti capisco xD ma li adoro al pari degli altri! Quindi non privarmene please. Comunque Roy è partito di capa… tra questo e morire cos’è peggio? xD baci!

Valerya90: Come mai dal terzo capitolo ti è riuscito d’immaginarti i personaggi di Naruto in questa Fic? Ah, mi ero anche scordata di dire che al posto di Olivia c’era Sakura xD Grazie ancora, baci.

Giaggia: Riguardo ad Al, come ho già detto a non so chi, io ho una particolare visione di lui, e lo faccio sempre un po’ schizofrenico ed affetto da doppia personalità, mi piace rappresentare la sua parte oscura che spesso è interpretata dall’armatura (come ne “Il Battito della rosa” o “The seven of destruction”), riguardo all’Elricest diciamo che “L’armatura pazza” è un mio marchio di fabbrica… e mi piacerebbe inserirla in un futuro seguito di questa storia non so in che modo xD comunque fammi sapere come ti sembra il finale, baci!

 

Va buo, anche qui è finita… non so in che fandom mi troverò la prossima volta, ma devo dire che in fma mi trovo sempre abbastanza bene *O* se qualcuno degli utenti che non hanno commentato finora volessero farmi sapere cosa ne pensano della storia nel complesso ne sarei lietissima.

 

*Inchino*

Alla prossima.

   
 
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