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Autore: _Aelite_    03/12/2009    5 recensioni
Se c’è una cosa a proposito di Kouyou che ormai ritengo appurata, è che non smetterà mai di sorprendermi. E per menzionarne un’altra, è universalmente appurato che la sua autostima è direttamente proporzionale alla sua carica erotica. Vogliamo parlare della sua autostima? Beh. È sconfinata.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Uruha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Obsession 

 

Se c’è una cosa a proposito di Kouyou che ormai ritengo appurata, è che non smetterà mai di sorprendermi.
E per menzionarne un’altra, è universalmente appurato che la sua autostima è direttamente proporzionale alla sua carica erotica.
Vogliamo parlare della sua autostima? Beh.
È sconfinata.

 L’apparenza è un qualcosa di vero, una verità che chiunque può percepire in maniera diversa. È una sensazione, un leggero velo che copre qualcosa di concreto abbastanza da celarlo, ma non completamente.
Un velo del genere, un’apparenza, ci copre quasi perfettamente. Ci copre agli occhi di tutti: amici, compagni, parenti, chiunque. Ma noi, sotto questo velo, ci vediamo anche troppo bene...
E sotto questo velo, il nostro gioco preferito ha inizio. 
Il nostro gioco, fatto di sguardi, carezze, movimenti, di tutto ciò che può somigliare a qualcosa di normale, è un gioco pericoloso: un gioco di seduzione, in cui sino ad oggi nessuno dei due aveva mai ceduto, in cui nessuno di noi si era mai arreso o in cui uno era stato sconfitto dall’altro.
Il nostro gioco va avanti così da molto, molto tempo. Era cominciato così, come un tacito accordo, solo con un intreccio di sguardi più o meno languidi; poi la situazione è irrimediabilmente degenerata, fino a diventare una vera e propria gara, una sfida su chi fosse il più forte, il più eccitante, il più seducente.
Il migliore.
Lui, chitarrista solista; io, chitarrista ritmico. La competizione e la complicità, nomi innocenti catastroficamente distorti in un gioco di seduzione letale.
La nostra “prima volta” fu sette anni fa, quando sugli occhi caramellati da cerbiatto di un biondino a caso fece la sua comparsa una scintilla rossa, appena accennata. Ma abbastanza visibile perché io la notassi.
Detta in soldoni, è bastato quello sguardo da cerbiatto apparentemente confuso per ispirarmi sesso.
Certe cose sono note solo a chi ci vede bene.
Io non vedo bene: vedo solo quello che voglio vedere. E io volevo vedere proprio questo.
In realtà ero convinto di aver visto tutto, da parte sua; di essere alla sua altezza, ormai, vista la mia inconfutabile abilità nella seduzione.
L’eccezionalità dell’evento sta proprio in questo, signore e signori: ai suoi colpi hanno sempre risposto i miei, prontissimi e potenti.
Ma questo round l’ha vinto lui, eccome se l’ha vinto lui.
E per farlo ha scelto il posto peggiore di tutti: un set fotografico.
Mi toglie il fiato. Qui. Ora. Dove tutti possono vederlo, dove tutti potrebbero vedere anche me.
Mi toglie la percezione dell’ambiente che mi circonda, mi toglie la percezione di ogni cosa anche solo lontanamente concreta.
C’è solo lui. Ma lui non si toglie nulla. So io cosa gli toglierei.
Mi eccita, sta dando il meglio di sé nei limiti della decenza e della sobrietà.
Fa vibrare le labbra come le corde della sua Hellion; labbra carnose, dolci, armoniose. Perfette. Lo fa in una maniera del tutto innocente, schiudendole impercettibilmente tra uno scatto e l’altro, quasi stesse mimando parole di fuoco sussurrate o come se stesse per avvicinarsi alle mie labbra, pronte ad accogliere le sue in tutta la loro pienezza. Pronte a morderle, pronte a leccarle per saggiarne il sapore e il calore intensi, pronte a schiudersi per avere di più.
Le tende in sorrisi appena accennati, le contrae in bronci sia tenebrosi che accattivanti.
Se gli occhi, ora chiari come una colata di caramello, ora profondi come il colore del legno di noce invecchiato e  lucido, sono lo specchio dell’anima, la sua è l’anima della sensualità.
Le sopracciglia disegnate accompagnano il taglio allungato e marcato dell’unico occhio visibile fino a plasmare un’espressione senza dubbio fatale, per chi lo guarda con occhi velati dalla voglia.
Il suo sguardo va oltre l’obbiettivo della macchina fotografica, non guarda allo specchio posizionato avanti a lui, ma guarda ME.
Intreccia le mani e lascia scivolare le dita lasciando che il fotografo catturi tutto con il suo strumento, cambia l’inclinazione del viso, mettendo in luce prima la pelle, poi i gioielli, poi i capelli. Gli ultimi scatti sono suoi, e non del fotografo; di sua iniziativa, si lecca dapprima le labbra, poi le stende in un’espressione quasi perfida, quasi totalmente sua, abbassa leggermente il viso, fissa il suo avversario con cattiveria, mi fissa per distruggermi totalmente, abbassa all’altezza del mento l’intreccio delle dita, che sfiorano le labbra quasi a provarne la morbidezza che io, qui, non posso permettermi di provare.
Lo smalto nero luccica sotto i riflettori, quella scintilla ha dato vita a un vero e proprio incendio.
Il suo corpo è appoggiato a un fondo di legno chiaro e grigiastro.
Non posso smettere di guardarlo, non posso smettere di osservare, di volere, di bramare quel corpo; ha un ché di letale, in ogni suo movimento appena accennato. Mi prende completamente, mi ha legato ai suoi gesti come una ragnatela intrappola un insetto nella sua trama mortale, mi ha preso nel suo gioco di passione, di lussuria... 

Ma ad un certo punto dovrò pur smettere.

Dovrò pur smettere di pensare a cento e più modi per fare mio quel corpo. Dovrò smettere, prima o poi, di volere il suo collo per le mie labbra, i suoi fianchi per le mie mani, il calore della sua pelle così liscia alla vista; vorrei sentire la sua stessa pelle sussultare sotto i miei polpastrelli induriti dalle corde della chitarra, la sua voce bassa e maledettamente calda sussurrare il mio nome tra lenzuola di seta scura. Seta nera, che faccia risaltare il suo pallore angelico, un angelo dall’anima di demone.
Lo voglio ora, ma non posso. Dovrò aspettare.
Quando le addette al make-up lo trascinano nuovamente nello studio per una nuova outfit seguo il gruppetto quatto quatto, rimanendo per metà fuori dalla porta, lasciando intravedere la mia persona. Lui, seduto, di spalle, fissa lo specchio. Mi fissa. Mi regala nuovamente un’espressione simile a quella di prima, se non più vogliosa, e ricambio leccandomi lentamente le labbra.
Yuu gradisce, dolcezza.
Sicuro di essere visto solo da lui, faccio scendere l’indice dal collo al fianco, sfiorando la stoffa della mia maglia e facendo finire il viaggetto dell’indice ad altezza anca, sostituendolo al medio che prosegue un po’ più in là, sfiorando l’inguine e dileguandosi in una carezza studiata sulla coscia.
Che ha vinto lui è palese. Ma nemmeno io sono una persona facile, né tantomeno ho intenzione di rimanere, letteralmente, con le mani in mano.
Mi deridi. Mi togli il respiro. Mi lasci completamente in balia di te, senza nulla nella testa, ormai piena di passione prima che io possa accorgermene... 

Ad un certo punto dovremo pure fermarci.

Questo gioco mi piace, mi è sempre piaciuto e non mi sono mai posto il problema di fermarlo, di andare contro corrente.
Sei dinamite. Sei fuoco. Voglio bruciare di te.
Sparisco dietro la porta, lasciandoti nelle mani delle estetiste e delle costumiste per poi tornare nello studio, dove il fotografo seleziona gli scatti migliori. Non appena si allontana, collego il computer a una stampante portatile, e dopo qualche direttiva un foglio di carta comincia a colorarsi di tinte anche troppo conosciute.
Lo prendo con religiosa cura e lo ripiego, nascondendolo in tasca come farebbe un ladro.
Esco quindi dalla porta di emergenza e mi accendo una sigaretta, il cui aroma di menta si riversa nella mia bocca prima e nei miei polmoni poi, con l’immagine di Kouyou che ancora campeggia nella mia mente.
Sorrido tra me e me, poi prendo il foglio che miracolosamente non ha mescolato i colori, essendo ancora umido, e lo apro, guardando l’immagine che mi si presenta davanti.
La osservo, in tutti i suoi dettagli, da vicino, la sfioro...quasi fosse un’ossessione.
Il nostro gioco è anche questo.
Ghigno, compiaciuto.
La tentazione è giustiziera, la lussuria sua alleata, ed noi condannati a morte.
Quindi...

 

Perché dovremmo fermarci...?

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Ahm...si. Sono di nuovo qui. E penso immaginiate il perchè: ho perso un'altra scommessa. Devo smettere di scommettere con un soggetto del genere...°°'
A questo punto mi trovo però a citare una persona: la bravissima YOAKE,che con il suo disegno a dir poco stupefacente, mi ha fatto venire in mente tutto questo. Spero non me ne voglia per la citazione. Sono rimasta estremamente affascinata, e quel "Mi ispira sesso" è assolutamente personale. u.u
Dedicata a chiunque sa cosa vuol dire perdere il fiato davanti a "4 righe" di china su un foglio bianco.

Aelite | Eleonora.

  
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