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Autore: ranyare    15/12/2009    7 recensioni
-Invece lo è, Skan!- sbottò, innervosito. -Io ho rovinato tutto con lui, io non riesco a fare questo duello come si deve, e perché? Perché in ogni istante, in ogni secondo, mi torna in mente lui, ogni volta che impugno questa maledetta spada mi ricordo che ad usarla era lui!- esplose, lanciando un'occhiataccia alla povera spada innocente, macchiata soltanto della colpa di essere appartenuta a Will.
Perché quella era la verità, per quanto fosse scomoda e dolorosa, Ben lo sapeva bene.
Will gli mancava.

[Ben Barnes/ William Moseley]
Genere: Comico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Yaoi | Personaggi: Ben Barnes, William Moseley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ben & Will.'
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Will/Ben

Titolo: 

Personaggi: Ben Barnes, William Moseley (cosa posso farci, li adoro in tutte le salse!)

Genere: Romantico, Malinconico, Comico

Rating: Arancione, perché sì, sono dei brutti bambini cattivi che dicono e fanno tante brutte cosacce °ç°

Avvertimenti: Slash, Ragazzi Emo, Will e Ben in tuta succinta *ç*

Perché sono taaaaaaaaaaaaaanto belli, perché sono taaaaaaaaaaaaaaaaaanto emo, taaaaaaaaaaanto gai, e io li amo *-*

Solita roba: Will e Ben non mi appartengono, sennò mi arresterebbero per stupro e violenza carnale premeditata e ripetuta, e tutti i personaggi a parte Skandar, Georgie e Katy Brown (muori, zoccola biondastra che non sei altro, sei troppo brutta per essere stata la compagna di quel tesoro di Will!) sono parto della mia mente malata. Uffi.

.

Questa la dedico a te,bimba.

Non c'è un motivo; lo faccio semplicemente perché mi va.

E perché ti voglio bene.

.

-Stop, stop, STOP!-

Ben sospirò, esasperato, lasciando cadere la pesante spada lungo il fianco destro. Skandar, di fronte a lui, rovesciò gli occhi al cielo, esasperato dall'ennesima interruzione di quel pazzo sclerotico del regista.

Michelle. Quarantasei anni e tre mesi di pura arteriosclerosi precoce, uno stipendio da imperatore romano, un megafono in mano e una crociata da portare assolutamente a compimento: rendere la vita di Benjamin Barnes un vero inferno.

-Cosa c'è adesso, Michelle?- sbottò infatti il suddetto moro, irritato, rinfoderando con un gesto fluido la pesante spada sul fianco e voltandosi, gli occhioni nerissimi venati di qualcosa molto simile a rabbia a stento repressa.

Il già paonazzo francese rispose al suo sguardo con un'occhiataccia di fuoco. Quel colorito violaceo non doveva essere molto salutare, a pensarci bene; forse era colpa dei quattro pacchetti di sigarette che in media quell'uomo completamente folle fumava giornalmente, più simile ad una ciminiera che ad un ometto alto un metro e una speranza più largo che lungo.

Forse. Oppure, era semplicemente molto, molto arrabbiato.

-Ben, ti vuoi decidere a metterci un pò d'impegno, in questo fottuto duello!?!?-

-E per fortuna che i francesi dovrebbero essere fini e posati.- borbottò Ben, sarcastico, facendosi sentire soltanto da Skandar. Lo vide trattenere a stento una risata, mentre, esausto, si appoggiava al parapetto della mastodontica nave costruita apposta per il set di Narnia.

-Non pigliarmi per il culo, Barnes!-

STONK!

Stonk. Onomatopea solitamente usata per indicare oggetto contundente violentemente scaraventato su di un piano orizzontale. Nella fattispecie, un megafono.

Ben alzò lo sguardo, scettico.

-Sono stanco, Michelle.- borbottò, sperando di aver usato un tono abbastanza convincente. Tanto valeva passare per un attore viziato ed antipatico, pur di evitare la solita, pedante domanda che quel regista pazzo gli poneva ad ogni errore. Ogni, sacrosantissimo errore.

-Non dre balle, Barnes! E' la sesta volta che proviamo questo maledetto duello, e ancora non riesci a farlo decentemente!- Ben sospirò, chiudendo gli occhi, sopportando in silenzio le gradevoli e musicali urla che il regista sclerotico del terzo capitolo di Narnia gli stava sputando addosso. -Non avevi di questi problemi con Moseley, o sbaglio!?-

Eccola. La stoccata finale.

Dolorosa, come al solito...troppo.

Skandar e Georgie gli rivolsero un'occhiata che lui ignorò bellamente, alzando lo sguardo verso il cielo terso, limpido, dell'Australia.

Quell'azzurro profondo, avvolgente, infinito, che gli ricordava tanto due occhi dello stesso colore.

William.

Eh, già. Con William non aveva mai avuto di quei problemi...Skandar era bravo, era un amico, un ottimo attore. Ma non era Will.

La rabbia di Michelle scemò lentamente in un borbottio confuso, dopo un aspro "dieci minuti di pausa!" sputacchiato fra una sigaretta e l'altra. Sì, sarebbe sicuramente morto per cancro ai polmoni entro i cinquanta.

Intorno a Ben si levò un brusìo confuso, mentre le trenta e passa persone  presenti sull'imponente nave cominciavano a parlare, discutere, chiacchierare, sistemare. Ignorò tutto e tutti, chiudendo gli occhi, e rivolgendo il volto verso il parapetto a cui era appoggiato, le mani affusolate, da pianista, che stringevano quasi convulsamente il legno ruvido.

-Non puoi torturarti così, Ben.- la voce di Skandar gli giunse sorprendentemente vicina; non si era accorto della sua vicinanza.

-Mi dispiace, Skan. Non mi riesce proprio, questa scena.- mormorò il bruno, passandosi una mano fra i lunghi capelli scuri, morbidi, segosi al tatto, raccolti in una severa acconciatura alla norvegese. Distrattamente, l'altra mano ricadde sul fianco snello, avvolto dagli alti pantaloni aderenti ai suoi fianchi snelli, sfiorando l'elsa dorata della spada che portava in cintura.

La famosa spada di Peter...la spada di William.

Will.

Sospirò, quando gli occhi terribilmente conosciuti del biondo fecero di nuovo capolino nella sua mente tormentata.

Non lo vedeva da...mesi, ormai. Un film dopo l'altro, un set dopo l'altro; Dorian Gray, Locked In, ora Narnia, prossimamente in Irlanda. Mai un attimo di respiro, mai un istante di pace per poter pensare, per intrattenere un minimo di vita sociale che non voleva. La sua vita sociale non era lì, in mezzo ai colleghi, alle donne facili dei locali. Era a Hollywood, da...

Le uniche notizie che aveva di lui erano quelle che gli aveva riferito Georgie; piccola, adorabile, furba Georgie. Il tira e molla continuo con Katy Brown, quella brutta abitudine di bere troppo e a sproposito, i soliti festini incasinati...anche da quando si era trasferito in America, il biondo non sembrava essere cambiato.

Beh...nemmeno lui era poi cambiato molto, pensandoci.

Sempre stakanovista, sempre pungente e sarcastico, sempre in giro per il mondo alla ricerca di fortuna. Era sempre lo stesso, magari un pò più vissuto, ma sempre lo stesso Ben con tanta voglia di mettersi alla prova che era approdato sul set di Prince Caspian.

Eppure...eppure, per la prima volta nella sua vita, nella sua carriera, aveva un problema. Un grosso, pesante problema, dagli occhi azzurri e i capelli biondi.

William.

Essere di nuovo sul set di Narnia glielo riportava alla mente più chiaro e nitido che mai. Tutti quei pomeriggi passati ad allenarsi, a duellare, a finire a rotolarsi per terra come due bambini; tutti gli scherzi, le battute, il sorriso sincero e raggiante del biondo dal viso angelico...

-Non è colpa tua, Ben.- Skan gli diede una lieve pacca sulla spalla, tentando - sapendo già di non riuscirvi - di confortarlo un poco.

-Invece lo è, Skan!- sbottò, innervosito. -Io ho rovinato tutto con lui, io non riesco a fare questo duello come si deve, e perché? Perché in ogni istante, in ogni secondo, mi torna in mente lui, ogni volta che impugno questa maledetta spada mi ricordo che ad usarla era lui!- esplose, lanciando un'occhiataccia alla povera spada innocente, macchiata soltanto della colpa di essere appartenuta a Will.

Perché quella era la verità, per quanto fosse scomoda e dolorosa, Ben lo sapeva bene.

Will gli mancava.

Era talmente vivo, nella sua mente, talmente presente, che quasi poteva immaginare ciò che gli avrebbe detto, in quel tono sarcastico e divertito tipico di lui, gli occhi blu intensi, penetranti, luminosi come cangianti lame affilate capaci di trafiggerlo.

-Avanti, Barnes, non fare il rammollito; dì la verità, hai perso lo smalto per queste cose.-

Ora sentiva anche le voci; fantastico. Primo passo per diventare un vecchio pazzo schizzato come Michelle.

-Beh, cos'hai? La vecchiaia t'ha portato alla sordità precoce, Ben?-

...

Un momento.

Quella battutaccia non poteva averla partorita il suo inconscio malato. Non arrivava a tanto, quell'unico neurone che aveva in testa.

Alzò lo sguardo, allibito, nello stesso momento in cui Georgie, entusiasta, esplose in un esultante e gioioso: -WILL!-

.

-E tu, cosa ci fai qui!?-

Ahahah. L'espressione di Ben era assolutamente impagabile.

Will si strinse nelle spalle, le mani infilate in tasca, un sorrisetto soddisfatto dipinto sul volto.

-Che accoglienza calorosa, Barnes. Guarda, se vuoi me ne torno da dove sono venuto.- ghignò, in risposta all'espressione allibita di Benjamin, spalancando le braccia esattamente un istante prima che Georgie, sfrecciata ad una velocità assurda giù dalla nave, gli si catapultasse letteralmente addosso, mozzandogli il fiato. Ma il suo sguardo, anche mentre rideva con la sua adorata piccolina, si soffermò per qualche istante di troppo nei due pozzi color pece del moro, penetranti.

Vuoi scappare anche adesso, Ben?

-Nononono!- Ben sgranò gli occhi, preso sottogamba dalla pessima battutaccia di Will. Affondò una mano fra i morbidi capelli castani, arruffandoli e tentando di ritrovare un minimo di decoro, cercando in tutti i modi di celare il sorriso che prepotente, irresistibile, lottava per affiorare sul suo volto ruvido. -Cioé...povera Georgie, le sei mancato tanto...- borbottò, sentendo le guance andare a fuoco, sotto la barba. Benedetta barba.

William...

Non avrebbe dovuto permettere al suo cuore di accelerare nel vederlo; non avrebbe dovuto guardarlo così, gli occhi nerissimi più accesi e vivi che mai, non avrebbe dovuto bearsi della figura statuaria del biondo. Per di più Will indossava soltanto un paio di bermuda di jeans ed una una normalissima camicia azzurra, due bottoni aperti che lasciavano intravedere quel collo arcuato, dai muscoli tesi, morbidi, irresistibili... e il foulard, un foulard sottile - fissa di William -, rosso; che non faceva altro che accentuare la sensualità di quel punto particolare del suo collo...

Non poteva negarlo; era assolutamente bellissimo.

-Ehi Barnes, so che sono divino, ma non incantarti a guardarmi.- ma brutto...

-Will, la tua megalomania è seconda soltanto alla tua vanagloria.- replicò il moro, pronto, con una fitta di dolcezza dalle parti del cuore. Era un battibecco continuo, che durava ormai da anni, quello sull'egocentrismo ormai onnipresente di William...tutta scena, Ben lo sapeva benissimo. Alzò gli occhi al cielo; quegli di carbone, caldi, vivi, quegli occhi lucenti come stelle e profondi come buchi neri che non avevano mai abbandonato Will. Mai, nemmeno per un istante. Se solo rammentava l'ultimo istante in cui li aveva scorti...bagnati di pioggia, e forse non solo, i capelli anneriti da quelle gocce crudeli che gliel'avevano portato via in un istante di tempesta di una notte nera, nera come quei due baratri in cui avrebbe voluto affogare.

Era impressionante, quanto Ben non fosse praticamente cambiato...l'unica cosa diversa, erano quelle due gemme d'ebano. Scure, più scure che mai. Angosciate, ma...felici.

-Will? William Moseley?- oh, no.

Ben impallidì visibilmente, all'accento francese ed insidioso della voce appena risuonata inquietantemente alle sue spalle.

Will sorrise, ignaro e strafottente come suo solito.

-In carne, ossa e perfezione.- rispose, inarcando appena un sopracciglio, sogghignando all'alzata al cielo di sguardi di Georgie e Skandar.

-Ma senti questo...- borbottò Ben, scuotendo appena la testa, rassegnato ormai alla completa idiozia di quel ragazzo.

-Oh, pevfetto, un altro navcisista fine a sé stesso.- Michelle lanciò un'occhiataccia al moro, che accennò un sorrisetto poco convincente, imbarazzato. -Benissimo! Finalmente di utile!- aggiunse l'istante più tardi il lunatico regista, con uno sbalzo d'umore capace di far rabbrividire i tre attori del cast.

Will aggrottò appena la fronte, senza capire.

-Eee...cioè?- mormorò, senza capire, ma Michelle si era già voltato verso Benjamin, con un sogghigno sadico e tremendamente trionfante sul viso.

-Tu.- abbaiò, facendo sussultare il povero Re Caspian, ora più che mai simile ad un ragazzo atterrito.

-Io!?- replicò lui, la voce più simile ad un gemito terrorizzato che ad altro.

-Sì, Bavnes. Tu. E lui.- Michelle indicò con un dito grassoccio il sempre più disorientato biondo, che alternativamente faceva saettare il suo sguardo dal regista al moro, abbattuto. -Vedi di approfittare della sua presenza, Bavnes, e di allenarti per fare quel duello come Dio comanda.- sogghignò, prima di voltarsi e sputacchiare un -PER OGGI ABBIAMO FINITO, SLOGGIATE DA QUA!- a tutto il resto del cast.

-...........cioé?- borbottò Will, allibito, restando come gli altri tre a guardare il piccolo, grasso francese rimbalzare da tutte le parti della nave, fumando come una locomotiva d'altri tempi. Ma Ben scosse la testa, scendendo dalla nave con un'espressione indecifrabile sul volto.

-Non c'è che dire, Will. Sei sempre molto sveglio.-

§

-Vuoi spiegarmi come mai non riesci a batterti contro Skan?-

Ben sospirò, rassegnato; Will sapeva essere straordinariamente pedante, quando s'impegnava.

-Senti, tu dammi soltanto una mano e non fare domande idiote.- sbottò, irritato, passandogli con eleganza la spada che solitamente utilizzava Skandar. Will inarcò un sopracciglio, scettico.

-Perché non posso usare la mia?- borbottò, accigliato, indicando la splendida arma in mano all'altro.

-Perché non è più tua, Moseley.- replicò Ben, piccato, voltandosi a fronteggiarlo. Era sera; il set del "Viaggio del Veliero" era deserto...tranne loro, tranne due ragazzi in tuta e maglietta, Ben in blu, Will in nero, una sola luce al neon accesa e puntata sull'ampio ponte dove si trovavano a battersi.

-Okay...dai, Ben, fammi vedere se ti ricordi ancora come si tengono in mano, questi arnesi.- lo stuzzicò il biondo, portandosi al centro dell'ampio pianale di legno, l'elsa d'argento ben stretta nella mano destra; il corpo che si tendeva, pronto all'attacco ed anche alla difesa, i muscoli che si contraevano, pronti a scattare.

Ben sospirò, raggiungendolo con molta meno eccitazione, sguainando la spada...la spada di Re Peter, la spada che aveva sempre usato Will.

-Continuo a pensare che non sia una buona idea.- mormorò, alzando la lama affilata nell'aria fragrante, le lame che si sfioravano appena, illuminate dalla fredda ed impersonale luce del neon.

-Ben...non avrai paura, vero?- lo stuzzicò nuovamente William, con un lieve sorriso appena accusatorio capace di farlo sentire istantaneamente, dannatamente in colpa.

Hai già avuto paura una volta, Ben...paura di te stesso, paura di lui...

-Ti piacerebbe.- mormorò, gli occhi neri che si assottigliavano. E repentinamente, sferrò un violento fendente verso William, cogliendolo di sorpresa.

Il biondo balzò indietro, allarmato, parando la veemenza del colpo per un soffio; le due lame si scontrarono, vibrando rabbiosamente nell'aria calda e secca, a poco più di una manciata di centimetri dalla gola scoperta del biondo.

-Però...niente male, Ben.- commentò, senza scomporsi, una luce di sfida e di rabbia nelle iridi azzurre...prima di partire, inesorabile, all'attacco.

Uno, due, tre. Tre colpi andati a segno, tre stoccate parate a stento.

Infranse la debole guardia del moro con facilità, fin troppa; lo colpì l'istante più tardi, con il piatto della lama e nemmeno troppa forza, sul fianco esposto. -Non ti stai impegnando, Barnes.- Will inarcò un sopracciglio, scrutandolo in volto. Ben sembrava angosciato...combattuto; non aveva reagito, si era limitato a parare senza nemmeno troppo impegno i suoi assalti continui, ripetuti.

-Te l'ho detto che non è una buona idea.- borbottò infatti, sospirando. -Non ci riesco.- non ci riesco ad attaccarti, Will...non riesco a rispondere ai tuoi colpi. Non posso. Me li merito.

-Non me ne frega un cazzo, Ben!- sbottò il biondo, improvvisamente irritato dalla sua passività, dal suo orribile atteggiamento. Gli occhioni blu mandavano lampi, lampi di repentina, assoluta, rabbia. Non aveva mai sopportato quel suo comportamento, quel suo stupido, stupido vittimismo, quel suo subire, accettando ogni attacco, quando si sentiva in colpa. -Reagisci, Ben! Devi batterti, comprendi?-

Ben alzò lo sguardo, sorpreso dalla veemenza del biondo. Ma non riuscì a replicare, a rispondere, perché Will repentino attaccò di nuovo, e ancora, ed un'altra volta, con una violenza che nulla aveva a che fare con la situazione in cui si trovavano.

Perché, Ben lo sapeva, ognuna di quelle stoccate date con rabbia, ogni scintilla di odio e frustrazione negli occhi feriti di William, erano una muta ma furibonda accusa al suo atteggiamento, a ciò che li aveva, inesorabilmente, divisi.

-Perché, Ben?- sibilò il biondo, fra un fendente e l'altro, il respiro corto e le guance arrossate, accese. -Perché non ti riesce questo fottuto duello?- aggiunse, sferrando l'ennesimo colpo, il clangore delle spade che risuonava nel silenzio intorno a loro. Pareva già che lo sapesse...ma che volesse, pretendesse di sentirglielo dire...

-Perché...- Ben esitò, balzando indietro, schivando un altro colpo. -...era con te...che combattevo.- ansimò, stravolto, teso, arruffato. -...mi ricorda...quei momenti.- aggiunse, dopo un attimo, le iridi azzurre dell'altro che sgranavano. -...mi mancano.- sull'ultimo, Ben aggiunse quella sillaba a salvarlo in corner. Ma Will no, Will lo sapeva...sapeva che non erano soltanto i duelli, quel tipo di duelli, a mancargli.

-Non mi sembra ti dispiacesse molto, lasciarmi.- replicò il biondo, e Ben strinse appena gli occhi, sofferente. -Ora mi vieni a dire che ti manco?-

-Io non ti ho lasciato, Will.- mormorò, voltando il capo per non guardarlo, i capelli scuri che velavano il suo volto affilato.

-Ma te ne sei andato, Ben!- improvvisamente, la voce di William si alzò di due ottave, ed il rumore violento della spada scaraventata lontano riempì l'aria. -Hai preferito il tuo lavoro, la tua carriera, a me, a noi!- uno scatto nervoso, violento, e senza ben sapere come i due ragazzi si ritrovarono a terra, le dita di Will serrate intorno al bavero della maglietta di Ben. -Sei scappato. Sei fuggito come un codardo.- sibilò, il volto ad una manciata di millimetri da quello sorpreso, arrossato, del moro. -...me la ricordo, quella notte. Te la ricordi, Ben?- la voce del biondo si spezzò appena, così come i suoi occhi.

Dolore.

C'era questo, in quegli occhi. Puro, e semplice, dolore.

-Pioveva. Pioveva...eri tutto bagnato, avevi scordato l'ombrello.-



-Devo andare via, Will.-

-Beh, non vedo il problema.-

-Davvero? Io lo vedo.-

-Non dirmi che hai paura di una storia a distanza.- acqua sugli occhi increduli, divertiti, di chi non vuol capire, di Will.

-Non...non funzionano quasi mai.- occhi che si spezzano. Come ora.

-E questo...Ben, cosa significa questo?-

-Tu hai...hai diritto di essere libero. Io ho...tanti pensieri. Non...non hai bisogno di me. Io ti...io non ti merito, non io.- gli occhi neri che si allontanavano da quelli che amavano, il volto basso, colpevole, i passi che si allontanavano. Sotto la pioggia, la figura alta e scura che piano se ne andava, sfuggiva via da lui, da Will.

-Ma ti amo lo stesso.- un sussurro, un sussurro che Ben non riuscì a sentire.



-Te ne sei andato così, Ben. Senza spiegare niente.- sibilò Will, gli occhi più scuri, più umidi, densi di rabbia e dolore.

-Will...- Will lo strattonò di botto, costringendolo a guardarlo.

-Perché.- sbottò, in un tono che non ammetteva repliche.

-Perché ho paura, coglione!- replicò improvvisamente Ben, voltandosi di scatto verso di lui e liberandosi violentemente dalla sua stretta, bloccandogli i polsi fra le dita affusolate. -Ho paura di quello che mi hai fatto, Will!- continuò, le iridi più sottili, più rabbiose, decise. Decise a smettere, di mentire. -Eri sempre...gli amici, le amiche, eri sempre circondato di gente!- mugolò, il dolore che si faceva sentire sempre più forte nella sua voce, nel suo petto. -Avevo paura...di non essere...importante.- confessò, con un gemito soffocato dalle parti del cuore.

Lo sguardo duro di Will, improvvisamente, si ammorbidì, sorpreso.

-Eri geloso, Ben?- gli chiese, incredulo.

-Sì.- borbottò il moro, arrossendo.

-E' per questo che sei andato via? Per questo che hai accettato un ruolo dopo l'altro, per starmi lontano?- continuò, sempre più allibito.

-Avevo...paura...di perderti.- Ben distolse lo sguardo dagli occhi blu, sorpresi, di Will. Non era mai riuscito a dirlo; né al biondo, né a Georgie...nemmeno a sé stesso.

Ma William sorrise, la rabbia scomparsa, scostando una ciocca di capelli castani dalla guancia di Ben, sfiorandolo appena.

-Sei uno stupido, Benjamin.- ridacchiò, prendendo il mento dell'altro fra indice e pollice, costringendolo a guardarlo, le iridi a scontrarsi con le sue.

-Lo so.- borbottò il moro, la voce bassa, nulla più di un borbottio confuso. E Will sorrise, divertito, le dita che automaticamente andavano a posarsi sulla guancia di Ben, sfiorandolo con delicatezza, con dolcezza. Sembrava un bambino, in quel momento. Gli occhioni neri che brillavano nel buio, accesi, vivi...infuocati...il suo respiro andava ad accarezzare le sue labbra, il pollice percorreva lento la sua guancia. Gli era mancata, la vicinanza col biondo, il tocco delle sue mani, il sapore del suo fiato fresco...

Non meritava tanto. Forse era soltanto un sogno.

No, doveva sapere. Doveva sapere se si trattava soltanto dell'ennesimo ricordo, dell'ennesimo sogno crudele, doveva...

E fu un gesto repentino, istintivo, il trovarsi improvviso delle loro labbra.



Le labbra di Will erano soffici...morbide come le ricordava.

Non poté trattenersi dal passarvi la lingua, alla ricerca di quel vago sapore di vaniglia che sapeva appartenere a quei due carnosi boccioli rossi, deliziosi, perfetti.

Will sembrava titubante...come se...lo stesse per allontanare, come se fosse lui, ora, a fuggire...

A quel pensiero repentino, immensamente doloroso, Ben fece per separarsi dall'altro, qualcosa che dolorosamente s'incrinava nel suo petto.

D'altronde, cos'altro puoi aspettarti, Ben? Te lo meriti.

Ma Will...

Di scatto le mani di Will salirono fra i suoi capelli, bloccandolo, impedendogli di scappare ancora, di fuggire ancora. Le sue labbra si mossero repentinamente, decise, forti, schiudendo ed andando ad allacciarsi decise a quelle di Ben.

La morbidezza della sua lingua, del suo bacio, il sapore caldo e familiare della sua bocca...Will sentì che non avrebbe più potuto vivere senza quel sapore forte, quel gusto intenso che assaporava sulle sue labbra in quello stesso istante. Non gli avrebbe più permesso di lasciarlo, di allontanarsi, di ucciderlo lentamente con ognuno di quei baci sempre capaci di strapparlo dal mondo, di trascinarlo via con sé in mare aperto.

Will rabbrividì, quando la punta delle dita di Ben sfiorarono la sua schiena scolpita, sotto la T-Shirt. Un tocco appena accennato, ma più che sufficiente per farlo affondare con più forza fra le sue labbra affusolate, calde, deliziose, i petti premuti l'uno sull'altro, le gambe che sfregavano fra loro, s'intrecciavano, il desiderio pulsante ed improvviso in entrambi.

Si separarono soltanto quando l'ossigeno, birbante, venne a mancare.

-Mi sei mancato.- mormorò il biondo, sorridendo appena, le guance rosse d'imbarazzo e desiderio, il volto che avvampava e le labbra tumide, sature di bacio. Il respiro di Ben lo confondeva, gli faceva desiderare di affondare ancora nella sua bocca, nel suo corpo, nella sua anima. E di restarvi, così come Ben, ormai, viveva in lui.

E Ben...Ben sorrise. Un sorriso bello, accecante, finalmente felice.

Gli accarezzò la fronte, scostando con dolcezza una ciocca di capelli di grano dalla guancia morbida e glabra dell'altro.

-Anche tu. E tanto, Will.- rispose, piano, muovendosi appena sotto il corpo muscoloso dell'altro, accomodandovisi meglio, il bacino snello che premeva su quello asciutto di Will. -Puoi perdonarmi? Io...- Will premette due dita sulle sue labbra, zittendolo con un sorriso caldo, vero, i serici capelli biondi che delicati scendevano a contornare il suo volto d'angelo.

-Tu...sei uno scemo.- gli occhioni di Ben lo guardavano, ironici e brillanti come quelli di un cucciolo spaurito. E stavolta, non gli avrebbe impedito di ascoltarlo.

-Ma ti amo lo stesso.-

   
 
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