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Autore: Diana Abigail    02/12/2009    2 recensioni
Elizabeth, meglio conosciuta da tutti come Hannency, vive in una città divisa in due: dalla parte est e dalla parte ovest. Gli East side e i West side, due gruppi di bulletti di periferia, controllano la città e vivono una vera e propria guerra con l'altra parte. Ma Elizabeth si troverà coinvolta in questa guerra, quelli che le sembravano dei ragazzini si dimostreranno tutt'altro. Tra Roger, il capo dei West side, che da delinquente diventerà eroe, due opposti si uniranno, nell'unico modo in cui potranno mai combaciare perfettamente.
Genere: Romantico, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quinta classificata al contest "Da una frase..."  nel forum EFP indetto da superkiki92. La frase era: "non si può scegliere chi amare, non si può smettere di amare"

Amori a colpi di bang


Come venni a scoprire di Roger è molto semplice: era il capobanda dei West side e aveva nella sua gang Havier, il fratello di Belinda, e proprio quel giorno scelsero la casa dei fratelli Fernandez come covo di ritrovo.

I West side il loro covo ce l'avevano, ma siccome Havier si era rotto la gamba, decisero di andarlo a trovare e raccontargli delle ultime novità e proprio quel giorno mi trovavo a casa di Belinda, come spesso accadeva negli ultimi tempi, siccome aveva dei problemi con Jeremy, il suo ragazzo.

Loro avevano sempre problemi, per una cosa o per l'altra litigavano, così Belinda chiamava me e si disperava, dicendomi che si erano lasciati. Questo accadeva praticamente una volta a settimana.

-Posso prendermi un bicchiere d'acqua? E magari ne porto uno anche a te- chiesi a Belinda, dopo l'ennesimo resoconto della sua litigata con Jeremy.

-Si, vai pure, ma non la voglio l'acqua, grazie- mi disse, con quel suo accento spagnolo. Era carino da sentire, buffo.

Scesi le scale di quella casa modesta e mi avviai con tranquillità in cucina senza farmi notare dai West side. Non erano persone che stimavo.

Aprii il frigorifero e presi l'acqua. Poi afferrai il bicchiere appena riempito e mi avviai verso la porta.

-Havier, ti dico che non ti devi preoccupare. Te l'ho detto, El Guapo mi ha fatto avere quella dannata pistola, abbiamo il culo coperto ora, dobbiamo solo trovare il momento giusto per attaccare. Vedrai che trovarsi il loro capobanda morto gli farà cambiare idea ai bastardi dell'est- disse Roger, il diciannovenne.

Mi bloccai, senza uscire. Dovevo ascoltare.

-Ammazzarlo? Ma sei fuori? Non si era parlato di ammazzare qualcuno, pensavo che la pistola ti servisse a minacciarli. No, Roger, tu hai già un sacco di casini, se ti beccano ci marcisci in prigione- disse qualcuno che riconobbi come Slyer, ovvero Kyle.

-Se te la fai addosso, poppante, questa roba non fa per te, perciò puoi uscire da quella porta e sparire dalla mia vista- rispose Roger, duro.

-No, amico, ma che hai capito... No, non intendevo quello, lo dicevo per te- si difese Slyer, quasi balbettando.

-Grazie, ma non mi serve una mammina- disse di rimando Roger, chiudendo lì la questione.

Uscii dalla porta e comparii in salotto, dove si trovavano i West side.

-Oh, ma chi c'è qui? La piccola Hannency- disse Roger, rivolgendomi un sorriso.

Roger aveva proprio la faccia e lo stile del tipico attaccabrighe delinquente.

-Non provare ad ammazzare nessuno, altrimenti io farò il tuo nome in centrale- dissi, ignorando i West side che scoppiarono a ridere.

-Oh, ma non sapevo avessimo una paladina della giustizia in città! Che Dio ce ne scampi a noi poveri delinquenti- disse lui, molto teatralmente.

-Non sto scherzando Roger- risposi, seria.

-Va bene, tu fai il mio nome e io ammazzo anche te- mi disse lui, questa volta serio. Si, incuteva paura, ma non a me.

-Non mi fai paura- gli dissi, senza muovere un muscolo.

-Meglio per te allora- mi disse lui, sorridendo di nuovo.

Mi voltai e me ne tornai in camera da Belinda, la quale mi chiese che fine avessi fatto e le spiegai che avevo fatto una sosta al bagno.

Scesi dalla camera solo quando fu davvero tardi e arrivò l'ora di andarmene. Prima di uscire, però, Havier mi bloccò con una stampella e, dopo aver controllato che sua sorella non potesse sentirlo, mi disse:

-Belinda non deve sapere niente di questa storia-

-Nessuno deve sapere di questa storia, oppure siete spacciati. E io sono pronta a dirlo a chiunque interessi- dissi, seria.

-Dillo a chi ti pare, ma non a Belinda- affermò nuovamente.

-D'accordo, non lo avrei fatto comunque, ha già troppi problemi tua sorella- gli dissi, voltandomi e sparendo nella notte.

La guerra tra le bande era storica in Bethesda, c'era ancora prima che nascessi io o che nascesse Roger. Consisteva in un odio tra la parte ovest (West side) e la parte est (East side) della città. Il perché dell'odio non lo conoscevano neanche loro, ma si è sempre raccontato che ci fu un'incongruenza durante alcune elezioni e i West side incolparono gli East side di aver manomesso le schede elettorali. Ma questo accadde almeno trent'anni prima della comparsa di Roger.

Ad ogni modo, il giorno dopo a scuola mi sentivo strana, come un peso nello stomaco e maledissi la mia curiosità che mi portava sempre a mettermi nei casini.

Camminavo con il cappuccio della felpa tirato su, ero solita vestirmi con la felpa. Ne avevo davvero tante, dei colori più strani, dal lillà al verde prato. Non facevo parte di un gruppo, quindi potevo vestirmi come volevo e spesso rimanevo da sola con il mio i-pod.

Passai davanti a Belinda che mi guardò con una faccia preoccupata e accennai un saluto con il mento, poi passai davanti ai West side che decisero che ero un bel passatempo.

-Ed ecco qui la nostra Woder Woman!- esclamò Roger, facendo ridere il resto dei caproni.

Decisi di ignorarli, ma Roger non fu contento del mio gesto, così mi seguì.

-Fermati- mi disse, ma continuai a camminare in direzione del cancello d'entrata: volevo solo comprarmi un panino per il pranzo.

-Ho detto di fermarti- mi disse, prendendomi dalla spalla, impedendomi di avanzare. Okay, potevo anche essere coraggiosa, ma contro i suoi muscoli da rugbista non avevo speranze.

-Non prendo ordini, non sono un cane- gli dissi, arrabbiata.

-Senti, non mi va di fare più vittime di quante non ce ne siano già in programma, perciò ragazzina levati dai piedi e fatti i cazzi tuoi- mi disse, arrabbiato e serio, guardandomi negli occhi.

-Devi sapere che uno dei miei difetti peggiori è che non so starmene al mio posto- risposi, divincolandomi e liberandomi dalla sua mano.

Ed era vero, ero solita a ficcare il naso in affari che non mi appartenevano.

-Hai a malapena diciassette anni, morire così giovane è un peccato- mi disse, serio. Si, forse i brividi li metteva, ma il mio obiettivo era quello di non farglielo capire.

-Correrò il rischio- gli risposi, voltandomi verso il bar.

La settimana dopo i West side non avevano ancora colpito.

Il venerdì pomeriggio uscii con Jacob, comunemente chiamato Jake, uno dei ragazzi degli East side che avevo conosciuto ad una festa. Era carino ma faceva parte della parte opposta, quindi uscire insieme era quasi pericoloso. Tanto per me quanto per lui.

Siccome avevo sempre trovato ridicolo questo odio immotivato, decisi di uscirci nonostante tutto, così quella sera mi presentai al parco della parte ovest vestita bene, con la gonna e i capelli sciolti. Non si può uscire con i ragazzi e mettersi una felpa.

Mi fece i complimenti appena mi vide e io ne fui lusingata: potevo perdermi tutto per colpa di una guerra tra ragazzini?

-Dove andiamo?- mi chiese, dopo dieci minuti che passeggiavamo tranquilli.

-Potremmo farci un giro nel centro storico. Immagino tu non lo possa vedere spesso- gli dissi, sorridendo.

Il centro storico era “nostro”.

-Certo, perché no- disse, sorridendomi.

Così ci avviammo verso il centro storico, anche se avevo un brutto presentimento. Dannato sesto senso.

Siccome era ottobre mi offrì una cioccolata calda e si comportò come una specie di principe alias ragazzo perfetto. Peccato che era dell'Est.

Decisi di non farmi influenzare da quel dettaglio inutile, se loro volevano combattere una guerra inutile che facessero pure, non dovevano mettere in mezzo anche gli altri però.

Parlammo della scuola e di come fossero costretti a spostarsi perché era sotto il dominio dei West side. I West side erano parecchio fortunati per quanto riguardava le infrastrutture, perché oltre alla scuola avevano anche il pezzo del parco più bello. Invece nella parte est c'erano le case popolari e villette a schiera. La periferia era più marcata.

Nessuno aveva mai capito realmente quali fossero i confini, ma erano stati suddivisi i luoghi negli anni e Jake mi disse che la cosa non gli faceva proprio piacere.

Ammetto che passare un'intera serata a parlare di quella stupida guerra tra bande non era nei miei progetti, ma ci faceva avere un dialogo perciò non mi dispiacque.

-Andiamo?- mi chiese, dopo quasi un'oretta e optammo per una passeggiata nel centro.

Una volta fuori dal locale qualcuno ci aggredì.

Sesto senso

Mi bloccarono le braccia dietro la schiena e cacciai un urlo.

-Stai zitta Hannency, non stai rendendo le cose semplici- mi disse Slyer.

Merda, merda, merda

-Lasciami stare Kyle- dissi, iniziando a divincolarmi. Possibile che fossero tutti dei bestioni?

Slyer però mi ignorò e fui costretta a guardare il resto del gruppo che malmenava Jake.

-No! Smettetela! Non vi ha fatto nulla!- gridavo inutilmente verso quegli essere primitivi.

-Portatela via- disse Roger a Slyer e Mike, così mi presero con la forza e mi portarono via, cercando di tenermi ferma e farmi stare zitta.

Mi portarono al parco, esattamente dove mi ero data appuntamento con Jake e mi si strinse il cuore in una morsa lacerante. Perché proprio a me? Non avevo neanche denunciato Roger alla centrale. Ma era logico che lo facessero per Jake e la guerra, non per la sottoscritta. Eppure non riuscivo a capacitarmene lo stesso.

-Perché mi avete portata qui? Posso andarmene a casa?- chiesi, cercando di trattenere le lacrime.

-No, non andrai da nessuna parte finché Roger non ci darà l'okay- mi rispose Slyer sedendosi sulla panchina. Mike mi teneva un braccio, ma sembrava annoiato.

-Mi spiegate perché lo avete picchiato? Non ha fatto nulla! Stava uscendo con me, non era venuto per disturbare voi- urlai nel parco, squarciando il silenzio della notte e del posto, solitamente deserto a quell'ora.

-E stai un po' zitta- borbottò Mike, sbuffando. Io gli tirai un calcio.

-Brutta stronza!- mi gridò prima di tirarmi uno schiaffo. Io rimasi senza fiato: non me lo sarei mai aspettato.

-Mike! Che cazzo fai! Se Roger lo viene a sapere ti ammazza!- disse Slyer alzandosi dalla panchina e spintonandolo.

-Perché dovrebbe? Ha detto di portarla via. Non ci ha detto cosa potevamo o non potevamo farle- disse l'altro, arrabbiandosi.

Decisi che era meglio scappare, così indietreggiando senza farmi notare, cercai una via di fuga. Poi la trovai: il buco di Rock.

Iniziai a scappare verso il buco che Rock, il cane di Gertrude, aveva scavato nella rete intorno al parco.

Iniziarono ad inseguirmi e io cercai di accelerare e ci riuscii. Mi infilai nel buco sporcandomi con la terra umida le ginocchia, poi mi ritrovai fuori dal parco e iniziai a correre verso il centro storico.

Torna a casa mi consigliava la mia coscienza, ma non le diedi ascolto.

Corsi verso il vicolo in cui ci avevano aggrediti ma una volta lì non trovai nessuno. Iniziai a piangere, era tardi e i West side non erano l'incubo peggiore della città a quell'ora di notte.

Camminai tenendomi lontana dai vicoli, nonostante avessi una voglia incredibile di esplorarli tutti per cercare Jake, Roger e il resto dei West side.

Mi toccai la guancia mentre camminavo spedita verso casa. Non potevo credere di aver ricevuto un ceffone e di non essermi difesa.

Arrivai nel mio quartiere e vidi un'ombra nella notte. Roger.

Mi bloccai appena lo riconobbi e lui camminò verso di me facendosi illuminare dai lampioni.

Cercai un modo per correre a casa, ma lui aveva una pistola e contro quella non si poteva scappare.

-Sono qui per un avvertimento- mi disse, con le mani in tasca. Io non mi mossi, non potevo mica fidarmi di lui.

-Vuoi dire per una minaccia?- gli chiesi, stringendo i pugni.

-Chiamala come vuoi Hannency- mi rispose, guardandomi seriamente. Non sembrava né ubriaco né drogato e mi chiesi se fosse un bene o no.

-Parla. E poi voglio sapere dov'è Jake e cose gli avete fatto- gli dissi io, anche se quello che desideravo di più era chiudermi in camera mia e non uscirci più.

-Il tuo amichetto è vivo, ma se prova a tornare ancora qui dovremo prendere provvedimenti- mi disse, mentre riprese ad avanzare verso di me.

-Non avete il diritto- dissi, tenendo la mascella serrata. Avevo voglia di urlare.

-No, sei tu a non avere il diritto di portare il nemico. Sai benissimo cosa accade, perciò se vuoi rivedere il tuo amichetto ti conviene andare a est, rischiando la tua di vita. Non portarci più problemi di quanti non ne abbiamo già- mi disse e sorrisi.

-Certo, immagino quanti problemi. Ad esempio premeditare un omicidio? Se lo fai non te la farò passare liscia- dissi, senza tentennare.

-Sai cosa mi piace di te? Che in fondo hai la speranza di spaventarmi. Sei una piccola illusa e fai quasi tenerezza- mi disse, scuotendo la testa.

Lo guardai con disprezzo.

-Era questo l'avvertimento? Che Jake non deve più farsi vedere?- gli chiesi, concedendomi un piccolo movimento.

-No, non era solo quello. Hannency fatti i fatti tuoi, cercati un ragazzo da queste parti e non metterci i bastoni tra le ruote- mi disse, fermandosi e guardandomi serio negli occhi.

-Io vi denuncerò per quello che avete fatto- dissi, convinta.

-Te l'ho già detto. Se lo fai, io ti uccido- mi disse, facendomi venire i brividi. Non potevo lasciarmi spaventare, una vita da vittima in silenzio non la volevo. Volevo combattere. Volevo vedere Roger McKenzie dietro a delle fottutissime sbarre.

-D'accordo, se questi sono i patti ci sto- gli dissi, alzando leggermente la testa. Ero superiore e lo sapevo.

-Te ne pentirai- mi disse.

-Non se muoio- constatai sorridendo.

-E dì pure ai tuoi amici che il loro schiaffo non mi ha scalfita minimamente- aggiunsi, tornando a essere seria.

-Ti hanno picchiata?- mi chiese e io alzai le spalle.

-Solo uno schiaffo che, tra l'altro, ha fatto meno male di quelli che mi propina mia madre- dissi, iniziando a camminare verso casa mia, così mi avvicinai a lui.

-Cambia idea Elizabeth- disse, mentre gli passavo accanto.

-No- risposi e mi allontanai nella notte, diretta a casa mia.

Quella notte dormire fu difficile, soprattutto per gli incubi che popolarono il mio sonno, rendendomi agitata e nervosa la mattina, che iniziò con l'annuncio di mia madre che mi comunicò che un ragazzo era stato portato al pronto soccorso perché era stato picchiato da un gruppo di bulli.

A scuola ci pensai costantemente, prendendomi anche una D per non aver seguito la lezione. Dovevo andare in centrale a fare i nomi dei West side.

Dopo la scuola uscii di casa diretta alla centrale. Presi il bus che mi portava lì vicino e mi guardai le spalle. Non sembrava ci fosse qualcuno.

Camminai in modo veloce, stavo per tradire qualcuno di pericoloso perciò sbrigarsi era fondamentale.

Facevo il conto alla rovescia di quante case mi mancavano alla centrale: alcune volte ricordavo cose davvero inutili.

Capitava che mi ricordassi quante volte mia madre mi diceva una cosa in un giorno, così senza rendermene conto, ma non riuscissi a ricordare una stupida poesia per letteratura.

Iniziai a sentirmi meglio, ne mancavano meno di venti, così cercai di tranquillizzarmi. Poi vidi qualcosa, anzi qualcuno, che non doveva vedere me.

Slyer camminava proprio di fronte alla centrale con le cuffie nelle orecchie che faceva movimenti improponibili. Rimasi ferma a fissarlo decidendo cosa fare.

Dovevo nascondermi ma non c'era via d'uscita. Se fossi scappata lui si sarebbe accorto che qualcosa non andava. Dovevo far finta di niente e cercare di mimetizzarmi.

Mi tirai su il cappuccio della felpa spostando i lunghi capelli castani per nascondermi almeno un po'. Infilai le mani nelle tasche e camminai a testa bassa, passandogli proprio accanto.

È fatta mi dissi mentalmente.

Camminai un po' più velocemente, non mancava molto, circa dieci passi, quando mi sentii afferrare da un braccio e il mio cuore palpitò per la paura.

Mi voltai e vidi Slyer con una faccia piuttosto incazzata.

-Stavi andando in centrale?- mi chiese, cercando di mascherare la rabbia. Io scossi la testa.

-No, avevo di meglio da fare- risposi, abbassando lo sguardo.

-Roger aveva ragione, sei venuta davvero. Forza, andiamo- mi disse tirandomi.

-Lasciami o urlo- mi disse.

-Fatti tuoi, se urli ti bacio e vediamo come potrai farti sentire con la mia lingua in bocca- mi disse, ridendo come uno scemo. Arricciai il naso.

-Ma che schifo- commentai, sincera. Avevo abbassato la guardia e lui mi aveva portato alla fermata del pullman.

Il covo dei West side era dall'altra parte della zona ovest rispetto a casa mia, ma era più vicino alla centrale.

-Se tu fossi un ragazzo potresti essere anche meglio di Roger. Il coraggio non ti manca- mi disse, mentre mi tirava verso il covo.

-Cos'è, una specie di complimento?- gli chiesi, lasciandomi tirare.

-Una specie- commentò, bussando alla porta della casa di Roger.

Non potevo credere che il covo dei West side fosse una cantina interrata sotto la casa del capobanda.

Mi guardai intorno. Non era male casa sua, peccato non poter fare un giro turistico.

-Ehy, Roger, avevi ragione. L'ho pizzicata vicino alla centrale- disse Slyer, spingendomi nella stanza e chiudendo la porta.

-Se volevi ammazzarti bastava un po' di cianuro- commentò Mike, facendo ridere tutti gli altri. Tutti tranne Roger che appoggiò la pistola sul tavolo davanti a lui.

-Siamo arrivati a un punto di non ritorno, Hannency. Ora basta giocare, o ti tagli fuori o ti pianto una pallottola nella testa- mi disse, sfiorando istintivamente l'arma.

Lo guardai, seria.

-Perché? Perché dovrei lasciarvi stare? Non è giusto, ciò che fate è sbagliato, dovresti saperlo. E comunque ammazzarmi è l'unico modo per farmi stare zitta- gli dissi, sfogandomi. Lui prese la pistola in mano e me la puntò al cuore.

-E allora così sia- mi disse, gelido. Mi spaventai. La pistola contro non me l'aveva ancora puntata.

Ne avevo visti parecchi di gialli e polizieschi, ma ammetto che ritrovarsi davanti ad un'arma da fuoco è un'esperienza che ti toglie il fiato.

Mi agitai e iniziai a respirare male. Avevo paura e stava diventando incontrollata.

-Assassino di merda- commentai, guardandolo negli occhi.

-Tu non sai un cazzo! Stai zitta piccola insolente!- mi gridò contro, muovendo l'arma.

Chiusi gli occhi di scatto.

Sparami. Se devi farlo, fallo ora.

Ma qualcosa mi diceva che Roger non mi avrebbe sparato. Sembrava mi volesse solo far prendere un grande spavento, ma io lo stavo facendo incazzare.

-E allora dimmi quello che non so- gli dissi, tenendo gli occhi chiusi.

I West side erano tutti fermi immobili, non sentivo rumori, risatine o parole bisbigliate. Erano tutti sull'attenti, chiedendosi se il loro “capo” avrebbe premuto o meno il grilletto.

-No. Tu devi stare lontana da questa storia- disse lui, calmandosi un po', così riaprii gli occhi.

Aveva abbassato la pistola ma non l'aveva lasciata.

-Ormai ci sono dentro. Forse se tu non avessi picchiato Jake mi sarei anche tagliata fuori. Lo sbaglio è stato tuo- gli dissi, senza preoccuparmi dei West side.

Stavo tenendo duro, avevo una paura folle ma riuscivo a reprimerla piuttosto bene. Al nome di Jake, Roger strinse il pugno libero. Non aveva ancora perso la voglia di picchiare.

-Sei tu che rischi la testa. Non puoi tornartene a casa e rincominciare la tua solita vita da liceale emarginata?- mi chiese, pungente.

-No, io sono per le emozioni forti- commentai, sarcastica.

-Slyer riportala a casa- disse Roger, senza distogliere lo sguardo da me.

-Posso tornare a casa da sola, non ho dieci anni- commentai, muovendomi dopo tanto tempo.

-No. Slyer, muoviti- disse e Kyle mi prese per un braccio.

Guardai Kyle. Forse il peggio era passato.

-Se mi minacci di nuovo di infilarmi la lingua in bocca giuro che ti tiro un calcio nei coglioni- commentai, aprendo la porta e fissandolo negli occhi.

Slyer guardò preoccupato Roger che lo stava uccidendo con gli occhi. I West side ridevano nervosi.

-D'accordo- mi rispose lui, spingendomi fuori.

Kyle mi riaccompagnò davvero fino a casa, ma mi accertai che non ci vedesse nessuno. L'ultima cosa che volevo era proprio farmi vedere con Slyer dei West side.

I giorni seguenti ci provai. Cercai di non pensare a Jake, al capo degli East side e a Roger con la pistola.

In effetti avere una pistola puntata contro mi scombussolò per un po', ma ero “placcata in ferro”, m i riprendevo in fretta. E poi la vita da liceale emarginata mi stava un po' stretta.

Così un mercoledì decisi che era ora di avvertire Jake e gli East side e dirgli cosa avevano in mente i West side.

Presi il bus e in mezz'ora fui dall'altra parte della città. Uno strano presentimento mi diceva che qualcuno mi teneva d'occhio, perciò spesso mi guardavo alle spalle, ma non vidi mai nessuno.

Non conoscevo il covo dei ragazzi dell'est, neanche tutti i componenti a dire il vero, ma ero decisa a trovarli al più presto.

Feci un giro alle case popolari e chiesi a qualche ragazzino se per caso sapevano dove fossero gli East side e loro mi risposero che probabilmente erano al parco, oppure in giro per la città.

Trovarli fu complicato e si era fatto anche tardi, ma alla fine li trovai intenti a fumarsi una canna nel quartiere in cui abitava Jake. La centrale era lontana da quella parte della città, perciò quelli dell'est facevano ciò che volevano all'ora che volevano.

-Jake- dissi, appena fui visibile.

Sette paia di occhi si voltarono a fissarmi ostili.

-E questa chi è?- commentò un poveraccio seduto a terra. Mi chiesi se avesse ancora l'uso della ragione o se fosse in un altro mondo.

-Hannency. Elizabeth Hannency- disse Jake. Gli East side scoppiarono a ridere.

-Una sporca dell'ovest... Che ci fai qui?- mi chiese uno. Sembrava il capo.

-Sono venuta per un avvertimento. Roger e i West side hanno intenzione di ucciderti. Sei tu il capo, no?- chiesi, guardando scettica le loro facce. C'era qualcosa che non andava.

Scoppiarono a ridere. Una di quelle risate grasse, come una battuta venuta particolarmente bene o una bella ragazza che sorride e ha gli spinaci tra i denti.

Ma io non stavo scherzando.

-Che vi prende?- chiesi, quasi strillando.

-Ehy, ragazzina, stai un po' zitta. E comunque si, io sono Johnny, il capo, come dici te. Senti, non abbiamo paura di Roger e di quel gruppo di ragazzini. Tu sei stata brava a farci fare la prova, siamo pronti per attaccare- mi disse Johnny, enigmatico.

Fumò la canna che aveva tra le dita e poi fece un gesto impercettibile con il mento.

Due ragazzi si alzarono da terra e mi si avvicinarono. Non riuscii a collegare.

Il primo, il più grosso, mi bloccò le braccia dietro la schiena mentre l'altro mi distrasse.

E poi mi mancò il respiro e mi accasciai su me stessa. Il tizio mi aveva tirato un pugno nella pancia.

Poi mi prese per i capelli e mi guardò in faccia.

-A me quelli dell'ovest fanno schifo tutti. Comprese le femmine- mi disse, disgustato. Aveva anche usato la parola femmine in un modo davvero volgare.

Poi mi arrivò un colpo in pieno viso, ma non riuscii a capire come mi colpì. Iniziai a sanguinare dal labbro e a sentire bruciore.

Mi stavano picchiando. E io non potevo fare nulla.

Poi tutto accadde velocemente.

Io caddi a terra perché il tizio mi lasciò andare e non avevo abbastanza forze per tenermi in piedi. Sentii degli urli e degli insulti e capii che c'era una rissa in corso. Forse erano arrivati i West side.

Mi sentii alzare da terra, qualcuno mi aveva preso in braccio, ma capire chi fosse era impossibile.

Quella persona mi portò in un vicolo o qualcosa di simile, poi mi mise giù e io cercai di tenermi in piedi.

-Gra-grazie- mormorai, prima di aprire gli occhi.

-Non devi ringraziarmi- mi disse una voce che mi fece tremare. Mi ero sbagliata.

Johnny si era allontanato e mi puntava una pistola contro. Guardai il suo viso e pensai a Roger: non avevo capito chi era il vero mostro.

Chiusi gli occhi e sentii che bruciavano. Dovevo trattenere le lacrime o avrei rischiato di essere troppo vulnerabile.

-Vuoi uccidermi?- chiesi, aprendo gli occhi.

-Certo che si. Te l'ho detto: mi fate schifo tutti- mi disse. Era pazzo e il suo sguardo mi faceva capire che non si faceva scrupoli come Roger.

-Allora fallo- gli dissi, chiudendo di nuovo gli occhi. Non mi andava che fosse lui l'ultimo mio ricordo.

Poi lo sentii. Un colpo di pistola secco e deciso. Caddi in ginocchio.

Ma il colpo non era per me. Sentii un tonfo.

Spalancai gli occhi spaventata e vidi il corpo inerme di Johnny a terra e scoppiai a piangere spaventata. Mi alzai in piedi e mi voltai: Roger se ne stava con il braccio teso e la pistola tra le mani. Sembrava spaventato.

Mi avvicinai, con gli occhi appannati dalle lacrime, e potei notare che non abbassava la pistola.

-Te l'avevo detto che non sapevi un cazzo di questa storia- mi disse, scuotendo la testa. Mi bloccai.

-Mi... Mi dispiace- dissi, abbassando la testa e asciugandomi le lacrime.

-Ti avrebbe sparato lui. Non come me che ho sempre fatto finta- mi disse, spostando lo sguardo.

Rincominciai ad avvicinarmi verso di lui e gli abbassai il braccio con l'arma: lui rimase a guardarmi.

Senza pensarci troppo lo abbracciai a livello della vita, poggiando la testa sul suo torace. Feci tutto molto lentamente: non avevo forze.

Roger mi aveva salvato la vita, nonostante avesse più volte dichiarato di volermela togliere.

Lui lasciò cadere la pistola e ricambiò titubante.

-Grazie Roger...- gli dissi, singhiozzando.

-Dobbiamo andare via da qui. O almeno io devo sparire- disse, ignorandomi.

-No, voglio venire anche io- dissi, senza avere la minima idea di dove volesse andare.

Finimmo nella parte ovest del parco, proprio dove Mike mi aveva tirato lo schiaffo poco tempo prima.

Ero spaventata e scossa ma stargli vicino non poteva non farmi bene. Lo sapevo, ero sicura che Johnny mi avrebbe sparato e mi ero preparata all'eventualità e poi era comparso dal nulla Roger con la sua pistola importata.

-Come hai fatto a trovarci?- gli chiesi, rannicchiandomi sulla panchina. Lui si guardava intorno nervoso: aveva paura che arrivasse la polizia.

-Ho visto che ti portava via- mi rispose, senza degnarmi di uno sguardo.

-Beh, mi avrebbe tolta dai piedi una volta per tutte... Perché non glielo hai lasciato fare?- chiesi, trattenendo i tremiti.

-Non hai capito niente di questa storia. Non ho mai voluto ucciderti- mi disse, voltandosi verso di me. Capii dal suo sguardo che diceva la verità.

-E allora... Voglio sapere tutto, ormai ci sono davvero dentro- gli dissi, prendendo tono. Purtroppo non facevo molto effetto con le guance inondate di lacrime e con i brividi che mi scuotevano come una foglia al vento.

-Non ho mai pensato che tu dovessi sapere la verità, ma siccome hai appena rischiato di essere ammazzata mi sembra giusto dirti che ti sei sempre sbagliata. I cattivi non eravamo noi, come ti abbiamo lasciato credere. Ma non lo avrei mai fatto se avessi pensato che tu potessi andare da loro. Non si sono mai fatti scrupoli, loro- mi disse, sedendosi vicino a me.

-No, infatti- commentai guardandolo.

-Già. Johnny era riuscito ad avere una pistola e stavano aspettando il momento giusto per venire ad attaccarci e uccidermi. Così hanno mandato Jake e tu ci sei cascata, pensando che la guerra fosse una cazzata per adolescenti. Era così fino a qualche anno fa, ma Johnny è offuscato da un odio tutto suo. Per evitare di rimetterci le penne mi sono procurato anche io un'arma; così la famosa pistola che conosci bene è comparsa tra le mie mani. Mi dispiace averla usata per minacciarti, ma non sapevo come tenerti fuori da questa storia- mi disse, guardando a terra, forse un po' ferito.

E così Roger McKenzie mi aveva salvato il culo. Non solo, aveva cercato di salvarmelo fin dall'inizio.

Ma perché ero così maledettamente attratta dal diciannovenne infantile?

-Sono un'emerita cogliona. Così non ho fatto altro che essere d'intralcio e rischiare anche di mettere nei casini quelli sbagliati. Merda, devo imparare qualcosa da questo- constatai, toccandomi il labbro rotto.

Roger mi toccò il viso, in particolare le ferite.

-Sei quella ridotta peggio e non è giusto. Torna a casa e fatti medicare. Non c'è bisogno che ti passi la notte in centrale- mi disse, troppo vicino. Mi stava analizzando una per una le ferite.

-Non posso tornare a casa in queste condizioni. No, davvero. E poi... Perché non posso stare con te?- chiesi, ingenuamente e lui mi sorrise.

-Hannency sei proprio irrecuperabile. Devo ammettere che mi dava fastidio che tu mi odiassi e che non sapessi la verità, ma che tu non mi sia indifferente è forse anche peggio per te- mi confessò ridendo e guardando il cancello del parco. Si sentivano delle sirene in lontananza.

Avrà avuto pure diciannove anni, ma mi sembrava piccolo e impaurito. Mi sentii scorretta, avevo combinato solo pasticci in meno di due settimane.

Gli toccai il braccio, volevo tornare tra le sue braccia ma forse non era il caso. Così aspettai la sua reazione al contatto. Si voltò a guardarmi e gli sorrisi. Si, aveva una fottutissima paura ma riusciva ad essere calmo.

Per me era uno sconosciuto a tutti gli effetti, ma non mi importava, così lo abbracciai facendo attenzione a non farmi male.

-Che ti prende, Hannency?- mi chiese, mentre ricambiava istintivamente il mio abbraccio. Anche lui era cauto nei movimenti, non voleva toccarmi le parti dolenti.

-Non lo so, davvero. Non dovevi aiutarmi- gli dissi, guardandolo.

Lui mi sorrise e mi guardò le labbra.

-Si, inizio a pensarlo anche io. Comunque, Hannency, devo dire che la gonna non ti sta affatto male- mi disse malizioso e io risi.

Ridicolo. Era tutto ridicolo: la polizia lo stava cercando e io ero stata appena picchiata e ce ne stavamo su una panchina del parco abbracciati. E poi c'era quella voglia di baciarlo che mi stava logorando.

Ma tu lo hai sempre detestato!

Ignorai la mia testa e lo baciai, sorprendendolo. Dopo ch'ebbe realizzato ricambiò mandandomi in estasi.

-Aspetta, una cosa ancora non mi torna- gli dissi, allontanandomi dal suo viso. Lui mi guardò confuso.

-Cosa?- mi chiese, tornando a fissarmi le labbra.

-Come facevate a sapere dov'ero? Siete arrivati nel momento giusto, come nei film- gli dissi, alzando un sopracciglio.

-Slyer ti ha seguita. Dopo che ha capito cosa volevi fare è tornato indietro ad avvertirci e poi siamo arrivati tutti. Menomale che non sapevi dove trovarli, altrimenti non saremmo arrivati in tempo. Avevo detto a Slyer di fermarti, ma sapeva che non lo avresti seguito- mi disse, rabbuiandosi.

Già, ero una testa dura.

-Come in centrale... E così mi tenevate d'occhio, eh? Mi sento una stupida ad aver creduto a Jake- gli dissi, apprezzando il fatto che non mi allontanasse.

-Beh, ammetto che picchiarlo è stato davvero piacevole. Senti... Davvero Slyer ti ha minacciata di baciarti? No, perché non vorrei avergli dato un pugno per niente- mi disse, imbarazzato.

Poi capii.

-Un pugno? Mi chiedo se tu non mi abbia uccisa perché ti piacevo- gli dissi, sorridendo.

-Non ucciderei mai qualcuno senza motivo. Però diciamo che il fattore ha influenzato- sorrise anche lui e mi baciò, facendomi tremare.

Le sirene si avvicinavano: stavano arrivando.

-Scappiamo. Ti incarcereranno se riescono a prenderti- gli dissi, tristemente.

-Si, lo so. Ma anche lui aveva una pistola, perciò non mi daranno più di cinque anni. Forse anche meno con i domiciliari- mi disse, toccandomi la ferita all'occhio.

-E per te sono pochi?- gli chiesi, tristemente.

-No. Ma sarebbe stato peggio se... Se tutto fosse incominciato prima. Almeno possiamo fare finta di niente- mi disse, sciogliendo il nostro abbraccio.

Cosa farneticava?

-Non voglio lasciarti perdere. Perché dovrei? E perché dovresti tu? So di aver combinato dei pasticci, ma... Nessuno si era mai preoccupato per la mia sorte, dico davvero. E poi posso aspettare, sono fatta così. Mi hai... Beh, mi hai colpita in pieno- dissi, spegnendomi verso la fine e rannicchiandomi su me stessa.

Mi accarezzò i capelli.

-Sei piccola... Non è giusto che tu perda tempo con un delinquente- mi disse ridendo. Però sembrava anche ferito.

-Non lo avevo capito che non ti ero indifferente. Anzi pensavo mi odiassi- ammisi, guardandolo di sottecchi.

-Beh, come può non colpire una diciassettenne pluriminacciata di morte che se ne frega di tutto e di tutti perché deve portare a termine il suo obiettivo? Sei... Speciale- mi disse, ammutolendomi.

No. Non avrei rinunciato.

-E siccome ho la testa dura e sono anche dura di comprendonio, non voglio che tu mi lasci perdere proprio ora- gli dissi, tranquilla. Ci voleva poco per farmi tornare il coraggio.

Le sirene erano vicine.

-D'accordo, sta a te scegliere- mi disse, prima di baciarmi un'ultima volta.

Quella notte terminò in centrale, con tante lacrime e tanti dubbi. Scoprii che Johnny non era morto perché Roger lo aveva colpito all'altezza del rene, perciò si trovava in ospedale.

Nei giorni a seguire tennero Roger in carcere e io non smisi di vederlo, anzi tutto ciò non faceva che invogliarmi a stare con lui per quanto fosse possibile.

Se la cavò con due anni nel carcere di massima sicurezza, fuori Bathesda, per tentato omicidio. E poi un anno di domiciliari.

Quando lui uscì dal carcere io ero diplomata e pazzamente innamorata di un cosiddetto delinquente.

Mai, mai dimenticai quella notte e nemmeno Roger McKenzie. Il nostro era un amore nato con un colpo di pistola.

Non scelsi di innamorarmi, capitò e basta, ma scelsi di non abbandonarlo, credendo davvero che nonostante tutto fosse lui la vittima.

-Sei qui- mi disse, fuori dal carcere, due anni dopo quella notte.

-Cosa credevi?- gli chiesi, avvicinandomi. Lui doveva salire sulla pattuglia perché dovevano portarlo a casa sua. Non aveva ancora scontato tutta la pena.

-Che a vent'anni avessi capito che razza di brutta persona sono- mi disse, sorridendomi.

Lo abbracciai e quasi mi fu impossibile credere che fosse vero.

-Non ho ancora vent'anni e tu non sei quella brutta persona che dici di essere. Sei solo un bulletto di periferia un po' troppo montato- gli dissi e mi baciò.

-Grazie... Per non aver smesso- mi disse, guardandomi negli occhi.

-Grazie per non avermi scelta- gli risposi, sorridendo. Erano frasi enigmatiche, ma non avevano bisogno di spiegazioni.

Ed ecco qui una delle due one shot che mi hanno rubato il tempo per continuare Love in Germany ^^ spero vi sia piaciuta... Anche se è arrivata quinta su undici partecipanti, per me è stata una vittoria perché era il mio primo contest *___*
Un bacione^^

Erika <3

   
 
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