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Autore: scrocco    14/12/2009    11 recensioni
Al centro dello schermo, la barra si riempì.
Genere: Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per Erica: Jason non potrebbe approvare nessun'altra.



La scoperta più assurda



Diede un'occhiata all'orologio: le quattro e trentatré. Nessuno l'avrebbe vista.
Uscì nel parcheggio del personale dalla porta sul retro; arrancò faticosamente verso l'unica auto nello spiazzo, trascinando una sorta di grosso sacco della spazzatura sigillato con nastro adesivo.
Per caricare il sacco nel baule perse venti minuti e tanto sudore. Poi rientrò nell'edificio, circa un minuto, per uscirne con la borsetta e un altro sacco più piccolo e maneggevole che infilò nel bagagliaio insieme all'altro.
Tornò indietro un'ultima volta per spegnere i computer e assicurarsi che tutto fosse in ordine, quindi chiuse la porta a chiave e si infilò in macchina.
Fu allora che notò il quadernetto nero sul sedile del passeggero.
Il diario.
Stette a fissarlo per cinque minuti buoni, senza muovere un muscolo né battere ciglio. Alla fine lo prese in mano con un gesto improvviso, quasi rabbioso, e lo aprì all'ultima pagina.
La lesse una volta, due volte, tre. Alla quarta volta, versò senza clamore una lacrima, una sola.
“Avevi ragione. La scoperta più assurda.”
Una sola lacrima.
“La mia scoperta.”

Prima di mettere in moto appoggiò il quadernetto sul cruscotto.
A casa, dopo una lunga doccia, lo avrebbe buttato nel camino.


3 ottobre
Adam contro il sistema: uno a zero, palla al centro. L’università mi ha infilato in un’equipe di dieci anime elette per un programma di ricerca genetica, una pagliacciata senza il minimo scopo finanziata dal nuovo governo. Ergo, iniziano a maturare i succosi frutti della mia modestamente geniale tesi di dottorato: mi pagano (abbastanza bene) per sei mesi di cazzeggio totale. Fare un paio di esperimenti a settimana, monitorare qualche campione, bere caffè e soprattutto conversare amabilmente con la bruna da schianto che ho incrociato stamattina nella sala del rettore, alla convocazione. Eve.
Vieni qui, dolcezza: ce l’ho io un bel fruttone proibito per te! (risata malefica)


Quando finalmente si riscosse, si mosse subito. C'era parecchia pulizia da fare.
Per sua fortuna lo sgabuzzino della manutenzione non era lontano e conteneva tutto quello che poteva servirle.
Prima cosa: un paio di sacchi della spazzatura per lui. Il corpo era ingombrante e pesante da muovere, ma dando fondo a un rotolo intero di nastro da imballaggio riuscì a impacchettarlo per bene.
Poi: la stanza. Tonnellate di carta assorbente e litri di alcol finirono in un terzo sacco, più piccolo, mano a mano che la donna ripuliva minuziosamente ogni angolo, ogni centimetro di pavimento, ogni suppellettile.
Buttò via anche il regalo, un cubo grosso come un pugno avvolto in carta rossa, e il camice.
Infine: il computer. Aprì l'elenco di centouno nomi e lo confrontò rapidamente con il foglio di fianco alla tastiera.
Eve Garner. La donna rimosse il nome e pigiò qualche tasto.
Il risultato dell'elaborazione si abbassò di zero virgola cinque, arrivando a un accettabilissimo cinquanta per cento.
Copiò tutto su un dischetto, se lo infilò in borsa.
Diede un'occhiata all'orologio: le quattro e trentatré. Nessuno l'avrebbe vista.


15 ottobre
Ricapitolando ogni giorno di questi dodici giorni: far finta di lavorare per tre quattro ore, sfogliare qualche fascicolo, sparare tre vaccate con Tom e, meraviglia meravigliorum, Eve. Spettacolare. Divina. Ha senso dell’umorismo, è intelligente, ha un corpo che mi fa pensare le cosacce da studentino brufoloso.
L’altro ieri ha (rullo di tamburi) accettato il mio invito a cena. E soprattutto ora so che quel rossetto che si mette sempre, anche quando viene in laboratorio, sa di fragola.
Mi ha steso.
IMPORTANTE: compleanno di Eve 5 dicembre. Sono perfettamente consapevole dell'elevato rischio figura di merda a cui vado incontro e del fatto che probabilmente entro quella data avrà capito che lei non merita un fallito della mia levatura, ma ho deciso di farle un regalo e per giunta un regalo importante.
Mi sto facendo una serie di viaggi mentali che proprio non è nelle mie corde, però, non so. E’ la prima volta che una donna mi fa un effetto così, sul serio, e l'inaspettato successo (che cazzo dico, l’inaspettato trionfo) dell’altro ieri mi ha caricato come una ragazzina romanticamente lesa in piena crisi ormonale.
Le comprerò il profumo di cui mi ha parlato. Il nome è una francesata priva di senso, Qualcosà Numerò 6, che poi, sarà così figo far credere che ce ne siano stati altri cinque prima? perché se è come nei film, più si va avanti più fanno cagare. Comunque il nome me lo sono segnato e ho anche già fatto le mie brave ricerche su internet; oltre all' “aroma celestiale” il tratto distintivo di questo profumo è, a detta degli slogan, la “boccetta importante”: un modo carino per dire che sta in una specie di masso cubico che potrebbe uccidere un essere vivente di discrete dimensioni, tipo una balenottera azzurra.
Glissiamo sul costo. Davvero. So solo che pagherò con la carta di credito perché i contanti mi sfonderebbero il portafogli.
Va beh, basta. Voglio solo che piaccia a Eve.
E’ importante.
Nota: mentre riordinavo una pila di scartoffie, in uno dei rari momenti produttivi delle mie giornate, mi sono imbattuto in un nome che mi ha ricordato qualcosa. Dars Loren. L’ho detto a Eve e lei mi ha ricordato chi è: un tizio completamente fuori di testa che tre anni fa è entrato in un supermercato con un fucile a pompa e ha fatto una carneficina, prima di arrendersi all’arrivo della polizia. Così. Lo sa Odino come diavolo ci sia arrivato il suo DNA qui in laboratorio.
Fatto sta che c’è una piccola anomalia nel suo campione (era tra i vetrini di Tom quindi non mi stupisce che non sia stata registrata), un gene non mappato che nel procedimento di confronto fa le bizze.
Dato che in fin dei conti ho studiato sette anni per arrivare qua, ho deciso di tagliare la testa al cazzeggio per qualche ora e cercare riscontri in altri campioni. Niente.


Forse è a questo che pensava, mentre lo colpiva con la boccetta di profumo incartata. Ancora. Ancora. Ancora.
I primi furono schiocchi sordi. Poi il rumore iniziò ad assomigliare all'invitante sciabordio di una paletta da cucina che affonda in un pasticcio di carne appena sfornato.
Quando si fermò non c'era più molto da colpire. La testa dell'uomo era ovunque fuorché attaccata al collo: sparsa sul pavimento, sotto la scrivania, sulla parete, sul suo camice, sulla carta del cadeau.
Lei respirava come se avesse appena corso una maratona. Lo sguardo era vacuo, distante, fisso in un punto imprecisato della pozza di sangue che si allargava sul linoleum attorno al corpo di lui.
Si tirò su e rimase così diversi minuti, dritta come un soldatino di piombo, occhi inchiodati a terra e respiro affannoso.
– Mi dispiace.
Quando finalmente si riscosse, si mosse subito. C'era parecchia pulizia da fare.


17 ottobre
(mattino)
Situazione Geneinincognito. Negli ultimi due giorni abbiamo vagliato parecchi campioni ma nisba, niente, nada. Nessun riscontro, e io sono perplesso.
Eve ha suggerito di aspettare a parlarne con gli altri, prenderci un po' di tempo per allargare il gruppo di prova e vedere se capiamo che roba è. Io non ero molto d'accordo: una volta tanto che l'università ci fornisce fondi e strumenti invece di confinarci in uno scantinato con un microscopio dell'Ottocento, anche se non dobbiamo fare assolutamente niente, beh, sarebbe carino avvisare quando si trova qualcosa.
D’altronde non è che mi cambi molto, anzi: se serve a lavorare a stretto contatto con Eve senza troppa gente intorno, io dico Alleluja fratelli. Comunque, seriamente, credo che la faccenda meriti attenzione.
(sera)
Oggi abbiamo parlato un po' dei criteri di selezione per gli elementi nuovi del gruppo di prova, per il Geneinincognito. E, beh, mi è venuta in mente un'idea così assurda che non ho il coraggio di scriverla perché mi sentirei un imbecille. Quel che è peggio è che Eve mi dà corda e ci proviamo.
Domani potrei darmi malato e fare un giro al supercarcere di Borrows. Ottenere quello che voglio non sarà così difficile, dopotutto sono un aitante giovane ricercatore dell'università più prestigiosa dello stato! E se dovesse essere insensibile al mio fascino, ricorderò al direttore del carcere che lui e mio padre giocano insieme a golf un sabato sì e uno no.


A quel punto, la donna si era già chinata per tirar fuori qualcosa dalla borsetta. Qualcosa che ora teneva ben stretto in mano.
Il movimento fu troppo veloce e inaspettato perché lui potesse reagire; il cubo gli si infranse contro lo zigomo, gli lacerò la pelle, gli sbriciolò l'osso. Non ebbe nemmeno il tempo di gridare mentre, più nolente che volente, si tuffava di testa addosso al bordo del piano da lavoro. Lo sgabello si ribaltò, e il grigio anonimo della scrivania si tinse di una sfarfallata rosso vivo. Tentò di aggrapparsi a qualcosa. Niente da fare: cascò per terra con un rumore sordo. Mugugnando, dimenò debolmente le gambe come per tentare di rialzarsi. Questo, almeno, finché lei non gli salì cavalcioni sulla schiena. Ansimava, il camice bianco aveva una striscia vermiglia ad altezza seno; la faccia era deformata in un'espressione disperata, impaurita.
Forse, dopo tutto, stava pensando che non era lei a ucciderlo; forse stava pensando che il suo braccio, la sua volontà, in quel momento fossero governati da un intricato e ineludibile meccanismo biologico che non le lasciava altra scelta, se non... farlo.

Madre Natura aveva deciso per lei.
Forse era a questo che pensava, mentre lo colpiva con la boccetta di profumo incartata. Ancora. Ancora. Ancora.


27 ottobre
Devo riordinare le idee. Prendermi dieci minuti per pensare.
Io e Eve abbiamo finito con le verifiche sui campioni di Borrows: abbiamo controllato i DNA di cinque pluriomicidi, tre stupratori seriali, quattro pedofili (del tipo che non si limita alle foto).
Riscontro del gene... dodici su dodici. Il cento per cento.
Il cento per cento, Giuda in vestaglia.
28 ottobre
Stiamo preparando un nuovo test con gruppo di prova più ampio. Se non ci fosse Eve il peso di tutta questa roba mi schiaccerebbe.


Al centro dello schermo, la barra si riempì.
Il ronzio sommesso del computer si intensificò per un paio di secondi, poi più niente. Silenzio.
Nel quadro del monitor si impose una scritta a caratteri cubitali: “Riscontro gene: 50,5%”.
Lo scienziato emise uno di quei gemiti che da soli valgono tutte le imprecazioni coniate dal crollo della Torre di Babele. Fu la sua compagna a parlare.
“Merda.”
Stettero imbambolati, così, a fissare quella percentuale per un po'. Un bel po'. Alla fine fu lui a sbloccarsi, cominciando a smitragliare una raffica di comandi sulla tastiera fino a fare apparire il riquadro “Riscontro gene”, contenente un elenco in ordine alfabetico di centouno nomi.
Lui li lesse lentamente, uno alla volta, confrontandoli con una lista su un foglio di carta accanto alla tastiera, spuntando con una biro mano a mano; lei viceversa diede una veloce scorsa a tutti i nomi.
Fu quando arrivò all'ultimo che sgranò gli occhi, si portò una mano alla bocca, fece un passo indietro. Lui si accorse che qualcosa non andava proprio mentre leggeva l'ultimo nome della lista. La biro si bloccò a mezz'aria.
Quando si voltò verso di lei, dopo qualche secondo, era pallido come un cadavere.
“Non significa nulla.”
A quel punto, la donna si era già chinata per tirar fuori qualcosa dalla borsetta.


4 dicembre
Sono a pezzi non dormo da qualcosa come cinquanta ore. Ma è andata. Abbiamo messo nel database duecento campioni che sono già in corso di elaborazione.
Cento galeotti accusati con prove certe scelti in un parco carcerario da libro dell’orrore: mafiosi, assassini, violentatori, piromani e chi più ne ha più ne metta…
..e cento“normali” individui con la fedina penale pulita, onesti lavoratori, brave persone. I buoni.
Per quanto riguarda il secondo gruppo la corretta definizione scientifica per i criteri di selezione usati sarebbe “alla cazzo di cane”: amici, parenti, anziani, incensurati. Siamo andati completamente a tentoni. Nel mucchio ho buttato anche i DNA mio e di Eve.
Ho bisogno di dormire per schiarirmi le idee. Magari in una stanza con le pareti bianche imbottite.
5 dicembre
Faccio fatica a vedere quello che scrivo. Sono stremato. Eve ha dormito stanotte ma io non ce l’ho fatta. Speravo di farcela visto che il mio corpo grida allo scempio, e invece no. E’ da ieri sera che ho un chiodo arrugginito di venti centimetri che mi si conficca nel cranio a suon di martellate e ci ravana dentro.
E se fosse possibile? Se oggi il test ci desse il 50%?
Magari non significherebbe niente. Ma potrebbe significare che i cento carcerati hanno il gene e le cento brave persone no.
Magari anche questo non vorrebbe dire niente. Ma perdio potrebbe voler dire che chi ha questo gene è una persona che può fare quello che i cento carcerati hanno fatto. Potrebbe voler dire che questo affare è una specie di gene della malvagità o della perversione o della cattiveria o del vattelappesca.
Ma cambierebbe tutto, tutto, tutto. La società. Le persone. La polizia. La religione.
Saremmo burattini nelle mani di Madre Natura e allora quello che facciamo sarebbe tutto indotto da un piccolo bastardo che decide per tutte le cellule del nostro corpo.
Le conseguenze sarebbero fottutamente enormi. Enormi. Per la scoperta più assurda della storia.

Senza Eve non avrei mai avuto il coraggio di arrivare fin qui.
Eve.
Grazie.


Il laboratorio, luci spente e silenzio, era apparentemente vuoto già da qualche ora.
C'era uno stanzino chiuso a chiave, da qualche parte. Nello stanzino: una scrivania con tutti gli annessi e connessi; un costoso computer; un server collegato ai macchinari della sala principale. L'essenziale per una postazione di lavoro.
Quello, e due persone.
L'opalescenza asettica del monitor, unica fonte di luce della stanza, ricopriva di un tenue fondotinta le loro facce assorte.
Lui, con la faccia tirata di chi non dorme da parecchie decine di ore, stava seduto su uno sgabellino di metallo mentre lei, bella ed elegante come sempre, in piedi, gli teneva una mano sulla spalla. A pochi passi da lei, per terra, una borsetta da cui sporgeva un pacchetto regalo cubico, avvolto in un nastro dorato, con tanto di bigliettino. “Buon compleanno”.
Non staccavano gli occhi dallo schermo, dove una barra di riempimento indicava quanto mancasse alla fine dell'elaborazione; un minuto, non di più, e si sarebbe colorata completamente di un bel fluorescente verde pisello.
Quando a un tratto lui parlò, la donna ebbe un sobbalzo.
“C'è una cosa che devo dirti. Anche se so che è un momento strano per farlo.”
Le prese la mano e ne baciò dolcemente il palmo.
“Ti amo, Eve.”
Lei lo guardò negli occhi, sorpresa. Un istante, due istanti, tre.
Al quarto istante, gli sorrise.
“Ti amo anch'io.”

Al centro dello schermo, la barra si riempì.





La trovate anche qui, tra altri racconti più fighi di persone più fighe.

  
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