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Autore: EtErNaL_DrEaMEr    02/12/2009    4 recensioni
[High School Team/Friday Night Lights]
Era successo di nuovo. L'ennesima delusione gli era piombata addosso come la pioggia che cade all'improvviso, cogliendoti impreparato.
E faceva male.
Così male che preferiva scolarsi un paio di birre e farsi prendere a pugni.
Almeno, sperava, un dolore avrebbe escluso l'altro.
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Did I say that I need you?








Un pugno.






Amava suo padre.
Lo amava in un modo così viscerale e incontrollato, in un modo tanto irrazionale come solo un figlio può fare.
Non si era reso conto di quanto dipendesse da lui fino ad ora, fino a quando la delusione non aveva fatto crollare quel castello di vetro che si era costruito nell'ultima settimana. Quella reggia in cui tutto era perfetto, in cui suo padre era vicino a lui, viveva con lui.
E tutto era sembrato magnifico.
Ma si era sbagliato. Di nuovo.
Per quello pensava che quel pugno all'altezza dello zigomo, tanto forte da farlo barcollare, tanto rabbioso da fargli sentire il sapore ferroso del sangue in bocca, fosse la sua giusta punizione.
O forse una benedizione.
Perché quel dolore lancinante gli faceva bene, lo faceva sentire bene.



Una spinta.



Amava suo padre.
Evidentemente, era un amore non corrisposto, una di quelle tragedie sentimentali che non portano mai a nulla di buono. Di solito, dopo tante delusioni, l'eroe si accorge che il suo affetto è cieco, è sprecato, e se ne va, trova qualcun altro.
Avrebbe voluto farlo anche lui.
Avrebbe voluto dimenticare suo padre.
Avrebbe voluto fare in modo che quel “Vattene” che gli aveva sibilato durasse in eterno, fosse definitivo. E non solo un ordine detto con tono duro e cuore ferito.
Lui era sempre stato quello debole in famiglia.
Quella consapevolezza lo fece sorridere sarcasticamente anche in quel momento, in cui da ridere non c'era proprio nulla.
Quello forte e deciso era Billy: lui aveva capito fin da subito che a quell'uomo non andavano più date seconde possibilità. Ne aveva avute fin troppe, e le aveva sprecate tutte. Suo fratello aveva imparato a difendersi dalle delusioni, lui no.
Se ne fosse uscito tutto intero, da quel pestaggio, forse gliel'avrebbe fatto presente prima o poi, che era lui quello più sveglio.
Lui, comunque, non era capace di lasciarsi suo padre alle spalle: non lo era stato quando lo aveva abbandonato con Billy, né tutte le altre volte che lo aveva deluso, e non lo sarebbe stato nemmeno ora.
E questo gli faceva male, ancora più di quelle mani che lo avevano spinto tanto da farlo cadere a terra, con lo sterno dolorante.




Un calcio.




Amava suo padre.
Gli voleva bene a tal punto da difenderlo a spada tratta davanti al coach Taylor, quasi mostrandogli rancore per quel sospetto che era subito ricaduto su suo padre.
Era sicuro che quella telecamera non l'avesse rubata lui, non era possibile.
E quando l'aveva trovata, nascosta tra i ripiani di quello scaffale, era stata rabbia la prima cosa che aveva provato.
Rabbia per l'ennesima presa in giro.
Non ne aveva mai abbastanza, suo padre; ne combinava sempre di nuove.
Quando gli aveva piazzato quella stessa telecamera sotto al naso, aveva anche avuto il coraggio di non riconoscerla, di non sapere cosa fosse. Aveva letto nei suoi occhi, però. Non poteva non capire cosa c'era scritto nelle iridi verdi di suo figlio.
Sdegno.
Delusione.
Collera.
“Fuori di qui.”
E invece era rimasto lì, immobile.
“Vattene.”
E finalmente si era alzato, sparendo di nuovo, lasciandolo ancora da solo, dolorante, con il cuore a pezzi.
Solo lui riusciva a lasciarlo in quello stato.
Quel calcio tirato con rabbia tra le costole, in confronto, gli faceva il solletico.




Una ginocchiata.




Amava suo padre.
Lo amava anche se era ubriaco – perché poi, si diceva, sarebbe passato anche questo.
Lo amava anche se non capiva quanto avesse bisogno di lui – forse, pensava, era normale che genitori e figli non si comprendessero sempre al meglio.
Lo amava sempre ed incondizionatamente, perché, in fondo, lui era un ragazzino. Non era il giocare nella squadra di football o l'essere alto e piuttosto forte o il piacere alle ragazze a renderlo più uomo.
Era solo un ragazzino.
E come ogni ragazzino aveva bisogno di suo padre. Di una figura onnipresente. Di un uomo comprensivo che gli spiegasse cosa c'è la fuori, che gli insegnasse cos'è la vita.
Lui, della vita, sapeva solo che non sempre va come ci si aspetta.
Sapeva che quello che era il suo eroe poteva trasformarsi in una figura secondaria, sfocata e lontana.
Sapeva che l'aver amato suo padre in silenzio, nonostante tutto, non era servito a nulla.
Solo a prendersi l'ennesima batosta.
E con la guancia che toccava l'asfalto umido, con gli occhi chiusi e una mano che istintivamente e inutilmente cercava di proteggere lo stomaco, pregava perché quella ginocchiata non fosse l'ultima.
Perché almeno quel tipo di dolore gliene facesse dimenticare un altro, più spietato e violento.




Una gomitata.




Amava suo padre.
Forse non c'era più bisogno di dirlo o di pensarlo.
Forse ormai era chiaro che, qualsiasi cosa fosse successa, avrebbe continuato a farlo.
Forse era evidente che era sbagliato e inutile.
Non si sforzava nemmeno di chiudere gli occhi, li teneva aperti. Fissavano il vuoto e si riempivano di lacrime. E nemmeno piangere era più un problema: si era ripetuto di non farlo, di trattenersi per così tanti anni che ora non ce la faceva più. Quelle lacrime sarebbe scese, lasciando scie bollenti sulle sue guance. Liberandolo, forse.
Tanto, ormai, non c'era più suo padre a proteggerlo.
Era solo.
Nessuno che lo difendesse da quella gomitata così pesante che aveva infierito ancora sulle sue costole.
Ogni tanto si girava a terra per il dolore, ma non faceva nemmeno la fatica di provare a rialzarsi in piedi e affrontare chi lo stava pestando.
Il fatto era che non gli importava.
Era talmente grande il vuoto che aveva dentro che quello che c'era all'esterno era solo un qualcosa di appena tangibile, che lo riguardava a malapena.
Sentiva grida, insulti, parolacce, ma non la voce di suo padre che lo chiamava per nome.
La ricordava solo nelle sue memorie d'infanzia, quella voce, quando tutto andava ancora bene.
Poi più nulla.
Solo un amore che, evidentemente, suo padre si impegnava a distruggere mattone dopo mattone.
Solo un cielo nero che lo sovrastava, immenso.
Solo...



Il buio.




Amava suo padre.





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Salve gente!=)
Dunque, questa one-shot è nata per il Contest "Da una frase" indetto da superkiki92 sul forum di EFP; è una shot tutta dedicata a Tim Riggins *^*, uno dei protagonisti di High School Team, o Friday Night Lights (se volete il titolo originale^^), telefilm che vi consiglio caldamente di guardare, perché merita!*fine momento pubblicitario*
Comunque, se volete lasciarmi qualche commento, a me fa sempre piacere!^^, soprattutto visto quanto ci tengo a questa storiella!=D


Ah, ovviamente i diritti di Friday Night Lights appartengono a Peter Berg e a tutti gli aventi diritto!
Il titolo della shot, invece, si rifà a una canzone dei Pearl Jam^^



Alla prossima,
Vale




  
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