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Autore: almostred    05/12/2009    19 recensioni
C'era una volta...un bagno della scuola. Un giorno il bagno della scuola ricevette due interessanti visitatrici. Riuscirà il nostro impavido bagno a sopravvivere all'incontro?
"Perché mi guardi in continuazione?" [Femslash]
Genere: Romantico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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V.Names

Ed eccomi arrivata alle fine di questa storia. Grazie a tutti quelli che si sono fermati a commentare - I love you SO much guys <3<3- e anche quelli che hanno solo letto :D
Se fossi stata una brava grafica o avessi saputo disegnare, probabilmente avrei fatto un piccolo banner/disegno per corredare la storia, per evocare meglio le immagini che cerco di descrivere, ma visto che non lo sono, ho paura che vi dovrete accontentare delle mie piccole malandate descrizioni :) 
Un grazie gigantesco a tutti :)
Spero che questo capitolo non vi deluda (:
Enjoy

V. Names

La quinta volta che mi rivolse la parola in quel bagno…Beh, in realtà non fu proprio un rivolgermi la parola, ma più un rivolgermi le labbra, ecco.
Io ero appoggiata con la schiena al lavandino, scrivendo un messaggio -Sì, possiedo un cellulare anch’io- a una mia amica su quanto fossero belli i pomeriggi di pioggia quando si aveva la casa libera. Davvero niente male vi posso assicurare. Se capite cosa intendo.
Alzai lo sguardo quando sentii la porta del bagno scricchiolare sui suoi cardini.
Un sorriso birichino si dipinse sul mio viso alla vista di lei che chiudeva la porta appoggiandovisi con la schiena, un sorriso uguale al mio sul volto.
Non perse tempo.
Non era mai stata il tipo da perdersi in chiacchiere, del resto.
Il mio “Hey” venne soffocato rapidamente dalle sue labbra, mentre lei mi spingeva indietro, il bordo del lavandino che mi premeva contro la parte bassa della schiena.
Si era rivelata molto esigente, la signorina, in fatto di make out sessions.
Non sembrava importarle il fatto che avrebbe potuto entrare qualcuno ad ogni minuto e coglierci con le mani nel sacco. O da un'altra parte.
Lungi da me dal lamentarmi. Soltanto un pazzo si sarebbe lamentato di una cosa del genere.
La mia unica preoccupazione era che poi non si chiedesse come diavolo avesse fatto una foto nostra compromettente a finire su Facebook. Certo, non era ancora successo, ma ero assolutamente convinta che, continuando così, sarebbe stata solo una questione di tempo.  
Devo ammettere che una nostra foto compromettente l’avrei messa io stessa su Facebook, solo per vedere il tipo di commenti che la gente avrebbe fatto.
Per mia sfortuna, la Gossip-Girl-mania aveva contagiato anche me.
Sorrisi contro le sue labbra, e mi staccai leggermente da lei.
-Sai, penso che, per essere nuova in questo genere di cose, tu sia decisamente un allieva talentuosa e soprattutto molto entusiasta. Oh e dimenticavo, intraprendente. Dimentico sempre Intraprendente.
Però sai, ho come la sensazione che tu non potresti mai e poi mai fare l’agente segreto, bellissima Alice.
Lei rise e, prendendomi per una mano, mi trascinò in fondo al bagno, in un angolo fra la parete del cubicolo in legno e il muro con la finestra che dava sulla collina.
-Lo so, lo so, potrebbe entrare chiunque, bla bla bla. Però questo non può aspettare, capisci, è da stamattina che voglio darti una lezione per il tiro che mi hai giocato sabato. Non si fanno quelle foto a tradimento.
Inutile dire che il nostro appuntamento era andato benone.
Certo, all’inizio era stato un po’ strano, e avevo fatto le mie solite figuracce, come suonare al citofono sbagliato, o inciampare in continuazione. Ma la parte migliore era quando si era messo a piovere. Avevamo fatto una corsa fino a casa mia, ma eravamo lo stesso bagnate fradice. Proprio in quel momento le avevo scattato una foto a tradimento, e mi ero assolutamente rifiutata di cancellarla.
Scossi la testa, fingendo rassegnazione, mentre lei, spalle al muro, mi attirava verso di sé prendendomi dall’orlo dei miei jeans sfasciati.
-Tanto sei sempre bellissima, e lo sai.
Lei sorrise maliziosamente, a pochi centimetri dalle mie labbra.
-Mmmh, lo so. Però mi piace sentirtelo dire.
La baciai, mettendo persino più impegno del solito nel farla rimanere senza fiato.
Anzi, nel farci rimanere senza fiato.
Lei mi assecondò allegramente, facendo vagare le sue mani fra i miei capelli.
Sapeva che mi faceva impazzire quando lo faceva.
Le miei mani, fino a quel momento appoggiate al muro, si posarono sui suoi fianchi, e, trovato l’orlo della sua maglietta, ci si infilarono leggermente sotto, sfiorando la sua pelle chiara.
La sentii sobbalzare un po’, e mi scostai un secondo, incerta.
Sorrise e mi scostò un ciuffo dalla fronte, rassicurandomi.
-Hai le mani fredde.
Io risi, sospirando intimamente di sollievo. Non sapevo se mi ero spinta troppo in là.
In fondo, eravamo pur sempre a scuola. Ed eravamo insieme solo da pochi giorni.
-Vieni qui.
Mi baciò le labbra, e rimise le mie mani sui suoi fianchi, appena sotto la maglietta.
La nostra lotta silenziosa riprese, ma aveva perso l’impeto dell’istinto, e acquisito una dolcezza che rallentava i movimenti e allungava gli istanti. Non riuscivo a decidere se preferissi la prima o la seconda modalità. Entrambi facevano provare al mio stomaco la strana sensazione di un’assenza di gravità.
Mi rifiutavo categoricamente di chiamarle farfalle. Non capisco dove sia tutto questo romanticismo nelle farfalle allo stomaco. Cioè, pensate che sia sul serio una cosa piacevole avere delle vere farfalle nello stomaco? Grazie a Dio non ho mai avuto il piacere di provare, ma sono sicura che non sia proprio una bella sensazione. 
-Forse dovremmo davvero pensare all’eventualità  che a qualcuno venga il bisogno di venire in bagno, sai?
Riuscii a mormorare fra un bacio e l’altro.
In realtà non mi importava assolutamente un fico secco di essere scoperta a baciare una ragazza in quel bagno sgangherato, e di conseguenza di venire outed al resto della scuola. Perché mi sarebbe dovuto importare, del resto? Non avevo mai dato molto peso l’opinione della gente. E poi, tempo qualche anno e sarei stata fuori da quello squallido posto. Quello che mi preoccupava, era come l’avrebbe presa lei. Non sapevo fino a che punto era disposta a spingersi. Non sapevo se fosse sicura di quello che stava facendo o meno. Meglio fare le cose con calma, e farla prima abituare all’idea di avere una ragazza.
Cosa che le stava riuscendo piuttosto bene, a quanto stavo sperimentando.
-Mmmh, no.
Io ridacchiai contro le sue labbra, accarezzandole una guancia.
-E basi questa affermazione su quale presupposto?
Lei alzò gli occhi al cielo.
-Il presupposto che ti sto baciando, e se qualcuno interrompe sarò veramente inviperita. Te inclusa, signorina-io-non-uso-parole-più-corte-di-dieci-caratteri.
Ridacchiai ancora più forte ma non risposi niente, mentre lei mi attirava sulle sue labbra tirandomi per la sciarpa viola – subtext color anyone?- che indossavo quel giorno.
Immaginate la scena. Io, lei, strette in un angolo del bagno, un bacio mozzafiato a unirci, le mie mani sotto la sua maglietta, le sue fra i miei capelli.  Scena perfetta, e decisamente inequivocabile.
Capite bene, era troppo bello per essere vero.
Quello scenario idilliaco venne infatti sfortunatamente e crudelmente rotto dall’esclamazione soffocata più originale del mondo.
-Oh Mio Dio!
La suddetta esclamazione soffocata ebbe il potere di farci quasi prendere un infarto.
Sobbalzammo entrambe e ci separammo istantaneamente l’una dall’altra.
E fu lì che dalle labbra della mia ragazza- non riesco davvero a stancarmi di ripeterlo, lamiaragazzalamiaragazzalamiaragazzalamiaragazza- uscì l’esclamazione più cliché di tutto il mondo del cinema, un’esclamazione che, da parte mia, ho sempre adorato.
-Non è come sembra!
Cercate di capirmi, un’appassionata di cinema e tv come me, cresciuta a pane e Buffy, con una spruzzata di Friends e altre commediole varie, e con la segreta ambizione di dire un giorno cose come: Presto taxi, segua quella macchina!, non avrebbe potuto fare altrimenti.
Scoppiai a ridere sonoramente.
Sul serio? Non è come sembra?
Lei mi guardò seccata. Alzò gli occhi al cielo, ma vidi un mezzo sorriso affiorarle sulle labbra.
Spostai finalmente il mio sguardo sulla ragione dell’interruzione del nostro idilliaco momento, e riconobbi in lei una delle amiche della mia ragazza.
Aveva uno sguardo sbalordito sul volto, e spostava freneticamente gli occhi da me, all’adorabile fanciulla imbronciata al mio fianco.
Io continuai a ridere, ormai quasi piegata in due.
Non riuscivo a smettere. L’assurdità di tutta la situazione mi aveva sopraffatto.
Penso che il motivo per cui fanno male gli addominali della pancia dopo aver riso tanto, è perché stanno lavorando parecchio. Una volta elaborai la teoria secondo cui se fossi riuscita a ridere un tot di minuti al giorno forse avrei potuto fare a meno di andare il palestra. Peccato che quando proposi la teoria a mia madre, lei non fece altro che scoppiare a ridermi in faccia.
-Ok- sospirò lei – E’ esattamente come sembra. Ma posso spiegarti, Sere, davvero.
L’amica si appoggiò pesantemente al termosifone, provata dalla visione di qualche minuto prima.
-Cielo, Claudia, hai davvero una buona ragione per essere qui, con lei, addirittura, facendo..beh, ciò che stavate facendo?
Io mi ricomposi, schiarendomi la gola. Lanciai un occhiata a Claudia.
Non mostrava segni di nervosismo o di paura, sembrava solo leggermente seccata che la sua amica la stesse prendendo così melodrammaticamente.
Eccola lì la mia ragazza. Sapevo che c’era qualche altra ragione se mi piaceva, oltre al fatto di essere smokin’ hot. Non sono mica così superficiale, io.
-Hai ragione, non c’è molto da spiegare. Lei è la mia ragazza. Tutto chiaro ora? Se hai qualcosa in contrario, puoi anche andartene, ma per favore, evita di fare altri commenti del genere.
Sentii la sua mano afferrare fermamente la mia. La strinsi.
Non pensavo che potesse sorprendermi più di quanto avesse già fatto. Eppure c’era riuscita.
Mi aveva lasciato completamente senza parole. Nemmeno io avrei saputo dirlo meglio.
La sua voce decisa ebbe il potere di smuovere qualcosa nella sua amica, che ebbe la decenza di arrossire e balbettare qualche frase di scusa.
-Hai ragione, mi dispiace, mi hai solo leggermente preso di sorpresa. Emh, era per lei che volevi lasciare Luca?
Solamente il fatto che l’ex-ragazzo si chiamasse Luca –no, non avevo mai sentito il suo nome prima- mi fece venir voglia di scoppiare a ridere di nuovo. Perché andiamo, Luca era gay no?
Per fortuna riuscii a trattenermi. Nella mia testa lampeggiava un gigantesco LOL al neon viola, con accanto alcune faccine come XDXDXD. Non per niente mi vantavo di essere una nerd.
L’espressione di Lei si ammorbidì e le sue labbra si sciolsero in un sorriso.
-Si, è pazzesco vero? Ed è successo tutto qui, sai? In questo bagno!
Effettivamente la nostra storia è una di quelle da raccontare ai posteri. Ancora fatico a crederci.
-Ma quindi, tu sei…?
-Lesbica? Non lo so. So che lei mi piace e  voglio starci insieme . Potete chiamarmi come vi pare. Finché sono la sua ragazza, tutti i nomi vanno bene. Del resto, sono solo nomi. Che importanza hanno? E poi, lo sai che io mi diverto a sentire la gente parlar male di me…
Le misi un braccio intorno alla vita e lei mi schiocco un bacio sulla guancia.
Vidi Serena sorridere, un po’ imbarazzata,e distogliere lo sguardo.
-Beh, allora io vi lascio. Non preoccupatevi, il vostro segreto è al sicuro con me.
Io alzai le sopracciglia.
Chi ha detto che era un segreto?
-Chi ha detto che era un segreto? Non hai capito quello che ho detto prima? Non mi interessa cosa pensa la gente. Perché dovrebbe essere un segreto?
Adoro quando anticipa i miei pensieri.
Risi e la baciai leggermente sulle labbra, non potendo contenere l’entusiasmo.
Serena ci guardò un po’ meravigliata, ma, tutto sommato, contenta. Ero davvero sorpresa da quanto bene fossero andate le cose. Che dico, non bene, meravigliosamente.
-Oh Mio Dio!
Sapevate già che sarebbe successo vero?
Io e Claudia non ci prendemmo neanche la pena di sobbalzare, stavolta. Ci limitammo, a staccarci leggermente, ed alzare gli occhi al cielo.
La nuova arrivata era una mia compagna di classe questa volta.
-Sam, cosa stai facendo???!
Io sospirai. Quanto dovevamo rendere più ovvia la situazione più di quanto già non lo fosse?
-Cosa ti sembra stia facendo?
Claudia, divertita, mi baciò di nuovo per scandalizzare CompagnadiClasse#1.
Fu in quel momento che mi ricordai di una cosa importante.
La mia compagna di classe non andava mai in giro da sola.
-Oh Mio Dio!-
Avete sentito quel rumore? Era il mio punto di sopportazione che veniva investito da un treno.
Se avessi sentito un altro banalissimo “Oh Mio Dio” sarei probabilmente scoppiata. Non sapevo bene se a ridere o a urlare, forze un misto, ma non ce la facevo davvero più. Insomma, pensai, un po’ di dannata fantasia se proprio dovete esclamare no?
La mia ragazza dovette accorgersene, perché si rivolse velocemente alla sua amica.
-Puoi fare tu le spiegazioni, Sere?
L’amica scrollò le spalle e annuì, mentre CompagnadiClasse#1 e #2 ci guardavano, ancora senza parole. Non riuscivo proprio a capire cosa ci fosse da rimanere così senza parole. Non ci avevano mica sorpreso a fare sesso nello stanzino delle scope. Quello avrei potuto capirlo.
-Ma dove state andando?
Claudia mi prese per un braccio e mi trascinò via dall’angoletto, verso la porta del bagno, il più velocemente possibile. Mi piaceva quando prendeva il comando. Era ancora più bella del solito.
Sentii vagamente Serena che parlava alle mie compagne di classe:
-Allora, forse prima volete sedervi, che ne dite? Mi pare che i posti non manchino qui…
Una volta fuori dal bagno ci guardammo.
Lo scoppiare a ridere fu solo il passo conseguentemente successivo.
Avevo appena assistito ad una scena da commedia americana. No, di più, avevo appena vissuto una scena da commedia americana. La mia vita non avrebbe potuto andare meglio.
In meno di dieci minuti avevo fatto coming out a tre persone, e inoltre gli avevo presentato la mia nuova ragazza. Potevo calcolare facilmente che per la ricreazione, non si sarebbe parlato d’altro per la scuola. In quel momento però, il corridoio era vuoto, e c’eravamo solo io e Lei.
La guardai intensamente negli occhi, godendomi il suo sorriso.
-Sei fantastica, lo sai?
Lei inclinò la testa, e poi mi diede un bacio sul naso.
-Anche tu.
Era tutto così surreale. Io, Lei, la scuola, le nostre compagne. Solo il suo tocco era reale. Era tutto ciò che i miei sensi riuscivano a percepire come vero.
Questo era l’effetto che lei mi faceva. Oltre a farmi spuntare un sorriso spontaneamente ogni volta che intravedevo anche solo un ciuffo dei suoi capelli mentre girava l’angolo.
Sulle mie labbra affiorò un sorriso canzonatorio, mentre mi appoggiavo al muro dietro di me, ridacchiando, e ripensando all’espressione delle nostre visitatrici inaspettate.
-Ma hai visto la loro espressione?
Scoppiò a ridere. Mi prese la mano e mi tirò dietro di lei mentre iniziava a camminare verso la classe. Nella scuola chiamavamo quel corridoio Il Corso, perché era sempre pieno di gente che andava e veniva, bidelli che chiacchieravano con alunni e professori, e in generale, alunni che scappavano dall’affollamento delle loro classi per trovare un po’ di calma interiore nel passeggiare lungo il corridoio. Non vi illudete, non era successo nessun miracolo perché il passaggio fosse libero. A quanto pare era in corso uno sciopero del personale quel giorno.
-Posso venirti a trovare in classe qualche volta?
Per quanto mi riguardava, lei avrebbe potuto anche trasferircisi. Ma forse questo avrebbe tolto tutto il divertimento nei nostri incontri al bagno.
-Ogni volta che vuoi. Anche se, devo dire che il bagno sarà sempre il mio posto preferito.
-E posso fregarti il Kinder Delice?
-Eh no, mi dispiace ma il Kinder Delice è mio. Non se ne parla.
-E’ proprio vero che la cavalleria è morta eh!
La conversazione diventò più stupida di secondo in secondo, ma era questo il bello; lo stare insieme senza complicazioni, facendo discorsi stupidi e totalmente senza senso.
Avevo sempre pensato che le favole fossero stupidaggini. Insomma, chi crede più nel fantomatico Principe Azzurro? Io, se prima avevo qualche dubbio, di certo avevo smesso di crederci dal momento in cui avevo visto Xena in televisione. Ricordo di aver pensato che il Principe Azzurro non era neanche lontanamente “forte” come Xena, la Principessa Guerriera.
Come vedete, a dieci anni, avevo già capito tutto della vita. No, le favole non esistono, però è bello quando la vita ti fa credere che, forse, qualcosa può andare come nelle favole. Che forse non sarà per sempre, ma chi ha bisogno del per sempre, in fondo? Nessuno di noi vivrà per sempre. Abbiamo solo bisogno di credere nel per sempre. Ma tutto ciò che serve a noi è l’ora, l’oggi, il presente.
La mia ragazza voleva che intitolassi questa storia Toilet Smoochies, perché da quel momento, quel bagno fu per la maggior parte la nostra base per quello scopo.
Ma io le ho detto chiaro e tondo che avevo una dignità da mantenere, e che Toilet Conversations sarebbe stato di sicuro un nome più adatto. Fa un po’ ridere, ma è il nome perfetto per una fiaba moderna e surreale come questa, una fiaba che non è una fiaba, che magari non ha neanche un inizio da fiaba, che magari non ha né principesse, né principi, né streghe e nemmeno castelli scintillanti. Questa fiaba ha solo un bagno sgangherato, per di più senza carta igienica, una protagonista lunatica e nerd, e l’altra narcisista e sfacciata, però forse l’happy end riusciamo a inserircelo alla fine.
Che non è un per sempre, ma è comunque un vissero felici e contenti.
E io non ci sputerei mica sopra.

The End.


  
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