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Autore: crazy640    11/12/2009    20 recensioni
Salve a tutti!Questa è la prima fan fiction che scrivo su "Queer as folk",anche se lo adoro,quindi siate clementi... Cosa succederebbe se la figlia di Justin,appena arrivata a Toronto,si scontrasse per caso in Gus? Lo charme dei Kinney colpirà di nuovo?
Genere: Romantico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro Personaggio, Brian Kinney, Justin Taylor
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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queer

 

 

 

 

 

TORONTO


Brian amava sua figlia.
Fin dal primo momento in cui i suoi occhi si erano posati su quel piccolo essere umano avvolto nella coperta, il suo cuore si era aperto concedendo un po’ di spazio a quella nuova arrivata.
Era la seconda persona più importante della sua vita, naturalmente dopo Justin; e ogni volta che si fermava a riflettere a come la sua vita fosse cambiata in quegli anni, a come avesse stravolto le sue convinzioni senza neanche il più piccolo rimorso, si rendeva conto che tornando indietro avrebbe fatto sempre le stesse scelte.
Brian amava sua figlia.
Ma la sua presenza in casa comportava alcune limitazioni.
Fin da quando Vic era stata abbastanza grande da capire, sia lui sia Justin avevano smesso di dormire nudi, o di girare seminudi per casa com’erano soliti fare fin da quando si conoscevano.
Ovviamente anche la loro vita sessuale aveva subito una lieve battuta d'arresto: il loro limite era sceso a tre volte al giorno, anche quattro durante i fine settimana, ma il più delle volte erano scopate veloci che ricordavano a entrambi i primi tempi della loro relazione.
Per questo, quando Vic andava a New York a trovare la madre o passava la notte da Debbie e Carl, i due uomini cercavano di recuperare il tempo perso.
Perché anche se non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, Brian adorava stuzzicare e vezzeggiare Justin.
E lo stesso valeva per il compagno: altrimenti in quel momento non sarebbe stato completamente nudo, coperto soltanto da un grembiule da cucina, impegnato ai fornelli nel preparargli i pancake.
-Se credi che mangerò tutta quella roba ti sbagli di grosso; hai cucinato per un reggimento!- gli disse sbirciando il sedere del marito da dietro l'angolo del giornale.
La risata del biondo arrivò fino a lui, prima che questi voltasse leggermente la testa per incontrare il suo sguardo, trovando invece soltanto il muro del giornale.
-Invece lo farai!Stai diventando troppo magro-decretò Justin con un tono che non ammetteva repliche.
-Chissà di chi è la colpa... -commentò l'altro caricando la frase di sottintesi.
Justin si voltò e puntò lo sguardo sul giornale, fissandolo intensamente finché Brian non fu costretto ad abbassarne un angolo e a incontrare i suoi occhi.
Possibile che dopo quindici anni quegli occhi lo facevano tremare di eccitazione come la prima volta che lo aveva visto?
Ci sarebbe mai stato un giorno in cui guardando quegli occhi blu avrebbe smesso di tremare?
-Non azzardarti a incolpare la mia cucina!Ti ha tenuto in vita quando nel tuo frigo c'erano solo birra e popper-
Brian sogghignò e chiuse il giornale, ripiegandolo in quattro per poi abbandonarlo sul tavolo.
-C'era l'essenziale, no?-scherzò.
Nel frattempo Justin era tornato a dargli le spalle e il moro lo vide spegnere il fuoco sotto la padella dei pancake e sistemare tutto in un piatto prima di tornare a voltarsi verso di lui e posarlo sul tavolo.
-Abbiamo lo sciroppo?-domandò Brian recitando il suo ruolo alla perfezione.
Il biondo sospirò seccato e si avvicinò alla credenza accanto al frigo, offrendo per l'ennesima volta le terga allo sguardo del marito.
-Ecco qui-disse poi mettendosi seduto accanto al moro e tendendogli la bottiglia di sciroppo d'acero.
Brian ghignò in segno di ringraziamento e coprì velocemente i pancake con lo sciroppo, prima di tagliarne un pezzo con la forchetta.
-C'erano alcuni messaggi di Michael in segreteria; vuole sapere se andiamo a cena da lui e Ben una di queste sere-gli disse Justin.
-Quei due devono avere qualche problema, forse hanno smesso di scopare-commentò l'altro con la bocca piena.
Justin sorrise divertito scuotendo la testa.
-E da cosa l'avresti dedotto?-
-Altrimenti perché avrebbero bisogno di averci sempre intorno?Già me li vedo, seduti sul divano davanti alla televisione nel più completo silenzio... -
A quelle parole, Justin rise.
-Cosa?-chiese Brian.
-Non avevo idea che la tua fantasia fosse così fervida; che ne dici di darci una mano con le storie di Rage?-gli chiese ancora con il sorriso sulle labbra.
-Preferisco farmi adorare da orde di fan, il duro lavoro, lo lascio a voi- ribattè l'altro in tono ironico, la forchetta a mezz'aria.
Con una mossa che sorprese il compagno, Justin si sporse verso di lui e gli rubò il boccone dalla forchetta: Brian osservò con attenzione le labbra piene del marito avvolgersi attorno al ferro della forchetta, scivolarvi lentamente portando con sé il boccone di cibo e, una volta arrivato alla punta, lasciarsi scappare un piccolo mugolio d'apprezzamento prima di tornare a sedersi e iniziare a masticare.
-Sai forse dovremmo andare a quella cena, anche per vedere se hai ragione-disse Justin continuando a masticare, perfettamente consapevole della situazione.
Quel fottuto bastardo!
Come pensava che potesse concentrarsi su quello che stavano dicendo dopo che lo aveva visto fare un pompino a una forchetta?
Gli rivolse un mugugno indefinito che fece sorridere Justin.
-Questi pancake sono ottimi - gli disse leccandosi le labbra e fissando i suoi occhi nocciola.
Brian sostenne il suo sguardo, i denti che scivolavano sul labbro inferiore: amava quei momenti.
Il sesso con Justin era fantastico, sempre come la prima volta ma Brian adorava che nonostante fossero passati quindici anni, continuassero a giocare, a stuzzicarsi.
La scopata era soltanto l'atto finale di un lungo percorso...
-Dovresti provarli con lo sciroppo-
Gli bastò vedere il sorriso accennato che apparve sul volto di Justin per capire che la sua frecciatina era stata compresa.
-Mh, forse hai ragione... -
L'istante dopo Justin si sporse di nuovo verso di lui, una mano sulla sua guancia sinistra; uno sguardo fulmineo e l'attimo dopo le sue labbra coprirono quelle sottili di Brian.
Il moro sentì la lingua del compagno scivolare sul proprio labbro inferiore, leccandogli via le labili tracce di sciroppo d'acero.
La bocca di Brian si aprì all'istante, accogliendo la lingua dell'altro, accarezzandola con la propria, una mano fra i capelli biondi del compagno che lo attiravano più vicino.
Senza smettere di baciarlo, con una sincronia che avevano acquisito negli anni, Justin si alzò in piedi e gli andò vicino, finché non poté stringergli le braccia attorno alle spalle, subito attirato contro di sé da Brian.
In quei momenti aveva sempre il bisogno di stringerlo, di sentirlo vicino, di avvertire la sensazione pelle contro pelle, quasi avesse la necessità di un'ulteriore certezza, di una prova che lui fosse davvero lì fra le sue braccia.
Non era amore quello?
Quella paura di perderlo nonostante fosse lì, aggrappato alle sue spalle; quel senso di appartenenza che lo portava a seguire il suo Raggio di Sole con lo sguardo ogni volta che usciva da una stanza, fosse anche per pochi istanti.
Perché se quello non era amore, allora era sicuramente qualcosa molto simile...
Allontanò le labbra da quelle di Justin e cercò i suoi occhi, la sua ancora di salvezza in quei momenti di smarrimento.
Quando quei pensieri lo coglievano impreparato, magari mentre erano a letto, il primo istinto era di lasciarli uscire, di dar loro voce, ma poi guardando quegli occhi capiva che non aveva bisogno di farlo.
Justin sapeva leggergli dentro e anche se in passato aveva odiato quella sua capacità, ora la considerava la sua salvezza: altrimenti come avrebbe fatto a fargli capire quanto era importante per lui?
Quanto la presenza nella sua vita era diventata indispensabile?
Anche quella volta, a Justin bastò incontrare i suoi occhi per capire.
Un sorriso gli disegnò le labbra piene, poi posò la fronte contro di quella di Brian e alzò una mano fino ai suoi capelli, affondandovi dentro le dita.
-Anch'io ti amo-
Brian sorrise e sporse il viso verso quello del marito, strofinando una guancia contro quella dell'altro.
Indispensabile...


NEW YORK

-Perché mi hai baciato?-
Non era il luogo adatto per fargli quella domanda, Vic lo sapeva bene, ma aveva controllato la sua lingua per tutta la durata del pranzo e ora che sua madre era stata provvidenzialmente allontanata da Georgia, aveva deciso di farsi avanti.
Aveva bisogno di capire.
Ogni volta che baciava Gus, si sentiva sempre più confusa, mille emozioni senza nome iniziavano a girarle in testa in attesa che lei li ordinasse.
Forse prima di chiedere al ragazzo perché l'aveva baciata, avrebbe dovuto porre a se stessa la medesima domanda: perché lo aveva baciato?
Concettualmente parlando, era stata costretta a rispondere al bacio, perché lui non le aveva lasciato scelta, ma sapeva benissimo che quella era una scusa, e anche molto debole; avrebbe potuto scansarsi nello stesso istante in cui le labbra di Gus si erano posate sulle sue.
Ma non lo aveva fatto... anzi, aveva risposto al bacio.
E peggio ancora, quel bacio le era piaciuto anche più del precedente!
Era la seconda volta che si poneva quella domanda e, mentre prima era facile nascondersi dietro ad un dito e far finta che fosse stato soltanto un momento di pazzia momentanea, ora era consapevole che ogni volta, avrebbe risposto allo stesso modo: con uguale passione e la stessa incoscienza.
Però cosa spingeva Gus a baciarla?
Anche lui considerava quei baci dei momenti di pazzia oppure attribuiva loro dei significati speciali?
Quell'idea fu scartata non appena attraversò la parte razionale del suo cervello: stava parlando di Gus, non del principe azzurro!
Non lo conosceva per niente, per quanto ne sapeva lei, quello poteva essere il suo modus operandi con tutte le ragazze...
Per questo gli aveva rivolto quella domanda: perché lei aveva bisogno di conoscerlo.
Non appena l'aveva sentita parlare, gli occhi nocciola di Gus si erano posati su di lei, fissandola per qualche secondo con attenzione, prima che un ghigno gli stendesse le labbra.
-Vuoi una dichiarazione d'amore in piena regola?-le domandò con il tono sarcastico che lei aveva imparato a riconoscere.
Vic scosse la testa.
-Certo che no Ginger... so che non sei portato per queste cose-disse soltanto per punzecchiarlo.
Gus aggrottò la fronte, chiaramente colpito da quelle parole.
-Come fai a saperlo?In fondo non mi conosci neanche...
Magari sono il tipo che regala mazzi di rose rosse e giura amore eterno - le fece notare.
Nonostante quel discorso assurdo, Vic sorrise.
-Impossibile, sei cresciuto con due lesbiche-
Sorprendentemente anche Gus sorrise, abbassando lo sguardo per qualche secondo prima di tornare a puntarlo sul suo volto.
-Si vede che sei cresciuta con mio padre-commentò.
Quelle parole appesantirono l'atmosfera fra loro; se quel bacio aveva fatto dimenticare loro tutto ciò che rendeva un’impossibile una relazione fra loro, ora quelle motivazioni erano tornate ben presenti nella mente di Vic.
Si ricordò tutte le complicazioni che sarebbero derivate se fra lei e Gus fosse nato qualcosa e, come sempre le succedeva quando si trovava ad affrontare qualcosa di più grande di lei, si trincerò dietro la sua armatura, frapponendo un muro di silenzio fra sé e Gus.
-Che ti è preso?-le domandò il ragazzo, accortosi del cambiamento.
Lei scosse la testa e si alzò dallo sgabello su cui era stata seduta fino a quel momento per andare a gettare i resti del suo pranzo nel piccolo cestino della spazzatura dietro la scrivania di sua madre.
Se era fortunata, avrebbe dovuto sopportare la presenza di Gus al massimo per un altro paio d'ore, poi ognuno sarebbe andato per la propria strada.
Ma quando tornò a voltarsi se lo ritrovò dietro a pochi centimetri di distanza.
-Devi smetterla di fare così!-lo rimproverò.
Ancora una volta quel ghigno, quel mezzo sorriso che tante volte aveva visto sulle labbra di Brian, apparve sul volto di Gus.
Ora capiva come doveva sentirsi suo padre quando ne riceveva uno...
-Così come?-
Lei sospirò indispettita e si passò una mano fra i capelli, allontanando alcune ciocche dalla fronte.
Gus si avvicinò di un passo e le posò entrambe le mani sui fianchi, continuando a guardarla dall'alto in basso.
Possibile che non si rendesse conto delle conseguenze?
Era davvero così stupido da non accorgersi che dovevano stare il più lontano possibile se davvero non volevano rovinare il complicato intreccio che c'era fra le loro famiglie?
-Spiegami una cosa: tu non capisci o fai solo finta di non capire?
Davvero non ti rendi conto di quello che succederà se i nostri genitori scoprono che tu ed io ci siamo baciati?
Conoscendo Brian andrà su tutte le furie e cercherà qualcuno con cui prendersela e... -iniziò lei ben decisa a mettere un freno a tutta quella storia.
-Hai intenzione di dirglielo?-la bloccò lui.
Vic lo fissò per qualche secondo, incerta di aver afferrato le sue parole, poi scosse la testa.
-Certo che no!Non voglio certo passare i prossimi dieci anni chiusa in camera mia!-
-Allora non vedo dov'è il problema: come fanno a scoprire quello che succede qui mentre loro sono a chilometri di distanza?
Abbiamo appurato che tu non glielo dirai, io ho smesso da molti anni di raccontare i miei segreti a mia madre, quindi il problema non si pone.
Quello che succede a New York resta a New York - le disse in tono sicuro.
In vita sua, Vic non aveva mai nascosto nulla ai suoi genitori e questo in più di un’occasione si era rivelato fondamentale, e cominciare ora, con un segreto così grande, la faceva sentire piccola e meschina.
Ma quale adolescente non ha dei segreti?
Rialzò lo sguardo su quello di Gus e annuì, prima di seguire l'istinto e tendersi verso di lui e avvicinarsi al suo viso, posando le labbra su quelle del ragazzo, trovando subito la risposta di Gus.
Stretta fra le sue braccia per la seconda volta in un giorno, Vic si disse che forse Gus aveva ragione: che bisogno c'era di farsi tanti problemi?
Quel che succedeva a New York restava a New York.

 


Georgia era diventata una grande "fan" di Gus fin dal primo momento che lo aveva visto.
-E' proprio come lo avevo immaginato: sexy e misterioso al punto giusto... e inoltre assomiglia tanto allo zio Brian - le aveva detto quando il ragazzo se ne era andato.
Quando Gus finalmente era andato per la sua strada, Georgia aveva preteso un racconto molto dettagliato di quello che era successo mentre erano rimasti soli, accompagnando le parole di Vic con risatine e piccole esclamazioni compiaciute.
-Quindi tu non ci vedi nulla di male in una possibile storia fra me e Gus?-le aveva chiesto la ragazza.
Anche se aveva deciso di vivere quei giorni nel segno dell'incoscienza, questo non attenuava il suo senso di colpa, soprattutto verso i suoi genitori.
Sapeva che se quella storia fosse venuta a galla sarebbe scoppiata la fine del mondo, ma il fatto che Gus non fosse minimamente preoccupato per quell'eventualità la rassicurava.
-Assolutamente no!Anzi per me sareste una bellissima coppia... perché tu non la pensi così?-le aveva chiesto la sorella sorpresa.
Vic si era limitata a scuotere la testa e a lasciar cadere l'argomento: a quanto pareva era l'unica a farsi tanti problemi.
I successivi due giorni Georgia non aveva fatto altro che parlare di Gus e di quello che sarebbe successo, almeno secondo lei, durante quella settimana, mentre del ragazzo si erano perse completamente le tracce.
Inizialmente Vic si era sentita sollevata: la scomparsa volontaria di Gus avrebbe evitato a entrambi molti problemi, questo era poco ma sicuro.
Però, con il passare delle ore aveva iniziato a riflettere sulle parole che si erano scambiati: ricordò il tono convinto delle sue parole, l'espressione sicura con cui aveva cercato i suoi occhi... era stato solo un gioco per lui?
Inoltre, come se non bastassero le domande che già si poneva da sola, c'erano anche quelle che Georgia le poneva in continuazione.
-Credi che ti chiederà di andare a letto insieme?-
Vic spalancò gli occhi a quella domanda: sua sorella aveva la capacità straordinaria di parlare di cosa avrebbero fatto quel giorno l'attimo prima e di farle una domanda simile poco dopo.
Certe volte si chiedeva se non fosse figlia di Brian invece che del loro padre...
-Ma come ti viene in mente?-le domandò.
-Andiamo non fare la santarellina!Non dirmi che non hai pensato all'eventualità che lui te lo chieda - le rispose la sorella con un tono da donna vissuta che le fece dimenticare per qualche istante che l'altra aveva soltanto tredici anni.
-No!-
Georgia ridacchiò prima di bere un sorso dalla sua tazza.
-Ma come hai fatto a crescere così innocente vivendo con due gay?-la prese in giro.
-Chi ti ha detto che sono innocente?E' solo che fare sesso con Gus non rientra nei miei piani, almeno non in quelli più immediati-
Georgia la guardò divertita per qualche istante.
-Perché tu hai un'agenda in cui programmi quando fare sesso?-le domandò ironica la sorella.
Vic scosse la testa, facendo ondeggiare i boccoli arruffati.
-Certo che no!E' solo che Gus ed io ci conosciamo da troppo poco tempo, non sappiamo quasi niente l'uno dell'altra... questo non è il momento ideale per fare sesso-le disse, mostrando quindi che aveva pensato all'idea, anche solo distrattamente.
-Quale sarebbe secondo te il "momento ideale"?-le domandò con chiaro intento derisorio.
Ben consapevole che la sua risposta avrebbe provocato altre risate, Vic pensò per qualche secondo alle parole giuste, prima di sbuffare impaziente.
-Non lo so, ok?So solo che adesso è quello sbagliato-
-Vic è sesso, non è mica una proposta di matrimonio o di convivenza!Non c'è mai un momento sbagliato per le sesso-le, fece notare l'altra.
-La smetti?Ho deciso che non succederà niente con Gus durante questa settimana e intendo rispettare quest'impegno- ribattè con fermezza la sorella.
Consapevole che non sarebbe riuscita a far cambiare idea alla sorella, Georgia smise di insistere, commentando però le ultime parole di Vic con un cenno sconsolato del capo prima di uscire dalla cucina.
Vic era convinta delle sue affermazioni, era assolutamente certa di non voler precipitare le cose con Gus: nonostante quei baci, lui era ancora un estraneo ai suoi occhi e lei non era il tipo da fare sesso, per la prima volta, con un perfetto estraneo.
Certo tutto era reso complicato dal suo sorriso intrigante e malizioso, dal modo in cui i suoi occhi castani la fissavano, quasi volessero catturarle a viva forza le parole che lei non aveva il coraggio di dirgli, e soprattutto dall'oblio che la coglieva ogni volta che lo baciava facendole dimenticare ogni cosa.
Ma era decisa a mantenere la sua posizione e, allo stesso tempo, a viversi quel momento di follia di cui si sarebbe dimenticata non appena tornata a Toronto.

 

-Pronto?-
Aveva impiegato un po’ a rispondere; Georgia le aveva cambiato suoneria quella mattina e ancora non si era abituata alla nuova polifonica.
Sentendo gli squilli sempre più frenetici della suoneria, il panico l'aveva colta al pensiero che fossero i suoi genitori: già vedeva suo padre che, non sentendola rispondere al primo squillo, la immaginava esangue all'angolo di una strada.
-Finalmente!Credevo di aver fatto il numero sbagliato-disse una voce che non riconobbe.
-Chi parla?-chiese aggrottando la fronte come se l'interlocutore potesse vederla.
Era ferma davanti al portatile nella sua stanza, la musica a palla nella casa deserta, impegnata in una conversazione con Carly via chat.
Non riconoscendo subito la voce dell'interlocutore, abbassò le casse del computer, lo sguardo fissò sulla finestra della chat.
-Gus... sono passato alla galleria ma tua sorella mi ha detto che eri a casa e mi ha dato il tuo numero di cellulare-le disse parlando velocemente per evitare che lei lo interrompesse.
Un'espressione incredula sul volto, Vic restò in silenzio, non sapendo bene cosa dire.
-Ci sei ancora?-domandò il ragazzo dall'altra parte.
Lei rispose con un mugugno appena percettibile sotto la musica.
-Va tutto bene?-le domandò ancora Gus.
-Certo, sto solo scegliendo qual è la soluzione più dolorosa per liberarmi di mia sorella... -disse lei mangiandosi le parole.
All'orecchio sinistro le arrivò il suono di un sorriso: lo aveva fatto ridere... credeva che un "duro" come Gus non si concedesse una cosa di così poco conto come una risata.
-Prova con il veleno!E' sempre la mia prima scelta quando JR diventa insopportabile - le disse affabile.
Questa volta toccò a lei sorridere.
-Che stai ascoltando?-le chiese Gus curioso.
-"Lovesong" dei Cure - disse lanciando uno sguardo allo schermo del computer, abbassando leggermente il volume.
-Oh per favore!-commentò lui chiaramente disgustato.
-Hai qualcosa contro i Cure?-domandò Vic, sentendosi quasi offesa.
Fin da quando era piccola, suo padre le faceva ascoltare alcune canzoni di quel gruppo, con una particolare predilezione per "Lovesong", "Just like heaven" e "Boys don't cry".
-Sono canzoni che ti fanno comprendere il vero significato dell'amore-le, diceva sempre.
-A parte il fatto che sono solo dei depressi cronici?-chiese Gus di rimando.
Un suono sarcastico uscì dalle labbra di Vic, finendo direttamente nell'orecchio destro di Gus.
-Oltre che per demolire i miei gusti musicali avevi altri motivi per chiamare?-
Possibile che quel ragazzo riuscisse a essere la persona più affabile del mondo l'attimo prima per trasformarsi in un’arrogante saccente l'attimo dopo?
-Veramente volevo sapere se questa sera avevi da fare-le disse.
Il volto di Vic si congelò in un'espressione sorpresa che sicuramente avrebbe fatto ridere Gus: non la cercava per due giorni e poi le chiedeva di uscire insieme?
Credeva per caso di averla sempre a sua disposizione?
-Avevo pensato di farti fare un giro per la città... mostrarti New York - disse lui, interpretando correttamente quel silenzio.
-Sono nata a New York, credi davvero che abbia bisogno di un tour?-gli domandò.
-Quanto odio la vostra presunzione!Credi di conoscere New York soltanto perché è la tua città natale?le chiese di rimando lui.
Lei alzò le spalle, quasi Gus fosse lì davanti a lei e potesse vederla.
-Scommettiamo che riesco a mostrarti un lato della città che non conosci?-
Mille campanelli d'allarme le risuonavano nella mente; doveva rifiutare l'invito, inventarsi una balla e chiudere la conversazione.
Mentre la sua testa era ben consapevole di quello che doveva fare per porre fine a quel gioco pericoloso, allo stesso tempo, il cuore le era salito in gola, riusciva quasi a sentirne i battiti nella trachea, e lanciando uno sguardo veloce alle proprie mani, si accorse che stavano tremando leggermente.
-E' una sfida?-gli disse lasciando scivolare il labbro inferiore fra i denti.
Ancora una volta sentì il suono del suo sorriso nella cornetta, e capì che avrebbe dovuto iniziare a pensare a una balla decente da inventare con sua madre per quella sera.


Alla fine Vic dovette dar ragione a Gus.
Con l'aiuto di Georgia, la ragazza era riuscita a inventare una scusa plausibile per la madre e per Janet, così quando quella sera il portiere dello stabile le citofonò per informarla dell'arrivo del ragazzo, sia Vic sia Georgia uscirono da casa, delle sacche sportive a tracolla.
-Ricordi tutto quanto?-domandò Vic alla sorella, mentre erano in attesa dell'ascensore.
-Quando la mamma chiama, le dico che sei in bagno a struccarti e che la richiami non appena finito e dopo aver chiuso con lei, chiamo te-ricapitolò la sorella.
Vic annuì entrando nell'ascensore, cercando di controllare i battiti del cuore.
-Smettila di agitarti, andrà tutto bene... -le disse la sorella.
L'altra si voltò verso di lei e la fissò ricevendo in cambio uno sguardo identico al suo.
-Come fai a saperlo?-
Georgia sorrise e alzò le spalle.
-In un certo senso è destino che tu e Gus finiate insieme, no?-le disse.
Era la stessa cosa che le aveva detto Hunter prima di partire...
L'ascensore si aprì al pian terreno, interrompendo la conversazione e portando Vic ad alzare lo sguardo davanti a sé dove, poggiato contro un muro in attesa, c'era Gus che si rizzò, non appena la vide apparire.
-Victoria- la salutò con un cenno della testa.
Vic imitò il gesto, lo sguardo sul suo volto, attenta a non perdersi nessun cambio di espressione.
-Gus-
-Ciao Gus- s'intromise Georgia, interrompendo il gioco di sguardi fra i due.
Il ragazzo si voltò leggermente verso di lei e le concesse un piccolo ghigno che per lui equivaleva a un sorriso a trentadue denti.
-Come stai piccola Taylor?-le domandò cordiale.
-Veramente io sono la piccola Palin, ma sto bene... beh, ora sarà meglio che vada se non voglio arrivare tardi - disse dando un veloce sguardo all'orologio che aveva al polso.
Vic sapeva che era tutta scena, che quello era soltanto un modo educato per allontanarsi da lì il prima possibile e lasciarli soli e cercò in fretta un motivo per trattenerla con loro, ma conoscendo sua sorella sapeva che non sarebbe servito a nulla.
-Vuoi che ti accompagniamo?-le domandò ancora Gus.
Lei scosse la testa.
-Affatto... saprei arrivare a destinazione anche a occhi chiusi, e poi sospetto che voi due abbiate cose più interessanti da fare-aggiunse.
Vic la fulminò con lo sguardo, ottenendo come risultato un nuovo sorriso divertito da parte della sorella.
-Buona serata!-fece Georgia, prima di voltare le spalle a entrambi e avviarsi verso le porte dello stabile.
Rimasti soli, i due ragazzi si lanciarono qualche occhiata di sottecchi, in silenzio: ora iniziava il loro "appuntamento".
Ma era davvero un appuntamento oppure era un'uscita fra amici?
Già, ma due amici non si baciano come facevano lei e Gus!
Per l'ennesima volta si chiese perché si era lasciata convincere a uscire con lui, e accarezzò anche l'idea di richiamare l'ascensore e salire di nuovo a casa.
-Sei pronta ad andare?-le domandò Gus facendosi largo fra i suoi pensieri confusi.
Lei rialzò gli occhi sul suo volto e annuì.
-Anche se molto probabilmente me ne pentirò... -commentò poi.
Gus sogghignò.
-Tu non hai una grande opinione di me, vero?-le domandò avviandosi poi verso l'uscita.
-Chissà come mai... -fece lei seguendolo fuori dallo stabile.
S’incamminarono per le strade di Manhattan, senza una precisa direzione, troppo presi dalla loro conversazione.
Le aveva preso la mano fin da quando erano usciti dal suo palazzo e la cosa le era sembrata talmente naturale che aveva lasciato che le sue dita se intrecciassero con quelle di Gus.
Alle volte, nel bel mezzo della conversazione, Gus si allontanava, facendo un paio di passi in avanti per poi voltarsi verso di lei e camminare in senso contrario, intralciando gli altri passanti.
-Com'è vivere con due lesbiche?-gli chiese curiosa.
-Com'è vivere con due gay?-le domandò di rimando lui.
Vic sorrise.
-L'ho chiesto prima io-
Gus alzò le spalle.
-C'è più biancheria femminile in giro-tagliò corto lui.
Vic rise e abbassò la testa, nascondendo gli occhi dietro le ciocche bionde.
-E' così anche per te?-scherzò ancora Gus.
-NO!Tuo padre avrebbe un attacco di bile se si trovasse davanti a qualcosa del genere... -commentò lei.
E per la prima volta da quando lo conosceva, lo vide ridere.
Una risata vera, che riecheggiò per la strada e fece voltare una coppia che passeggiava poco distante da loro.
-Ti va di prendere un autobus a buffo?-le domandò a un certo punto il ragazzo.
Lei alzò un sopracciglio, chiaramente divertita.
-Sì, saliamo su un autobus a caso, senza preoccuparci di quale sia la destinazione-le, disse per convincerla.
Divertita da quello spirito d'avventura, Vic annuì e salì insieme con lui sul primo autobus che si fermò alla fermata.
Si sedettero in fondo, accanto ai finestrini, per non essere disturbati e per poter sempre controllare dove stessero andando.
-Hai preso una camera in un albergo in questi giorni?-gli domandò curiosa di cosa aveva fatto nei giorni in cui era sparito.
Gus scosse la testa.
-Un mio amico che lo scorso anno ha finito l'Accademia si è trasferito qui e mi ha offerto un letto.
Non è gran che, considerato che si tratta del divano, ma sempre meglio di niente...
Inoltre è a Tribeca, quindi non posso proprio lamentarmi-commentò lui.
Vic fece un cenno con la testa, non sapendo bene come rispondere.
Per un po’ restarono entrambi in silenzio, mentre Gus era impegnato a guardare fuori dal finestrino per cercare di orientarsi e lei osservava lo sparuto gruppetto di passeggeri che era con loro sul bus; senza neanche accorgersene, era scivolata leggermente sul proprio sedile in modo da poter poggiare la testa contro la spalla di Gus, e la cosa non sembrava dar alcun fastidio al ragazzo.
Durante il viaggio sentì un braccio posarsi sulle proprie spalle e le dita di Gus giocherellare con un boccolo biondo.
-Hai almeno una vaga idea di dove siamo?-gli chiese alzando lo sguardo fino al suo volto, quando ormai sul bus erano rimasti soltanto loro e un uomo di colore dal cappotto blu cobalto.
Gus scosse la testa.
-Perfetto- commentò lei.
-Non era questo lo spirito con cui siamo saliti su quest'autobus?-le ricordò lui.
-Perderci per New York?-chiese ancora lei.
Gus ghignò divertito.
-Credevo che tu conoscessi New York perfettamente-la prese in giro.
Vic gli fece una smorfia, ottenendo in cambio un sorriso e alzò la testa dalla sua spalla ma Gus la attirò di nuovo a sé, avvicinando il viso al suo.
-Sei davvero così permalosa Sweetie?-le domandò in quella distanza ravvicinata.
-Soltanto con te Ginger-
-Mh, allora devo ritenermi un uomo fortunato...- -
Vide avvicinarsi il volto di Gus e, istintivamente, voltò il proprio verso destra, impedendogli di baciarla.
Quando incontrò lo sguardo del ragazzo, vide il ghigno divertito che gli stendeva le labbra e sorrise a sua volta.
Deciso a non darsi per vinto, Gus le posò le labbra sul collo, messo in bella mostra dal suo movimento, posandovi dei piccoli baci, risalendo in alto verso la mascella.
Il suono di un cellulare fu provvidenziale, proprio nel momento in cui le labbra di Gus raggiunsero l'angolo destro della bocca di Vic; per i primi due secondi entrambi ebbero difficoltà a riconoscere la suoneria, e fu solo con un evidente fastidio che Gus si staccò da lei per infilare una mano nella tasca destra ed estrarre il cellulare.
-Pronto?-chiese in tono sgarbato.
Vic approfittò di quel momento per allontanarsi da lui e ritornare a una posizione corretta sul proprio sedile, lo sguardo fisso sul bus vuoto: quando era sceso l'altro passeggero?
Era talmente concentrata su Gus che non se ne era neanche accorta!
Credeva che quel genere di reazioni fosse stato inventato dagli scrittori di romanzi per vendere più copie, eppure lei si era davvero dimenticata di tutto quello che non era lei Gus o il loro piccolo stupido diverbio.
-Va bene, vedrò di farci un salto...-sentì dire dal ragazzo prima di chiudere la telefonata.
Tornò a voltarsi verso di lui e gli lanciò uno sguardo curioso, osservandolo mentre lui infilava di nuovo nella tasca il cellulare.
-Ti va di andare a una festa?-
-Una festa?Dove?-gli chiese curiosa.
Le spiegò che il suo coinquilino, per pagare l'affitto e le bollette, lavorava come dj in una discoteca e che lo aveva invitato alla serata che avrebbe fatto quella sera al "Center", una nuova discoteca, molto in voga fra gli adolescenti.
-Ma se non sappiamo nemmeno dove siamo...-gli fece notare lei.
-E che problema c'è?-disse lui con aria rilassata.
L'attimo dopo Vic lo vide premere il pulsante per bloccare la fermata e alzarsi, costringendola a fare lo stesso.
Gus le afferrò la mano e insieme scesero all'autobus, ritrovandosi in una strada che Vic non aveva mai visto in vita sua.
-Scommetto che non hai la minima idea di dove siamo-ripeté guardando ora a destra ora a sinistra.
Lui annuì, confermando le sue paure.
-E come facciamo ad arrivare a questo locale?-gli chiese ben sapendo di essere pedante.
Gus continuò a guardare la strada davanti a sé per qualche secondo finché non vide arrivare un taxi; per attirare la sua attenzione si mise quasi al centro della strada e fischiò a beneficio dell'autista.
Fortunatamente questi si accorse di lui e accostò a pochi metri dai due ragazzi.
Con un sorriso trionfante, che Vic aveva visto tante volte sul volto di Brian, Gus si voltò verso di lei e le indicò il taxi.
-Te l'ho detto che non c'erano problemi-

 

La fila per entrare al "Center" era lunga quanto tutto l'isolato.
Quasi quanto c'era da aspettare in uno dei giorni buoni del Babylon...
-Sei sicuro che riusciremo a entrare?-domandò Vic, chiaramente preoccupata di dover passare tutta la notte al freddo fuori dal locale.
-Certo che non hai proprio fiducia... te l'ho detto che conosco il dj!Ci ha fatto mettere in lista- la rimproverò Gus.
Lei alzò le spalle, ancora poco convinta delle sue parole.
Del resto quello non era neanche il suo ambiente: le uniche serate in discoteca che i suoi genitori le avevano concesso erano state quelle del Babylon, dove erano sicuri che nessuno l'avrebbe importunata e dove comunque c'era sempre Hunter a farle da "body-guard" e accompagnatore.
Quasi tirandosela dietro, Gus si avvicinò al buttafuori e gli disse i loro nomi; nei pochi istanti che occorsero all'armadio umano per controllare la lista Vic pensò che di lì a poco avrebbe fatto l'ennesima brutta figura.
Per questo fu molto sorpresa quando lo vide farsi di lato e lasciarli entrare, rivolgendo anche un cenno con il capo a Gus.
Il mondo si era capovolto!
Gus la guidò nel corridoio dalle pareti argentate e, dopo aver lasciato la borsa e i cappotti al guardaroba, s’inoltrò nel locale.
Guardandosi attorno, Vic pensò che non fosse molto diverso dal Babylon; anche lì c'era il bar, c'era la piattaforma del dj, e le postazioni rialzate per i ballerini.
Solo che qui non c'erano go-go boys, non c'era il parapetto da cui Brian si "godeva la vista" ogni sera per controllare che andasse tutto bene, e soprattutto c'erano molte ragazze in pista, cosa inconcepibile per il Babylon, sempre che non si trattasse di lesbiche.
Con un braccio attorno alla vita, Gus la attirò più vicino a sé per evitare che si perdessero fra la calca e istintivamente lei si trovò a fare la stessa cosa.
-Ti va di ballare?-le urlò avvicinando le labbra al suo orecchio destro.
Lei scosse la testa.
-Aspetto una canzone migliore-
-Credo che ci vorrà un po’ prima dei lenti-la, prese in giro lui.
Vic fece una smorfia facendolo sorridere.
Perché non beviamo qualcosa prima?-gli propose indicandogli il bar disperso in quel mare di folla.
L'altro annuì e iniziò a muoversi in quella direzione, sempre tenendola stretta contro di sé e, una volta arrivati al bancone riuscì anche a strappare un posto proprio davanti al barista.
-Che vuoi bere?-le chiese.
-Cuba libre-
Capì dall'espressione che si era dipinta sul volto di Gus che lo aveva sorpreso e, felice, sorrise.
-Credevi che avrei chiesto un bicchiere di latte?-lo prese in giro.
Lui scosse la testa e passò le ordinazioni al barista: un cuba libre e un Jack Daniel's per lui. Ascoltando la sua richiesta, Victoria non si sorprese scoprendo che Gus aveva gli stessi gusti di Brian.
La musica era cambiata e ora la marea in pista si muoveva al ritmo di "Sex on fire".
Vic amava quella canzone: le trasmetteva una scarica di adrenalina fin dalle prime note di basso.
Iniziò a tamburellare con le dita sul bancone seguendo il ritmo e solo quando arrivarono le loro ordinazioni e rialzò lo sguardo su Gus si accorse che lui l'aveva osservata per tutto il tempo con un sorriso sulle labbra sottili.
-Cosa?-gli chiese.
Lui scosse la testa e si portò il bicchiere alle labbra, imitato dalla ragazza.
-Vuoi assaggiare?-le domandò tendendo il proprio bicchiere verso di lei.
Vic lo fissò per qualche secondo, indecisa se assecondare quell'idea assurda che le aveva attraversato la mente, prima di avvicinarsi a lui e allacciargli un braccio attorno alle spalle.
Se rimase colpito da quel gesto, Gus riuscì a nasconderlo bene...
-Perché no?-
L'istante dopo le sue labbra avevano coperto completamente quelle di Gus, andando loro incontro, prima che la punta della lingua si spingesse contro le labbra chiuse per forzarle ad aprirsi e a lasciarla entrare.
La risposta a quella piccola sollecitazione arrivò immediata: la lingua di Gus le corse quasi incontro e la succhiò leggermente, invitandola nella propria bocca.
Vic percepì soltanto distrattamente che le aveva stretto le braccia attorno alla vita e che ora era quasi pressata contro il suo torace solido, troppo coinvolta dalle sensazioni che le stava dando quel bacio.
Mai prima d'ora si erano baciati così, mai aveva provato quella sensazione di calore e di desiderio: possibile che fosse merito, o colpadi Gus?
Avrebbe potuto continuare a baciarlo per ore, non sentiva neanche il bisogno di respirare ma, proprio in quel momento qualcuno alle sue spalle le venne addosso nel tentativo di arrivare al bancone del bar e la costrinse a staccarsi da Gus e ad aprire gli occhi: dallo sguardo annebbiato che lanciò alle sue spalle, vide un ragazzo calvo che cercava di avvicinarsi al bancone.
Tornò a voltarsi verso Gus, senza saper bene cosa dire per giustificare il suo comportamento, ma lui non aveva bisogno di spiegazioni.
-Vieni con me-


OUTSIDE THE "CENTER"


Lo aveva lasciato nel bagno.
Se lo era tolto di dosso ed era uscita dal cubicolo prima che lui potesse fermarla.
Sapeva che era un comportamento infantile e stupido, ma non le importava.
Era sbagliato quello che stavano facendo; sapeva di avere gran parte della colpa visto il modo in cui lo aveva baciato al bar, e come aveva assecondato tutti i comportamenti sbagliati di Gus, ma ora sapeva come rimediare.
Facendosi largo fra la folla uscì dalla pista e si avviò verso il guardaroba per ritirare la borsa e il cappotto: doveva andare a casa, anche a piedi se era necessario.
-Non stai dimenticando niente?-le domandò una voce alle sue spalle, mentre aspettava che il ragazzo che consegnasse la borsa e il cappotto.
Non aveva bisogno di voltarsi per sapere che Gus era alle sue spalle.
Restò in silenzio, evitando anche di guardarlo.
Che era successo per farla cambiare in quel modo?Lei era una persona precisa, una ragazza che sapeva cosa voleva esattamente dalla propria vita.
Come aveva fatto a finire in un casino del genere?
-Vai da qualche parte?-le chiese ancora la voce, questa volta più vicina.
-A casa-ribatté lei continuando a ignorarlo.
Il ragazzo del guardaroba tornò e le consegnò il soprabito, lanciando uno sguardo a Gus.
-Era insieme al suo cappotto-gli sentì dire Vic.
Questi sparì per la seconda volta, ma fu di ritorno qualche attimo dopo con la giacca di Gus.
Decisa a mettere quanta più possibile distanza fra sé e Gus, Vic si avviò verso l'uscita del club e l'istante dopo si ritrovò in strada.
Doveva trovare un taxi: non era un gran problema...
-Hai intenzione di continuare a ignorarmi?-le domandò Gus uscendo in strada a sua volta.
Vic strinse le mani a pugni, prima di voltarsi e puntare lo sguardo sul volto del ragazzo.
-Vuoi farmi un favore?Sparisci!-gli disse con voce secca.
-Non credo sia una buona idea lasciarti qui da sola a quest'ora-le disse in tono neutro.
-Troverò un modo per tornare a casa, sta tranquillo-
-Ma se non sai neanche dove siamo-le disse divertito.
Se il suo sguardo avesse potuto uccidere, allora Gus avrebbe dovuto bruciare davanti ai suoi occhi in un unico tizzone.
-Vorrà dire che cercherò qualcuno che sa dove siamo- ribatté, decisa a non dargliela vinta.
Lui scosse la testa e si avvicinò, restando però a debita distanza da lei.
-Mi spieghi perché sei arrabbiata con me? In fondo non è successo niente-le fece notare Gus, perfettamente padrone della situazione.
Vic sbuffò e fece per voltarsi, ma lui la richiamò nuovamente con un tono perentorio.
-Sai benissimo perché sono arrabbiata con te!-gli disse.
-Perché stavamo per scopare in un bagno pubblico?-chiese lui brutalmente onesto.
Lei si bloccò davanti a quelle parole brutali, ma al tempo stesso candide. Del resto cosa poteva aspettarsi dalla copia di Brian Kinney?

Prima che potesse riprendersi e rispondere, lo vide scuotere la testa.
-No, secondo me non è neanche quello che ti dà fastidio-fece lui in tono sicuro.
Una nuova espressione infastidita si materializzò sul volto di Vic.
-Allora spiegamelo tu il motivo, visto che sai tutto- lo sfidò.
-Sei incazzata con te stessa-rispose lui.
Vic rise ironica.
-Davvero?- domandò sarcastica, cercando di nascondere quanto quelle parole si fossero avvicinate alla realtà.
Gus si avvicinò veloce a lei e si fermò a pochi centimetri di distanza. Osservando quell’interazione dall’esterno, si aveva chiaramente l’idea di una lotta per il territorio: nessuno dei due era pronto a lasciar cadere la propria idea ma, allo stesso tempo, i due ragazzi sentivano un’inspiegabile attrazione verso l’altro. Gus era consapevole che se avesse fatto dei gesti avventati, Vic si sarebbe tirata rinchiusa nuovamente nel suo guscio, quindi decise di agire con cautela.
-Sei incazzata con te stessa perché anche tu sei attratta da me. Per questo hai lasciato che le cose andassero tanto avanti poco fa-
Per alcuni secondi Vic si ritrovò boccheggiante: aveva davvero detto ciò che credeva di aver sentito? Ancora incredula, lo fissò incapace di dire una parola.

Perché Gus voleva aprire quel vaso di Pandora?
Avrebbe preferito mille volte affrontare la rabbia dei suoi genitori per le tante bugie dette quella sera e durante la sua vacanza, piuttosto che affrontare i problemi che sarebbero scaturiti da quella conversazione.

La ragazza prese un respiro profondo e abbassò lo sguardo, sentendo ancora su di sé l’occhiata penetrante di Gus che non la abbandonò neanche un istante mentre si dibatteva con i suoi mille pensieri e paure.

-Vuoi davvero affrontare quest’argomento?- gli domandò senza guardarlo.

-Ad essere sincero in questo momento, vorrei sapere perché sei scappata via in quel modo-rispose Gus con una punta di malizia nella voce.

Victoria sospirò nuovamente e finalmente rialzò lo sguardo fino a incontrare gli occhi nocciola di Gus.

-Possibile che non lo hai ancora capito?-gli domandò a sua volta.

Un’espressione corrucciata apparve sul volto del ragazzo portando Vic ad alzare gli occhi al cielo.

-Quando si sono incontrati i miei genitori?-gli domandò poi cogliendolo di sorpresa.

Sorpreso da quella domanda, Gus la fissò per qualche istante in silenzio. Era chiaro che non si era aspettato di affrontare l'argomento dei suoi genitori in quel momento e in quella particolare conversazione.

-Il giorno in cui sono nato. Ma questo cosa c’entra?-le domandò a sua volta.

-Papo ha incontrato papà fuori dal Babylon, l’ha avvicinato e gli ha chiesto dove stesse andando…- raccontò Victoria brevemente.

-Tutti nella nostra famiglia sanno ogni minimo dettaglio del grande incontro tra mio padre e lo zio Justin, anche dettagli che avrei preferito non conoscere per la mia autostima e sanità mentale, ma cosa c’entra il loro primo incontro con noi?-le domandò ancora, lasciando trasparire una nota di frustrazione nella voce.

Vic restò in silenzio qualche istante, osservando il volto perfetto di Gus, e per la prima volta da quando lo aveva incontrato, decise di essere completamente sincera con se stessa e con il ragazzo.

-Hai ragione quando dici che sono attratta da te, infatti mi hai colpito fin dal nostro primo incontro nei corridoi dell’Accademia. Non posso negare sei un bel ragazzo, quindi il tuo aspetto fisico è uno dei motivi principali per cui sono affascinata da te, ma anche il tuo pessimo carattere mi porta a restare ore imbambolata a pensarti, magari ripensando alla nostra ultima conversazione e a come avrei potuto rispondere in maniera perfetta a un tuo commento sarcastico-confessò sincero.

Un sorriso ironico, identico a quello di Brian, si disegnò sulle labbra di Gus.

-Ma nonostante tu sia cresciuto con tua madre e Melanie, tu il figlio di Brian Kinney ed io sono la figlia di Justin Taylor. La versione gay di Romeo e Giulietta a Pittsburgh. Quando ho raccontato a Hunter della mia attrazione per te…-.

-Lo hai detto al figlio dello zio Mickey?-la interruppe lui sorpreso.

Vic annuì.

-Lui è il mio Michael. Nonostante la grande differenza d’età- disse lei con un sorriso accennato prima di riprendere il discorso interrotto poco prima.

-Quando ho parlato con Hunter di noi due, lui ha detto che una storia fra me e te è praticamente inevitabile e la cosa mi terrorizza-gli confessò sincera.

-Ok, ora non ci capisco più niente…- ammise Gus, incrociando le braccia sul petto ampio.

-Oh, andiamo! Sai meglio di me quanto sia stata complicata la storia tra i miei genitori, non posso e non voglio vivere quello che hanno passato loro. Ho promesso a me stessa che avrei vissuto la mia vita cercando di non ripetere i loro errori e questa… questa possibile storia tra noi sarebbe il più grande errore della mia vita- gli disse consapevole di quanto le sue parole potessero ferirlo.

-Chi ti dice che sarebbe un errore?-ribatté subito lui, chiaramente infastidito.

-Perché tu ed io siamo le copie dei nostri genitori-gli fece notare lei.

Gus si lasciò scappare un sospiro frustrato e si passò una mano tra i corti capelli castani senza mai allontanare lo sguardo dal volto di Victoria. Per tutta la durata della loro conversazione, i due ragazzi erano rimasti fermi su un marciapiede, a poca distanza dall’entrata del “Center” incuranti di gruppi che passavano accanto a loro diretti verso il club.

-Ho bisogno di una tazza di caffè- disse infine Gus dopo qualche istante di silenzio, cogliendola di sorpresa.

Victoria, non sapendo cosa rispondere, si limitò ad annuire.

-Ti va di farmi compagnia?-le domandò l’attimo dopo Gus.

 

 

____________________________

 

I due ragazzi avevano preso un taxi ed erano tornati a Manhattan, nelle strade che conoscevano fin da quando erano bambini, e una volta pagato il taxi Gus aveva condotto Victoria verso una tavola calda aperta tutta la notte e aveva ordinato del caffè per entrambi.

Il viaggio in taxi era stato silenzioso, e mentre le strade di New York scorrevano veloci attorno a loro, i due ragazzi avevano riflettuto a lungo sugli eventi della serata e sullo scambio di battute avuto fuori dal club.

Victoria era consapevole di aver usato dei toni un po’ accesi durante la discussione, ma era certa di non poter fare altrimenti. L’attrazione che provava per Gus aumentava a ogni loro incontro e questo la spaventava: perché riusciva a provare dei sentimenti così forti nei confronti di Gus quando nessuno prima di lui aveva mai attirato la sua attenzione? Perché non poteva provare dei sentimenti altrettanto forti per Matt?

Inoltre, se doveva essere totalmente onesta con se stessa, Vic doveva ammettere che l’idea di una possibile relazione con Gus la intrigava: come sarebbe stato essere la ragazza di Gus? Sarebbe stato un “fidanzato” premuroso? Oppure si sarebbe comportato come Brian e avrebbe negato con se stesso e con gli altri l’esistenza di una relazione tra loro?

Seduti a un tavolino d’angolo nella tavola calda, Vic pensò per l’ennesima volta alla relazione tra i suoi genitori e si rese conto di come la loro storia d’amore proiettasse una grande ombra sulla sua vita.

Da piccola, considerava il rapporto tra i suoi genitori la più romantica storia d’amore al mondo; ovviamente crescendo aveva scoperto diversi particolari sui suoi genitori che l’avevano portata a ricredersi sul carattere romantico della loro relazione, e infine raggiunta l’adolescenza aveva promesso a se stessa che non avrebbe mai permesso a un uomo di comportarsi con lei come alle volte Brian aveva trattato suo padre.

Amava il suo papo, ma se fosse stato il suo ragazzo, lo avrebbe preso a calci finché non avesse cambiato atteggiamento.

Quindi perché ora considerava anche solo l’idea di iniziare una storia con la copia in miniatura di Brian?

-I tuoi pensieri fanno troppo rumore-le disse Gus, riportandola alla realtà.

Victoria incontrò brevemente i suoi occhi prima di abbassarli sulla tazza di caffè che stringeva tra le dita della mano sinistra.

-Ho pensato a quello che hai detto prima…-aggiunse il ragazzo.

-Quindi sei d’accordo con me?-gli domandò Vic, portando la tazza alle labbra.

-Al contrario. Credo che siano tutte stronzate-rispose Gus, con voce calma.

Un’espressione seccata si dipinse sul volto di Vic dopo quelle parole e la ragazza dischiuse le labbra, pronta a spiegare nuovamente le motivazioni che rendevano impossibile una storia tra loro, ma Gus scosse la testa.

-Adesso tocca a me parlare- le disse per metterla a tacere- Mi sembra che tu abbia espresso ampiamente il tuo pensiero quando eravamo fuori dal club, quindi ora tocca a me-aggiunse.

Vic restò in silenzio, sistemandosi più comodamente sulla propria sedia e incrociando le braccia sul petto in una posa battagliera, pronta a rispondere a tono a ogni affermazione di Gus.

Dal canto suo, Gus lasciò cadere il silenzio tra loro per qualche istante, raccogliendo le proprie idee.

-Io sono convinto che tu ed io insieme siamo grandi- iniziò Gus con voce cauta. –Io non sono il candidato perfetto per ricoprire il ruolo di fidanzato; non ho mai avuto una storia che sia durata più di due settimane e so di non essere la persona ciò che tu stai cercando in un ipotetico ragazzo.

E’ inutile negarlo: tu la perfetta copia dello zio Justin-commentò.

Victoria corrugò la fronte a quell’affermazione.

-Questo cosa vorrebbe dire?-

-Vuol dire che hai un’idea molto romantica dell’amore. Vuoi qualcuno che non ti faccia mai dubitare del suo amore per te, che ti stupisca con dimostrazioni d’affetto inaspettate. Tutto questo è colpa dei tuoi genitori: hai sempre visti felici e in perfetta armonia…-.

-Questa sarebbe una colpa?-

Gus annuì.

-Certo. Se avessi vissuto, come me e Hunter, tutto quello che la nostra famiglia ha passato per arrivare fin qui, allora anche tu avresti un atteggiamento più cinico nei confronti dell’amore. Invece lo hai soltanto vissuto per interposta persona e, probabilmente, conosci soltanto le versioni edulcorate che ti sono state raccontate per non urtare la tua sensibilità- disse ancora il ragazzo.

Malgrado quel discorso la infastidisse, Vic non poté non essere d’accordo con Gus: nonostante l’onestà brutale di Brian e l’atteggiamento svampito di Emmett, la ragazza era certa che riguardo a certi argomenti le avevano raccontato soltanto una parte della verità, tacendole i particolari più scabrosi.

-Ad esempio?-domandò, lasciandosi andare alla curiosità e mettendo da parte per qualche istante l’argomento principale.

Gus la guardò per qualche istante in silenzio, probabilmente indeciso sull’aneddoto da raccontarle.

-Tu sai che mio padre ha avuto il cancro, vero?-le domandò Gus a sua volta.

Victoria annuì.

-Cosa ti hanno raccontato al riguardo?-

-Quando Brian ha scoperto di essere malato, inizialmente non l’ha detto a nessuno, poi si è confidato con lo zio Ted, nonna Debbie e infine con papà e con lo zio Michael, permettendo così a mio padre di stargli vicino-riassunse brevemente la ragazza.

Gus annuì lentamente senza mai staccare lo sguardo dal volto di Vic.

-In realtà, quando mio padre ha scoperto di essere malato, è andato nel panico: si è operato facendo credere a tutti di essere in vacanza e, una volta tornato a casa ha ripreso la sua vita di sempre fino a quando lo zio Justin non ha scoperto tutto. Allora preso dal panico, l’ha cacciato da casa. Per giorni ha rifiutato di incontrarlo, fino a quando lo zio Justin non si è fatto trovare al loft-raccontò.

-Cosa è successo poi?-domandò incredula Vic.

-Conoscendoli, credo abbiano iniziato a urlarsi contro finché lo zio Justin non ha avuto la meglio su mio padre-rispose Gus alzando le spalle.

Vic fissò lo sguardo sulla propria tazza di caffè semivuota, immersa nei propri pensieri.

-Perché mi hanno sempre raccontato un’altra versione?-gli domandò tornando a incontrare gli occhi nocciola di Gus.

Un sorriso divertito apparve sulle labbra del ragazzo.

-Questo è soltanto un assaggio, e anche quello più innocente, di quanto fosse contorta la loro relazione all’epoca. Tu conosci una versione completamente diversa che non rispecchia per niente quello che erano prima del loro arrivo a New York e prima della tua nascita-.

-Tu come fai a conoscere queste storie? In fondo all’epoca eri un bambino…-gli domandò avvicinandosi leggermente al tavolo e sfiorando con la punta delle dita la saliera di vetro.

Gus sorrise nuovamente.

-Melanie è un’ottima fonte d’informazioni. Specialmente quando si tratta di mio padre-le confessò.

Victoria si lasciò scappare una piccola risata e scosse leggermente la testa. Era chiaro che fra Brian e Melanie non ci fosse un grande rapporto, quindi quale modo migliore di screditare l’uomo davanti a suo figlio di raccontare particolari scioccanti del suo passato?

-Capisci ora perché il rapporto tra i tuoi genitori non è un buon metro di giudizio? Soprattutto se parliamo di una storia tra me e te-disse Gus, ritornando sull’argomento precedente.

Victoria lo fissò qualche istante, incerta su cosa rispondere a quella domanda: era chiaramente attratta da Gus, ma un’attrazione fisica era una base sufficiente per una storia tra loro? Sarebbe stata capace di mettere da parte il fastidio che le procurava gli atteggiamenti da sbruffone di Gus?

-Ti stai dimenticando di Matt…-gli ricordò.

Questa volta toccò a Gus corrugare la fronte.

-Cosa c’entra Matt? Non mi sembra che tra voi ci sia una storia-.

-No, ma…-ammise Vic.

-Avete soltanto pranzato insieme qualche volta, quindi non vedo perché dovrei preoccuparmi di Matt. Se fossi stata veramente attratta da lui, non avresti permesso che le cose tra noi arrivassero fino a questo punto-commentò Gus.

-Perché a che punto sono le cose tra noi?- ribatté l’altra con una punta di sfida nella voce.

-Devo ricordarti dove eravamo neanche un’ora fa?-le fece notare lui con un sorriso malizioso sulle labbra.

A quelle parole, un lieve rossore si diffuse sulle guance di Vic portandola ad abbassare lo sguardo.

-Al posto tuo, una volta tornata a Toronto metterei subito le cose in chiaro, in modo che Matt non si faccia strane idee-aggiunse ancora Gus.

-Sei veramente molto sicuro di te. Questo è quello che capita a vivere con due lesbiche-lo rimbeccò Victoria.

Questa volta, Gus si lasciò andare a una sonora risata.

-Tu invece hai passato troppo tempo con mio padre-commentò divertito.

Per qualche istante, tra i due ragazzi calò il silenzio.

La notte si stava velocemente trasformando in un nuovo giorno e sia Gus sia Victoria erano consapevoli che qualsiasi cosa avrebbero deciso in quelle ore avrebbe cambiato il corso delle loro vite, forse soltanto marginalmente oppure in maniera definitiva.

-Che cosa facciamo Gus?-gli domandò infine Victoria, di nuovo con un’espressione seria in volto.

- E’ inutile continuare a negare l’attrazione che c’è tra noi. Ogni volta che ti vedo, provo qualcosa che non ho mai sentito per nessun’altra ragazza prima di te… E’ lo stesso anche per te?-le domandò.

Vic annuì.

-Allora proviamoci. Non sarà facile, lo sappiamo entrambi, ma almeno non resteremo con il dubbio per il resto della nostra vita.

Anche perché, come ho detto prima credo che insieme saremmo fantastici-ripeté sicuro.

L’attimo dopo, Gus si sporse leggermente verso di lei, tendendo la mano destra che andò a posarsi sulla sua fino a intrecciare le dita in quelle di Victoria.

Lo sguardo della ragazza si posò sulle loro mani unite e dopo qualche istante di esitazione, decise di non ritrarre la propria mano, rassicurata dal calore sprigionato dalla vicinanza di Gus.

-Ok…- disse infine rialzando lo sguardo sul volto di Gus giusto in tempo per godersi il sorriso che illuminò il volto del ragazzo. –Che cosa diremo ai nostri genitori?-gli domandò poi.

-Niente.

Almeno per il momento, dobbiamo tenerlo per noi. Io non ne parlerò con JR e tu non dirai niente a Hunter-.

-Cosa? E’ uno scherzo spero!-esclamò sbalordita Vic.

Era un’idea assurda! Fin da quando aveva memoria, Hunter era stato il suo migliore amico, il suo confidente e la persona di cui poteva fidarsi ciecamente, senza paura di essere giudicata. Come poteva ora tenerlo all’oscuro quando le capitava qualcosa di veramente importante?

-Anche io voglio bene a Hunter, ma in una situazione come questa probabilmente non capirebbe…- cercò di spiegarle Gus.

-E’ stato lui a dirmi che saremmo finiti insieme!-gli fece notare Vic, difendendo il ragazzo.

-Ok, ma puoi essere assolutamente sicura che non andrà a raccontare qualcosa allo zio Michael? Se dovesse vederti triste o incazzata per un litigio, sei certa che non cercherebbe di risolvere la cosa mettendo in mezzo Michael e quindi i tuoi genitori?-.

Victoria sospirò frustrata e dovette ammettere che Gus aveva ragione; durante il periodo più buio della sua vita, alcune delle confidenze fatte a Hunter erano arrivate allo zio Michael, permettendo ai suoi genitori di intervenire e di salvarle la vita.

Ora però, era disposta a rischiare qualcosa che fin dalla nascita era molto fragile?

-Va bene, per il momento faremo come dici tu. Però, ho bisogno che tu mi faccia una promessa-gli disse con voce calma.

Gus annuì, fissando attentamente il suo volto.

-Se dovessi renderti conto, fra una settimana o un mese, che questo non è realmente quello che vuoi Non prendermi in giro.  Metti fine a questa cosa nel modo veloce e il più indolore possibile.

Voglio che tu sia brutalmente onesto come tuo padre-.

Se Gus era stato colto di sorpresa da quelle parole, l’espressione sul suo volto non lasciò trasparire nulla.

-Se è questo quello che vuoi, te lo prometto-

Rassicurata dalle sue parole, Vic si lasciò andare a un sorriso e per la prima volta da quando avevano iniziato quel lungo discorso, si rilassò completamente.

Non sarebbe stato facile, ma era curiosa di scoprire dove l’avrebbe portata quell’avventura.

-Bene, ora che abbiamo chiarito tutto, che ne dici di andar via di qui?-le domandò Gus accarezzandole il palmo della mano con il pollice.

-Per andare dove?-chiese Vic, leggermente sospettosa.

Con un gesto del capo, Gus indicò la vetrata alla loro destra.

-E’ quasi l’alba. Hai mai visto il sole sorgere su New York?-.

Con lo sguardo fisso negli occhi nocciola di Gus, Victoria scosse la testa.

-A meno che tu non sia troppo stanca e non voglia tornare a casa- la stuzzicò ironico il ragazzo.

Vic ridacchiò a quelle parole.

-Forse dovrei farti la stessa domanda, vecchietto…-ribatté con la stessa ironia nella voce.

La mano di Gus lasciò la sua per pochi istanti, giusto il tempo necessario per lasciare qualche banconota sul tavolo e per alzarsi in piedi.

L’attimo dopo Victoria era in piedi accanto a lui, la sua mano destra nuovamente stretta a quella sinistra di Gus.

-Pronta?-le domandò lui.

-Fammi strada vecchietto-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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